I PRESTITI CREANO DAL NULLA NUOVI DEPOSITI, NUOVO DENARO E DEBITO: MA FINO A QUANDO?

Come anticipato ieri, per chiarire alcuni aspetti del progetto Positive Money e le teorie monetarie espresse nel libro “Where Does Money Come From?”, descritti in due precedenti articoli, ricorreremo ad un semplice esempio che renderà ineccepibili e inattaccabili le principali premesse da cui si sviluppano sia il progetto che il libro: ogni nuovo prestito erogato dalla banca commerciale crea nuovo denaro e sono i prestiti a creare nuovi depositi e non viceversa, come comunemente si è portati a credere.

Immaginiamo il cliente A che si reca presso la filiale di una banca A per chiedere un prestito, che utilizzerà per pagare le spese di ristrutturazione del suo nuovo appartamento. Per semplicità, immaginiamo che il cliente A non abbia ancora aperto nessun conto corrente o deposito di risparmio presso tale banca A. Il funzionario della banca verifica le credenziali e le garanzie del cliente A e accorda il prestito di 10.000 euro. A questo punto cosa farà il funzionario? Archivierà i documenti firmati dal cliente A e aprirà un conto corrente con tutti i dati anagrafici del cliente A sul database informatico della banca, dove scriverà nella casella riguardante il deposito: 10.000 euro. Questi 10.000 euro non esistevano prima nel circuito commerciale e sono stati creati all’improvviso dal nulla dal funzionario della banca A, con una semplice digitazione sul computer di una scrittura contabile.

Il funzionario di banca non ha assolutamente verificato prima di concedere il prestito i depositi cumulati della banca A, formati con la raccolta dei risparmi dei clienti abituali, per capire se la banca aveva la disponibilità e la liquidità necessaria per fornire questo nuovo prestito, perché materialmente il cliente A non ha ricevuto nulla nelle mani, a parte una carta Bancomat, una carta di credito, un libretto degli assegni e la password per accedere al suo servizio di home banking su internet. Per il momento il prestito, da cui si è creato quel deposito da 10.000 euro, è soltanto una serie di impulsi elettronici su un computer, ma materialmente, ripeto, il cliente A non ha ancora nulla nelle mani, nessuna banconota in contante, nessuna moneta metallica, ma soltanto strumenti di pagamento cartacei o elettronici.

Analogamente, nella fase di istruzione della pratica il funzionario di banca non ha verificato se nelle riserve (sia obbligatorie che libere) della banca A presso la banca centrale esistevano i fondi necessari per concedere il prestito al cliente A. Il funzionario ha soltanto scritto un numero che non significa ancora niente, ma che rappresenta in verità nuova moneta bancaria, creata dal nulla. Quindi l’erogazione di un prestito, iscritto nell’attivo del bilancio della banca, ha fatto nascere un nuovo deposito di pari importo da riportare nella sezione del passivo del bilancio, che diventerà denaro non appena il cliente A uscirà dalla banca e inizierà a spendere i soldi del suo prestito.

Qualche giorno dopo, il cliente A comincia infatti a spendere i soldi del suo conto corrente (moneta bancaria) andando dal ferramenta e pagando con la carta Bancomat alcuni attrezzi, del valore complessivo di 80 euro. Non appena viene strisciata la carta sul POS elettronico del ferramenta, alla banca A arriva automaticamente la segnalazione che il cliente A ha speso 80 euro e il suo conto viene scalato di 80 euro (saldo finale 9.920 euro). Nello stesso tempo, dal circuito interbancario a cui appartengono quasi tutte le banche commerciali, arriva alla banca A una richiesta di pagamento di 80 euro da parte della banca B, dove il ferramenta dispone di un suo conto corrente: questa richiesta si unirà a tutte le altre richieste che in quel momento circolano sia in entrata che in uscita dalla banca A alla banca B e le richieste verranno regolate automaticamente all’interno del sistema interbancario di compensazione dei pagamenti (dove ricordiamo vengono movimentate soltanto le riserve di moneta di banca centrale detenute dalle varie banche presenti nel circuito interbancario e non la moneta bancaria).

Se a fine giornata, i tecnici e i funzionari della banca A dovessero accorgersi che il livello delle loro riserve è troppo basso rispetto ai limiti di riserva obbligatoria imposti dalla banca centrale o le riserve libere non sono sufficienti alle esigenze di compensazione dei pagamenti per il giorno successivo, per evitare di pagare pesanti penali, faranno domanda di nuove riserve direttamente alla banca centrale, che giornalmente mette a disposizione di tutte le banche una certa quantità di moneta di banca centrale (moneta anche questa creata generalmente dal nulla dai funzionari della banca centrale tramite la semplice digitazione su un computer di una scrittura contabile e fornita in prestito alle banche commerciali in cambio di garanzie collaterali, ovvero titoli obbligazionari pubblici e spesso anche privati), attraverso il meccanismo ormai abbastanza rodato delle aste di assegnazione. Tramite il meccanismo dell’asta, la banca centrale potrà indirizzare la domanda di moneta verso il tasso ufficiale di riferimento deciso in precedenza (per esempio, se la banca centrale ha deciso che il tasso ufficiale per i prestiti e i rifinanziamenti sul mercato interbancario dovrà approssimarsi al 2%, soddisferà per prime in asta le richieste delle banche che si avvicinano di più a questo tasso di interesse e poi via via tutte le altre fino ad esaurimento della sua offerta giornaliera).

Quindi mentre nel circuito commerciale vengono movimentati impulsi elettronici di moneta bancaria, nel circuito interbancario si muovono soltanto impulsi di moneta di banca centrale. Ma in ogni caso, la banca centrale metterà periodicamente a disposizione delle banche commerciali tutta l’offerta necessaria di moneta di banca centrale per soddisfare le loro richieste (quindi la nascita di nuova moneta bancaria trascina la creazione e l’offerta di nuova moneta di banca centrale e non viceversa, rendendo verosimile l’affermazione che tutta la moneta circolante, sia nel circuito commerciale che interbancario, sia di tipo endogeno, perché fortemente influenzata dalle condizioni esterne del sistema produttivo e dalle opportunità che hanno i clienti, le aziende, gli investitori di ricevere nuovo credito da parte delle banche).

E’ lecito dunque affermare che la banca centrale, essendo trascinata dalle richieste delle banche e muovendosi in base alle loro esigenze, sia di fatto il prestatore di ultima istanza per tutte le banche autorizzate ad operare nel circuito interbancario, perché cerca di evitare in tutti i modi che le banche rimangano a secco di riserve, anche se possono verificarsi casi di banche in difficoltà che per lunghi periodi di tempo hanno costantemente una quantità di uscite di riserve superiore alle entrate e non sempre queste banche saranno in grado di aggiudicarsi in asta la quota di moneta di banca centrale necessaria a rimpinguare le loro risicate riserve: in tali casi, la banca centrale ricorrerà ad operazioni non convenzionali di rifinanziamento per mettere una momentanea toppa all’anomalia (ma difficilmente la banca centrale farà fallire la banca commerciale in difficoltà, perché ricordiamo che grazie alla sua sbandierata indipendenza e autonomia e nei limiti degli obiettivi intermedi e finali di stabilizzazione dei prezzi, la banca centrale può creare dal nulla tutta la moneta che vuole: ha il cosiddetto “big bazooka”, per intenderci, e lo usa come e quando vuole, ovvero quasi sempre in favore delle banche e non degli stati democratici).  

Ritorniamo al cliente A, che questa volta si reca in un centro commerciale per comprare dei barattoli di vernice per un valore di 60 euro, pagando in questo caso con la carta di credito Visa. La società di intermediazione Visa non farà altro che mettere in contatto la banca A e la banca C, dove il centro commerciale detiene il suo conto corrente, per regolare i loro pagamenti e il metodo sarà del tutto simile a quello descritto sopra. Nel circuito commerciale verranno scambiati gli impulsi elettronici della moneta bancaria, mentre nel circuito interbancario transiteranno impulsi di moneta di banca centrale. Stessa situazione accade se il cliente A paga la ditta di muratori che ha svolto i lavori di ristrutturazione con un assegno non trasferibile scrivendo la cifra 7.000 euro (l’unica differenza è che il meccanismo di compensazione fra la banca A e la banca D, dove la ditta ha il suo conto di deposito, è un po’ più lungo e laborioso, ma nella sostanza non cambia nulla).

Una circostanza un po’ diversa si verifica quando il cliente A decide di prelevare dallo sportello ATM, tramite la sua carta Bancomat, 200 euro in banconote. In questo caso la banca A si troverà un ammanco nella sua disponibilità di banconote e a fine giornata potrebbe decidere (dipende dal saldo finale fra entrate ed uscite in banconote) di richiedere l’invio di una parte delle sue riserve in banconote detenute presso la banca centrale (e se dovessero essere troppe basse, la banca A potrebbe partecipare alle aste di assegnazione di contante in banconote, organizzate a cadenza giornaliera, settimanale, mensile dalla banca centrale, che come già sappiamo è sempre disponibile ad offrire e prestare alle banche commerciali tutta la liquidità di cui hanno bisogno, sia elettronica che cartacea, indirizzando le aste verso il tasso di interesse di riferimento stabilito in precedenza per il mercato interbancario e verificando la solidità delle garanzie in termini di collaterale, principalmente titoli obbligazionari di debito pubblico ma anche obbligazioni emesse dalle stesse banche).

Ovviamente il cliente A dovrà ripagare il suo debito con la banca e per semplificare i conteggi ipotizziamo che l’interesse applicato al prestito sia semplice e non composto del 5% (montante finale da restituire 10.500 euro, durata 5 anni, rata mensile 175 euro). Il cliente A ha scelto di canalizzare lo stipendio di 1300 euro mensili direttamente sul nuovo conto corrente aperto presso la banca A e quest’ultima preleverà ogni mese 175 euro dal conto del cliente A per azzerare gradualmente la voce “crediti verso clienti” presente nel suo attivo di bilancio (in questo flusso di impulsi elettronici fra poste diverse di bilancio, la banca guadagnerà soltanto i 500 euro, perché tutto il resto sono scritture contabili che si compensano e annullano a vicenda). I 10.500 euro di debito del cliente A saranno drenati dal suo conto e in qualche maniera dall’intero mercato nel giro di 5 anni, ma intanto, attraverso le spese compiute dal cliente A, i 10.000 euro del nuovo deposito sono già entrati stabilmente nel sistema produttivo come nuova moneta bancaria creata dal nulla.

A questo punto occorre utilizzare un po’ di capacità di astrazione e immaginare che se moltiplichiamo questa cifra (10.000 euro) per tutti i prestiti che vengono fatti giornalmente dalle banche commerciali di una data nazione (con scadenza anche molto più lunga, di 20, 25, 30 anni, come nel caso dei mutui immobiliari) potremo facilmente intuire che tutta la nuova moneta attualmente circolante nel sistema produttivo sia di natura creditizia e se un giorno le banche decidessero contemporaneamente di non fornire più prestiti, tutta la moneta circolante nell’economia reale (principalmente impulsi elettronici, 97%, e per il restante 3% banconote o monete metalliche) verrebbe gradualmente drenata fino all’estinzione dell’ultimo debito con scadenza più lunga.

Il sistema quindi si regge perché è di carattere iterativo e non prevede alcuna soluzione di continuità (nessuno, nemmeno uno stato può impedire ad una banca di fare prestiti, anzi accade esattamente il contrario, gli stati cercano in tutti i modi di incentivare l’attività creditizia delle banche, perché sanno che da questa dipende la creazione e la circolazione di nuova moneta all’interno dei confini nazionali): in teoria, la struttura portante del sistema è in equilibrio e bilanciata nel tempo (anche se mantiene un certo grado di differimento, che può arrivare appunto fino a 30 anni), ma in pratica, giorno dopo giorno, la società viene gonfiata con l’immissione di nuova moneta di banca commerciale (i prestiti/debiti), che in assenza di altre forme di finanziamento (lo stato sarebbe l’unica istituzione capace di immettere nel circuito ricchezza netta non gravata da debito, ma è costretto come sappiamo ad inseguire l’assurda disciplina del pareggio di bilancio) risulta appunto l’unica tipologia di denaro circolante presente nel mercato (insieme a quella risicata quota di banconote e monete metalliche che provengono invece dalla banca centrale e dalla zecca dello stato).       

Tramite questo semplice esempio abbiamo quindi dimostrato le due affermazioni iniziali: digitando una semplice cifra su un computer e aprendo un prestito, la banca A ha creato dal nulla nuova moneta (10.000 euro) e la concessione del prestito ha determinato a sua volta la nascita di un nuovo deposito (10.000 euro) sul conto corrente del cliente A, mentre nulla è stato controllato ex-ante dalla banca centrale, che entra in gioco solo in un secondo tempo, quando le banche commerciali avranno bisogno di compensare le riserve accedendo alle operazioni periodiche di rifinanziamento nel circuito interbancario. Come abbiamo visto quindi, sono i prestiti a trascinare la nascita di nuovi depositi e sono principalmente le banche commerciali a tirare l’offerta di nuova moneta da parte della banca centrale e non viceversa (la banca centrale offre, presta, modula i tassi di interesse di riferimento a breve, medio e lungo termine, ma non può spingere l’oltre la domanda di moneta delle banche commerciali, tanto è vero che viene spesso rimarcato che il ruolo della banca centrale è efficace quando svolge un’attività restrittiva per limitare un eccesso di domanda di denaro e disincentivare gli investimenti, ma diventa poco incisivo quando la banca centrale deve favorire un’azione espansiva di maggiore circolazione di denaro e maggiore spinta alla crescita economica, perché oltre a regalare il denaro alle banche a tassi prossimi allo zero non può fare di più).

Tuttavia qualcuno potrebbe chiedersi: a parte la necessità di iterazione continuativa e ininterrotta, cosa c’è di male in questo sistema? In fondo le banche svolgono una funzione sociale e non guadagnano mica tanto dalla loro attività creditizia, perchè accanirsi così tanto contro i banchieri? I motivi per i quali alla lunga il sistema della moneta debito dei banchieri non può reggere sono principalmente tre: 1) la sostenibilità a medio o lungo termine, 2) la ricorrenza ciclica di crisi finanziarie, 3) la soppressione dello stato democratico.

  1)   Per quanto riguarda la sostenibilità, dobbiamo utilizzare ancora una volta la nostra capacità di astrazione, perché se immaginiamo che tutta la massa di moneta circolante (banconote, monete metalliche, depositi bancari) è nata da un debito/prestito che qualcuno ha contratto con una banca, avremo chiari quali sono gli effetti derivati da una tale distorsione: il debito per sua natura ha la caratteristica di crescere nel tempo perché è gravato da un tasso di interesse composto (ma anche perché spesso il debito viene ripagato o rifinanziato contraendo altro debito, vedi il caso dei conti pubblici), ma per ripagare questa enorme quantità di debito crescente dobbiamo prevedere una crescita economica che abbia la stessa ripida pendenza nel tempo. Ormai tutti sanno però che in un sistema chiuso (la terra) di risorse finite e spesso non rinnovabili non è possibile prevedere una crescita economica illimitata, quindi il meccanismo della moneta debito è insostenibile per ragioni principalmente strutturali, fisiche, matematiche e non economiche in senso stretto (per avere un'idea della stretta correlazione fra aumento del debito e crescita economica, vedere sotto il grafico che confronta l’andamento del debito pubblico italiano e del PIL dal 1970 ad oggi).

  2)  La ricorrenza ciclica delle crisi finanziarie in un sistema debito è una conseguenza della mancanza di sostenibilità strutturale che abbiamo visto sopra: in questa corsa affannosa alla crescita economica, con le banche da una parte che pressano per investire e prestare il loro denaro creato dal nulla e il sistema produttivo che corre e lavora per ripagare i debiti contratti, ci sarà sempre prima o dopo qualcuno che alza la mano sfiancato e dichiara di non poter più far fronte ai suoi impegni (soprattutto quando gli investimenti finanziari concentrano in maniera speculativa in un determinato settore senza considerare adeguatamente i rischi connessi, vedi crisi del mercato tecnologico del 2000, crisi immobiliare nel 2007, crisi del debito pubblico europeo nel 2008). Se osserviamo il grafico sotto che evidenzia la progressione degli indici di borsa durante le 4 maggiori crisi finanziarie negli Stati Uniti (1929, 1973, 2000, 2007) notiamo subito che negli ultimi anni è aumentata sempre di più la frequenza e la ricorrenza delle cosiddette bolle speculative, perché con la finanziarizzazione spinta dell’economia sono aumentate in modo esponenziale le masse di capitali da investire possedute dagli operatori finanziari che si spostano pericolosamente da un settore all’altro e da un paese all’altro, creando i presupposti per una nuova crisi. Ogni volta che scoppia una nuova crisi finanziaria, la domanda giusta da porsi non dovrebbe essere come è stata causata o quale è la soluzione, ma chi sarà il prossimo?

  3)  In un gioco di collegamenti incrociati, la soppressione dello stato democratico è strettamente dipendente in maniera diretta e inversa agli altri due punti, perché in un sistema debito in cui la politica monetaria (e di conseguenza anche economica) è stata completamente demandata agli istituti bancari (banche centrali e banche commerciali) lo spazio di manovra per uno stato che si dichiara sfacciatamente democratico è davvero ridotto al minimo: lo stato non può finanziare liberamente investimenti a favore della cittadinanza e del bene comune potendo agire in modo efficace soltanto sul versante delle tassazione (le banche per rendere ancora più remunerativi i loro investimenti hanno infatti imposto agli stati il limite assurdo del pareggio di bilancio, costringendo i governi a prendere con le tasse quanto concedono con la spesa pubblica e a chiudere l’ultimo canale di distribuzione di ricchezza netta ai cittadini), lo stato non può o meglio non vuole intervenire nelle decisioni e nella regolamentazione del settore bancario legittimando a favore delle banche un’autonomia e indipendenza di azione che non viene concessa a nessun altro operatore del mercato, lo stato non può far nulla per evitare le crisi finanziarie limitandosi a riparare i danni e a scegliere di volta in volta le categorie sociali a cui far pagare i costi della crisi stessa (pensionati, dipendenti statali, operai, lavoratori autonomi), lo stato non è più espressione della volontà democratica dei cittadini ma è un ente autoreferenziale e sovranazionale che sceglie i candidati in base alla loro vicinanza o meno con il settore finanziario o bancario dell’economia (vedi Monti in Italia, Papademos in Grecia, l’Unione Europea nel suo complesso, la presenza massiccia di banchieri ed ex operatori della finanza nei governi di tutto il mondo). Visto che la politica monetaria è tutta in mano alle banche, verrebbe da chiedersi se non sarebbe meglio per i cittadini cominciare a votare gli amministratori delegati o i governatori delle banche al posto dei politici fantocci che in un ipotetico scacchiere del potere valgono meno di un pedone.

Per rispondere infine all’ultima domanda proposta nel titolo: fino a quando potrà durare questo sistema? Dovremo verificare nei fatti fino a che punto i cittadini di stati non più democratici (come quelli dell’eurozona, dove a causa dei difetti di costruzione della politica monetaria il problema del debito e la crisi finanziaria si sono spostati decisamente dal settore privato a quello pubblico) potranno sopportare passivamente le sollecitazioni violente che vengono dagli ambienti finanziari e dalle loro surrogate e subalterne caste politiche, perché dopo tanto tirare per estorcere gli ultimi risparmi dei cittadini e veicolarli nelle casse dei banchieri che esigono il risarcimento dei loro prestiti (fatti spesso con l’odioso e iniquo metodo del carry trade, prendono soldi all’1% dalla banca centrale e li investono al 6%-7% in titoli di stato, scaricando il rischio sulle spalle dei governanti che dovranno sobbarcarsi l'onere di fare gli esattori delle imposte per conto dei banchieri) è possibile che la corda si spezzi. Infatti un debito che cresce all’interno di un’economia che ristagna può essere solamente ripagato alzando il livello di tassazione e penalizzando la ripresa, in una spirale recessiva che renderà sempre più complicato ripagare quel debito, che intanto rimane lì e aumenta giorno dopo giorno. Quando verrà chiaro a tutti l’insostenibilità del sistema debito attuale, potranno allora essere prese in considerazione tutte le teorie monetarie moderne che come la MMT, Modern Money Theory, o il progetto Positive Money, ribaltano alla radice il meccanismo di creazione del denaro e pongono lo Stato, o una parte delle sue istituzioni pubbliche, come unico artefice e responsabile della politica monetaria e fiscale di una nazione (le banche in questo caso ritornerebbero ad avere un ruolo secondario di pura intermediazione del credito e non più primario di controllo, gestione, creazione del denaro circolante).   

In conclusione, l’unica affermazione espressa nell’introduzione di “Where Does Money Come From?” che vale la pena approfondire è che il 97% della moneta circolante presente nel circuito produttivo è moneta di banca commerciale e come sostenuto dagli autori “le riserve della banca centrale non circolano nell'economia reale”. Ribadisco che non ho ancora letto il libro e non posso quindi avallare o contraddire questa tesi senza aver verificato direttamente cosa intendono gli autori (considerando anche che la Gran Bretagna a differenza dell’eurozona ha una sua moneta sovrana, la sterlina, e una sua banca centrale di emissione, la Bank of England). Ma in effetti ci sarebbe un’operazione del circuito finanziario italiano dove circola esclusivamente moneta di banca centrale e non è ammessa la moneta bancaria: si tratta dell’asta e del successivo pagamento dei titoli di stato da parte delle banche nazionali e internazionali autorizzate dal ministero dell’economia e delle finanze a partecipare alle aste periodiche di collocamento. In un prossimo articolo vedremo appunto il processo che regolamenta le aste primarie di collocamento dei titoli di stato per verificare quale tipo di moneta viene utilizzata durante la contrattazione e stabilire se in effetti, a livello pratico, anche gli incassi, i pagamenti e la spesa pubblica dello stato vengono amministrati tramite le scritture contabili di moneta di banca commerciale.