martedì 29 gennaio 2013

IL GIAPPONE STRAVOLGE I DOGMI SUL DEBITO PUBBLICO E L’INDIPENDENZA DELLA BANCA CENTRALE


Aveva cominciato l’Argentina a cambiare lo statuto della Banca Centrale per subordinare l’autorità di politica monetaria al governo e al parlamento democratico. Ma l’Argentina è un paese ancora troppo fragile, devastato da anni di neoliberismo e corruzione selvaggia, soggetta all’ostruzionismo della comunità finanziaria internazionale, con una moneta non completamente convertibile sui mercati valutari e sotto il monitoraggio stretto del FMI sui dati dell’inflazione e della crescita economica. L’Argentina non è un caso di studio affidabile, insomma, secondo i professionisti della menzogna e della mistificazione. Il Canada, invece, che da sempre ha una Banca Centrale pubblica al servizio del governo non fa testo perché non abbiamo controprove su cosa sarebbe successo in caso di “autonomia e indipendenza” e il Canada è un paese ricco di “materie prime”. Ora però ci si mette pure il Giappone a stravolgere i dogmi medievali degli stregoni del debito pubblico, dell’inflazione e dell’autonomia e indipendenza della banca centrale. E il Giappone è un paese sviluppato, grande esportatore, privo di materie prime, con una moneta forte e ampiamente accettata sui mercati valutari. Quindi? Cosa diranno adesso gli squinternati sostenitori del fallimentare progetto europeista che si basa proprio su quei folli dogmi? 


Chissà, mentre noi ci arrotoliamo all’interno di una delirante campagna elettorale piena di vuoti propositi senza senso e lontana anni luce dai problemi reali e dalle grandi questioni di civiltà, in altri paesi del mondo sta cominciando una “rivoluzione copernicana” che potrebbe cambiare per sempre i rapporti di forza fra i governi democratici e la politica monetaria, la finanza, lo strapotere bancario. Riporto di seguito un monumentale articolo del blog Orizzonte48, in cui l’autore, Luciano Barra Caracciolo, fa una mirabile e straordinaria sintesi di tutte le maggiori teorie macroeconomiche (classica, keynesiana, neo-classica, monetarista etc), alla luce di ciò che sta avvenendo oggi in Giappone. Consiglio davvero a tutti gli appassionati di questi argomenti (prima o dopo, lo dovremo diventare un pò tutti per venire fuori dal torpore e dalla barbarie culturale che ci sta stritolando) di leggere e di riflettere sui numerosi spunti forniti dall’articolo e soprattutto, visto il silenzio assoluto dei canali mainstream, di cominciare a guardare in piena “autonomia e indipendenza” (d’informazione però…) ad est, perché è proprio da lì che sorge il Sol Levante...di una nuova era, speriamo!       

martedì 22 gennaio 2013

DA OGGI I NUMERI REALI DELLA NOSTRA ECONOMIA NON SARANNO PIU’ TANTO SOLI


Promuovo con molto piacere un’iniziativa ideata e coordinata da Fiorenzo Fraioli di Ecodellarete, insieme ad altri valorosi protagonisti della controinformazione internet (e non solo) che si oppone eroicamente all’informazione falsa e fuorviante dei canali mainstream: La Solitudine dei Numeri Reali. Si tratta di un blog che in maniera semplice, chiara e diretta cercherà di spiegare, attraverso dei pratici volantini che possono essere stampati e diffusi sul territorio, i dati e i grafici che fotografano esattamente e obiettivamente la situazione economica-finanziaria del mostro giuridico-istituzionale dell’eurozona in cui si trova oggi imprigionata l’Italia. Quei numeri di cui nessuno dei nostri inqualificabili politicanti e stralunati economisti di regime parla mai, perché farebbero capire con immediatezza ciò che sta accadendo ed è accaduto in Italia negli ultimi trent’anni. I numeri fanno paura perché non possono essere facilmente aggirati, contraddetti o manipolati e sono proprio questi numeri che prima o dopo condanneranno al fallimento e all’estinzione tutta l’attuale classe dirigente.

I temi trattati saranno fra quelli più discussi e dibattuti: il debito pubblico, l’inflazione, la svalutazione, la spesa dello stato, la bilancia dei pagamenti, i costi dell’adesione all’area euro, i luoghi comuni sulle virtù della Germania e i vizi dei paesi PIIGS, sulla corruzione, l’evasione fiscale, gli sprechi, la casta. Una campagna che intende rinnovare il primato dell’intelligenza umana sull’isteria, la superficialità e le paure ingiustificate di medievale memoria. La descrizione dell’iniziativa è già abbastanza eloquente su quelle che sono le sue premesse e finalità: “I “numeri reali”, che descrivono le ragioni della crisi, i suoi costi e chi li paga, vagano sconsolati in un piccolo angolo della grande rete. Si erano preparati ad una stagione di notorietà, credevano di diventare delle star e, per questo, si erano fatti belli, vestendosi di grafici colorati, tabelle eleganti, infografiche da urlo. Tutto inutile, perché la scena viene occupata dai loro nemici di sempre: i beceri luoghi comuni”.

martedì 15 gennaio 2013

AGIRE ATTIVAMENTE SUL TERRITORIO PER UNA NUOVA CULTURA DEL PANE E DEL LAVORO

La società non è cultura perché la cultura non è società. E la cultura non è società perché ha in sé l’eterna rinuncia del “dare a Cesare” e perché i suoi principi sono soltanto consolatori, perché non sono tempestivamente rinnovatori ed efficacemente attuali, viventi con la società stessa come la società stessa vive. Potremo mai avere una cultura che sappia proteggere l’uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.” (Elio Vittorini, editoriale sul primo numero de “Il Politecnico” uscito il 29 settembre del 1945)

Non so per quale motivo, dopo aver partecipato ad un convegno organizzato da Reimpresa e dall’ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità), relazionato dal professore di diritto nonché presidente dell’ARS Stefano D’Andrea, mi sono venute subito in mente le parole di Vittorini, che per quanto riferite ad un periodo storico molto diverso dal nostro (ma mica tanto e ne parleremo dopo) rimangono ancora attuali. Domenica scorsa ad Alcamo, io ho assistito ad uno spaccato molto vivido e pregnante della nuova cultura che vorrei si diffondesse presto in Italia. Una cultura che non parla più per astratti concetti, per “ismi”, per categorie ideologiche o ideologizzanti, per guelfi o ghibellini, per destra o sinistra, ma che si occupi soltanto del pane e del lavoro e dei modi in cui in questo benedetto paese possano tornare di attualità tutti i temi riguardanti il reddito e la dignità dei suoi cittadini. Non con il solito inefficace e improduttivo buonismo di facciata dei partiti, dei sindacati e dei politicanti mainstream, invocando in modo confuso e a margine politiche attive per il lavoro come se fosse un corollario dovuto, ma andando oltre la superficie fino alla radice del problema e mettendo questi argomenti al centro e nel primo capoverso di qualsiasi nuova agenda politica. Perché senza lavoro non c’è reddito e senza reddito non solo non c’è più giustizia sociale, non c’è crescita economica, ma neppure libertà. E senza libertà si finisce in questo catafascio di società dell’assurdo in cui viviamo oggi.