domenica 23 dicembre 2012

EURO E COSTITUZIONE: PER UNA NUOVA VISIONE DELL’ECONOMIA COME SCIENZA SOCIALE

Ci avviciniamo alla fine dell’anno (la fine del mondo a quanto pare è stata scongiurata) ed è arrivato il momento di fare i bilanci. Il 2012 è stato un anno pesante da molti punti di vista: sociale, economico, politico, culturale. L’anno di governo concesso ai tecnici è stato caratterizzato da un inaridimento culturale che ha pochi precedenti nella storia della nostra Repubblica: questo infausto periodo verrà infatti ricordato come l’anno dello spread, ovvero l’anno in cui la grande finanza internazionale per tramite del suo portavoce Mario Monti ha fatto il suo ingresso trionfale sulla scena politica italiana per ribadire il suo ormai trentennale primato rispetto a tutti gli altri valori che dovrebbero caratterizzare la vita di questa Repubblica. La coesione sociale innanzitutto, la solidarietà civile e il lavoro, che mai come in quest’anno è stato massacrato, umiliato e relegato al ruolo di rincalzo di interessi privati e spesso stranieri: la disoccupazione deve essere tollerata per tranquillizzare i mercati sulla nostra intenzione a tenere bassi i salari, la flessibilità deve essere aumentata e la contrattazione sindacale ridotta ai minimi termini per invogliare i mercati ad investire in Italia, i licenziamenti devono essere più facili per attirare i capitali dall’estero e il nostro patrimonio aziendale, pubblico e umano deve essere svenduto agli investitori stranieri per consentire a loro di fare profitti e a noi di diventare pura merce di scambio. E difatti mai come in quest’anno gli investitori e gli speculatori esteri hanno esultato per l’operato di un nostro governo. Ed è ovvio che da tutte le testate giornalistiche e sedi istituzionali estere si siano levati cori di giubilo prima e appelli accorati adesso affinché Monti e la sua banda di mercenari continuino nella loro "rigorosa e sobriaopera di spoliazione dell’Italia.

Tuttavia l’evento che più mi ha colpito in questi ultimi giorni è un altro. E’ singolare infatti che proprio alla conclusione di questo anno terribile per l’Italia uno dei giullari del regime infame che da tempo ci tiene sotto scacco, Roberto Benigni, sia stato chiamato in causa per magnificare i valori contenuti nella nostra Costituzione; cercando quasi di nascondere e occultare goffamente con la forza delle suggestioni e dello slancio emotivo le modalità criminali in cui la nostra pregevolissima Carta Universale dei Diritti Umani è stata ormai vilipesa e ridotta a pura carta straccia dagli eurocrati suoi committenti. Ma di cosa si è trattato? Di una burla? Di una beffarda provocazione? Di un palese raggiro? Si sa che i giullari lavorano al servizio dei regnanti di turno (in questo caso il committente principale è stato re Giorgio Napolitano), ma c’è sempre un limite alla decenza. Vi sarete sicuramente accorti che tutto il mellifluo panegirico del giullare di corte pagato a peso d’oro ruotava intorno ad un imbarazzante controsenso induttivo: il fondamento della nostra Costituzione è il lavoro, la gabbia dell’eurozona in cui ci siamo incastrati non permette di attuare politiche economiche a difesa e tutela del lavoro, quindi la nostra Costituzione non ha più un fondamento, non serve più a niente, tranne che ad essere sbeffeggiata ed esposta al pubblico ludibrio dal primo deficiente che viene pagato per farlo. Ma c’è un altro particolare che rende raccapricciante l’intera messa in scena.

venerdì 14 dicembre 2012

PIANO DI CHICAGO RIVISITATO, PARTE DUE: BREVE STORIA DELLA MONETA DALLE ORIGINI AD OGGI


Nella seconda parte del documento Piano di Chicago Rivisitato, gli autori procedono ad una breve ma molto significativa storia della moneta, per mettere in evidenza soprattutto un concetto: fin dalla nascita delle prime società antiche, la moneta e la sua gestione è sempre stato uno strumento saldamente nelle mani delle autorità che detenevano il governo di quella stessa società, determinandone le linee guide di sviluppo economico, politico e civile. La visione invece prettamente liberista di una moneta-merce che nasce in ambito privato, come mezzo di scambio accettato convenzionalmente dai mercanti per agevolare gli scambi commerciali, è sempre stata una parentesi abbastanza limitata e circoscritta, un’eccezione all’interno della più comune moneta di stato imposta per legge dalle autorità. Una conclusione non nuova, dato che come sostengono per esempio gli economisti della Modern Money Theory, fra cui lo stesso Randall Wray, da Keynes in poi la certezza che la moneta sia un affare di stato si perde nella notte dei tempi. La leggenda invece che fa iniziare la nascita della moneta dall’utilizzo delle conchiglie per arrivare dopo uno spontaneo processo di selezione naturale fino al più affidabile e resistente oro, che doveva migliorare in termini di spazio, di tempo, di scambi possibili le ben note limitazioni del baratto fra due soli individui, è appunto poco più di questo: una favola, una leggenda, che non trova riscontro in nessuno dei documenti antichi studiati dagli storici e antropologi più accreditati.


Ma c’è un altro elemento che emerge chiaramente da questa interessante disamina storica, riguardante il ruolo stesso dell’economia all’interno di una società: la moneta, così come qualsiasi altro strumento usato dai governanti per semplificare, normare, regolare la vita economica di una certa comunità, ha in primo luogo uno scopo sociale, politico, giuridico e solo in un secondo momento quello contabile, di mero misuratore della ricchezza finanziaria posseduta dai cittadini. La moneta non è un semplice mezzo di accumulazione della ricchezza, ma uno strumento utile per consentire ai governanti una corretta redistribuzione e valorizzazione di quelle che sono i reali fattori su cui si fonda una società che intende rigenerarsi e perpetuarsi nel futuro: il lavoro, l’operosità, l’ingegno, la creatività di tutti i suoi cittadini, da quelli che con fatica si dedicavano alle attività manuali nelle campagne fino a quelli che intessevano le trame politiche, organizzative, finanziarie all’interno delle città. Una società che in nome della legittimazione dei crediti e dei debiti tra le controparti distrugge le prerogative reali e i beni prodotti da un’intera economia non può andare molto lontano. E non a caso i governanti più accorti e illuminati del passato non ci pensavano due volte a cancellare periodicamente tutto l’ammasso dei debiti e dei crediti accumulati, per consentire agli agenti economici di riprendere a produrre regolarmente e alla società tutta di liberarsi da un giogo altrimenti ferale. La moneta quindi è un concetto eminentemente politico e chi controlla l’emissione della moneta si attribuisce anche il potere politico di indirizzare e governare un'intera comunità. Dicono che la storia insegna, sarà vero? 

martedì 11 dicembre 2012

LA DITTATURA DELLO SPREAD E IL PROGRAMMA DELLA SHOCK ECONOMY IN ITALIA


Ieri è stata una giornata di fibrillazione e passione in Italia: tutti gli occhi degli analisti, degli opinionisti e degli organi di informazione erano puntati sull’andamento dello spread, che dopo essere sceso nei giorni scorsi intorno ai 300 punti base, è risalito sopra quota 350 punti base. L’indice di Piazza Affari è crollato di -2,21%. I titoli bancari sono andati a picco. L’Italia si è avvicinata di nuovo pericolosamente al cosiddetto baratro. Visi preoccupati dappertutto, catastrofismo a fiotti, paura sparsa a piene mani e raffiche di dati allarmanti. Persino il Vaticano ha ritenuto opportuno pronunciarsi, per bocca del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Bagnasco: “La casa brucia. Irresponsabile chi pensa a sé. Non si possono mandare in malora i sacrifici di un anno. Monti? Errore non avvalersene in futuro”. Ma cosa è accaduto di così straordinariamente minaccioso per l’Italia? Come mai la propaganda di regime italiana si è mossa all’unisono con tanta aggressività e compattezza? E’ accaduto un fatto normalissimo. Uno dei partiti di maggioranza, il PDL, che appoggiava il governo dei banchieri guidato da Monti ha avuto l’insolenza di dire la verità: tutti i dati economici, dal PIL, all’occupazione, alla produzione industriale, ai consumi, ai risparmi, al debito pubblico, alla pressione fiscale sono peggiorati dopo un anno di governo Monti, e quindi il PDL ha preferito non garantire più il suo sostegno incondizionato. Cosa c’è di tanto strano in tutto questo? Niente. E’ una normalissima dinamica democratica che si ripete da sempre in tutti i paese che possono ancora reputarsi tali. Tuttavia nello stato di diritto di eccezione in cui si trova incastrata da anni l’Italia all’interno dell’eurozona, commissariata di fatto dai "mercati" finanziari, ogni azione, che abbia una lontana parvenza di democraticità, diventa incredibilmente pericolosa e delicata.


Tralascio ovviamente tutto lo squallore dei tatticismi e delle questioni interne al PDL, basate su alcune rivendicazioni tipiche di un partito padronale (la riforma della giustizia, la legge sulle intercettazioni, l’incandidabilità dei condannati etc), e vado subito al sodo: in linea di principio la bocciatura al governo Monti non fa una piega. I presunti tecnici, che in realtà sono solo degli sciacalli mercenari al soldo degli interessi dei grandi poteri finanziari internazionali, hanno fallito su tutta la linea e qualcuno doveva farglielo notare a livello pubblico e istituzionale. In realtà, prima della bocciatura del PDL, il governo Monti allineato ai principi folli dell’”austerità espansiva dell’eurozona era stato bocciato addirittura dal FMI, che senza mezzi termini ha dimostrato in un suo documento, con tanto di grafici e dati inequivocabili, che continuando a fare tagli alla spesa pubblica e aumenti di tasse la situazione economica avrebbe finito per peggiorare inesorabilmente. Tutti i più accreditati ed autorevoli economisti del mondo, da qualunque latitudine del globo, hanno fatto notare a più riprese, non senza qualche accenno di ironia e sarcasmo, che la strada percorsa dall’Europa è senza ritorno e non ha via di uscita. Chi governa oggi in Europa probabilmente sa già di stare percorrendo una vicolo cieco, che prefigura la recessione come unica soluzione alla crisi: secondo loro, la deflazione dei salari dei lavoratori è l’unico modo per incoraggiare i nuovi investimenti, mentre la deflazione dei prezzi favorirà alla fine i consumi, perché la ricchezza finanziaria reale accumulata dalle famiglie aumenterà il suo potere d’acquisto e chi ha qualche risparmio da parte sarà invogliato a spendere. Chiariamo subito che una tale eventualità non è mai accaduta in passato nella storia del mondo, perché sappiamo bene quanto pesino le pessime aspettative e l’incertezza sul futuro sulle scelte di investimento e di consumo degli agenti economici, eppure l’Europa continua ad andare avanti e ad incoraggiare quei governanti che assecondano indefessamente questa strategia suicida di stampo neoliberista, mercantilista ed imperialista. Perché?

giovedì 6 dicembre 2012

PIANO DI CHICAGO RIVISITATO, PARTE UNO: LA NETTA SEPARAZIONE FRA MONETA E CREDITO


Il Piano di Chicago Rivisitato è a mio avviso, e secondo molti altri più autorevoli analisti, uno dei documenti economici e finanziari più importanti pubblicati nell’ultimo periodo. Un vero caso mondiale, che sta diventando un testo di riferimento per gli studiosi della materia e un’opera divulgativa di culto per tutti gli appassionati. Non vi nascondo che anche io ho letto il documento con molto interesse e stupore, non tanto per i contenuti che nella maggior parte dei casi mi erano già noti (si veda a tal proposito l’ampia trattazione già pubblicata sul movimento economico e culturale Positive Money) ma per il tempismo e le circostanze che ne hanno decretato il successo. Il documento è stato scritto da due economisti americani che lavorano come consulenti per il Fondo Monetario Internazionale FMI: Jaromir Benes e Michael Kumhof. Il committente di questa opera è stato appunto il FMI, che a scanso di equivoci, in calce al documento ha riportato (come spesso accade con i suoi working papers) le testuali parole: “Questo documento non deve essere inteso come rappresentativo del punto di vista del FMI. Le opinioni espresse in questo documento sono quelle degli autori e non rappresentano necessariamente quelli del FMI o della politica del FMI. I documenti descrivono in genere le ricerche in corso degli autori e vengono pubblicati per suscitare commenti e ulteriori dibattiti”.


E il dibattito in effetti si è acceso abbastanza rapidamente e vivacemente in tutto il mondo. Perché il Piano di Chicago è rivoluzionario da molti punti di vista e se applicato alla lettera ribalterebbe alla radice gli equilibri e i rapporti di forza esistenti fra lo strapotere incondizionato del sistema finanziario ormai fuori controllo e le risicate rivendicazioni politiche, economiche e sociali degli antichi stati democratici soggiogati, schiacciati, ridimensionati a ruoli e compiti sempre più marginali. Ora chi conosce anche sommariamente la linea politica di difesa ad oltranza dei grandi interessi privati e di tutela dei potentati finanziari seguita da sempre dal FMI, a tutto svantaggio del benessere dei popoli e delle democrazie, potrebbe nutrire non pochi sospetti sulla fondatezza e credibilità di questo repentino cambio di marcia. Perché oggi il FMI dovrebbe farsi garante di cambiamenti epocali di paradigma che fino a ieri ha sempre apertamente o subdolamente osteggiato? Quali reali interessi ha il FMI a diffondere nuove teorie sul riassetto dell’attuale sistema finanziario, quando i suoi maggiori azionisti, Stati Uniti e Gran Bretagna in testa, sono contrari a qualsiasi minima variazione di programma? Quale fregatura si nasconde dietro questo improvviso atteggiamento innovativo del FMI? Senza alcuna pretesa di essere esaustivo o conclusivo, vi offro la mia personale opinione in proposito, aprendomi già al confronto e alle smentite.

lunedì 3 dicembre 2012

USCITA DALL’EURO E RITORNO ALLA LIRA: COSA ACCADE AI TASSI DI INTERESSE E AI MUTUI?


L’economia è una disciplina della scienza sociale molto complessa e articolata, questo lo abbiamo ribadito più volte. Più ti addentri nei suoi meandri e più ti accorgi che è piena di snodi, maglie, matasse, connessioni, correlazioni spesso difficili da districare e dipanare con chiarezza ed efficacia. Per questo motivo, per affrontare meglio l’analisi, gli economisti lavorano quasi sempre utilizzando dei modelli che consentono di semplificare i comportamenti individuali e accorpare le grandezze aggregate (consumi, investimenti, spesa, offerta, domanda, inflazione etc). I modelli hanno la stessa importanza e funzione delle carte geografiche per un esploratore, perché servono ad indicare una rotta, un percorso: maggiore è la scala del modello, il grado di dettaglio e maggiore sarà la visione complessiva di tutte le strade percorribili. Ogni economista inoltre enfatizza nel modello la caratteristica che vuole di più evidenziare, così come i cartografi fanno mappe politiche, geografiche, morfologiche, toponomastiche, stradari, a seconda di quelli che sono gli usi richiesti dai fruitori. Tuttavia, quando gli economisti cercano di costruire modelli basandosi su modelli precedenti e non direttamente sulla realtà avviene il fenomeno di distorsione, di corto circuito e di inarrestabile alterazione dei risultati ottenuti che ben conosciamo: finisce la fase di utile e interessante descrizione dei processi reali e inizia quella della modellizzazione del modello, della mistificazione.


Le mappe economiche basate su modellizzazioni successive portano quasi sempre fuori strada, sia perché partono spesso da premesse iniziali sbagliate, sia perché le direzioni, diramazioni, destinazioni di arrivo hanno davvero pochi riscontri con ciò che accade intanto nella realtà o si evince dai dati sperimentali. In un precedente articolo, abbiamo visto per esempio come la correlazione che molti esploratori sprovveduti (definiti come dei veri e propri automi che ripetono meccanicamente sempre gli stessi concetti senza mai prendersi la briga di ragionare prima di parlare) fanno fra svalutazione e inflazione è nella maggior parte dei casi infondata e trova davvero pochi agganci con i dati sperimentali della realtà. Senza dubbio possiamo dire che entrambe queste grandezze influiscono a definire il “prezzo” o il valore di una certa moneta, ma partendo da presupposti diversi: l’inflazione misura il valore interno della moneta tramite il potere di acquisto, la svalutazione (o rivalutazione) serve invece a quantificare il valore esterno della moneta tramite il tasso di cambio (esiste poi una terza variabile, il tasso di interesse, che identifica il valore intertemporale di una moneta). Basterebbe già riflettere a fondo su queste definizioni per capire che fra svalutazione e inflazione c’è in mezzo un oceano di elementi, fattori, variabili, caratteristiche produttive di un certo sistema paese che impediscono la postulata e quanto mai assurda relazione diretta di causa effetto fra svalutazione e inflazione. Ma per capire meglio quanto già detto e dimostrato, ricorriamo ad un semplice esempio.

venerdì 30 novembre 2012

SPESA PUBBLICA, CASTA, CORRUZIONE: ECCO COME FUNZIONANO LE COSE NEL PALAZZO


La complessità spesso spaventa e pur di non guardarla dritta in faccia e capire quanto è profondo e difficile il cammino che porta alla verità, preferiamo trincerarci dietro facili semplificazioni: la spesa pubblica improduttiva, la casta spendacciona, la corruzione. A volte queste semplificazioni sono necessarie per non appesantire troppo il discorso e rendere scorrevole il ragionamento, altre volte invece rischiano di farci precipitare verso la più assoluta vacuità. Deragliamo facilmente dalla giusta direzione, sbagliamo il bersaglio. Un’analisi molto più accurata di ciò che succede negli ingranaggi dell’amministrazione pubblica, come quella proposta dall’ottimo blog Orizzonte48, ci mostra invece come con prudenza, lucidità, competenza si possa aprire un varco di luce all’interno del palazzo e una volta capiti alcuni suoi meccanismi, distorsioni, cominciare ad avere meno paura di quella complessità che tanto ci spaventa. La sensazione di sospensione e disorientamento che ho avuto io leggendo questo articolo tutto d’un fiato è stata molto simile a quella fuga onirica e surreale che si prova leggendo i libri di Kafka (il Processo e il Castello in particolare). Vi consiglio di leggere con attenzione questo articolo, magari a pezzi, a piccoli sorsi, per assimilarlo e metabolizzarlo bene. Ne vale la pena. E’ un arricchimento in tutti i sensi.


Dopo aver perso molto tempo utile dietro vani tentativi di dare forma e sostanza ad un Movimento Democratico Aggregante per la riconquista della sovranità nazionale a tutti i livelli, mi sono accorto amaramente che forse ancora è troppo presto, è prematuro perché si creino solo le basi per la nascita di un simile Movimento. Nei prossimi mesi vedrete sfilare davanti a voi tanti carrozzoni elettorali colorati di arruffapopoli al grido di: “Sovranità Monetaria! Fuori dall’euro! Piena Occupazione! Noi siamo i giusti! Noi siamo i vincenti! Noi siamo l’Italia”. Ma per esperienza personale e diretta vi dico che all’interno di questi Movimenti c’è il vuoto più assoluto, nessuna percezione reale della complessità dei problemi che ci troviamo ad affrontare, solo slogan accattivanti, emotività allo stato puro, fanatismo della peggiore specie e la foga, la fretta, l’affanno di conquistare qualche poltrona in parlamento. Per non parlare poi dell’opacità mostruosa con cui vengono gestiti i processi decisionali interni, il flusso di denaro, la selezione della presunta classe dirigente, la condivisione dei metodi e delle regole, la contraddizione di termini nel voler combattere il sistema oligarchico e privatistico che ha imposto dall’alto l’Unione Europea ai popoli senza chiedere mai la legittimazione democratica dei cittadini riproducendo esattamente al proprio interno i suoi stessi vizi di forma: tutto viene calato dall’alto, lavorando sulla pressione e il ricatto psicologico, in nome della continua eccezione alla regola, alla forma, al metodo perché i tempi sono stretti ed è talmente tanto importante il nostro obiettivo che qualche accelerazione è d’obbligo. Vi ricorda qualcosa questo modo di fare e di pensare?

lunedì 26 novembre 2012

IL MOVIMENTO DEMOCRATICO ANTI-EUROPEISTA SI ARRICCHISCE CON UN NUOVO BLOG


Cosa vi dice la parola Quarantotto? Una data, forse? Un richiamo ai moti risorgimentali del 1848? L’evocazione ad un’epoca di tumulti e sommosse di piazza? Fuocherello. In realtà il nome del nuovo blogger Quarantotto, a cui diamo il benvenuto e che ci aiuterà a capire ancora meglio e in profondità la complessità degli eventi che siamo chiamati a fronteggiare ed interpretare, si riferisce alla data del 1° gennaio 1948, giorno in cui entrò effettivamente in vigore la nostra beneamata e tanto sconosciuta Costituzione Italiana. Il suo nuovo blog Orizzonte48 si prefigge infatti di colmare quel vuoto di informazione, comunicazione e divulgazione che riguarda appunto l’analisi economica del diritto (costituzionale, europeo, fiscale e pubblicistico in generale), in modo da avere un punto di riferimento in materia istituzionale di altissimo livello. Nel mio piccolo, io cercherò di promuovere per quanto possibile la diffusione del blog Orizzonte48, sia perché ho avuto modo di conoscere meglio la statura, la serietà, la competenza, la professionalità del suo autore, sia perché riconosco che a livello giuridico-istituzionale abbiamo ancora parecchi passi avanti da fare. Senza avere chiari i limiti e gli orizzonti del diritto costituzionale e internazionale difficilmente riusciremo a rendere credibili e attuabili tutte le proposte e le istanze del nascente Movimento Democratico Anti-Europeista, che spontaneamente sta nascendo e si sta creando nella rete.


In questi ultimi giorni io sono stato assente perché impegnato a cercare di dare una forma e un contenitore concreto al Movimento, cosa che potete capire non è di facile realizzazione: sono così tante le sfumature e le declinazioni del Movimento che cercare di contenerle tutte è praticamente impossibile. Dovendo scegliere alcune direttrici fondamentali che abbiano solo lo scopo di aggregare, includere e non di escludere, abbiamo deciso dunque di puntare su due istanze che formino la base comune, le fondamenta da cui partire insieme e su cui non ci possono essere tanti dubbi: la sovranità monetaria e la democrazia partecipativa. Il programma politico-economico, che presto vi proporrò nella sua ultima versione, sarà molto più complesso e comprenderà inizialmente 10 punti, che possono poi essere ampliati, modificati, aggiornati, rettificati in qualsiasi momento secondo quelle che sono le migliori istanze e proposte degli attivisti del Movimento. Nei prossimi giorni vi coinvolgerò anche per quanto riguarda la scelta del nome e del simbolo da utilizzare in campagna elettorale, dato che le proposte si sono ridotte praticamente a due e gli elaborati sono attualmente in mano ai grafici, che stanno preparando le bozze da cui poi si dovrà ricavare la versione definitiva, in base anche alle vostre reazioni e ai vostri suggerimenti. C’è parecchia carne al fuoco insomma e malgrado il madornale ritardo sul ruolino di marcia per arrivare alle prossime elezioni (anticipate non a caso al 10 marzo per impedire che le forze realmente attive e propositive del paese abbiano il tempo materiale di aggregarsi), noi confidiamo ancora di presentarci con una nostra Lista Civica Nazionale. Con tutti gli ostacoli e le difficoltà che ciò comporta e comporterà e sapendo anche che il nostro orizzonte temporale sarà molto più ampio delle prossime elezioni, perchè "tecnicamente" prima o dopo il nostro momento arriverà. Il vostro aiuto, sostegno e supporto in questo caso sarà determinante per accelerare il processo di transizione e favorire il successo dell’intero progetto.

venerdì 16 novembre 2012

IL MOVIMENTO DEMOCRATICO ANTI-EUROPEISTA CONTRO LA VIOLENTA DITTATURA DEI TECNOCRATI

Scrivo di getto, d’impulso, dopo avere visto e rivisto le immagini degli scontri e delle violenze che hanno insanguinato l’Europa durante le manifestazioni di protesta e gli scioperi di mercoledì scorso, 14 novembre. In questo sito potrete trovare un buon archivio fotografico per capire quello che è successo. Si tratta nella maggior parte dei casi di ragazzi, giovani studenti, adolescenti manganellati a sangue dalla polizia per il solo fatto di aver voluto manifestare la rabbia e l’inquietudine per il loro futuro negato e vilipeso. Dall’Italia, alla Spagna, alla Francia, alla Germania, alla Grecia, a Malta, tanti ragazzi, lavoratori, comuni cittadini sono scesi in piazza per dire no alla dittatura europeista e tecnocratica che sta massacrando le democrazie e i popoli del vecchio continente. Ufficialmente la propaganda di regime ripete fino allo sfinimento che le manifestazioni sono state soltanto contro le politiche di austerità, facendo intendere che basterebbe alleggerire un po’ la morsa del rigore fiscale è tutto in Europa potrebbe riprendere a pacificarsi e a prosperare. Non è così. L’Austerità è un principio fondante con cui i tecnocrati hanno progettato questo mostro giuridico-economico-istituzionale chiamato eurozona. L’euro come moneta è nato per essere austero, scarso, sottratto dalle mani legittime del popolo sovrano per essere consegnato agli artigli feroci dei banchieri rapaci. Questo è l’euro, mentre tutto il resto, gli Stati Uniti d’Europa, la moneta unica come strumento di pacificazione dei popoli, la fratellanza universale, sono solo menzogne inventate ad arte dalla propaganda per infinocchiare i fessi.


Non so quanti ragazzi manganellati per strada avessero chiaro questo concetto: per liberarsi dall’angoscia che li opprime non serviva andare in piazza per gridare tutta la loro rabbia. Non serviva sfilare con gli striscioni e intonare slogan contro la polizia o il governo ladro. I loro aguzzini non sono i poliziotti, poveri cristi anch’essi che hanno confuso lo stipendio e la sicurezza economica con l’unico valore che abbia significato in questa vita: la dignità. I loro nemici non sono neppure quegli indegni e inqualificabili politicanti rinchiusi e barricati nei palazzi, schiavi pure loro di una regola divina bancaria o dogma finanziario di cui non hanno più alcun controllo o podestà. Per liberarsi dal boia che sta martorizzando il loro futuro, i ragazzi dovevano soltanto aprire il loro portafoglio e bruciare tutte le banconote in euro che custodivano gelosamente, perché sono proprio quelle banconote lo strumento di tortura con cui li stanno lentamente annientando. Uno Sato democratico di diritto non può essere subordinato e umiliato da una vile moneta, non è mai stato così nella storia e mai lo sarà. Tramite l’euro e lo svilimento dell’impalcatura giuridica dello Stato democratico di diritto, i tecnocrati stanno tagliando i ponti con il passato e il futuro, per isolarci tutti in questa gabbia. Tramite l’euro e le politiche di austerità, i banchieri ci stanno soffocando fino a togliere il fiato, il respiro, la capacità stessa di pensare e guardare con fiducia ai giorni luminosi che ancora hanno da venire. La tecnocrazia europeista sta giocando con il fuoco e lo sa, lo aveva previsto. La finanza e il mercantilismo che i tecnocrati rappresentano stanno massacrando e offendendo il più alto valore che l’umanità ha mai avuto nella sua storia: la gioventù. La speranza. La fiducia nel futuro. La capacità di contribuire, partecipare, lavorare attivamente per migliorare la propria condizione personale e il benessere dell'intera società.

mercoledì 14 novembre 2012

LA PROCURA DI TRANI, IL DEBITO PUBBLICO E LA NAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE


Parto subito fornendo il mio totale appoggio ad un’iniziativa promossa dal sito NoCensura: inviare un’e-mail all’indirizzo tribunale.trani@giustizia.it per far sentire il nostro sostegno, ringraziamento, la nostra vicinanza alla Procura di Trani, che lunedì scorso 12 novembre ha rinviato a giudizio ben 7 importanti responsabili delle agenzie di rating americane Standard&Poor’s e Fitch. Servirà a poco, forse a niente, ma secondo me è sempre utile in un periodo così turbolento e confuso dichiarare apertamente da che parte stare e mandare un segno di riconoscenza a chi si presume stia lottando con grande impegno e determinazione dalla nostra stessa parte, riuscendo pure a passare dal piano astratto delle parole a quello concreto dei fatti: tutti noi ci proponiamo a parole di riformare il mondo della finanza, eliminare il conflitto di interesse fra enti controllori e controllati, arrestare il processo in corso di finanziarizzazione spinta dell’economia, regolamentare l’intero settore, svelare i complotti e i retroscena che si nascondono nell’intreccio micidiale fra politica e affari, ma poi alla prova dei fatti siamo ancora incapaci di promuovere a livello istituzionale una singola azione di riforma. I magistrati di Trani, nel silenzio e nell’indifferenza più assoluta, sono invece riusciti a mandare un segnale forte al potente mondo finanziario, con tanto di carte bollate. E devo dire che conforta parecchio sapere che esiste ancora qualcuno in Italia capace di schierarsi con la parte debole, i cittadini, i consumatori, il popolo italiano contro chi in forza del suo enorme prestigio internazionale agisce spesso in modo truffaldino e in violazione della legge per frodarli.


Come recitava il titolo di un film americano di qualche anno fa, tutti noi dovremmo avere una personale “guida per riconoscere i nostri santi” e a mio parere i magistrati della Procura di Trani meriterebbero un posto d’onore nella lista, perchè sono dei segugi eccezionali e instancabili che da anni indagano sui crimini palesi o occulti commessi dal settore finanziario e bancario, dall’anatocismo all’usura, alle truffe dei prodotti derivati, all’aggiotaggio, fino all’attuale denuncia delle società di rating per manipolazione del mercato. Secondo l'accusa, coordinata dal pubblico ministero Michele Ruggiero, le agenzie di rating avrebbero con una serie di annunci abusato di informazioni riservate e violato più volte le regole del mercato finanziario rivelando in anticipo l'imminente intenzione di declassare il rating dell'Italia, cosa questa che ha dato avvio alla svendita in massa di titoli del debito pubblico italiano da parte dei grandi operatori del settore e procurato gravi perdite per i piccoli risparmiatori. Le prime dichiarazioni di Ruggiero sono abbastanza esplicite in questo senso: “Le agenzie di rating hanno tentato di destabilizzare l’immagine, il prestigio e il merito creditizio dell’Italia sui mercati finanziari, alterando il valore delle obbligazioni italiane a causa dei continui deprezzamenti”. Tutti sanno che le società di rating lavorano al servizio delle banche, vengono finanziate dagli istituti che dovrebbero giudicare, basano i loro giudizi sulle informazioni fornite dalla banche e forniscono addirittura consulenza alle stesse banche sui metodi migliori per ottenere un buon rating, ma sono sempre pochi quelli che hanno il coraggio di denunciare apertamente questo gigantesco conflitto di interesse strutturale. Entrando nel merito della questione, cerchiamo però adesso di capire meglio su quali circostanze si basa la Procura di Trani per formulare la sua accusa.

giovedì 8 novembre 2012

L’USCITA DALL’EURO E I TERRORISTI DELL’INFLAZIONE E DELLA SVALUTAZIONE


Siamo assediati. Sentendo parlare in televisione tutti i membri del partito unico dell’euro (giornalisti, politici, semplici opinionisti occasionali) possiamo forse capire da dove prendono ispirazione certi scrittori di fantascienza quando devono immaginare il mondo del futuro disumanizzatorobotizzato, automatizzato. Questi adepti della dottrina mistica dell’euro non sono infatti esseri umani “normali”, “razionali”, “senzienti”, ma automi che ripetono in modo meccanico una lezioncina che hanno imparato a memoria da qualche parte e qualcuno gli ha imposto di recitare in tutte le occasioni pubbliche disponibili. Anche rileggere “1984” di George Orwell può essere utile per comprendere i metodi di lavaggio del cervello usati dalla propaganda di regime per manipolare, addomesticare e rendere docile l’opinione pubblica. Per chi non ha tempo e voglia di leggere, rivedere il film “Matrix” è sempre un buon modo di trascorrere una serata e riflettere sulla natura illusoria e posticcia della realtà che può essere creata quando si altera la verità dei fatti con credenze consolatorie e abitudini rassicuranti. Bisogna insomma imparare a convivere con gli automi e regolarsi di conseguenza, dato che l’agente Smith del partito unico dell’euro è il nostro nuovo interlocutore dialettico, politico: non un uomo, ma una macchina programmata per fare e dire certe cose. Tranquilli, questi automi al momento sono innocui, non uccidono (almeno fino ad oggi, domani chissà), ma chi vuole anche solo iniziare a ragionare sul fallimento dell’euro e le possibili alternative, deve sapere subito che si troverà presto o tardi circondato, assediato, aggredito da un esercito sterminato di agenti Smith, che come gli zombies dell’“Alba dei morti viventi” cercheranno di zittirlo e di fargli cambiare idea con le buone o con le cattive maniere.


Queste suggestioni un po’ gotiche e visionarie mi sono venute in mente riguardando con attenzione gli ultimi interventi televisivi dell’economista Alberto Bagnai a Telenova e L’Ultima Parola, dove il professore si è dovuto difendere come un leone dagli attacchi degli automi che ripetevano le loro strampalate teorie sull’inflazione e la svalutazione, senza ascoltare minimamente le spiegazioni razionali che confutavano ad una ad una quelle tesi prive di fondamento scientifico, empirico, storico. Ovviamente Bagnai non ha bisogno di una difesa d’ufficio, perché il professore si difende benissimo da solo e meglio di chiunque altro in Italia su questi argomenti, ma mi interessava solo fare un approfondimento sulla mentalità contorta e raccapricciante che avviluppa gli automi, che senza troppi giri di parole potremmo anche chiamare terroristi o criminali della democrazia. Come anche sottolineato più volte dallo stesso Bagnai, una vera democrazia compiuta si basa sulla correttezza e trasparenza delle informazioni trasmesse ai cittadini, quindi chi consapevolmente o inconsapevolmente continua a propinare notizie false, allarmismi infondati, paure ingiustificate alla gente è a tutti gli effetti un terrorista o un criminale. Da rimarcare infatti come Bagnai non si ponga in questi dibattiti come il sostenitore di una particolare teoria economica o movimento politico, ma solo come semplice divulgatore di verità empiriche e dati di fatto acclarati che non possono essere contestati sulla base di slogan propagandistici e meccanici, ma al massimo confutati portando altri dati, numeri, fatti più affidabili e certi. Cosa che non è mai avvenuta in questi dibattiti, perché gli automi non solo non supportano mai i loro discorsi con i dati ma nella maggior parte dei casi non conoscono neppure lontanamente il significato degli argomenti dibattuti.

lunedì 5 novembre 2012

FINE DELL’EURO ATTO QUARTO: RITORNA L’INCUBO DELLA GRECIA E IL DOGMA DELL’AUSTERITA’


Ricomincia puntuale l’opera buffa dell’eurozona, con il suo quarto atto strappalacrime incentrato sulla sorte della sventurata ancella Grecia, sedotta e stuprata dagli impassibili funzionari della trojka e dai loro spietati mandanti, i progettisti e fautori del regime sovranazionale, totalitario e assolutista che ci governa. La terra che un tempo era la culla della civiltà e ha dato lezioni di politica e democrazia a tutto il mondo è diventata la miserabile sede di una delle più assurde tragicommedie di tutti i tempi, che potrebbe tranquillamente intitolarsi così: “Come conquistare l’Europa senza sparare un colpo di mortaio”. Altro giro, altra corsa: dopo il ridicolo terzo atto del vertice di Bruxelles, in cui si è deciso di rafforzare lo strapotere bancario sotto la guida premurosa della BCE, il carrozzone dei buffoni riparte dal luogo in cui tutto è partito. E mentre noi spettatori siamo distratti ad osservare le evoluzioni che si avvicendano sul palcoscenico, i soliti noti, banchieri e compagnia bella, continuano nel buio della sala a sottrarci tutto ciò che abbiamo: soldi, patrimoni, diritti, dignità, libertà individuali. Un piano formidabile, in cui ogni cosa, anche quella in apparenza più insignificante, è stata studiata nei minimi dettagli per fregarci.


Sia chiaro, la buffonata si intitola “Fine dell’euro”, perché prima o dopo questo odioso spettacolo finirà, ma non sappiamo ancora quando: fra un anno? Due anni? Fra dieci, trenta, cinquanta atti? Chissà. Purtroppo questa strana e grottesca rappresentazione si concluderà soltanto quando qualcuno tra il pubblico pagante avrà la forza di accendere la luce in sala e di risvegliare tutti gli altri dal torpore, potendo infine ammirare lo scenario raccapricciante da cui erano circondati: solo allora infatti si accorgeranno che da anni a loro insaputa una torma di uomini viscidi e impomatati stava strisciando senza sosta fra una fila e l’altra della platea per depredarli: a qualcuno aveva già tolto le scarpe, a qualcun altro il portafoglio, la giacca ad un uomo anziano, la borsa ad una donna. Questa è l’eurozona, bellezza! Sconvolti da questa scoperta, i visi pallidi, stralunati e imbambolati degli spettatori si guarderanno in faccia come se si fossero alla fine liberati da un sortilegio, un incantesimo che gli impediva di capire cosa stava accadendo attorno a loro, chi stava manovrando le marionette sul palco, come è iniziata questa truffa, questa razzia furibonda. Solo a quel punto si farà la conta dei danni di questa guerra silenziosa e subdola alla nostra pace, che da più di trenta anni sta devastando il vecchio continente. Ognuno chiederà al vicino cosa gli hanno portato via: “a me la casa, a me l’azienda, a me il negozio, a me il lavoro, a me la libertà di informazione, a me la dignità, a me il diritto ad avere un futuro”. E i popoli dovranno ripartire da zero, con una nuova ricostruzione degli stati e delle carte costituzionali, una fase del tutto simile a ciò che normalmente avviene dopo una guerra. Purtroppo però è ancora presto anche solo per immaginare questo momento liberatorio, e ci troviamo nel bel mezzo della tragicommedia, con le luci dei riflettori che abbagliano gli occhi, e il buio impenetrabile della sala che ci confonde, ci spaventa. Dicevamo della Grecia, già la Grecia.

martedì 30 ottobre 2012

LA MONETA DI STATO PRIVA DI DEBITO E LA RIFORMA DEL SISTEMA BANCARIO MODERNO


Se non ora quando? Questo slogan che tanto successo ha avuto qui in Italia, dovrebbe essere esportato a livello mondiale per mobilitare la gente intorno ad una questione centrale all’interno del dibattito internazionale, più culturale o politica che economica, che coinvolge la vita di tutti noi: la Moneta. L’argomento è spinoso e complesso, ma non di rado i modi per attaccarlo e addomesticarlo sono di una semplicità disarmante e soprattutto accessibili a tutti: tecnici, economisti, ingegneri, operai, casalinghe, anziani e…bambini. Anzi, molto spesso sono proprio i bambini in virtù della loro innocenza e apertura mentale ad avere gli strumenti giusti per districare la matassa, mentre per una volta noi adulti dovremmo stare zitti in disparte ad ascoltare, osservare ed imparare. Sulla moneta in particolare sono sicuro che ne vedremmo delle belle, perché se ci pensate bene i bambini, ancora prima delle banche, degli stati, della finanza internazionale, delle teorie economiche dei premi Nobel sono i primi ad inventarsi sistemi monetari inattaccabili, con i loro bigliettini di carta colorata, che si passano di mano in mano in cambio di oggetti, giocattoli, giri in bici, ciottoli levigati. Se osservate bene come giocano, vi accorgerete che i bambini non solo stabiliscono subito degli accordi per accettare esclusivamente una tipologia di biglietti e non altri, ma sono così attenti e rigorosi da creare soltanto la quantità di biglietti strettamente necessaria e sufficiente al corretto funzionamento dei loro giochi. Non un biglietto in più e non uno in meno. I bambini quindi conoscono a meraviglia il rudimentale concetto di misura, legato principalmente all’equilibrio fra i mezzi monetari e i beni scambiati, che tanta confusione e panico crea negli adulti. Una saggezza istintiva, ancestrale che dovrebbe farci riflettere.


Detto questo, riprendo il lungo cammino di scardinamento di alcuni miti e leggende popolari intorno alla moneta, visto che dai riscontri avuti dai lettori ho ricavato la necessità di fare ulteriori chiarimenti che potrebbero aiutarci a compiere insieme un altro passo avanti in questo fondamentale percorso a ritroso di conoscenza: dalle sicurezze della maturità dobbiamo andare indietro, giù, giù, fino agli anni della spensierata e ingenua infanzia. Magari questa premessa vi sembrerà un po’ strana, bizzarra, ma più andrete avanti nella lettura e più capirete che di tecnico, economico, finanziario qui non c’è nulla, tranne pochi immediati concetti di contabilità, mentre tutto il resto sono valutazioni logiche o linguistiche alla portata di tutti. Ovviamente cercherò di semplificare al massimo alcuni passaggi, ognuno dei quali meriterebbe un capitolo a parte, ma con lo scopo specifico di dare priorità per adesso al discorso generale. La struttura di fondo dei ragionamenti è basata principalmente dai contributi forniti a riguardo dal movimento culturale ed economico inglese Positive Money, che insieme al gruppo americano della Modern Money Theory MMT, è riuscito secondo me a spiegare e sviscerare molto bene le dinamiche di funzionamento del sistema monetario moderno, avanzando anche le migliori proposte di riforma. Ma c’è anche una grande novità: a questa banda di professori di economia sovversivi ed eretici, si è unito di recente nientemeno che lo stesso Fondo Monetario Internazionale, ovvero l’organismo che sovraintende la politica monetaria mondiale, considerato molto spesso, non a torto, lo strenuo difensore delle logiche predatorie della cosiddetta finanza speculativa.

lunedì 22 ottobre 2012

FINE DELL’EURO ATTO TERZO: LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA, ORA TOCCA ALL’ITALIA


Che cosa è un’opera buffa? L’opera buffa è un genere teatrale che si diffuse prima in Italia e poi nel resto d’Europa a partire dal XVIII secolo, avendo come scopo principale quello di presentare storie semplici, commedie, personaggi di estrazione popolare, problemi più quotidiani e comuni in cui si poteva riconoscere la maggioranza del pubblico pagante e non solo i nobili e i monarchi. Come ho già detto altre volte l’Unione Europea, e l’eurozona in particolare, è diventata da tempo, da quando tutti i nodi sono venuti al pettine, un grande immenso palcoscenico a cielo aperto in cui a cadenza pressoché giornaliera si recita a soggetto. Un circo itinerante che da Bruxelles, Berlino, Francoforte, Parigi, Madrid, Roma, arriva fino ad Atene per poi ricominciare il giro, con gli attori più esilaranti e comici che impresario poteva mai sperare di ingaggiare: abbiamo Merkel la cattivona, Hollande l’ipocrita, Monti il viscido, Rajoy il furbo, Samaras il codardo, Draghi il subdolo. Se non fosse per i risvolti drammatici di tutta la faccenda, che coinvolge direttamente noi spettatori paganti sia in termini economici che umani, ci sarebbe di che sbellicarsi dalle risate ad ogni ora, ad ogni dichiarazione dei buffoni all’opera. Anche la morte di un uomo greco di 66 anni, deceduto durante le sommosse ad Atene e gli scontri con la polizia dei giorni scorsi, diventa subito un fatto grottesco ed inverosimile: le persone muoiono quasi sempre di infarto, perché essendo anziane e cagionevoli vengono travolte e spaventate da una folla di giovani inferociti e incappucciati. Mentre la circostanza che queste persone possano essere state spintonate, percosse, manganellate dalla polizia prima di cadere esanimi sul campo, non viene mai presa in considerazione. No, questo non è previsto dal copione.


Nel primo atto dell’interminabile commedia europea avevamo descritto lo scricchiolio del ramo sul quale è seduta la Germania, che i suoi governanti si stanno impegnando a segare con una solerzia che ha dell’incredibile e del paradossale: ogni imposizione di austerità e rigore fiscale in più nei paesi della periferia, significa una proporzionale quantità di merci che la Germania non esporta più in quei paesi, affossando di fatto la sua stessa economia. Tuttavia siccome i tedeschi non capiscono questa semplice relazione contabile e nella prossima primavera ci saranno le elezioni, la cancelliera Merkel per tenersi buono l’elettorato deve mostrare buon viso a cattivo gioco, facendo la voce grossa al Bundestag contro i paesi spendaccioni e poi cercando accordi sottobanco con gli altri buffoni suoi pari per limitare i danni e tenere in piedi baracca e burattini. Nel secondo atto invece avevamo assistito alla miserevole disfatta della Spagna, che dopo Irlanda, Portogallo, Grecia era puntualmente caduta come un birillo, mostrando al mondo intero in tutta la sua grandezza il fallimento del suo sistema bancario e l’insostenibile leggerezza dei conti pubblici, che un tempo erano tra i più virtuosi della terra e oggi sono stati sventrati appunto per fornire salvataggi di emergenza alle banche. Nel terzo atto che raccontiamo oggi la trama è molto più semplice e dozzinale, perché si articola tutta intorno ad un motto di spirito abbastanza noto ai mercanti: “Prima vedere cammello, poi pagare moneta!”. Con un colpo di scena finale ad effetto, in cui si scoprirà chi e cosa è il “cammello” in questione.  

giovedì 18 ottobre 2012

BANCA CENTRALE E COMMERCIALE: CREAZIONE, TRASFERIMENTO E DISTRUZIONE DI MONETA


Riprendiamo il nostro percorso di approfondimento del sistema monetario moderno attraverso le semplici descrizioni illustrate fornite dal movimento culturale ed economico inglese Positive Money. La crisi finanziaria attuale come abbiamo detto spesso non è solamente una delle tante crisi congiunturali di sovrapproduzione (più di prestiti e strumenti finanziari che di beni reali) o calo della domanda, ma una crisi sistemica che coinvolge dall’interno la struttura stessa del sistema bancario internazionale e il suo modo di operare e gestire le fasi di creazione, trasferimento e distruzione della moneta. Capire come funziona il sistema finanziario e trovare eventualmente delle soluzioni attuabili diventa fondamentale per evitare che si rimandi ancora, attraverso le massicce iniezioni di liquidità, il momento della verità: non è difficile infatti prevedere che la prossima crisi che si sta già preparando sarà ancora più grave di quella attuale, essendo superiori le masse monetarie in gioco. Quest’ultima crisi quindi, molto più delle precedenti, a causa della sua portata e della sua profondità, coinvolge il modo stesso di considerare la moneta dopo la fine degli Accordi di Bretton Woods del 1971, ponendo delle domande ormai ineludibili: che cos’è esattamente la moneta? E’ un bene negoziabile al pari di tutti gli altri? E’ un mezzo di pagamento per favorire gli scambi e i commerci? E’ una semplice unità di conto che serve a misurare i debiti e i crediti contratti tra le controparti?



In effetti nel sistema monetario moderno, il denaro assume contemporaneamente le tre accezioni prima esposte ed è dalla confusione che ne deriva, dalla preferenza per l’una o l’altra forma della moneta, che affonda la causa principale della crisi attuale, perché se la moneta è un bene infinitamente negoziabile e liquido, diventa conveniente per alcuni tesaurizzarlo a scopi precauzionali, sottraendo nel contempo ad altri i mezzi di pagamento necessari al corretto funzionamento dei mercati commerciali e soprattutto rimandando al prossimo futuro, con continui rilanci di nuova liquidità, il momento della chiusura dei conti tra debitori e creditori. Tuttavia prima di entrare direttamente nelle infinite contraddizioni del sistema monetario moderno, è opportuno avere ben chiaro attraverso semplici esempi come funziona esattamente tale sistema, in modo da sapere chi crea, come si alimentano, dove si annidano i paradossi di cui abbiamo parlato. Malgrado le complicazioni tecniche che vengono continuamente tirate in ballo, il sistema in verità è molto semplice e non servono particolari conoscenze di contabilità per capire gli schemi che verranno utilizzati.


lunedì 15 ottobre 2012

IL COSTO DELLA POLITICA E I PRIVILEGI DELLA CASTA NON SONO IL PROBLEMA DELL’ITALIA


Suppongo che vi sarete già accorti che in queste ultime settimane l’attenzione mediatica e giudiziaria è tutta puntata sulla famelica casta della politica italiana, che nonostante il clima ostile nei suoi confronti continua sfacciatamente le ruberie, infilandosi in uno scandalo dopo l’altro. Le regioni, dalla Sicilia al Lazio, alla Lombardia, per adesso sono nel mirino della Magistratura e della Guardia di Finanza, ma non è escluso che fra qualche giorno si passerà alle province, ai comuni, alle aree metropolitane, fino a rientrare di nuovo nel parlamento per scovare altri Lusi, BelsitoScilipoti, Razzi. Lavoro da fare ce n’è tanto, perché non ci vuole molto a capire che il migliore della nostra attuale classe politica e dirigente ha la rogna. Basta guardarli in faccia e sentirli parlare per capire quale sia il loro spessore politico, etico o culturale e gli studi di Lombroso e Freud potrebbero aiutare non poco in questa analisi psico-fisiognomica. Ma lasciarsi trascinare dal clima di caccia alle streghe e credere che tutti i problemi dell’Italia derivino soltanto dai soldi pubblici sottratti dai politici alle casse dello stato è un errore di leggerezza e superficialità colossale, che serve a sviare l’attenzione degli italiani dalle faccende realmente importanti e cruciali per il destino del nostro paese.


Per carità, un po’ di pulizia ci voleva e ci vuole sempre sia in tempo di crisi che di abbondanza, perché dei vari Fiorito, Zambetti, Lombardo, Maruccio non sentiremo mai la mancanza ed è giusto che paghino per le loro colpe, ma le questioni in ballo in questo momento per l’Italia non sono nell’ordine dei milioni di euro rubati a destra e a manca dai faccendieri d’accatto infiltrati nella politica, ma dei miliardi di euro, che giorno dopo giorno vengono sottratti alla gestione ordinaria della spesa pubblica e convogliati sotto silenzio verso altre destinazioni, i cui maggiori beneficiari sono quasi sempre le grandi lobbies finanziarie europee e internazionali. La sproporzione informativa fra i fiumi di parole spesi per denunciare i crimini indegni ma contabilmente irrilevanti dei vari politicanti corrotti e il silenzio che regna intorno alle grandi manovre finanziarie di proporzioni ciclopiche, dal salvataggio pubblico di Banca Monte Paschi di Siena alla chiusura dei contratti derivati con Morgan Stanley, dalle quote di partecipazione al Meccanismo Europeo di Stabilità al Fiscal Compact, è la prova più convincente del fatto che in Italia ormai si è instaurato un possente regime totalitario autoreferenziale, che vive e prospera sul legame stretto fra i centri privati di potere nazionali e internazionali e gli organi di informazione asserviti. Snoccioliamo subito alcuni numeri per capire di quali dimensioni stiamo parlando.

mercoledì 10 ottobre 2012

LA BANCA CENTRALE PUBBLICA DELL’ARGENTINA E’ UN FARO PER LA DEMOCRAZIA NEL MONDO


Quando l’equipaggio di una nave si trova in mare aperto, nel mezzo di una tempesta, e di una Tempesta Perfetta per giunta, l’unica cosa che vorrebbe disperatamente scorgere all’orizzonte è la luce di un faro. La salvezza, la terraferma. In Argentina, all’estremità sud del paese, poco più a est della Terra del Fuoco, si trova una piccola isola, quasi uno scoglio in verità, dove c’è un antico faro dal nome evocativo: il Faro della Fine del Mondo. Poco più in là c’è l’Antartide, con le sue immense distese di ghiaccio, voltandosi indietro si intravedono invece le sconfinate e rigogliose praterie argentine. E in mezzo il Faro. Un luogo magnifico ai confini del mondo, che non a caso lo scrittore francese di romanzi d’avventura Jules Verne, l’autore di “Ventimila leghe sotto i mari”, ha utilizzato per ambientare uno dei suoi libri meno conosciuti: “Il faro in capo al mondo”. In effetti a partire dal 1991, il faro argentino ha perso il primato di essere quello più a sud del mondo, perché né è stato costruito uno a Capo Horn in Cile, ma rimane sicuramente il monumento più antico e famoso, che oggi più che mai rappresenta un vero spartiacque simbolico di civiltà. Una speranza per tutti i naviganti che transitano da quelle parti e sono sommersi e travolti dalle onde della Tempesta Perfetta globale, senza sapere ancora come venirne fuori e quali strumenti utilizzare per domarla.


In perfetta analogia, l’Argentina guidata dalla presidentessa Cristina Kirchner, così come il Venezuela di Chavez, l’Ecuador di Correa, la Bolivia di Evo Morales, è diventato un faro, una speranza per quei popoli del mondo, dall’Europa alla Cina passando per gli Stati Uniti, che oggi aspirano a ripristinare un regime democratico al servizio dei cittadini e dei diritti umani, dopo essere stati soppressi e repressi dall’occupazione quasi militare dei tecnocrati, dei faccendieri, dei politicanti, degli elefantiaci apparati dirigisti che lavorano alacremente  soltanto per tutelare gli interessi delle lobbies finanziarie, dei comitati d’affari, delle corporazioni multinazionali. Un abisso di distanza in termini di cammino evolutivo della civiltà, che è ancora più accentuato dal fatto che la censura della propaganda di regime dilagante in Europa impedisce a noi cittadini di sapere cosa stia accadendo esattamente in Sudamerica, visto che gli organi di informazione su ordine preciso dei loro potenti committenti hanno completamente tagliato fuori dai circuiti della stampa e della televisione le notizie provenienti da quei paesi. Senza andare troppo per il sottile, il continente sudamericano è stato letteralmente cancellato dalle carte geografiche del mondo, perché i cittadini lobotomizzati e teleguidati d’Europa e degli Stati Uniti non devono sapere nulla dei cambiamenti che stanno avvenendo laggiù. I drastici mutamenti di paradigma rispetto al dogmatismo medievale dell’Occidente, con il loro cattivo esempio, potrebbero infatti spezzare di colpo la catena psicologica su cui si fonda gran parte dell’egemonia totalitarista che ci governa: TINA, There Is No Alternative, non c’è nessuna alternativa alla tecnocrazia neoliberista, si fa come dicono loro e basta. E invece, al pari di ogni altra questione che coinvolge la vita umana, l’alternativa c’è, eccome se c’è. E si chiama Argentina.

domenica 7 ottobre 2012

LA SPENDING REVIEW E IL SALVATAGGIO DI STATO DELLA BANCA MONTE PASCHI DI SIENA


Ci vado giù pesante: la Spending Review è la più grande truffa mai ordita ai danni dei cittadini italiani da parte del governo dei banchieri guidato da Mario Monti. E purtroppo non è la prima e non sarà l'ultima. L’argomento in verità è stato trattato e dibattuto più volte, ma siccome in Italia esiste da sempre la tendenza di occuparsi della pagliuzza dimenticandosi della trave, fare un bel ripasso di certo non guasta. Il decreto legge “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” approvato in gran fretta dal parlamento il 7 agosto scorso doveva contenere una serie di norme indirizzate ad una maggiore razionalizzazione della spesa e soprattutto introdurre tagli per limitare gli sprechi della politica. Eppure pochi giorni fa il governo Monti è stato costretto a varare un altro decreto legge d’urgenza per una revisione più accorta delle spese folli e degli sperperi della casta. Delle due l’una: o il primo decreto era insufficiente o il secondo è ridondante. E riformulando meglio la domanda, dovremmo chiederci: cosa conteneva davvero di così urgente il primo decreto della Spending Review? Visto che per raggiungere l’obiettivo inizialmente dichiarato è stato necessario emanare un secondo decreto legge?


Andiamo con ordine. Gli sprechi, gli sperperi e la corruzione della politica sono un danno assoluto per la democrazia a cui bisogna porre sempre rimedio con tempestività e determinazione, utilizzando qualsiasi strumento legislativo e avvalendosi del supporto delle istituzioni pubbliche preposte al controllo e alle indagini, in particolare Corte dei Conti, Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza e Magistratura. Questa attività di prevenzione e repressione deve essere svolta in qualsiasi momento, sia in periodo di crisi che di crescita economica, perché il mancato contrasto crea squilibri intollerabili e odiosi sia nell’uno che nell’altro caso. I tagli lineari della spesa pubblica sono invece una scemenza, perché aumentano gli squilibri in fase di crescita e amplificano gli effetti recessivi pro-ciclici, originati principalmente dal calo dei consumi e degli investimenti, nel periodo di contrazione. Fatta questa premessa, vediamo a grandi linee le misure contenute nel primo decreto della Spending Review, per capire quale reale incidenza aveva sulla lotta agli sprechi, a qualsiasi livello: