lunedì 23 dicembre 2013

USCITA DALL’EURO: QUANTI SOLDI CI DEVE LA BCE?

Come ogni anno, quando si avvicina la fine, comincia puntuale la girandola delle previsioni sulla crescita prossima ventura. Qualcuno, fulminato sulla via di Bruxelles, comincia a vedere la luce in fondo al tunnel e folgorato dall’abbagliante miraggio, inizia a diffondere in giro i numeri che ha visto durante i momenti dell’estasi. In particolare il governo Letta ha dato le sue stime del miracolo: 1% di aumento del PIL nel 2014, 2% nel 2015. Ha usato numeri semplici, facilmente memorizzabili. Una successione aritmetica di ragione 1. Poteva anche usare la ragione 2 per dare più coraggio e speranza al popolo vessato: 2% nel 2014, 4% nel 2015, 6% nel 2016. Oppure la successione di Fibonacci: 1,1, 2, 3, 5, 8, 13 e così via. Pensa che bello, saremmo cresciuti nella stessa maniera in cui si riproducono i conigli. Ovviamente i fulminati hanno gioco facile a sparare numeri a caso, contando sul fatto che gli italiani hanno la memoria corta e sono troppo impelagati con le contingenze del presente per ricordarsi le dichiarazioni di un anonimo presidente del consiglio di cui molto presto non sentiremo più parlare. Renzi incombe, lui è il nuovo che avanza. E ha la benedizione del solito granitico manipolo di gonzi del PD per continuare a distruggere l’Italia.

mercoledì 4 dicembre 2013

RIVALUTAZIONE DELLE QUOTE DI BANCA D’ITALIA: LA PIU’ GRANDE TRUFFA DEL SECOLO

Ad un certo punto bisogna chiamare le cose con il loro nome: sarò pure un “populista” (e confermo di esserlo con grande orgoglio ed immenso disprezzo per chi cerca di denigrare coloro che fanno attività politica a favore dei “popoli” e non ad esclusivo beneficio di ristrette “èlite oligarchiche”), “arruffapopoli”, “masaniello dei poveri”, ma quello che sta avvenendo oggi in Italia non può essere definito diversamente da “crimine contro la nazione”, “alto tradimento”, “saccheggio”, “vandalismo istituzionale ed istituzionalizzato”. Ho sempre guardato con sospetto quei movimenti detti “signoraggisti” che vedono esclusivamente nella proprietà del denaro l’unico strumento per ridare dignità ai popoli, perché credo fortemente che non sia tanto la proprietà del denaro la vera discriminante fra una democrazia compiuta e una dittatura di fatto, quanto l’utilizzo che viene fatto del denaro e della politica monetaria in genere. Una banca centrale può essere pure privata, ma se poi le sue scelte di politica monetaria vengono subordinate alle direttive che arrivano dal governo democraticamente eletto e indirizzate al benessere dell’intero paese, a me può stare pure bene che qualche “grasso banchiere privato” si ingozzi con le “briciole del signoraggio”. Ma qui in Italia abbiamo abbondantemente sorpassato ogni limite di decenza, dando persino adito alle inutili rivendicazioni dei “signoraggisti”.

mercoledì 20 novembre 2013

USCITA DALLA CRISI: CONVEGNO A PALERMO PER RAGIONARE INSIEME SULLE CAUSE E LE SOLUZIONI

Dopo aver ascoltato bene la puntata di giovedì scorso di Servizio Pubblico, penso che molte persone si siano fatte un’idea abbastanza chiara su ciò che sta avvenendo oggi in Italia. Al contrario di quello che traspare da tutti gli inutili dibattiti politici attuali, esistono nel nostro paese due soli partiti e orientamenti politici: il PUD€ (il Partito Unico dell’Euro), il cui rappresentante più esemplare e prototipo perfetto è Marco Travaglio, e il Partito degli Italiani, ovvero una formazione disorganizzata e disomogenea di persone ragionevoli e innamorate del proprio paese, in cui spicca per integrità e competenza tecnica il professore Alberto Bagnai. Le tesi disfattiste del PUD€ possono essere riassunte nelle parole lapidarie di Travaglio: “Con l’euro o senza l’euro noi italiani saremmo la merda che siamo sempre stati!”. Mentre le analisi pacate e difficilmente confutabili di Bagnai, trovano una giusta collocazione grazie all’utilizzo della metafora del Titanic: “Per affrontare l’iceberg della globalizzazione è meglio essere a bordo di una grande nave impossibile da sterzare, oppure su un agile kayak che può essere manovrato agevolmente?”. In altre parole, l’Italia avrebbe oggi le risorse umane e tecnologiche per competere alla pari con tutti gli altri paesi del mondo senza farsi ingabbiare dai "vincoli esterni" e comandare a bacchetta dai tecnocrati di Bruxelles? Oppure è meglio mettersi in riga e ubbidire ciecamente agli ordini che arrivano dall’estero, quantunque folli e irrazionali essi siano, perché da soli non sapremmo gestire nemmeno un pollaio?


mercoledì 13 novembre 2013

OLTRE L’EURO C’E’ LA SOVRANITA’ NAZIONALE E LA SALVEZZA DI QUESTO PAESE

In uno degli ultimi articoli scritti da Paul Krugman sul New York Times, mi ha molto colpito questa frase: “La Francia ha commesso l’imperdonabile errore di essere fiscalmente responsabile senza infliggere dolore alle classi povere e disagiate. E deve essere punita”. In particolare l’economista americano si riferiva al recente declassamento dell’agenzia di rating Standard&Poor’s, e ai continui ammonimenti della Commissione europea riguardo alle scelte di politica fiscale del governo francese (superamento della fantomatica soglia del deficit pubblico del 3%): in pratica, ad avviso delle èlite finanziarie internazionali, non bisogna distruggere l’economia e il tessuto produttivo nazionale solo con gli aumenti delle tasse, come fa Hollande oggi, ma anche e soprattutto con i tagli alla spesa pubblica, in particolare quelli riguardanti il generoso stato sociale concesso ancora ai cittadini francesi. Per rendere rapidamente un paese innocuo e schiavo delle oligarchie transnazionali bisogna mettere a punto quelle fondamentali riforme strutturali” del mercato del lavoro, del sistema pensionistico, del welfare state, senza le quali un popolo ancora sano, ancora orgoglioso della propria identità nazionale, può avere un giorno o l’altro la forza di riscattarsi dal giogo della dittatura europeista e più in generale dalla minacciosa omologazione globalista. E non sarà un caso che il movimento politico anti-europeista più vivace e organizzato del continente sia proprio francese, il Front National di Marine Le Pen.

mercoledì 30 ottobre 2013

LA MONETA NON E’ IL SANGUE IN UN CORPO UMANO MA LA BENZINA IN UNA MACCHINA ARTIFICIALE

La gente è entusiasta perché qui è rinata Guardiagrele. Quando è entrato sul mercato il valore indotto del SIMEC è ritornato il sangue nell'economia”. Prendo spunto da questa frase del professore Giacinto Auriti per fare un chiarimento su alcuni aspetti che riguardano la moneta e la sua modalità di circolazione, che spero possa aiutare qualcuno a dissipare gli innumerevoli dubbi e dilemmi che si addensano intorno a questi concetti. E anche perché sono stanco di dovere ogni volta rispondere a tutti coloro che mi chiedono cosa ne pensi del professore Auriti e del suo esperimento monetario condotto a Guardiagrele nel 2000. Soprattutto quando i curiosi iniziano l’interrogatorio con queste parole: “perché come disse il professore Auriti, la moneta è come il sangue in un corpo umano e quando togli il sangue il corpo muore”. Bene. Immagine molto incisiva e suggestiva, ma che a mio avviso confonde non poco le idee sul ruolo della moneta nell’economia. E adesso, con un po’ di pazienza, vedremo perché.

venerdì 25 ottobre 2013

ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO USA-UE: UN’ALTRA MAZZATA PER LA NOSTRA ECONOMIA

A grande richiesta, oggi inauguro una nuova linea editoriale di questo blog, basata su articoli più brevi e notizie più circoscritte. Ciò non significa che non cercheremo di volta in volta di tirare le conclusioni e fare una sintesi degli argomenti trattati, ma questo avverrà come quando si costruisce un grande mosaico partendo da piccole tessere sparpagliate e disperse. Ogni tessera deve essere collocata al posto e al momento giusto per avere una visione d’insieme sempre più obiettiva e chiara di ciò che sta accadendo intorno a noi. E cominciamo subito con la più stretta attualità: l’accordo di libero scambio in corso d’opera fra Stati Uniti e Unione Europea, il quale è stato di recente messo in discussione sia dai francesi che dai tedeschi a causa della “rumorosa” e più che mai “tempestiva” diffusione dello scandalo Datagate. Inspiegabilmente, i servizi di spionaggio francesi e tedeschi si accorgono solo oggi che l’intelligence americana, attraverso il programma NSA (National Security Agency), controllava da anni ogni foglia che si muoveva in Europa. Come mai? E’ una pura coincidenza che questa indignazione unanime dei paesi europei sia arrivata proprio a conclusione degli accordi di libero scambio, oppure c’è dell’altro?

martedì 15 ottobre 2013

SCALFARI E CACCIARI: LA DEMOCRAZIA FUNZIONA SOLO QUANDO E’ OLIGARCHICA

Ci siamo. Pressati dall’attualità e dalle contingenze, molti degli osannati e sempre troppo sovrastimati “intellettuali” italiani sono costretti ad uscire allo scoperto e a confessare in modo schietto e diretto come la pensano su certi temi delicati e oltremodo cruciali della politica interna e internazionale. Eugenio Scalfari e Massimo Cacciari sono senza dubbio i campioni della “real politik” nostrana, quella secondo cui con la caduta del muro di Berlino e la fine delle ideologie, bisogna guardare con un certo disincanto la storia e adattarsi con concreto pragmatismo al corso degli eventi. Il loro assunto più propagandato a furor di popolo è il seguente: “siccome c’è la globalizzazione, e la competizione economica avviene su scala globale, non si può più competere rimanendo piccoli stati sovrani isolati, ma bisogna unire le forze creando federazioni e confederazioni di stati, come sta avvenendo oggi in Europa”. Tradotto in termini più semplici il loro famigerato sillogismo suona così: “siccome c’è la Cina, bisogna creare per forza di cose gli Stati Uniti d’Europa, in caso contrario saremo spacciati e verremo travolti dalla marea gialla!”. Inutile ricordare che qualcuno (per la precisione Claudio Borghi Aquilini) ha già smontato questa tesi bizzarra con straordinaria capacità di sintesi e immaginazione: l’economia non è mai stato un gioco di tiro alla fune in cui più siamo e meglio è, ma è una complicata questione di organizzazione, efficienza, sinergia, competenza, conoscenza, ripartizione, distribuzione, in cui vince chi riesce ad utilizzare meglio le proprie risorse umane e materiali. Belle parole, ma del tutto inefficaci nel nostro caso, perché Cacciari e Scalfari hanno sempre ragione.


Infatti, nonostante la tesi quantitativa sia la più nota del duo delle meraviglie, Cacciari e Scalfari sono anche i mostri della tuttologia italiota, quelli del “so tutto io”, quelli dell’opposizione bieca a qualsiasi tipo di contraddittorio che non confermi ed esalti le loro conclusioni: si va dalla filosofia, alla storia, fino alla letteratura, all’economia, alla gastronomia, al taglio e cucito. Qualsiasi sia la materia del contendere, quando arriva la sentenza di uno dei due saggi barbuti, bisogna ascoltare in religioso silenzio e accettare senza battere ciglio le loro illuminanti dissertazioni. Puoi anche sforzarti di sottoporre al duo quintali di studi e documenti vergati di proprio pugno da premi Nobel ed economisti di caratura internazionale, che spiegano in modo accessibile a tutti come le unioni monetarie, politiche e commerciali tra stati diversi funzionino solo quando sussistono delle particolari condizioni al contorno, ma questo impegno si dimostrerà presto del tutto vano e infruttuoso: di fronte all’infinita saccenteria del duo, anche le vette più alte del sapere umano si sciolgono come neve al sole. Per intenderci, se in giornata di grazia, Cacciari e Scalfari sarebbero pure capaci di stravolgere il relativismo di Einstein o la teoria quantistica di Planck. Figurarsi, quindi, se in un dibattito serrato non sfiderebbero sfrontatamente gli impegnativi studi e le ricerche sul campo di umilissimi premi Nobel dell’economia.

venerdì 11 ottobre 2013

EURO E (O?) DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE: LA CONVIVENZA IMPOSSIBILE TRA COSTITUZIONE E TRATTATI EUROPEI

Sono felicissimo di potere comunicare la prossima uscita, il 15 ottobre (ma il libro è già ordinabile su Amazon e in consegna a partire dal 18 ottobre) del libro di Luciano Barra Caracciolo, alias Quarantotto, dal titolo molto azzeccato: Euro e (o?) democrazia costituzionale: la convivenza impossibile tra Costituzione e Trattati europei. Si tratta di un libro fondamentale che è indispensabile per il nostro percorso di consapevolezza ed evidenzia già dal titolo quell’insanabile contrasto tra i principi etici universali impressi sulla nostra Costituzione democratica e le fragili e stantie leggi di mercato, di cui l’euro rappresenta l’ultima e speriamo più che mai provvisoria espressione. O si sceglie di seguire l’indirizzo costituzionale e si applicano politiche economiche discrezionali mirate o si accetta supinamente di rinunciare ai diritti costituzionali per abdicare miseramente di fronte ai modelli economici rigidi che annullano qualsiasi spazio di manovra politico e di intervento pubblico nella società. Non esistono vie di mezzo salvifiche e miracolose che salvino capre e cavoli, perché una cosa esclude l’altra. E prima lo capiamo e meglio sarà per tutti.


Avere adesso, attraverso questo libro, un’ulteriore conferma giuridica (per quella più strettamente economica ci hanno già pensato economisti del calibro di Bagnai, Savona, Borghi, Rinaldi, Zezza, per citare solo alcuni degli italiani) dell’incompatibilità fra Costituzione italiana e Trattati europei, austerità e crescita economica, mercato unico e stato sociale, significa fare un altro passo avanti verso la liberazione del nostro paese dal giogo europeo. Tutti quelli che oggi invocano vanamente la difesa della Costituzione, dal redivivo santificato Stefano Rodotà agli stralunati attivisti del M5S, (vedi manifestazione del 12 ottobre a Roma), partono sempre da premesse sbagliate: i nostri politici sciamannati, Berlusconi, Renzi, Marchionne, Napolitano, la “casta”, vogliono stravolgere la Costituzione per aumentare e difendere i loro privilegi. E invece, come i più attenti di voi hanno già capito, queste miserabili marionette agiscono per conto di altri, prendono ordini dall’estero, da Bruxelles, da Berlino, da Francoforte, da Washington, perché la distruzione della nostra nobilissima Costituzione è solo uno dei necessari passaggi per cedere ancora sovranità ad enti sovranazionali, per trasformare definitivamente la nostra nazione in protettorato, colonia. E continuare ad appellarsi ingenuamente alla Costituzione, senza mettere in discussione la natura anticostituzionale e antidemocratica dei Trattati europei, significa come al solito due cose: o si è totalmente ignari di ciò che sta accadendo, oppure si cerca per l'ennesima volta di depistare l'attenzione dell'opinione pubblica, per allontanarla più possibile dalla verità dei fatti.

venerdì 4 ottobre 2013

PREFERISCO VIVERE PER LA COSTITUZIONE CHE MORIRE PER I DOGMI DEL LIBERO MERCATO

Diceva Mao Tze Tung, uno che di politica e di gestione delle masse se ne intendeva abbastanza, che quando “grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è favorevole”. Verrebbe da chiedersi per chi sarebbe favorevole la situazione, ma visto il soggetto in questione, non c’è dubbio che l’interpretazione più accreditata è quella che vede despoti, dittatori, potenti in generale avvantaggiarsi enormemente dal caos e dal panico scatenati tra la gente. Gli Stati Uniti hanno chiuso per ferie il loro governo federale e l’intero apparato pubblico. La Germania non riesce ancora a formare un governo decente. In Italia il governo praticamente non esiste e non è mai esistito, eppure la gente si appassiona molto alle vicende di questi cialtroni impenitenti chiamati a torto “politici”, credendo davvero che dall’esito delle loro farsesche diatribe mediatiche, utili soltanto per aumentare l’audience di qualche sgangherata trasmissione televisiva, possa dipendere il loro futuro. E ignorando invece ostinatamente il fatto più semplice: il futuro purtroppo è stato già scritto a chiare lettere in tutto il mondo e ad un certo punto bisogna cominciare a prenderne atto.


La democrazia è un sistema di governo troppo costoso, dispersivo, egualitario e va abolita per decreto con il consenso unanime, a volte inconsapevole e involontario, di coloro che più beneficiavano degli agi della stessa democrazia. Un paradosso che trova giustificazione appunto nel caos culturale con cui siamo stati buggerati e raggirati negli ultimi decenni. Quasi dappertutto sono state infatti le fasce più deboli e indifese della popolazione, le classi medie impiegatizie, gli operai sfruttati e sottopagati ad erigere a loro paladini i despoti, gli oligarchi, i plutocrati, i banchieri che hanno operato e continuano a lavorare alacremente per distruggere lo stato di diritto, fondamento della democrazia. L’attività di propaganda e disinformazione è stata così capillare e pervasiva da indurre i popoli di tutto il pianeta a parteggiare per coloro che più disprezzano le esigenze dei popoli, la giustizia sociale e il benessere diffuso. E’ stato addirittura coniato il termine “populista”, accompagnato spesso dal più tecnico “demagogo”, per attaccare quei pochi che ancora si affannano per difendere le istanze del popolo vessato. E non di rado capita pure di essere accusati di “populismo” dai membri più emarginati, isolati e umiliati del popolo. Ci sarebbero insomma tutti gli elementi per deporre le poche armi spuntate rimaste e lasciarsi trascinare dalla deriva.


venerdì 12 luglio 2013

L’ALTRA FACCIA DELLA MONETA: L’UNICO MODO PER FARE ECONOMIA ATTIVA PER I CITTADINI


Dopo due settimane di fitti colloqui, incontri, convegni, conferenze, progetti editoriali è giunto il momento di tirare il fiato e fare un breve bilancio di ciò che ho visto e sentito un po’ in giro: l’Italia c’è, la Sicilia si muove, gli italiani stanno iniziando a capire, ma hanno le idee ancora piuttosto confuse e urgente bisogno di metabolizzare tutte le novità che gli stanno venendo addosso in questo ultimo periodo. E vorrei vedere dopo trent’anni e passa di lavaggio del cervello e propaganda di regime degna delle peggiori dittature: debito pubblico, inflazione, svalutazione, potere d’acquisto dei salari, mutui, tassi di interesse, costo della benzina e delle materie prime, posizione geopolitica dell’Italia all’interno dello scacchiere internazionale. I loro dubbi e le loro domande su un eventuale scenario di uscita dall’euro e recupero della sovranità monetaria e politica nazionale sono quasi sempre le stesse. Ma il fatto che la gente si faccia assalire dai dubbi è già qualcosa: il dubbio è spesso un chiaro sintomo di risveglio, volontà di ricerca e desiderio di consapevolezza. Senza dubbio non esiste alcuna verità, sia essa economica, scientifica o filosofica.


Tuttavia la mia sensazione quando qualcuno mi chiede la solita domanda sui costi e benefici dell’uscita dell’Italia dall’euro è quella di parlare ad uno schiavo con le catene alle caviglie che ha davanti una scodella riempita di scarti e frattaglie: invece di pensare a quanto cibo avrai domani nella scodella, non sarebbe meglio cominciare a preoccuparti di quelle grosse catene di ferro che ti impediscono di essere libero? Non che il cibo non sia importante, ma sei sicuro che vivere per sempre con gli scarti della cena del padrone sia meglio che cominciare a cercarti da solo la frutta, i semi, la selvaggina nel bosco? Come si può pensare a mangiare quando sull’altro piatto della bilancia ci stiamo giocando la nostra libertà di popolo? E’ meglio un uomo libero a pancia vuota o un malnutrito in catene? Capite bene che disquisire di costi e benefici, discorso utilitaristico comunque da fare, quando qui si sta parlando di libertà politica-economica e autodeterminazione democratica di una nazione risulta agli occhi di un disincantato idealista come me una questione abbastanza risibile. Con pazienza mi metto a snocciolare numeri, grafici, tabelle, ragionamenti ma nel mio intimo penso: “questi ancora non hanno capito un emerito c… di quello che ho detto prima”.

mercoledì 26 giugno 2013

EURO SI’, EURO NO: PERCHE’ RESTARE E PERCHE’ USCIRE? CONVEGNO DIBATTITO A MARSALA IL 29 GIUGNO

Molte persone mi chiedono spesso perché mai un ingegnere gestionale, con una carriera abbastanza avviata nel settore bancario e finanziario, decida all’improvviso di cominciare a fare divulgazione e convegni su temi economici e monetari in particolare. Oltre alle ovvie ragioni etiche, alla tensione innata verso la giustizia e alla pace nel mondo, la risposta che mi è più congeniale può essere sintetizzata così: perché tutto quello che sta accadendo in Italia e in Europa oggi è contrario a ciò che io ho studiato e applicato finora grazie al metodo scientifico e sperimentale. Mi spiego meglio. Chi conosce un po’ di storia della scienza, sa che la rivoluzione scientifica iniziata da Galileo Galilei prevedeva un preciso metodo di lavoro: congetturi per deduzione delle ipotesi, crei una serie di esperimenti opportuni per verificarle, registri i risultati, delimiti un campo di applicazione, ricavi per induzione una legge generale e universale che rimane tale fino a prova contraria. Il progresso scientifico e l’evoluzione della civiltà sono andati avanti ad ampie falcate in virtù di questi elementari ma rigorosissimi strumenti di analisi e sintesi della realtà circostante, allontanando sempre di più l'umanità dalle paludi melmose del misticismo, della superstizione, della barbarie medievale. All’interno della tradizione giudeo-cristiana dell’occidente il pensiero scientifico e illuminista si insinuò come una spina nel fianco per imprimere un rinnovamento culturale e un cambio di prospettive che continua imperterrito fino ad oggi. Proprio oggi che in Europa, a causa di indecenti principi economicisti, mercantilisti, finanziari sia il primo che il secondo grande filone del pensiero occidentale rischiano di essere mandati entrambi a gambe per aria. 


Vediamo infatti come il metodo scientifico è stato stravolto per giustificare l’introduzione di una moneta unica in Europa. Fin dalla prima metà degli anni ottanta una ristretta cerchia di economisti facenti capo alla Commissione Delors comincia a ragionare su un’ipotesi di moneta unica da imporre ad alcuni paesi europei, nonostante tutti gli studi accademici sulle aree valutarie ottimali avessero già bocciato categoricamente, dati e osservazioni empiriche alla mano, l’ardito tentativo. L’esperimento però è stato condotto ugualmente, con il pretesto di garantire agli stati aderenti e ai popoli benessere, prosperità, pace perpetua. Dopo poco più di dieci anni dall’inizio dell’esperimento socio-economico, la realtà mostra evidentemente che l’euro non va, come dicevano già i migliori economisti del mondo, non ha le caratteristiche idonee per diventare una moneta unica e assicurare una crescita equilibrata per tutti i paesi coinvolti: alcuni paesi crescono e prosperano (principalmente la Germania) e altri recedono e si indebitano (la periferia). Il campo di applicazione della nostra ipotesi quindi è troppo ristretto per ricavare una legge generale, perché l’euro funziona in pratica soltanto per la Germania (con evidenti squilibri interni fra i principali beneficiari, banchieri e imprenditori, e i lavoratori sottopagati). Cosa farebbe a questo punto un bravo e diligente scienziato? Rivedrebbe dalle fondamenta l’ipotesi di partenza e andrebbe avanti con un nuovo esperimento fino a ricavare la formula giusta che andava cercando. Tolte le chiacchiere da bar e la propaganda prezzolata, la scienza funziona ancora oggi così.

giovedì 20 giugno 2013

ULTIME DAL MES: STATI E RISPARMIATORI DEVONO PAGARE LA RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE

E voi direte, ma cosa c’è di nuovo sotto il sole? E’ dall’inizio della crisi dell’eurozona che governi e contribuenti pagano per il salvataggio delle banche e attraverso la manipolazione mediatica la cosa ormai è diventata una prassi comunemente accettata. La novità però questa volta è che i tecnocrati di Bruxelles, in vista del prossimo Consiglio europeo di fine mese, hanno messo nero su bianco su un documento ufficiale regole, metodi, cifre, vincoli per descrivere come si deve svolgere l’intero processo, lasciando poco spazio all’improvvisazione e all’immaginazione. In pratica i criminali hanno finalmente confessato la loro colpa, sperando negli effetti terapeutici dell’outing e spiegando chiaramente agli europei quanto ancora devono pagare (e si tratta di cifre da capogiro) per tenere in piedi l’idiozia dell’euro. Qualcuno diceva che il miglior modo per nascondere la verità, è renderla palese e visibile a tutti. Ecco, confidando nella nostra incapacità di interpretare gli eventi e capire la realtà che ci gira intorno, pare che i tecnocrati e i politicanti europei abbiano decisamente intrapreso questa strada.


Ma vediamo come funzionerà l’ennesimo meccanismo infernale messo a punto da tecnocrati e banchieri per distruggere la democrazia, l’economia reale, la coesione sociale. Già sapevamo che gli accordi del MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, prevedevano al loro interno, oltre al sostegno diretto agli stati (che serviva poi a finanziare le banche in difficoltà, vedi il caso Irlanda, Spagna e Cipro, o a pagare i creditori francesi e tedeschi, vedi il caso Grecia e Portogallo), anche la possibilità di ricapitalizzare le banche “zombie” dell’eurozona. Ora conosciamo i termini in cui avverranno queste operazioni di ricapitalizzazione, e vi anticipo già che saranno ancora dolori, lacrime e sangue per tutti i contribuenti, che già hanno dovuto una prima volta pagare e stanno ancora pagando per mettere in piedi la trappola del MES. Insomma nell’eurozona, fra mille indecisioni e tentennamenti, di una cosa possiamo sempre essere certi: la socializzazione delle perdite bancarie e la privatizzazione dei profitti non è più una raccapricciante anomalia dovuta all’emergenza ma la prassi, la normalità, la forma principale di “buon governo” dell’economia e della finanza. E siccome, come abbiamo anticipato, i capitali necessari per salvare l’intero settore bancario fallito raggiungono a spanne numeri ciclopici, non sappiamo quanto saranno ancora bravi gli europei a reggere l’urto e capaci di bere l’amaro calice. E’ davvero così difficile capire che ciò che sta accadendo in Europa corrisponde alla più grande espropriazione collettiva di ricchezza mai avvenuta nella storia dell’umanità?

lunedì 17 giugno 2013

IL MOVIMENTO DEMOCRATICO SOVRANISTA ESISTE, ADESSO NON ABBIAMO PIU’ SCUSE

Di ritorno dalla II Assemblea Nazionale dell’ARS, Associazione Riconquistare la Sovranità, tenutasi a Pescara dal 15 al 16 Giugno, sentivo l’esigenza di fare un breve resoconto per descrivere le mie impressioni e sensazioni. Innanzitutto è stato molto piacevole e stimolante incontrare personalmente e stringere le mani di persone che prima avevo conosciuto solo attraverso il blog o i social networks: malgrado utilizzi internet per fini divulgativi e informativi, non ho mai creduto e mai crederò ai rapporti virtuali, men che meno alla possibilità di creare un partito/movimento politico sfruttando solamente le piattaforme informatiche e le adesioni di account che non si trasformano mai in facce, mani, gambe, piedi, i quali poi esistono soltanto nella nostra immaginazione e non incontrano mai le nostre facce, mani, gambe, piedi. E questo secondo me è il principale elemento distintivo che qualifica l’ARS e la rende diversa da tutto il resto dei movimenti sovranisti, antieuristi, antieuropeisti che sono disseminati per la rete internet: all’ARS ci si incontra e si fanno piani strategici, programmi di promozione, che possono pure partire e nascere dalla rete ma poi si svolgono e includono la vita reale.


All’ARS si parla dei vari programmi e piani di intervento specifici (finanza, scuola, pubblica amministrazione, rapporti internazionali etc) con una dovizia di particolari e serietà di analisi difficili da trovare altrove: l’ARS non sarà mai un contenitore vuoto dove si gridano soltanto alcune parole d’ordine come “moneta sovrana!” e “fuori dall’euro!”, senza analizzare con la dovuta attenzione e precisione tutte le conseguenze politiche, economiche e sociali che ogni scelta comporta. E questo viene testimoniato dal fatto che per ogni settore vengono chiamate a scrivere programmi e proporre emendamenti persone che hanno elevate competenze e parecchia passione e voglia di cambiamento. A Pescara non ho visto né pressapochismo né sterile pedanteria, ma uomini e donne combattenti e combattive che hanno vissuto in prima linea tutte le assurde anomalie e ingiustizie che questo sistema economico e politico europeo ci impone da trenta anni. Si è parlato di ciò che si potrebbe fare concretamente ora e subito e non di ciò che si vorrebbe scrivere nel nostro ideale libro dei sogni: parlare senza cognizione di causa di uscita dall’euro e ritorno alla lira è come perdersi appresso alla leggendaria mitologia degli Stati Uniti d’Europa. Un sovranista che non ha chiaro tutti i difficili passaggi intermedi che bisogna percorrere e governare per riconquistare la nostra piena sovranità non è molto diverso dal piddino che vaneggia intorno ad irrealizzabili sogni paneuropei. E il ruolo dell’ARS è appunto quello di essere un interlocutore politico credibile ed affidabile che sia capace di guidare il periodo di transizione che presto o tardi dovremo affrontare. Volete per caso che il processo di transizione e di uscita dall’euro venga gestito dagli stessi che i problemi ce li hanno imposti e creati? Credete davvero che ci sia un modo solo per uscire dall’euro? Chi vi assicura che uscendo dall’euro gli oneri e i vantaggi saranno davvero automaticamente, equamente e giustamente ripartiti?


Ecco perché nasce oggi l’esigenza di strutturarsi e organizzarsi per tempo per impedire che gli stessi che hanno edificato questo sistema iniquo e criminale possano riciclarsi e riposizionarsi per costruirne uno ancora peggiore. Sicuramente, a meno di improbabili espulsioni ed esili forzati, i vari D’Alema, Amato, Monti, Draghi, Prodi, Letta, Bersani, Berlusconi, Tremonti saranno ancora lì anche quando l’euro scomparirà o si frantumerà e non saranno tanto disponibili a lasciare i loro posti di comando e le loro servili funzioni di procura dei grandi potentati economici e finanziari. Lasciarli fare senza muovere un dito sarebbe come lasciare in affidamento un tenero agnellino ad un lupo. Per non parlare poi di tutta la disinformazione mediatica che cercherà di fare passare indenne la vecchia classe dirigente attraverso i marosi della Tempesta Perfetta che presto travolgerà tutti i paesi che sciaguratamente hanno deciso di aderire all’euro e di castrarsi di tutte le loro sovranità democratiche. Sarà insomma un periodo di grossa confusione e caos sotto il cielo, dove il bianco diventerà nero, il nero diventerà bianco e non mancheranno gli atti violenti di sciacallaggio e predazione dei soliti noti. E l’ARS fin d’ora deve prefiggersi di diventare un faro sicuro per tutti coloro che sono in cerca di punti di riferimento e dopo anni e decenni di inarrestabile distruzione e devastazione vogliono seriamente collaborare e partecipare alla ricostruzione dalle fondamenta del nostro paese.


Tuttavia la caratteristica dell’ARS e dei suoi membri che mi ha più piacevolmente impressionato è il desiderio e la voglia quasi feroce di non rimanere ferma, statica, passiva di fronte agli eventi in attesa del peggio, ma di avere la capacità di anticiparli e di sapere rigenerarsi, evolversi, mettere in discussione ogni cosa raggiunta o ancora da raggiungere in tutte le occasioni in cui ciò si renderà necessario. Da buon ingegnere, ho colto all’interno dell’ARS la volontà di imparare dai propri errori e di saperli correggere in tempo, facendo in breve di questa positiva tensione verso il miglioramento continuo l’unica prerogativa di successo dell’intero progetto. Con ogni probabilità l’ARS cambierà pelle più volte e assumerà forme mutevoli per adeguarsi alle turbolente e rapide trasformazioni che avvengono nella società, ma mantenendo saldi i suoi principi ispiratori: la centralità dei contenuti, l’importanza dell’organizzazione e la concretezza dei programmi. Senza queste premesse, ogni tentativo di cambiamento sia interno di struttura che esterno di immagine si rivelerà vano ed infruttuoso. Senza quello spirito di collaborazione e cooperazione che anima tutte le imprese umane vincenti, anche il progetto dell’ARS si dissolverà come sabbia finissima nel deserto. E il suo obiettivo di incidere e avere peso nella vita politica di questo paese rimarrà lettera morta.


Questo è ciò che mi sentivo di dire dopo la bella esperienza di Pescara. Ma soprattutto ciò che mi sento ancora di dire a tutti coloro che scrivono e lasciano commenti chiedendomi cosa possano fare per difendere il proprio paese, la propria famiglia, i propri figli, il proprio lavoro, la propria persona, è solo un’ultima parola: ASSOCIATEVI. Intanto venite dentro, fatevi vivi agli incontri che organizzeremo nella vostra regione, andate nella pagina del sito dell’ARS dedicata alle adesioni e inviate un’e-mail con i vostri dati. Poi vedremo man mano di conoscerci meglio, di trovare un punto di incontro e di dialogo, capire cosa l’ARS rappresenta per voi e quali competenze, esperienze, conoscenze potete mettere voi al servizio dell’ARS. Sia chiaro fin dall’inizio che il tutto non si concluderà solo con lunghi scambi di mail, incoraggiamenti, richieste di chiarimento, ma ci sarà da camminare, correre, lavorare per fare in modo che il progetto si radichi ancora meglio nel territorio, che le persone a voi più care e più vicine sappiano dell’esistenza dell’ARS. Che tutto ciò che andiamo scrivendo e denunciando non rimangano parole al vento capaci di confortarci per qualche attimo e ricordarci poco dopo quanto siamo piccoli ed impotenti.


Noi in potenza possiamo diventare tutto ciò che vogliamo e desideriamo essere, ma senza quel fondamentale atto di volontà che rende attuali le nostre scelte, rimarremo sempre ciò che siamo. E una volta incancreniti e imbalsamati dentro le nostre prigioni puramente mentali, l’unico anestetico che ci rimane per sfuggire ai morsi dei sensi dei colpa, delle nostre fragilità, debolezze, frustrazioni, è continuare a lagnarsi, dolersi, lamentarsi perché la Vita e la Storia non si incamminano lungo le direzioni che noi vorremo percorrere e auspicare per i nostri figli. C’è un momento per leggere e uno per scrivere. C’è un momento per riflettere e uno per agire. C’è un momento per aspettare e uno per vivere. Non voglio con queste parole mettere fretta o convincere qualcuno a fare qualcosa che non si sente ancora di fare, ma solo chiarire che ARS c’è. Noi ci siamo. Quel Movimento Democratico Sovranista che crede nell’imprescindibilità fra Sovranità nazionale e Costituzione, Governo pubblico dell’economia e Diritti Umani, Giustizia sociale e Libertà, è nato e sta muovendo i suoi primi passi. E adesso ha bisogno anche del tuo aiuto (sì proprio del tuo aiuto, di te che leggi e non hai mai ragionato a fondo sulla tua importanza di Uomo e Cittadino) per crescere e diventare sempre più forte e sicuro. Ora non abbiamo più scuse o alibi alla nostra incapacità di cambiamento. Perché se il progetto ARS fallisce, la colpa sarà solo nostra.


giovedì 13 giugno 2013

GERMANIA: CORTE COSTITUZIONALE, BCE, BUNDESBANK TRATTANO SULL’EURO, MENTRE IN ITALIA…

Quello che sta accadendo in questi giorni in Germania potrebbe rappresentare un vero spartiacque per l’esistenza o meno della moneta unica: la Corte Costituzionale di Karlsruhe, in rappresentanza dei cittadini, la Bundesbank in difesa dei grandi capitalisti e banchieri nazionali e la BCE come garante degli interessi tedeschi a livello europeo stanno vivacemente discutendo sull’opportunità di far rimanere ancora la Germania all’interno dell’area euro. Sintetizzando al massimo questo è il succo della questione, che può essere edulcorata e manipolata quanto si vuole dai mezzi di informazione, ma poco cambia a livello sostanziale. A differenza di come si vuol fare credere in Italia, i tedeschi non solo non pensano nemmeno lontanamente alla creazione dei mitologici Stati Uniti d’Europa, ma grazie all’euro e alle sue infinite magagne tecniche e istituzionali stanno ritrovando e rafforzando la loro millenaria compattezza e coesione nazionale. Lo Spirito Patriottico di Germania uber alles, prima e sopra ogni altra cosa. Ciò non vuole dire che non ci siano scontri e tensioni sociali fra le varie categorie coinvolte, ma che si sta mediando, si sta trattando per arrivare ad un accordo o un compromesso che non prescinda dall’unico obiettivo condiviso: il bene della Germania e del suo Popolo tutto, ricchi e poveri, operai e imprenditori, banchieri e politici.


Il dibattito interno che si sta svolgendo ormai da anni in Germania sulla costituzionalità dei Trattati Europei e sulla convenienza economica e finanziaria di adottare ancora la moneta unica, deve farci capire essenzialmente una cosa: la Germania ha da sempre inteso la sua adesione agli accordi di Maastricht prima e all’eurozona dopo, sempre in chiave di rendiconto commerciale, economico, finanziario, con pochi risvolti di carattere politico, ideologico, istituzionale, perché da questo punto di vista non esisteva alcun dubbio o fraintendimento di sorta tra i tedeschi: la Costituzione e le Istituzioni pubbliche e private della Germania valgono sempre di più di qualunque trattato commerciale europeo o comitato d’affari con sede a Bruxelles. La Germania è entrata nell’Unione Europea e nel Mercato Unico per fare affari, profitti, surplus, e non per stravolgere la sua Carta Costituzionale e la sua natura di Popolo, che rimangono intoccabili e insindacabili. Chiunque abbia cercato negli anni di ledere questi principi è stato bruscamente respinto, ricacciato fuori, allontanato, perché quello che interessa alla Germania è l’analisi costi-benefici di una certa operazione e non i suoi ambiziosi effetti geopolitici di lunga gittata: se una cosa mi conviene economicamente la faccio, hic et nunc, in caso contrario la rifiuto, la modifico, la cambio in funzione di quelli che sono gli interessi nazionali tedeschi. Una visione che può essere considerata poco lungimirante, misera, miope quanto si vuole, ma tant’è. Lo sapevamo fin dall’inizio, prima ancora di iniziare questi folli programmi unitari, che in Germania si ragiona così. Perché quindi stupirci o indignarci solo adesso che gli errori di eccessiva superficialità e pressapochismo commessi in passato dalla nostra indegna classe dirigente stanno emergendo in  tutta la loro grandezza.

lunedì 10 giugno 2013

EURO, DITTATURA E COMUNICAZIONE: BISOGNA STARE ATTENTI A TUTTI I DETTAGLI

Molti sanno già che la prima cosa che fa un regime dittatoriale dopo avere preso il controllo di uno stato è l’occupazione militare di tutti i canali tradizionali di comunicazione operativi nel paese in questione: televisioni, radio, giornali. Perché lo fanno secondo voi? La risposta sembra abbastanza scontata: per impedire e soffocare il dissenso e veicolare soltanto i messaggi della propaganda. Ovvio che sia così, eppure c’è un altro effetto più sottile e raffinato che vogliono in genere raggiungere i golpisti attraverso la comunicazione: stravolgere dalle fondamenta la realtà dei fatti e il significato degli eventi. Una cruenta azione di guerra diventa così un’eroica impresa di pace, un violento sopruso alla libertà di una nazione diventa un atto provvidenziale di liberazione, la corruzione fisica e mentale di un intero popolo diventa magnanimità e filantropia. Bisogna stare attenti a tutti i dettagli per capire fino a che punto si spingono gli esperti della comunicazione e della propaganda per manipolare la verità delle cose che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e farle passare per quelle che non sono. Bisogna essere degli esperti osservatori per notare queste sottigliezze e rivelarne tutti i significati più reconditi e inquietanti: ricordando sempre che per chi tira le redini di una dittatura nulla deve essere lasciato al caso e all’improvvisazione.


Nel bellissimo articolo che vi propongo oggi, lo studioso indipendente di comunicazione e propaganda Francesco Mazzuoli (vi consiglio vivamente di ascoltare con attenzione questo suo intervento del 23 ottobre 2011: l’Unione Europea è un Golpe) partendo da una semplice immagine, una fotografia, ricostruisce minuziosamente tutta la strategia manipolatoria e iconografica che si nasconde dietro la dittatura di una moneta: in Europa tutti sapevano che non si poteva agire con i carri armati e i plotoni militari per occupare i palazzi del potere. Era necessario procedere con maggiore acume e scaltrezza per non risvegliare le sentinelle sopite di popoli abituati da secoli e da millenni a riconoscere e convivere con le oppressioni brutali e i mezzi spiccioli dei dittatori di turno. Senza abbattere nemmeno un calcinaccio dei vecchi palazzi, bisognava lentamente edificare nuovi palazzi e templi che si affiancassero progressivamente a quelli esistenti, finendo poi per sostituirli del tutto. E così si cominciò col costruire Palazzo Berlaymont a Bruxelles, dove oggi ha sede la Commissione europea, con lo scopo di far dimenticare nell’immaginario collettivo le antiche vestigia dei parlamenti democratici nazionali. Si continuò con il Palazzo di Vetro dell’Eurotower a Francoforte, che divenne in breve tempo il nuovo tempio della BCE capace di oscurare persino la secolare Cupola di San Pietro in Vaticano. Ed è proprio lì che viene oggi gelosamente custodito e venerato il nuovo culto del Dio degli Europei: il dio moneta, l’euro. L’esperimento più ardito mai tentato da una ristretta ed agguerrita minoranza di persone per sopraffare, sottomettere, violentare, stuprare il passato, la storia e la cultura di interi popoli millenari.   

giovedì 6 giugno 2013

BANCA D’ITALIA E’ UNA BANCA CENTRALE PUBBLICA O PRIVATA? IL SIGNORAGGIO ESISTE O E’ UNA BUFALA?

Dopo l’incontro con gli attivisti del Movimento 5 Stelle di Messina della settimana scorsa ho ricavato diversi spunti di riflessione che vorrei portare alla vostra attenzione. Innanzitutto confermo che il dibattito è stato parecchio proficuo e stimolante, perché la base del Movimento 5 Stelle come supponevo è molto sensibile a certi argomenti e interessata a capire come stanno veramente le cose in Italia e in Europa. In secondo luogo si smentisce ancora una volta la convinzione che alle persone poco avvezze e istruite in economia bisogna parlare di cose semplici e facilmente imprimibili nella memoria (debito pubblico, casta, corruzione, evasione fiscale), perché non in grado di comprendere le reali cause della crisi e le possibili soluzioni. A mio parere non esistono argomenti difficili e ostici da capire in assoluto, ma modi difficili e ostici di spiegare le cose al fine di confondere le acque e non fare capire nulla alla gente. Quando invece ci sforziamo di parlare con un linguaggio chiaro, lineare e diretto, supportando le nostre parole con dati e fatti, la gente capisce. Altroché se capisce. E in questo senso l’opera di informazione e divulgazione deve essere ancora migliorata e portata ad un più alto livello di comprensione generale.


Con questo non voglio dire che bisogna per forza semplificare e banalizzare certi concetti che di per sé sono complessi e spinosi, ma operare in modo da creare un circolo virtuoso fra i tecnici, gli economisti, gli specialisti che nei loro conclavi ristretti e riservati devono sviscerare i dettagli della materia e gli informatori, i divulgatori, i bloggers (categoria a cui io appartengo, nonostante la mia formazione tecnica) che devono essere invece abili ad interpretare il linguaggio a volte criptico dei primi, a ricavare la sostanza dei loro trattati o interventi, e a rendere fruibile da tutti la disciplina economica. In questo modo si riuscirà con il tempo e con molta pazienza a formare quella consapevolezza collettiva diffusa, che è l’unico antidoto contro la propaganda di regime in corso e la sola speranza di avvicinare il momento del provvidenziale cambiamento di rotta culturale tanto auspicato. In questo lungo e accidentato percorso, sarebbe buona cosa che ognuno si assumesse la responsabilità  delle proprie parole, del proprio linguaggio e del proprio ruolo, cercando di mantenere un atteggiamento per quanto possibile collaborativo e cooperativo con tutto il resto della filiera. Che poi diventi il Movimento 5 Stelle il fulcro politico ed istituzionale del cambiamento, riuscendo a diventare un collettore credibile ed efficace di tutti i movimenti sovranisti, antieuristi, democratici, ambientalisti disseminati nel territorio nazionale, oppure nascerà un nuovo soggetto politico capace di portare avanti meglio le nostre istanze e mantenere una linea strategica di lungo periodo più coerente e determinata, questo lo vedremo nei prossimi giorni, settimane, mesi. E non dipende sicuramente da noi. Ma da Beppe Grillo e dal suo stuolo di consulenti italiani e stranieri, che ancora sono piuttosto incerti su come e dove posizionarsi. Più a destra di Von Hayek (Stato ladro e libero Mercato!) o più a sinistra di Keynes (Regolamentazione pubblica del Mercato)? Questo è il dilemma.

lunedì 3 giugno 2013

MAPPA PER GUIDARE IL PROCESSO DI USCITA DALL’EURO E FINE DEL VINCOLO ESTERNO

Parlare di uscita dall’euro come un processo unico, istantaneo e di facile gestione tecnica ormai è diventato troppo riduttivo. Grazie al continuo lavoro di ricerca e di approfondimento di tutti i dettagli economici, giuridici ed istituzionali, i più accorti tra i nostri lettori avranno già capito che l’uscita dall’euro, evento ormai alle porte ed irreversibile, non sarà una trasformazione facile ed indolore, ma per essere meno invasiva possibile e limitare la sperequazione dei costi di passaggio, comporterà un vero e proprio cambiamento di rotta culturale all’interno degli apparati pubblici politico-istituzionali che dovranno sobbarcarsi l’onere maggiore dell’intera operazione. Se non verranno fatti propri dai prossimi funzionari, deputati e ministri della Repubblica Italiana principi di corretta e razionale gestione della finanza pubblica, sanciti dalla nostra stessa Costituzione, come “buon andamento”, “imparzialità”, perseguimento dell’”esclusivo interesse della Nazione”, sarà difficile auspicare, anche in presenza di un ritorno provvidenziale alla sovranità monetaria e di una fine dell’odioso “vincolo esterno” con cui ormai conviviamo dal lontano 1979, un miglioramento reale delle sorti del nostro paese e delle condizioni di vita di noi tutti.


Fra i ricercatori più attenti e rigorosi dei risvolti che si celano dietro un tale ribaltamento epocale di prospettiva, il blog Orizzonte48 merita un posto di primo piano, sia per la competenza specifica e chiarezza espositiva con cui vengono trattati gli argomenti più spinosi e complessi sia per la logica stringente ed ineccepibile che dallo studio delle premesse iniziali riesce poi a creare consenso unanime intorno alla conclusioni raggiunte. Consiglio quindi a tutti i provetti naviganti della Tempesta Perfetta di leggere con attenzione questa “guida per riconoscere i nostri prossimi santi”, perché è chiaro che più avanti si andrà, più il mare diventerà agitato e più si faranno avanti falsi profeti e improbabili salvatori della patria, che con il pretesto del caos e la promessa di condurci in un porto finalmente sicuro, ci faranno ingoiare altre scemenze di politica economica e monetaria, così come accadde nel trentennio maledetto e continua ad accadere oggi. Il monito di gattopardesca memoria secondo cui bisogna evitare che “tutto cambi affinchè nulla cambi” deve essere più che mai attuale, perché riconquistare alcuni diritti e principi fondamentali, primo fra tutti la sovranità economica, politica e monetaria, se poi non si sanno maneggiare efficacemente alcuni elementari strumenti di contabilità pubblica per il bene collettivo, significa impelagarci in nuove storture, degenerazioni, distorsioni. E questa volta non potremo imputare all’euro o al vincolo esterno la causa di tutti i nostri i mali, ma ricordando le parole di uno dei più autorevoli padri costituenti, specchiarci nel nostro ennesimo fallimento democratico: “la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità”. (Piero Calamandrei, Discorso sulla Costituzione, video, 1955)          

venerdì 24 maggio 2013

PROVE DI DIALOGO CON IL MOVIMENTO 5 STELLE: CONVEGNO SU MONETA, POLITICA ED ECONOMIA

Finalmente, grazie al lavoro incessante del coordinatore di Reimpresa Sicilia Salvo Fanara e di Elisa Brancato, siamo riusciti ad organizzare un incontro con i ragazzi del Movimento 5 Stelle sui temi che più ci stanno a cuore: politica monetaria e sue ripercussioni sulla vita sociale ed economica di un paese democratico. Il convegno si terrà a Messina ed è fissato per le ore 20.30 di mercoledì 29 maggio (la locandina è qui accanto), e sarà un’occasione spero non unica e nemmeno rara per capire se la base del Movimento 5 Stelle è davvero intenzionata ad indagare più profondamente e seriamente sulle cause della crisi e sulle sue possibili soluzioni. Gli argomenti da trattare sono davvero tanti, ma chi ha seguito fin qui il dibattito politico-economico-finanziario che si sta facendo su questo e su altri blog, comprenderà facilmente che sono tutti intrecciati fra di loro: significato della moneta oggi, debito e spesa pubblica, tasse ed evasione fiscale, pareggio di bilancio e situazione dell’Italia, Fiscal Compact, Mes. Non si parlerà espressamente dei costi e dei benefici di un’eventuale uscita dell’Italia dalla zona euro, ma avendo un minimo di consapevolezza in più su ciò che sta accadendo oggi in Europa ognuno potrà farsi una sua personale opinione.


Sono molto fiducioso sulla buona riuscita dell’incontro e in una crescita progressiva di coscienza collettiva che parta dal basso, dalla base del Movimento 5 Stelle, perché spesso i segnali che arrivano dal vertice Grillo-Casaleggio sono davvero sconfortanti: il comico-anfitrione continua infatti a premere l’acceleratore sul problema del debito pubblico, sulla necessità di continuare a tagliare i costi dello Stato, sulle trame di palazzo e la corruzione della casta, ignorando quasi del tutto che i veri problemi dell’Italia sono di carattere internazionale, legati agli accordi europei capestro che ci impongono un regime di austerità per almeno altri venti anni, correlati all’impossibilità di fare politiche economiche espansive e di agire sui tassi di cambio per recuperare competitività, sigillati a doppia mandata con le cessioni di sovranità e il depotenziamento continuo della nostra Carta Costituzionale. Ed è appunto la nostra ammirata e santificata (almeno a parole) Costituzione Democratica il fulcro su cui si dovrebbero fare ruotare tutte le nostre attuali e future rivendicazioni: un tempo il patto sociale tra i cittadini era basato sul diritto al lavoro, sui principi di dignità e decoro della persona, sui valori di uguaglianza e solidarietà sociale, e oggi invece è ridotto a puro e fastidioso ostacolo burocratico che impedisce ai nostri politici mercenari e asserviti di procedere spediti nelle famigerate “riforme strutturali” ultraliberiste dettate dall’Europa. Ultima ciliegina della torta in questo senso: di ritorno dal Consiglio Europeo di Bruxelles, il nostro primo ministro pro tempore Enrico Letta a quanto pare ha portato a casa un “grande successo” sul tema dell’occupazione giovanile. Ma è davvero così? Il suo successo corrisponde veramente ad una nostra vittoria?


martedì 21 maggio 2013

E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI AGIRE: ASSEMBLEA NAZIONALE DELL’ARS DEL 15 E 16 GIUGNO A PESCARA

Ma arrivati a questo punto mi chiedo sempre più spesso: quali modi esistono per ribellarsi a questo sistema usando mezzi non violenti? Cosa possiamo fare noi, comuni cittadini, anche se informati e consapevoli per ribellarci a queste forze opprimenti usando le ormai spuntate armi della democrazia? Delle risposte me le sono date...e ammetto che mi spaventano abbastanza. Sono l'unico?” No, non sei l’unico, caro lettore anonimo, che hai lasciato questo commento nel post precedente. Almeno su un’altra persona che si chiede continuamente queste tue stesse domande e ha le tue medesime paure potrai sempre contare: il sottoscritto. Eppure, fra i miei mille dubbi e tentennamenti, qualche risposta me la sono data anche io: non bisogna mai stare fermi, impassibili a guardare mentre tutto, dentro e fuori di noi, va in rovina. Leggiamo, informiamoci, studiamo, parliamo e confrontiamoci con gli altri, scriviamo, sfruttiamo tutto il tempo utile a disposizione per creare legami e relazioni solide e costruttive, organizziamoci. Mettendo da parte la violenza e la rabbia fine a se stessa (che come avrete già capito, in ottemperanza alle più consolidate strategie del terrore, è funzionale all’esistenza e alla sopravvivenza di questa ignobile e indegna classe dirigente: più sangue ci sarà per le strade e maggiore sarà la tendenza della gente a cercare riparo nei partiti tradizionali, ovvero in quelle stesse forze politiche e culturali che hanno fino ad oggi causato il disordine sociale e fomentato la violenza), dobbiamo avere la capacità di organizzarci secondo tutte le forme di aggregazione consentite dalla nostra splendida e umiliata Costituzione Democratica.

Più siamo e meglio è, perché una volta raggiunta la soglia critica di attivisti la dirompente forza d’urto delle nostre idee e proposte potrebbe fare la differenza nello sterile dibattito politico e sociale in corso, in cui prevale purtroppo soltanto la menzogna, la confusione, l'inconcludenza e la mistificazione dei dati e dei fatti. Ovviamente il modo più efficace e diretto per raggiungere tutti i nostri obiettivi è quello di aggregarci come un organizzato e moderno partito o movimento politico, che oltre a sfruttare tutte le più innovative piattaforme informatiche di partecipazione, sappia pure scendere in mezzo alla gente per parlare con parole chiare ed inequivocabili: uno Stato democratico che rinuncia alla propria sovranità politica, economica, monetaria, in cambio di nulla, non è più uno Stato. Non è più una Democrazia. Punto. Tenendo ferme queste premesse, poi possiamo costruire tutte le sfumature e i dettagli tecnici di cui si può dibattere e ci si può scontrare. Ma la sovranità nazionale deve rappresentare un principio giuridico e politico generale, inderogabile ed inalienabile della nostra Costituzione Democratica: le famigerate cessioni di sovranità ad organismi internazionali previste dall’articolo 11 non devono mai impedire allo Stato nazionale di adempiere ai suoi doveri e ai suoi impegni nei confronti dei cittadini. E chiunque si trovi d’accordo o vicino a queste idee, non può più attendere che gli eventi possano spontaneamente e naturalmente convergere a nostro favore. Deve agire in prima persona affinché la Storia si indirizzi verso ciò che noi crediamo sia il suo più naturale, giusto, equo percorso.

Da questo punto di vista l’ARS, Associazione Riconquistare la Sovranità, si configura oggi come la più autorevole e credibile formazione politica che può farsi carico di tutte le nostre istanze, sia per la serietà, la competenza e la passione dei suoi soci che per la solidità e la concretezza dei suoi metodi e dei suoi schemi organizzativi. Nell’ARS non si invoca soltanto vanamente a parole un immaginifico ritorno alla sovranità nazionale, ma si fanno attivamente tutti i passi necessari e consentiti per farci trovare pronti e avvicinare quel momento cruciale per la storia del nostro paese. In vista della prima Assemblea Nazionale dell’ARS che si terrà a Pescara il 15 e 16 giugno prossimi, invito tutti gli indecisi e tutti coloro che hanno a cuore il destino della nostra nazione a partecipare con convinzione e fiducia all’evento. Sarà la prima occasione che avremo per contarci, per conoscerci, per scambiare opinioni, per guardarci dritto negli occhi e capire fino a che punto siamo disposti a sacrificare una parte del nostro tempo e della nostra vita per raggiungere qualcosa che va oltre noi stessi, crea un ideale collegamento con il nostro passato, si trasmette alle generazioni future, rende degna di essere vissuta la nostra stessa esistenza. “La libertà è partecipazione!”, cantava Giorgio Gaber. Mai parole furono più adatte per descrivere lo spirito con il quale bisogna venire a Pescara: non solo esserci, fare numero, presenziare passivamente con una bandiera o un vessillo qualunque, ma partecipare, mobilitarsi, attivarsi, capire in quale modo possiamo essere utili alla causa.

venerdì 17 maggio 2013

STORIA DI UN ROMANZO CRIMINALE: LA NASCITA DEL SACRO ROMANO IMPEURO


Esistono diversi modi per raccontare la Storia. Uno è quello cronologico-analitico, che mette in fila le date e i fatti cercando di creare delle precise connessioni di causa ed effetto e dei collegamenti sempre più ampi e intrecciati degli eventi. L’altro è quello idealistico-romanzato, che pur non trascurando l’attinenza ai fatti accaduti cerca di rileggerli in una chiave più intimistica, soggettiva e coinvolgente. Nel primo metodo prevale l’oggettività, il distacco freddo e scientifico dai fatti che si stanno narrando, nel secondo la soggettività, la partecipazione emotiva e febbrile agli eventi nei quali ci si sente intimamente coinvolti. Entrambe queste metodologie di narrazione sono speculari e complementari: non si può essere sufficientemente lucidi, distaccati ed obiettivi se prima non si è vissuto emotivamente e appassionatamente ciò di cui si sta parlando, e d’altra parte non si può raccontare con passione e intensità ciò di cui non si conosce l’esatta evoluzione cronologica dei fatti. Nel testo che vi propongo oggi, scritto con brillantezza ed efficacia da Francesco Mazzuoli che mi ha gentilmente concesso la possibilità di pubblicarlo sul blog, prevale sicuramente il secondo aspetto della narrazione della Storia: quello romanzato, passionale, emotivamente coinvolto.


Eppure ad una lettura più attenta del testo noterete che non manca nulla della rispondenza ai fatti, ai dati e agli eventi di cui abbiamo tanto discusso in questi mesi. Il racconto, che oltre a ripercorrere i più importanti fatti degli ultimi trenta anni tenta di prevedere un possibile epilogo dell’attuale vicenda italiana ed europea, è lucido e obiettivo come pochi altri. Il processo storico che dalla lenta ma inesorabile distruzione delle istituzioni democratiche nazionali sta portando in Europa alla nascita di un Impero Oligarchico e Totalitario, viene minuziosamente analizzato fin nei minimi dettagli. Un Impero si costruisce o con la brutalità della guerra o con la costante guerriglia tecnica della burocrazia e della diplomazia, ma alla fine queste due forme di violenza che spesso coesistono insieme conducono allo stesso risultato: la sudditanza, la schiavitù, la paralisi di ogni capacità di reazione, ribellione, rinascita. Siamo italiani, siamo europei, conosciamo bene quanto fallaci, stantie e dolorose siano tutte le forme di imperio antidemocratiche che mortificano la partecipazione popolare e la difesa del bene comune. Ribelliamoci adesso, prima che sia troppo tardi. Quantomeno per rispetto dei nostri antenati che hanno sacrificato le loro vite e sono morti per lasciarci in dote la forma di governo, che per quanto delicata e infinitamente migliorabile, è quella che meglio si concilia con la nostra ancestrale idea di Bene e Solidarietà Universale: la Democrazia. Buona lettura.