martedì 31 luglio 2012

SCONTRO GERMANIA-EUROZONA: SETTIMANA DECISIVA PER SALVARE L’EURO, SARA' VERO?


Questa settimana sarà decisiva per salvare l’euro e per il futuro dell’intera eurozona. Quante volte avete sentito ripetere questa frase? Dall’inizio della crisi finanziaria, nel lontano 2008, e per quasi quattro anni di fila, penso decine, forse centinaia di volte. Quando non si vuole risolvere un problema, perché non si può o non si conosce concretamente la soluzione, l’unica alternativa è quella di temporeggiare e procrastinare il momento della decisione definitiva: i tecnocrati europei, insieme ai politici fantoccio che di volta in volta si sono alternati al governo dei paesi, sono diventati ormai dei maestri nell’arte di creare aspettative che possano tenere costantemente in tensione i mercati e gonfiare un po’ le borse di tutta Europa. Con ogni probabilità senza questi stratagemmi puramente mediatici, la situazione dell’eurozona sarebbe già sprofondata ad un livello ancora più infimo di adesso e l’asticella di pericolo, quella che segna il confine fra la frantumazione e la sopravvivenza dell’unione monetaria più sbagliata di tutti i tempi, sarebbe stata raggiunta e superata da un pezzo.


Tuttavia, anche se non si tratterà affatto della settimana decisiva per la sorte dell’euro, bisogna ammettere che in questi giorni l’agenda dei tecnocrati e politicanti europei è davvero fitta di impegni e di incontri. L’evento sicuramente più importante e più atteso è la riunione del consiglio direttivo della BCE di giovedì prossimo 2 agosto, quando il governatore Mario Draghi spiegherà al mondo degli investitori finanziari quali straordinarie e magnifiche misure non convenzionali intende utilizzare questa volta per tenere a galla l’euro: presumibilmente comunicherà l’inizio di un nuovo programma SMP (Securities Market Programme) di acquisto di titoli di stato sul mercato secondario, che riesca a calmare l’inarrestabile corsa al rialzo degli spreads, soprattutto quelli italiani e spagnoli. Oppure indicherà le modalità con cui la BCE intende operare come intermediario del fondo salvastati EFSF prima e del MES dopo, esperimento questo che consente alla banca centrale un maggior spazio di intervento, dato che potrà intervenire nell’acquisto dei titoli sia sul mercato secondario che primario. Visto che le effettive perdite per le casse dello stato si decidono durante il collocamento dei titoli nelle aste primarie mentre sul mercato secondario si condiziona più che altro la solidità dei bilanci delle banche che sono stracolme di titoli, è chiaro che la seconda tipologia di intervento della BCE sarà più incisiva e provvidenziale, soprattutto per le nostre tasche. Peccato però (c’è sempre un però quando si tratta di difendere i risparmi dei comuni cittadini) che i soldi per finanziare i fondi salvastati li sborsiamo noi cittadini europei, quindi le nostre tasche saranno massacrate ugualmente e si verrebbe a creare uno strano corto circuito in cui noi stessi paghiamo in anticipo per comprare dei titoli che saremo obbligati a pagare una seconda volta alla scadenza per rimborsare noi stessi.

venerdì 27 luglio 2012

USCITA DALL’EURO, I PIANI SONO GIA’ PRONTI E I BANCHIERI COMINCIANO AD AVERE PAURA


Partiamo subito da un concetto: la speculazione finanziaria vive di parole non di fatti. Ieri il governatore della BCE Mario Draghi intervenendo a Londra al Global Investment Conference ha ribadito che “l’euro è irreversibile e la BCE è pronta a fare di tutto per salvare la moneta unica. Non è possibile immaginare che un paese esca dall’eurozona.” E poi ha aggiunto che  “negli ultimi sei mesi l’area euro ha mostrato dei progressi straordinari. L’eurozona è più forte di quanto non le venga riconosciuto”. Pochi minuti dopo lo spread fra i titoli di stato italiani e i bund tedeschi comincia a scendere rapidamente al di sotto dei 500 punti base. Gli speculatori non vanno in vacanza e prefigurando un breve periodo di apprezzamento dei titoli hanno ricominciato a comprare, attendendo di vendere di nuovo quando lo spread riprenderà puntualmente a salire. Perché che lo spread ricomincerà a crescere dopo qualche giorno o al massimo settimana di euforia, pompata dall’effetto annuncio, ormai è abbastanza prevedibile. Esattamente al contrario di quello che va farneticando Monti e tutta la sua schiera di cortigiani, mentre il precedente rialzo lento e progressivo dello spread indicava una razionale allocazione delle risorse da parte degli investitori istituzionali e internazionali per sfuggire alla trappola mortale dell’euro, una discesa così repentina è sintomo invece di un intervento massiccio della speculazione, che vive appunto di fiammate e folate improvvise di entusiasmo. Pura e semplice speculazione, nient'altro. A meno che i banchieri di Francoforte non abbiano davvero intenzione di fare seguire i fatti alle parole: per esempio riprendendo a comprare titoli di stato europei sul mercato secondario, dopo avere bruscamente interrotto il programma temporaneo di acquisto SMP (Securities Markets Programme) a febbraio scorso.


Oppure altra ipotesi, molto più plausibile, la BCE comincerà ad anticipare i soldi (creati dal nulla, ricordiamolo sempre) per comprare titoli di stato non per suo conto ma come intermediario del Meccanismo Europeo di Stabilità, in attesa che la Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe si pronunci il prossimo 12 settembre sulla modifica dell’articolo 136 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (quello che rende legittimi i meccanismi finanziari di salvataggio di altri paesi in caso di grave crisi economica) e quindi indirettamente anche sul MES. E’ evidente che i banchieri comincino ad avere seriamente paura per la frantumazione del loro giocattolo preferito e stiano cercando di raggiungere un compromesso per prendere ancora tempo ed evitare l’esplosione immediata dell’eurozona. I banchieri tedeschi, Bundesbank in testa, non lasceranno mai che la BCE diventi una normale banca centrale, la quale come risaputo e avviene in qualsiasi altra nazione normale del mondo può acquistare illimitatamente titoli di stato tramite operazioni di mercato aperto, sostenendo quindi i deficit pubblici dei governi e allentando gli attacchi speculativi, che cercano di fare profitti facili puntando sull’estrema volatilità (sia verso l’alto che verso il basso) degli spread e dei rendimenti. Mentre gli stessi banchieri tedeschi sono molto più favorevoli al MES (che è una loro invenzione, anche se ingannevolmente Mario Monti si è attribuito la paternità di questa ennesima truffa, cambiandogli nome e chiamandola “scudo antispread”) e il motivo è abbastanza semplice: non pagano loro, ma i cittadini europei tramite le rispettive quote di partecipazione al MES e soprattutto trattandosi di bruciare soldi già circolanti, non viene immessa nuova liquidità sui mercati e la Germania è al riparo dallo spauracchio inflazione.   
      

martedì 24 luglio 2012

LA GUERRA CONTRO IL PROGETTO EURO DEI BANCHIERI E’ COMINCIATA, SERVONO RINFORZI


La guerra fra la finanza e la democrazia è cominciata, o meglio non è mai finita. Avevamo già detto che per tanti motivi questa sarebbe stata una lunga estate calda e il clima ormai si è surriscaldato abbastanza per farci credere che prima della fine dell’estate qualcosa in Europa potrebbe cambiare drasticamente e definitivamente. Quello che prima si prefigurava come un agguato silenzioso, subdolo, inesorabile, lento della finanza per l’espropriazione della ricchezza accumulata dalla popolazione e del patrimonio pubblico dello stato (in gergo tecnico questo processo si chiama estrazione di valore, ma il significato non cambia), ormai è sfociato in un conflitto aperto, palese, dichiarato. A differenza degli italiani che ancora bene o male riescono a vivacchiare con i vecchi risparmi, gli spagnoli sono ormai esasperati per la politica di austerità, tasse, tagli alla spesa pubblica con cui i mercenari al governo (Mariano Rajoy, primo ministro, Luis de Guindos, ministro delle finanze, Cristobal Montoro, ministro del bilancio) supportati dai banchieri di tutta Europa e di mezzo mondo stanno cercando di frodarli e derubarli. Per fortuna si tratta di una guerra che provoca pochi spargimenti di sangue, a parte i feriti che si contano a centinaia nelle manifestazioni di piazza che infuocano la Spagna, ma gli esiti finali sono gli stessi di un conflitto armato: la controparte vincente o che si reputa tale, la finanza, vuole adesso estorcere con forza o con l’inganno il bottino agli sconfitti, gli stati democratici e i cittadini.


Ormai non è più il caso di parlare con mezze parole o concetti ambigui, ma bisogna indicare le cose con il loro nome: la guerra può essere tattica, campale, strategica, ma sempre guerra è e in una guerra ci sono sempre due fazioni contrapposte, che cercano di prevalere sull’avversario e imporre le proprie ragioni e condizioni. Cosa credete che siano tutte quelle riunioni e vertici europei in cui vengono concordati all’unanimità patti di stabilità, Fiscal Compact, Meccanismi Europei di Strozzinaggio? Trattati intergovernativi e sovranazionali tramite cui i vincitori cercano di dettare le clausole della resa agli sconfitti. E’ inutile girarci intorno, la finanza ha vinto (o meglio, crede di avere vinto) perché ha lavorato bene ai fianchi la politica e le istituzioni pubbliche da almeno trent’anni per mettere a punto questo suo piano di espropriazione della ricchezza a danno della maggioranza della popolazione e i cittadini hanno perso perché non hanno capito e in certi casi hanno fatto finta di non capire che tutte le manovre politiche di questi ultimi anni, di centrodestra, centrosinistra, centrocentro, sindacati, corporazioni industriali, lobbies finanziarie, erano votate al disegno europeista per portare avanti il solito piano dei banchieri: annullare gli effetti redistributivi della ricchezza che sono alla base di uno stato democratico e riprendere le vecchie sane abitudini della monarchia, della dittatura e degli stati assoluti e totalitari, in cui la ricchezza viene concentrata in poche mani, sempre le stesse. Solo per il dispiegamento di mezzi, la capacità di corruzione di un’intera classe dirigente, mediatica e accademica, le bizzarre teorie economiche inventate di sana pianta, i think tank, le fondazioni, i centri culturali, le organizzazioni corporative sparse in tutto il territorio, bisognerebbe dare atto ai vincitori che la loro abilità di organizzare le truppe è impressionante e meriterebbe un premio finale. Ma c’è un però.  


venerdì 6 luglio 2012

LA TEMPESTA PERFETTA SI PLACA E SI SPOSTA VERSO IL MARE


Magari. Magari fosse vero. Magari la tempesta finanziaria che ha travolto l’Italia e tutta l’eurozona si fosse davvero placata, spostandosi altrove. La verità invece è che la tempesta non finirà finchè le nazioni europee che hanno acconsentito anni fa ad aderire a questo accordo monetario bislacco chiamato euro, che in un modo o nell’altro ha creato squilibri permanenti sia commerciali che finanziari, non inizieranno a prendere misure drastiche di protezione delle loro economie. E il miglior modo di difendere la propria economia nazionale è quella di ancorarla ad una propria moneta sovrana, che ha la possibilità di apprezzarsi e deprezzarsi liberamente sui mercati creando dei meccanismi automatici di compensazione utili a tutto il tessuto produttivo. Detto in soldoni, nel caso dell’eurozona, ciò significa che la Tempesta Perfetta non terminerà finchè i singoli paesi che la compongono non ritorneranno ad una piena sovranità monetaria, che adegui i rispettivi parametri finanziari e monetari (tassi di interessi, tassi di cambio) alle variabili più importanti da monitorare in campo economico (disoccupazione, inflazione, sviluppo sostenibile, equilibrio della bilancia dei pagamenti con l’estero).


Inutile quindi il tentativo di ieri del governatore della BCE Mario Draghi di mettere una pezza alla crisi finanziaria abbassando il tasso principale di riferimento del mercato interbancario di un quarto di punto percentuale (portandolo a 0,75% come mai era successo prima nell’eurozona), perché questo non servirà affatto a rilanciare la cosiddetta economia reale, ma avrà l’unico effetto temporaneo di alleviare la crisi di liquidità delle banche e di limitare le loro perdite di bilancio. Come ormai sappiamo bene, il problema attuale dell’eurozona non è la riduzione dell’offerta di beni e servizi da parte delle imprese e quindi la necessità di consentire alle imprese di fare nuovi investimenti per aumentare la produttività, ma una drammatica flessione della domanda e dei consumi che incentiva le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione che non hanno un grande mercato internazionale, ad attendere tempi migliori e a limitare al massimo gli investimenti, in quanto questi ultimi avrebbero poi uno scarso ritorno economico. Quando la gente non compra, per diversi motivi quali l’incertezza per il futuro, la precarietà, l’elevata disoccupazione, tu imprenditore puoi pure allargare il capannone e comprare nuovi macchinari, ma sai già che le vendite non aumenteranno e i debiti contratti per finanziare i nuovi investimenti, sebbene a tasso di interesse molto conveniente, ti rimarranno tutti sul groppone perché privi di adeguata copertura.

mercoledì 4 luglio 2012

GERMANIA NEL CAOS: USCIRA’ PER PRIMA DALL’EURO A CAUSA DEL RISCHIO INFLAZIONE?


Dopo il Vertice Europeo di Bruxelles della settimana scorsa, l’opinione pubblica tedesca è sul piede di guerra, perché malgrado sia cambiato ben poco rispetto alle regole già pattuite con il Fiscal Compact e con il trattato intergovernativo che istituisce il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, i tedeschi hanno vissuto questa eccessiva pressione dell’Italia e della Spagna come un tentativo di far pagare alla Germania le loro beghe interne, dovute principalmente ad un elevato debito pubblico e alla richiesta di salvataggio del settore bancario fallito. E i tedeschi proprio non ci stanno a farsi sfilare via i soldi guadagnati con il sudato lavoro dai mendicanti meridionali, e hanno organizzato diverse manifestazioni di protesta e inviato migliaia di ricorsi alla Corte Costituzionale per avere chiarimenti in merito a questo ennesimo scempio compiuto dalla cancelliera Merkel e dal suo governo. Avevamo sempre detto che le uniche vere speranze di interrompere il criminale progetto di ristrutturazione dell’eurozona a spese dei contribuenti e di distruggere questa moneta sbagliata chiamata euro risiedono in Germania e probabilmente, per innumerevoli ragioni, non siamo andati troppo lontano dalla verità.


In una situazione come quella attuale in cui esiste un unico grande paese creditore, la Germania, e una serie di paesi della periferia (i cosiddetti PIIGS, Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna), che hanno spesso puntato sulla presunta copertura dell’unione monetaria (che in effetti non c’è e non c’è mai stata) per aumentare con troppa disinvoltura i loro debiti privati (poi diventati debiti pubblici, dopo il salvataggio statale delle banche), è chiaro che le posizioni diventano sempre più distanti e inconciliabili. In questo preciso periodo storico, dopo che mezza Europa è stata travolta dalla crisi, dal panico e dall’affanno, gli abitanti del paese creditore sono ovviamente più lucidi rispetto ai popoli disperati ed esasperati dal debito e nonostante qualche intollerabile rigurgito nazionalista, stanno cominciando a capire meglio di tutti gli altri come funziona il meccanismo contorto di un’assurda moneta privatizzata e tolta dalla sovranità dei singoli stati: sia che ti trovi dalla parte del creditore che da quella del debitore, alla fine a pagare saranno sempre i cittadini e i lavoratori, mentre nulla viene chiesto alle banche private (centrali o commerciali che siano) per risarcire i danni e le speculazioni derivanti dalla loro insensata e squilibrata movimentazione dei capitali finanziari, di cui hanno il pieno controllo e possono disporne illimitatamente nel tempo e nello spazio.