martedì 20 marzo 2012

LA CRISI DELL’ITALIA, LA PROPAGANDA DI REGIME E GLI ECONOMISTI NON ALLINEATI


Mentre gli opinionisti scodinzolanti di regime continuano ad elogiare l’operato del governo Monti, evidenziando soprattutto (e soltanto aggiungo io) la capacità di avere fatto abbassare lo spread fra i titoli di stato italiani decennali e gli omologhi bund tedeschi al di sotto dei 300 punti base (con rendimenti ancora alti intorno al 4,8%, per via del leggero deprezzamento dei bund), il quadro generale dell’economia italiana diventa ogni giorno che passa sempre più agghiacciante.

Gli ordini per il comparto industriale sono calati rispetto al mese precedente del -7,4% (rispetto ad una previsione molto più ottimistica del -3,2%), le vendite sempre per le industria si sono contratte del -4,9%, riportando l’Italia al suo punto più basso della crisi nel 2009. Le entrate tributarie si sono ridotte in gennaio del -0,5%, i prezzi dei generi alimentari sono in continuo aumento, i consumi sono tornati ai livelli di 30 anni fa, aumentano anche le ore di cassa integrazione, il debito pubblico ha toccato nel mese di gennaio un nuovo picco di 1935 miliardi di euro. E questi sarebbero i dati entusiasmanti del miracoloso effetto Monti?



Se a questo aggiungiamo che l’abbassamento dello spread è dovuto principalmente all’intervento della BCE che con due iniezioni successive di liquidità delle operazioni di rifinanziamento non convenzionali LTRO ha fornito alle banche italiane più di 250 miliardi di euro per costringerle a comprare titoli di stato italiani sia in scadenza che già circolanti sul mercato secondario, il giudizio sull’operato del governo Monti diventa ancora più severo. Soprattutto perché, a parte l’aumento delle tasse e il massacro dei lavoratori, i tecnici sono privi di vere soluzioni da mettere in campo per risolvere i problemi strutturali della nazione, che non siano soltanto rattoppi improvvisati e molto discutibili per tamponare lo stato di emergenza.

E c’è dell’altro. Come riportato su un comunicato della Banca Centrale Svizzera, l’Italia non è uscita affatto dal centro della bufera finanziaria, come qualcuno si ostina a ripetere, e la sfiducia degli investitori esteri è ancora molto alta. Senza andare troppo lontano basta guardare i dati della bilancia dei pagamenti del mese di gennaio (riportata sotto), per capire come gli stranieri giudicano la situazione italiana. Gli investitori esteri hanno comprato titoli italiani a breve scadenza per circa 8,63 miliardi, per ottenere magari qualche profitto con rapide operazioni di speculazione, ma nello stesso periodo hanno venduto in modo massiccio titoli a media e lunga scadenza per 8,23 miliardi, perché non hanno alcuna fiducia su una ripresa sostanziale e duratura dell’Italia. In questo modo il saldo complessivo degli investimenti esteri si colloca ad un misero importo di 404 milioni di euro, mentre tutto il grosso degli acquisti dei titoli di stato viene svolto, come già detto, soltanto dalle banche italiane.



Questo dimostra in generale che l’operazione LTRO della BCE ha funzionato bene per i titoli con una scadenza inferiore a tre anni, che è la durata dei prestiti concessi  della banca centrale agli istituti privati, ma per i finanziamenti con maturazione più lunga permane ancora parecchio scetticismo. E, visto lo scenario che abbiamo descritto prima, questa sfiducia nei confronti dell’Italia non sembra neppure tanto ingiustificata. Non perché l’Italia sia una nazione in assoluto priva di risorse ma perché è ingabbiata nella trappola dell’eurozona e dell’euro, che la rende incapace di sfruttare appieno le sue risorse e le sue infinite potenzialità.

Eppure, la tendenza attuale dei soliti mezzi di informazione e menestrelli di regime è quella di ritenere che il governo Monti stia lavorando bene e ci abbia salvati dal baratro, senza mai degnarsi di sprecare qualche parola per descrivere i motivi per cui un paese come l’Italia, un tempo fra i primi paesi del mondo in termini di sviluppo e crescita economica, sia sceso così in basso nel giro di un decennio. Molti pensano davvero (o in assoluta malafede) che varando la riforma del mercato del lavoro, improvvisamente l’Italia risorgerà dalle ceneri e riprenderà ad esportare in tutto il mondo i suoi prodotti, senza mai chiedersi per quale motivo concedere agli imprenditori la facoltà di licenziare più facilmente i lavoratori e quindi ridurre la capacità produttiva dovrebbe fare ripartire l’economia. Questo rientra nell’usuale modo di vedere le cose con i paraocchi, senza ragionare, tipico dei fanatici o degli invasati di un’ideologia, di una fede.

Per fortuna nostra però ci sono altri economisti non allineati, ignorati da quasi tutti i giornalisti devoti al regime, che ci aiutano a ragionare e a comprendere dove sono annidate le cause del disastroso fallimento dell’Italia. In un recente articolo pubblicato su blog-Micromega, l’economista Sergio Cesaratto ha ripercorso con apprezzabile lucidità tutto il cammino che ha condotto l’Italia ad aderire prima all’UME (Unione Monetaria Europea) e poi ad adottare la moneta unica euro: un progetto che per quanto ambizioso e affascinante è stato da sempre poggiato su basi fragilissime. Rileggiamo alcuni passaggi illuminanti dell’intervento di Cesaratto.

“La situazione europea è in verità drammatica e non s’intravedono vie d’uscita. Non che queste in via di principio non esistano, e questo è il grottesco della situazione. Un percorso di crescita e di riproposizione del modello sociale europeo sarebbe possibilissimo e alla portata. Ad esso si frappongono tuttavia scelte nazionali che solo gli sciocchi definiscono egoistiche. Ho più volte scritto, ricordando gli insegnamenti del realismo politico (che fu anche di Tucidide, di Machiavelli, di Hobbes), che nelle relazioni internazionali non valgono valori morali, tantomeno fra economie capitalistiche. Queste sono guidate da borghesie nazionali con i propri disegni, e in molti casi attorno a questi si raccoglie il consenso della maggioranza della popolazione, incluse le classi sociali e relative rappresentanze tradizionalmente d’orientamento progressista.

Non mi sembra un esercizio ora utile quello di colpevolizzare la Germania sino a questo punto, lasciamo che i morti seppelliscano i morti, e questo valga per tutti. I francesi erano preoccupati che la Germania si rafforzasse in termini relativi e guardasse a Oriente (che va ben oltre l’Europa). Bene, lo sta comunque facendo, anzi, il fallimento acclarato dell’UME rafforza tale forza relativa – come il palese mutamento dei rapporti di forza fra Francia e Germania dimostra – oltre che le spinte a Oriente ed extra-Europee della Germania. Se quello scambio doveva assicurare l’ancoraggio europeo della Germania, allora esso non solo è fallito, ma ha peggiorato le cose. Non ho dubbi che le scelte economiche siano in primo luogo politiche, ma di lì a violare la legge di gravità ne passa. L’Eurozona non è quello che gli economisti chiamano un’area valutaria ottimale, gli economisti americani ci avevano avvertito, abbiamo gridato al complotto USA per impedire la nascita dell’Euro, dunque ben ci sta. Comunque la Germania non ha obbligato nessuno ad aderire a una UME in cui è stata lei tirata per i capelli.

Meno ossessionata dal pericolo tedesco, la decisione italiana di aderire all’UME è stata frutto del disegno di portare a compimento il cosiddetto processo di “risanamento” dei conti pubblici e della dinamica dei prezzi intrapreso negli anni 1990 – e a ben vedere sul finire degli anni ’70 con l’adesione al sistema monetario europeo (SME) e il golpe bianco con cui nel 1981 la Banca Centrale assunse indipendenza dal Tesoro. Il combinato disposto di SME e “divorzio” fu alla base dell’esplosione del debito pubblico e del debito estero, e ciò doveva indurre cautela circa l’opportunità di aderire all’UME. Si preferì invece attribuire la causa della crescita del debito alle malefatte dei cosiddetti governi del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani), piuttosto che agli sprovveduti consigli del prof. Monti assai influente nell’ispirare il “divorzio” (e che a buon diritto può essere accostato ad Andreatta e Ciampi nella sua paternità).

Nei primissimi anni ’90 fu spazzata via la Prima Repubblica e con essa, si ritenne, il partito della spesa facile. Cancellato ogni residuo di scala mobile e riequilibrati i conti esteri con una cospicua svalutazione, si ritenne dunque di poter riprendere il percorso di risanamento guidato, per giunta, da ben più affidabili governi di Centro-Sinistra. Il perseguimento tenace dell’ingresso nella moneta unica va dunque ascritto a un disegno che prevedeva l’importazione della stabilità tedesca sia con riguardo a bassi tassi d’interesse sul debito pubblico, condizione essenziale per la sua riduzione, che al contenimento delle rivendicazioni salariali. Mentre sul primo obiettivo la scommessa fu vinta, ed anzi si generò un circolo virtuoso fra aspettative di ingresso e riduzione dei tassi, forse si sbagliarono i conti e obiettivi sul secondo punto.

In verità già dalla sconfitta alla Fiat del 1980 i sindacati dei lavoratori non avevano più rialzato la testa, come la progressiva abolizione della scala mobile e l’accettazione della concertazione nel 1993 volta al solo contenimento dei salari reali dimostrano. Se la disciplina tedesca andava importata allo scopo di abbattere il gap inflazionistico nei confronti di quel paese, questo non riguardava certo l’andamento dei salari reali – da tempo mortificante in Italia. Fattori strutturali incidono su di esso, e sono così altre le istituzioni tedesche meritevoli di importazione come l’atteggiamento meno ostile del padronato verso i lavoratori e l’attenzione dei politici al benessere della popolazione, la formazione, la dedizione della politica al successo commerciale e al consenso e benessere sociale diffusi (tutte caratteristiche, a ben vedere, di un mercantilismo che criticheremo, ma non per questi aspetti). Il governo Monti – e gran parte del centro-sinistra – si limita invece a ritenere che le liberalizzazioni e, ahimè, le privatizzazioni dei servizi pubblici, siano la via maestra per abbattere lo zoccolo inflazionistico, una strategia che ci appare assai modesta se non in molti casi sbagliata.

Tutto questo per dire che non si può certo imputare la Germania dell’esistenza dell’UME a cui, anzi, ha aderito in maniera riluttante. Che poi essa abbia aderito cercando di trarne il maggior vantaggio possibile, dettando i termini del patto, neanche glielo si può addossare: perché mai avrebbe dovuto fare altrimenti? D’altronde è la sua la disciplina che si voleva importare. Naturalmente quei vantaggi che la Germania ha ritenuto di poter trarre si sono alla lunga rivelati, come spiegheremo poi, di carta (letteralmente). Quel paese ha oggi una scelta davanti: fra la speranza di cavarsela da sola con un’Europa che va in malora, o l’assunzione di una leadership progressista (chiamiamola così).

Ho pochi dubbi sulla scelta: forze potenti si oppongono in Germania alla seconda scelta: per esempio attraverso il controllo di mass media come la Bild (10 milioni di lettori) o la “autorevoleFrankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ); l’accademia degli economisti tedeschi è quanto di più conservatore sia immaginabile (torneremo su questo), e così la Bundesbank – che è politicamente assai controllata. All’opinione pubblica tedesca sono stati propinati, probabilmente con anni di martellanti campagne, moltissimi stereotipi – uno fra tutti il timore dell’inflazione, secondo alcuni una invenzione della Buba. Ad essa non viene invece raccontato che il nazismo, lungi dall’essere un risultato dell’iperinflazione del principio degli anni ’20, fu il frutto di assurde politiche francesi verso la Germania la cui natura non è dissimile da quelle che quest’ultimo paese sta imponendo ai suoi partner europei. Keynes, che questo vide nel 1919 e contro cui si batté, dovrebbe essere un idolo in Germania, fa tristezza che invece questo paese sia storicamente anti-keynesiano.


3. Ma è l’opinione prevalente in Germania, in particolare nella sua classe dirigente, frutto di mera ignoranza o c’è dell’altro? Come scrisse Kalecki– il grande economista polacco che anticipò Keynes – dietro l’ignoranza c’è sempre un interesse (“l’ostinata ignoranza è di solito una manifestazione di motivi politici sottostanti”). E allora andiamo a questi interessi che possono giustificare il tenace attaccamento dell’establishment tedesco a un modello, che definiremo mercantilista, palesemente incompatibile se perseguito dalla quarta economia mondiale con la stabilità e la crescita economica non solo europea ma mondiale.


Per mercantilismo si intende, com’è noto, una strategia volta a perseguire avanzi commerciali. Seguendo di nuovo la lezione di Kalecki, si può dimostrare che questa è una strategia perfettamente razionale da parte dei capitalisti. Essi hanno, infatti, convenienza a comprimere quanto possibile i salari domestici allo scopo di massimizzare i propri profitti; così facendo, tuttavia, restringono il mercato interno per le loro produzioni. Ecco che i mercati esterni diventano uno sbocco naturale per quella parte del sovrappiù (la parte del prodotto sociale che non va ai lavoratori bensì ai capitalisti sotto forma di profitti) che non è possibile vendere all’interno sotto forma di consumi di lusso dei capitalisti medesimi o acquisti dallo Stato con la spesa in disavanzo (quest’ultimo mercato Kalecki chiamava esportazioni interne).


Per vendere nei mercati esteri si deve essere tuttavia competitivi. Parte di questo problema è risolto dalla premessa medesima del mercantilismo, i bassi salari. Se a ciò si aggiunge un adeguato livello tecnologico, frutto anch’esso di una lontana ispirazione mercantilista volta ad assegnare priorità nazionale all’efficienza produttiva, il gioco è quasi fatto. Il gioco è perfetto se poi esso si svolge in un quadro di cambi fissi, come Bretton Woods, lo SME, l’UME. In questo caso i paesi non-mercantilisti perdono l’unico strumento di difesa che hanno per tutelare la propria competitività: la svalutazione della moneta nazionale. Rimane un ultimo problema: i paesi mercantilisti devono essere disponibili a finanziare illimitatamente i paesi non-mercantilisti. In tal modo questi ultimi potranno continuare ad acquistare le merci dei primi. Per giunta, il flusso di capitali sosterrà le valute dei paesi non-mercantilisti impedendo la svalutazione. Questo è quello che fa la Cina nei confronti degli Stati Uniti. Questo è quello che ha fatto la Germania nei confronti dei famigerati PIGS (una sola i) e che, a quanto pare, non intende continuare a fare.


Secondo alcuni la Germania si era ben preparata a vincere la battaglia dei mercati dell’UME attraverso una decisa riforma del mercato del lavoro sotto il governatorato Schroeder, la quale aveva impresso un deciso orientamento moderato alla dinamica dei salari e dei consumi interni. Si è tentati di vedere qui una riedizione di ciò che un importante storico economico tedesco ha definito, per giunta su una pubblicazione della Bundesbank, “mercantilismo monetario”, una strategia inaugurata al principio degli anni ’50 con la benedizione del potente ministro delle finanze Erhard, il padre del miracolo economico tedesco. L’allora governatore della banca centrale tedesca (chiamata Bank Deutscher Lander sino al 1957) Wilhelm Vocke così riassumeva tale strategia:


Noi dobbiamo costantemente rimanere sotto il tasso di inflazione dei nostri competitori. E questa è la nostra possibilità, è decisivo per la nostra valuta nazionale e specialmente per le nostre esportazioni. La crescita delle esportazioni è vitale per noi, e questo dipende a sua volta dalla nostra capacità di mantenere un livello relativamente basso dei prezzi e dei salari…Come io ho detto, mantenere il livello dei prezzi più basso che in altri paesi è l’obiettivo principale dei nostri sforzi come banca centrale, e un successo di tutti quei sforzi. Ciò dovremmo tenere a mente quando alcuni ci dicono: le vostre misure restrittive sono troppo severe e non sono più necessarie.


Insomma se ci sono cambi fissi, come nel sistema di Bretton Woods, l’importante è tenere l’inflazione un po’ più bassa dei concorrenti per sostenere le proprie esportazioni, pur continuando a godere di un cambio forte. Negli anni 1950 le critiche alla Germania sono così un de te fabula narratur di quelle odierne, così come quelle rivoltele unitamente al Giappone sul finire degli anni ’70 affinché essi agissero da “locomotiva” dell’economia mondiale assieme agli Stati Uniti. Con lo SME e poi con l’UME Italia, Francia e gli altri hanno voluto imitare i tedeschi al gioco della disciplina, come s’è detto, ma loro si sono sistematicamente rivelati più bravi (anche perché, come s’è detto, accanto alla disciplina hanno le istituzioni giuste).


E’ anche opinione generalmente condivisa che la costituzione dell’UME abbia favorito flussi di capitale dai paesi centrali verso i paesi della periferia europea, e che questi flussi siano stati alla base della crisi (flussi che altro non rappresentano se non le menzionate anticipazioni che il sistema finanziario dei paesi mercantilisti deve concedere ai paesi non-mercantilisti). Si ritiene in genere – anche in ambito dell’UE o del FMI – che a partire da questi flussi si sia generata una crescita effimera di paesi periferici, basata sull’edilizia in Spagna e Irlanda o sulla spesa pubblica in Grecia. Effimera perché si è tradotta, più che in uno sviluppo dell’industria nazionale, in imponenti importazioni dai paesi centrali.


Questo anche dovuto al fatto che alla crescita si è accompagnata una inflazione ben superiore a quella tedesca con una conseguente perdita di competitività, a detrimento dell’industria nazionale e a favore di quella dei paesi centrali. Il corrispettivo contabile dei disavanzi esteri dei paesi periferici è nell’indebitamento dei settori privato e/o pubblico della periferia verso la Germania e gli altri paesi centrali. In Spagna e Irlanda, com’è noto a tutti tranne ai mass media tedeschi, la crisi nasce nel settore privato e solo in conseguenza della crisi il settore pubblico ne è risultato coinvolto.


Tutto questo si è svolto con una “benevola disattenzione” del governo tedesco che ben sapeva cosa stava accadendo e anzi, come nel caso dell’amico governo greco, benediceva i cospicui acquisti di armamenti dalla Germania (peraltro proseguito anche dopo la crisi). Si rammenti che l’Italia non è stata coinvolta in questi flussi centro-periferia; il suo debito pubblico maturò nello SME e non è stato certo causa della crisi europea come Monti ha voluto farci credere lo scorso autunno, solo per trasmetterci un senso di colpa e farci digerire le (inutili) manovre restrittive.”


L’analisi di Cesaratto è più che mai condivisibile. I fenomeni e i flussi commerciali avvenuti nell’eurozona negli ultimi dieci anni, dovuti principalmente all’atteggiamento mercantilista tedesco, hanno portato alla situazione che conosciamo già con un disavanzo delle partite correnti (saldo fra esportazioni e importazioni, redditi da capitale e da lavoro) dei paesi europei periferici (South) e un surplus simmetrico delle esportazioni da parte di quelli centrali (North), come è evidenziato bene nel grafico sotto.




Se analizziamo in particolare la situazione italiana possiamo vedere chiaramente che a partire dal 2002, data di ingresso nell’euro, le importazioni hanno cominciato a superare progressivamente le esportazioni. Nel grafico mostrato sotto sui bilanci settoriali dell’Italia, vediamo che il surplus estero è stato chiaramente compensato dall’indebitamento pubblico, mentre per fortuna è rimasta bassa e costante la propensione all’indebitamento privato, vera e unica ricchezza del popolo italiano, che ha impedito e sta ritardando il collasso avvenuto in paesi come Irlanda, Grecia e gli stessi Stati Uniti.






Se entriamo ancora più nel dettaglio, verificando nel grafico sotto l’andamento dei saldi delle partite correnti italiane negli ultimi dieci anni, vediamo come l’Italia anno dopo anno, dall’ingresso nell'euro in poi, da esportatore netto sia diventato un importatore netto, con le inevitabili ricadute in termini di perdita di competitività e riduzione degli investimenti per il rilancio e lo sviluppo dell’economia nazionale.





Se passiamo adesso ad esaminare il prodotto interno lordo PIL e la ricchezza complessiva, invece l’Italia è praticamente in una chiara condizione di stagnazione da almeno tre anni, perché dalla caduta dovuta alla crisi del 2009 l’Italia non si è più ripresa e negli ultimi due trimestri nel 2011 ha visto calare consecutivamente il PIL, entrando in uno stadio ancora più preoccupante di recessione tecnica. Recessione a cui la cecità dei governanti tecnici vuole rispondere soltanto inasprendo il prelievo fiscale e rendendo più flessibile (dal lato soprattutto dei licenziamenti) il mercato del lavoro.





Ma la scarsità di visione del governo Monti e di tutta la sua macchina mediatica non si accorge che uno stato non può diventare improvvisamente un esportatore da un giorno all’altro, diminuendo i diritti dei lavoratori, liberalizzando le farmacie o lasciando aperti i negozi anche la domenica. Queste sono iniziative che possono andare bene per instupidire ancora di più le masse con messaggi propagandistici, che concretamente si risolvono in una bolla di fumo. Per rimettere in piedi un’economia servono investimenti veri, mirati che possono essere fatti soltanto agendo ad ampio raggio con tutte le leve della politica monetaria e fiscale.


Senza una piena sovranità monetaria, che consenta ad uno stato di ritornare ad avere una capacità di spesa praticamente illimitata e un controllo dei tassi di cambio della propria moneta non si può andare da nessuna parte e al massimo si può aspirare a diventare come i cinesi, cercando di abbassare fino alla soglia dello sfruttamento i salari e i diritti dei lavoratori per incentivare gli investimenti esteri. Una strategia, quest’ultima, che la storia ha già giudicato fallimentare perchè comporta un aumento della dipendenza e dell’indebitamento con l’estero e ha condotto negli anni novanta interi paesi del Sudamerica alla bancarotta finanziaria.


Ma poi a cosa servirebbe schiavizzare i lavoratori per farli lavorare di più se nessuno compra i tuoi prodotti? Come ha evidenziato bene un altro economista non allineato come Alberto Bagnai sul blog Goofynomics il calo della produttività media (rapporto fra il valore aggiunto/numero di occupati totali) dei lavoratori italiani rispetto a quelli tedeschi non è dovuto ad una mancanza di efficienza strutturale e di applicazione individuale, ma più che altro a fattori macroeconomici esterni, primo fra tutti l'impossibilità di fare fluttuare liberamente il tasso di cambio della moneta nazionale rispetto alle monete dei paesi stranieri dove si intende esportare i propri prodotti.






Basta verificare con attenzione il confronto diretto fra la produttività italiana e quella tedesca (grafico sopra) per vedere come tutte le volte che l’Italia ha dovuto irrigidire il tasso di cambio nei confronti degli altri paesi dell’eurozona (ingresso nello SME nel 1979 con oscillazione di cambio fisso del ±6%, adozione nella banda più stretta del ±2,5% nel 1990, rientro nello SME nel 1996, ingresso definitivo nell’euro nel 2002) la produttività si è appiattita, non perché i lavoratori italiani sono diventati più pigri e svogliati ma perché a causa di un cambio sfavorevole sono diminuite le esportazioni e quindi si produceva e si lavorava meno. Situazione opposta invece si verificava quando l’Italia ha potuto svalutare, come accade nel 1992 con la svalutazione del 20%, perché sono aumentate le esportazioni e quindi si è assistito ad un improvviso incremento della produttività.


Ragionare solo dal punto di vista dell’offerta, facendo lavorare di più gli operai e aumentando la produzione, non porta da nessuna parte, se allo stesso tempo non si crea anche una corrispondente domanda e degli sbocchi di vendita di questi surplus di prodotti. Come abbiamo potuto sperimentare in molti casi, è la domanda che trascina l’offerta e non viceversa, perché avere molti prodotti accatastati in un magazzino non significa automaticamente che esisterà qualcuno disposto a comprarli. Ragionamento peraltro valido e applicabile anche in campo monetario, dove è sempre la domanda a spingere l’offerta di moneta da parte della banca centrale. Ancora una volta, qui si tratta di pura logica e non di economia in senso stretto.


Siccome uno dei fattori che stimola di più la domanda, oltre alla qualità e alla manifattura, è soprattutto il prezzo dei prodotti, i paesi come l’Italia che non possono più agire sul fattore prezzo perché ingabbiati in un sistema di cambio rigido di tipo gold standard, che rende impossibile non solo qualsiasi iniziativa volontaria di svalutazione competitiva della moneta ma anche i normali automatismi di adeguamento del tasso di cambio (quando un paese esporta di più apprezza la sua moneta ed esporterà di meno l’anno successivo, secondo un semplicissimo meccanismo di domanda e offerta della moneta), sono costretti a vedere tragicamente restringere i margini di manovra a pure politiche di contrazione dei salari, dei costi fissi di impianto e dei costi generali di produzione, penalizzando tutto ciò che ne consegue (innovazione, ricerca e sviluppo).


Ma in ogni caso la pura logica mercantilista cinese e tedesca ha parecchi limiti, perchè tende a privilegiare le esportazioni a danno dei consumi interni (cosa volete che consumeranno dei lavoratori ridotti alla fame?) ed è stata già bocciata a suo tempo dal padre dell’economia moderna Adam Smith. Questo altro “economista non allineato” evidenziava in maniera abbastanza intuibile e immediata che non tutti i paesi possono essere degli esportatori netti e quindi bisogna trovare sbocchi alla propria produzione anche e soprattutto stimolando la domanda interna. E come riportato in questo interessante articolo del giornale on line Linkiesta, Adam Smith, al contrario di quello che pensano i sostenitori del mercato libero e deregolamentato, riteneva che in alcuni casi doveva essere lo Stato ad intervenire per risanare alcune falle e anomalie della libera circolazione delle merci e dell’organizzazione del lavoro. Avvicinandosi così più alle posizioni di Keynes che a quelle di Friedman.


Ma il regime imperante attuale (giornali e televisioni soprattutto) crede purtroppo che dei tecnocrati invasati e degli pseudo-economisti, teorizzatori di un neoliberismo retrogrado che ha perso su tutta la linea, del calibro di Mario Monti, Mario Draghi, Manuel Barroso, ma anche Francesco Giavazzi e Alberto Alesina siano superiori per acume e capacità di analisi agli stessi fondatori dell’economia moderna, come Adam Smith e John Maynard Keynes, e a questo punto, rebus sic stantibus,  possiamo tristemente dedurre che ad ogni uomo o civiltà spetta l’economista che si merita.



Nel prossimo articolo indagheremo meglio sulla teoria delle aree valutarie ottimali, espressa da un altro economista di poco conto come Robert Mundell, premio Nobel per l’economia nel 1999, che pensate già nel 1961 aveva dimostrato che una moneta unica in Europa non poteva funzionare per una svariata serie di ragioni. Ma a noi cosa importa, noi abbiamo Mario Monti, che pur non avendo mai vinto nulla (men che meno citazioni nelle pubblicazioni specializzate) e avendo invece in più occasioni palesato la sua incompetenza e incapacità di previsione economica (ricordiamo ancora il memorabile video in cui sostiene che l’euro sia stato un bene soprattutto per la Grecia), ci traghetterà dritto nel cuore della Tempesta Perfetta. Si salvi chi può.   




15 commenti:

  1. Dall'alto della mia nuova posizione, ti posso chiedere di leggerti questo articolo del SOLE? E' L'ITALIA LA SCATTISTA DEL COMMERCIO GLOBALE
    Qui si vede che nel 2011, prima della cura miracolosa, abbiamo battuto tutti, compresa Germania e Giappone, nell'export. A gennaio invece inversione di tendenza. Vorrei sapere che ne pensi. Soprattutto mi chiedo come mai i nostri successi in tutto il mondo non compensino i problemi con la Germania. A piu'alti tardi

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  2. Ho visto anche i dati delle importazioni e ahime' tutto si spiega!

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    1. Brava Cristina!!! Ormai sei talmente preparata che riesci a farti le domande e a rispondere da sola...l'articolo del sole24 è volutamente ingannevole perchè parla di tasso di crescita delle esportazioni e non di volumi complessivi di esportazioni: ciò significa per esempio che l'Italia ha aumentato le esportazioni da 300 a 350, mentre Germania e Giappone sono passati soltanto(!!!) da 3000 a 3100 e da 2500 a 2565 (sono numeri a caso per fare capire che quando si ragiona con i tassi di crescita tutto diventa relativo a ciò che tu riesci a fare in termini assoluti...)
      Se poi, come giustamente hai fatto notare tu, prendiamo in considerazioni anche le importazioni vediamo che le importazioni sono costantemente superiori alle esportazioni, ecco spiegato il motivo per cui l'Italia è un importatore netto (saldo negativo fra esportazioni e importazioni) e non un esportatore netto...però questo articolo che hai portato all'attenzione è molto utile per capire come lavora e come distorce le notizie l'informazione mainstream di regime...titolone di prima pagina: l'Italia batte Germania e Giappone nell'export...poi vai a leggere e ti accorgi che è soltanto una bufala...ma noi ormai ci siamo attrezzati a dovere!!!

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  3. Ho avuto dei bravi maestri.....promossa in primina! Dici che l'articolo e' falso e tendenzioso, ma a beneficio di chi secondo te? Dei semidei no, perche' erano ancora di la' da venire....e allora ...Berlu,sembra strano, ormai. Fammi sapere

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    1. Sole 24 ore= Confindustria...quindi è chiaro che ogni tanto i giornalisti del sole 24 siano costretti a fare qualche spot propagandistico ai loro datori di lavoro...nulla di male in questo, ma almeno che spiegassero realmente come stanno le cose...e non dimentichiamo che il Berlu non è mica morto, è sempre lì in prima fila sia in Confindustria che al parlamento, perchè tutto sommato quello che sta facendo Monti adesso era quello che avrebbe voluto fare lui da tempo ma non era mai riuscito a fare...se passa la riforma del lavoro, l'esperienza politica del PD e della sinistra progressista italiana già imbarazzante si può ritenere davvero conclusa...e inizia una fase nuova, partiti nuovi, facce nuove, una nuova sinistra che venga dal basso...se tu ci stai, apriamo un partito domani!!!

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    2. sai che secondo me è un po' piu' intricata...nel senso che quello che avrebbe voluto fare il berlu -per me- non è quello che voleva fare ma piuttosto quello che i 'poteri' reali
      (bce ,lobby finanziaria multi trans europea fmi ecc ecc ) gli avevano imposto di fare...
      e questo nel disegno della crisi-deflazione dell'italia prevista e prevedibile e che avrebbe provocato delle ripercussioni permanente (come ci dice mmonti) quindi impoverimento
      provatizzazioni proletarizzazione di tutte le classi a parte le elite e conseguente utile allentamento dei diritti dei lavoratori...a dimenticavo liberalizzazioni per diminuire un po' la disoccupazione e impoverire -in sostanza- alcune categorie
      Sono abbastanza convinto che tremonti-berlu non fossero driver di questo progetto ma per motivi diversi non ne fossero cosi' entusiasti , non fosse che la loro base elettorale ne sarebbe stata danneggiata troppo...comunque un piccolo merito di aver frenato sulle privatizzazioni al tremonti glielo riconosco...

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    3. per rispondere alla contessa : secondo me la risposta al tuo cui prodest la disinformazione
      è molto semplice : l'establishment (sia confindustria che grande finanza italiana) sta' appoggiando il progetto di questo governo e quindi deve nascondere il fatto che l'italia
      va' e andra' male e gli italiani soffriranno per le misure prese da governo ...
      insommma non possono scrivere che da quando c'è monti le cose sono ulteriormente peggiorate
      ulteriormente...insomma gli italini devono essero sempre piu' rassicurati visto camminano tranquilli verso il baratro...diversamente chi sarebbe felice di fare i necessari sacrifici per salvare l'europa ^ ?

      ps: ricordiamoci che mmonti ha un grandissimo gradimento anche a ^sinistra^ ...ho visto
      in certi forum utenti di sinistra che si erano messi l'avatar con mmonti fino a pochi giorni fa...

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    4. Questo lo capisco benissimo, il punto e' che i dati sbandierati sono quelli dell'anno scorso e quindi non avvalorano dI certo l progetto Monti. Di qui la mia perplessita'.Anche i dati di gennaio non sono favorevoli al governo. la cosa percio' funziona solo con il titolone!

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    5. L'analisi di Robert è corretta, stanno cercando in tutti i modi di far credere agli italiani con il grande professore Monti, economista di fama mondiale (???), tutti i problemi saranno risolti...però è anche vero che fino a qualche tempo fa neanche il Berlu dava tanto fastidio al vero potere, in fondo si faceva i fatti suoi e ogni tanto infilava una leggina di espropriazione dei diritti o almeno ci tentava...ricordiamoci che se non ci fosse stato il referendum, Berlu e Tremonti avrebbero fatto passare una legge sulla privatizzazione dell'acqua davvero indegna ed è proprio lì che si è rotto l'incantesimo...ma come, dice il vero potere, con tutte le televisioni che hai, i giornali non sei riuscito a vincere il referendum??? Ma allora caro Berlu non ci servi più perchè non sei più capace di instupidire e spegnere questa fastidiosa voglia di democrazia degli italiani...infatti poco dopo il referendum inizia la corsa dello spread sui titoli di stato e iniziano le grandi manovre montiane, che già sapeva dall'estate scorsa che avrebbe dovuto sostituire Berlusconi in autunno...sul fatto che la sinistra (la pseudo sinistra di bersani, veltroni, d'alema) appoggi monti stendiamo un velo pietoso...finalmente gli italiani spero avranno la possibilità di rendersi conto che razza di personaggi assurdi siano questi politicanti fasulli e ipocriti fino al midollo...

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    6. @contessa : per semplificare secondo me quel tipo di articoli hanno la stessa funzione della panna nei piatti dei ristoranti quando gli ingredienti non sono cosi' freschi e magari sono proprio vecchi e scaduti...coprono il vero sapore...quindi gli articolisti 'cucinano' i dati per farti sentire solo il 'sapore' che interessa a loro---
      propobabilmente poi il 100%dei lettori leggi il titolo mentre solo un minoranza è in grado
      o ha la voglia/forza di leggere e interpretare i dati dell'articolo...

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  4. Ottimo, seguo da poco questo blog e non sembra scritto da un "ingegnere gestionale": chiaro, semplice, comprensibile facilmente :). Sono un giornalista e per questo devo davvero dirti bravo, ce ne fossero così

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    1. diffondi il verbo allora per quanto ti è possibile!
      in effetti piero valerio è bravissimo ^__^

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    2. Benvenuto fra noi Pier Paolo...in effetti sono un ingegnere pentito, perchè ho più volte rinnegato la mia stessa categoria...troppo ripiegati su stessi, sul presente, incapaci di avere una visione...comunque grazie per i complimenti, fatti da un giornalista valgono il doppio e qualunque consiglio, suggerimento è sempre bene accetto...e poi come dice Robert cerchiamo di diffondere il verbo, ognuno di noi deve farsi messia e portatore sano di intelligenza!!! Cerchiamo di fare ragionare questi italiani, che ancora non capiscono che i problemi da cui sono attanagliati non riguardano tanto l'economia, la politica, la finanza, la tecnica, ma la logica, la pura e semplicissima logica!!!

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  5. ho divulgato qualche post tramite Facebook ma leggo molto anche qui per capire meglio molti passaggi. Da tre mesi sul mio giornale ho aperto un blog personale dove tratto spetto questi temi (io invece sono un laureato in economia prestato al giornalismo). Qui trovi alcuni articoli http://www.rivieraoggi.it/tag/titoli-di-coda-2/, ma ad esempio qui trovi l'articolo scritto ieri proprio in riferimento al problema del giornalismo nazionale e invece alla bellezza di questi blog molto curati e precisi http://www.rivieraoggi.it/2012/03/23/140156/a-sandra-amurri-giornalista-de-il-fatto-quotidiano/. Continua così, bravo!

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    1. Ho letto gli articoli e ricambio i complimenti, perchè scrivi davvero benissimo! In quanto a chiarezza e lucidità di esposizione anche tu non scherzi...complimenti davvero!!! In particolare l'articolo sul Fatto Quotidiano ha centrato in pieno la questione, perchè fissando l'attenzione sui fatti di inchieste giudiziarie nazionali, spesso i giornalisti del Fatto, per quanto bravissimi, preparati e professionali, perdono di vista che intanto a Bruxelles e Francoforte i veri criminali stanno espropriando l'Italia di ogni diritto ... dovrebbero ampliare un pò di più la loro visuale di osservazione...teniamoci in contatto!!! Saluti. Piero

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