Oggi
facciamo un po’ di dietrologia come
si deve, con dati e riferimenti precisi che potrebbero aiutarci a capire cosa
si sta muovendo dietro le quinte di questa opera buffa chiamata eurozona. Non credo alle teorie del complotto, ovvero alle storie che narrano di incontri
segreti in cui quattro o cinque personaggi oscuri e potentissimi decidono a
tavolino i destini del mondo. Per il semplice fatto che ormai tutto avviene
alla luce del sole (soltanto chi non vuole capire non capisce) e gli interessi
dei vari potentati, lobbies, gruppi di potere, multinazionali
sono talmente variegati e complessi che è davvero difficile riuscire a
conciliarli tutti in un unico progetto egemonico. I delfini dei Rothschild
o dei Rockefeller non sembrano
dotati di un'intelligenza così sopraffina da essere in grado di coordinare disegni e
programmi che vadano oltre l’organizzazione già di per se intrigatissima dei
loro affari di famiglia. E lasciando per un attimo in disparte miti e leggende della rete, è appunto questo il motore che muove tutti i
burattini che si agitano davanti e dietro il sipario: gli affari. I soldi. E il
modo per fare ancora più affari e soldi.
Queste
persone di cui sentiamo spesso parlare con toni quasi luciferini o apocalittici
sono troppo arroccate a difendere i loro immensi patrimoni per avere il tempo
di mettersi a studiare piani di nuovi ordini mondiali, che abbiano finalità diverse da quelle
menzionate sopra: soldi, affari, accumulazioni di ricchezze. Tutte quelle conferenze a porte chiuse
del Gruppo Bilderberg o della Commissione Trilaterale non sono altro
che riunioni riservate per uomini d’affari e per professionisti, giornalisti,
politici che possono agevolare il compito di chi è ossessionato dai soldi e ha
questo unico scopo nella vita. Pensare che in questi convegni si possa parlare
di altro, fuori dai soliti temi dell’economia, della finanza, delle strategie comunicative e delle
prospettive future di guadagno, è a mio modo di vedere fuorviante. Con tutta la
fantasia possibile, i membri italiani di volta in volta invitati a partecipare
a queste conferenze come Romano Prodi,
Mario Monti, Carlo Azeglio Ciampi, Emma Bonino o più recentemente la giornalista
Lilli Gruber non possono essere a
conoscenza di disegni di oppressione o sterminio dell’umanità, ma al massimo
vengono istruiti sui modi in cui deve comportarsi un politico o un giornalista provetto per imprimere a fuoco sulla massa il messaggio
propagandistico che più affari portano più benessere per tutti e la
crescita economica corrisponde al progresso della civiltà. Basta sentirli
parlare fra una battuta e l'altra, un dibattito e l'altro, per capire che in fondo questi personaggi facilmente manipolabili con promesse di successo e di carriera appoggiano tutti ciecamente e senza riserve la medesima linea di pensiero.
Stesso
discorso vale per i grandi magnati della
finanza o per i managers
milionari dei colossali gruppi bancari come Goldman Sachs, Morgan
Stanley o JP Morgan: recenti
studi scientifici basati su test molto affidabili hanno dimostrato che questi
dirigenti, a cui spesso si attribuiscono intelligenza, sagacia e furbizia al di
sopra della media, sono affetti da vari disturbi
mentali e in pratica hanno lo stesso grado di destrezza di una scimmia isterica che tira
insistentemente in aria una monetina, scommettendo sul risultato. Ora credere
che un ristretto conclave di scimpanzé
psicopatici possa organizzare riunioni segrete per decidere le strategie
più diaboliche per governare e dominare il mondo è un po’ come credere agli
esorcismi: i presunti guaritori dal male assoluto non sono meno malati dei loro
pazienti posseduti. Al massimo l’abilità di chi lavora in finanza è quella di
crearsi una rete di rapporti, di amicizie, di informatori capaci di fargli vincere con poca fatica le loro
scommesse ed è questo in verità che fa la differenza fra un normale consulente
e un top manager. Altre tracce di intelligenza pura o addirittura di genio sono
davvero difficili da ritrovare.
La
vera colpa di chi ha invece qualche neurone da spendere per capire, comprendere
e veicolare le scelte che contano è quello di avere delegato ai rampolli rammolliti di antiche dinastie
o agli scimpanzé schizofrenici della
finanza (quelli che vengono sbrigativamente definiti come “i
mercati”) la conduzione degli affari più importanti e delle economie di
intere nazioni, da cui dipende il destino di tutti noi. La soluzione quindi più
semplice sarebbe quella di togliere a questi uomini poco dotati la capacità di influenzare la politica e cercare per quanto possibile di
limitare i danni, relegandoli nelle loro ville e nei loro uffici a svolgere
mansioni più adatte alle loro competenze. Insomma le scimmie continuino pure a
giocare con le loro monetine, ma si tengano alla larga dai palazzi
istituzionali e dai ministeri e soprattutto facciano scommesse su eventi o
andamenti di indici che non siano in qualche modo collegabili direttamente o
indirettamente alla vita della maggioranza di persone di questo pianeta. Perché
lasciandoli fare, così come abbiamo fatto negli ultimi trenta anni, non
possiamo poi stupirci che il mondo sia in preda
al panico e al caos generalizzato.
Cosa volevate aspettarvi da scimmie perlopiù malate? Che all’improvviso
venissero illuminate dalla fiamma del genio o dalla luce della santità? Più che
starli a seguire o ascoltare come eminenti personaggi che sanno il fatto loro,
bisognerebbe indirizzarli da bravi
specialisti e aiutarli a guarire dalla loro malattia e dipendenza dal
denaro, perché in fin dei conti faremmo sia il nostro che il loro bene.
Ma
torniamo a noi, alle vicende di casa nostra e del nostro teatrino. Siamo a Bruxelles, capitale burocratica,
politica ed economica dell’Unione Europea, dove circolano ogni giorno centinaia
se non migliaia di studi, ricerche, documenti per dimostrare cosa bisognerebbe
fare per rilanciare l'economia comunitaria e far ripartire il carrozzone sgangherato dell’unione monetaria più sbagliata del mondo. Secondo i dati della stessa commissione europea, a
Bruxelles hanno sede circa 5600 lobbies,
comitati d’affari, associazioni di categoria, gruppi di interesse e
lavorano stabilmente più di 15000
lobbisti professionisti. Queste persone non stanno tutto il giorno con le
mani in mano, ma girano ininterrottamente da un ufficio all’altro, da una commissione
a quella successiva, per fare pressione sui burocrati e colleghi europei (ad
esclusione dei parlamentari che hanno scarsa voce in capitolo, i funzionari e tecnocrati europei non sono mai stati eletti democraticamente alla loro carica e provengono quasi tutti dal mondo delle
grandi corporazioni e potentati economici) e portare all’attenzione dei legislatori le rivendicazioni di loro
pertinenza.
Chi
lavora per le multinazionali farmaceutiche cercherà di far passare una
direttiva sull’uso di una certa medicina o cura, chi lavora per le società
energetiche porterà ai commissari dei programmi ben definiti per una migliore
distribuzione e ristrutturazione del settore, chi lavora per le società
finanziarie o le banche indicherà ai funzionari europei quali sono le migliori
strade da percorrere per uscire dalla crisi. Quando si parla di Unione Europea, bisogna quindi avere sempre la
capacità di trascendere dai concetti fumosi o ideali astratti con cui hanno
rimbecillito diverse generazioni di inermi cittadini e guardare a questa
istituzione per quello che è ed è sempre stata: un enorme, immenso, brulicante comitato d’affari, dove all’ordine
del giorno non si discute di diritti, benessere collettivo, sviluppo
sostenibile o altre balle varie, ma di soldi, affari, profitti, interessi di
questa o quella categoria.
Sia
chiaro che questa struttura istituzionale non è casuale, ma discende da una
arcinota teoria economica neoliberista,
neoclassica, neomercantilista secondo cui lavorare per rendere più
efficienti e produttivi i mercati significa indirettamente fare il bene dei
singoli cittadini e lavoratori, che potranno accumulare redditi sufficienti per
rinforzare e rinvigorire con i loro consumi i profitti dei mercati stessi. In
pratica i mercati e i lavoratori devono sostenersi a vicenda in modo spontaneo
e naturale, come se vivessero in apparente simbiosi, relegando in un angolo la politica, l’etica, il diritto, la
collegialità (quello che noi comunemente chiamiamo Stato Democratico) e
limitando tutti quegli interventi che possono danneggiare il libero commercio
sulla base di premesse esterne al purismo economico.
Capite bene però che una tale
impostazione di massima può funzionare senza traumi in un periodo di grande espansione
generale o parziale di un singolo settore, mentre si inceppa non appena accade
una crisi globale come quella attuale che coinvolge indistintamente tutti i
settori e tutte le categorie. Un evento remoto, non contemplato dalla cultura
del mercato, che in breve tempo ha messo in subbuglio tutti i piani, i programmi, i
progetti, i centri studi. I lobbisti hanno triplicato le loro energie nella
corsa forsennata da un ufficio all’altro, i funzionari colti da ansia e frenesia
organizzano un vertice europeo dopo l’altro perchè temono un ritorno in grande stile
della politica, le scimmie scommettono senza sosta ora sull’uno ora sull’altro
esito della crisi per fare qualche profitto speculativo a breve termine, aggravando la situazione e aumentando quel senso di incertezza, instabilità e sfiducia
che ormai aleggia sull’intera Unione Europea da quasi quattro anni.
Ora,
fra le tante ricerche, analisi, soluzioni, consigli accorati, panacee al male
incurabile europeo che girano da parecchi mesi fra le scrivanie di Bruxelles,
merita una certa attenzione lo studio elaborato dagli esperti finanziari ed economici del colosso bancario tedesco Deutsche
Bank, dove in estrema sintesi viene mostrato come la privatizzazione e la svendita
del patrimonio pubblico dei singoli stati nazionali potrebbe essere una
buona strada, se non l’unica, per abbattere il debito e far ripartire la
crescita e la fiducia nei mercati. Riporto di seguito l’intero articolo scritto
da Salvatore Cannavò e pubblicato su Il Fatto Quotidiano, dove viene brevemente
descritto il documento degli analisti della Deutsche Bank, da cui partiremo per
fare alcune considerazioni di carattere generale.
"Un piano di dismissione gigantesco,
proporzionale a quello che coinvolse la ex Germania dell’Est dopo la
riunificazione del 1990. E’ questa la richiesta che la Deutsche Bank ha
fatto all’Europa, e in particolare al governo tedesco, in un suo rapporto di
qualche mese fa e che solo ora abbiamo potuto leggere. Il documento è del 20 ottobre
2011 e si intitola “Guadagni, concorrenza, crescita” ed è firmato da Dieter
Bräuninger, economista della banca tedesca dal 1987 e attualmente Senior
Economist al dipartimento Deutsche Bank Research.
Un testo importante perché aiuta a capire meglio cosa
sono “i mercati finanziari”, chi è che ogni giorno boccia o promuove
determinate politiche di questo o quel governo. La richiesta che è
rivolta direttamente alla cosiddetta Troika, Commissione europea, Bce e Fmi è
quella della privatizzazione massiccia e profonda del sistema di
welfare sociale e di servizi pubblici per un valore di centinaia di
miliardi di euro per i seguenti paesi: Francia, Italia, Spagna, Grecia,
Portogallo e Irlanda. Il rapporto stretto con gli “attacchi” dei mercati internazionali
si vede a occhio nudo.
Gli autori del rapporto hanno come modello di
riferimento per questo piano di privatizzazione il vecchio Treuhandanstalt
tedesco (l’Istituto di Gestione fiduciaria che, tra il 1990 e il 1994 garantì
la dismissione di cira 8000 aziende dell’ex Ddr soprattutto a vantaggio delle
imprese dell’Ovest). Stiamo parlando di un valore patrimoniale di 600 miliardi
di marchi tedeschi del 1990 secondo le stime ufficiali, circa 307 miliardi di
euro attuali. Nonostante quell’agenzia abbia terminato il suo lavoro con una
perdita di 256 miliardi di marchi, lo schema viene riproposto nel documento
Deutsche Bank – e a giudicare dalle intenzioni, anche dai progetti governativi:
“La situazione difficile sui mercati finanziari non è un ostacolo –
scrive il rapporto. Una modalità consisterebbe nel trasferire gli attivi a
un’agenzia incaricata esplicitamente di privatizzazione. Questa potrebbe in
seguito, a seconda della congiuntura dei mercati, scaglionare la vendita nel
tempo”. Si mette tutto in un fondo comune, dunque, senza fare di questa o
quella privatizzazione l’emblema del progetto, in modo da non sapere più cosa e
quando viene venduto, aggirando eventuali opposizioni.
Il capitolo che riguarda l’Italia è molto
dettagliato, al pari di quelli degli altri stati. Dopo aver fatto una breve
disamina della situazione pregressa – dall’Iri alle privatizzazioni di Telecom
e delle altre grandi aziende - il documento ammette che “lo stato nel suo
complesso nel corso dell’ultimo decennio si è ritirato in modo significativo”
da diversi settori. Però esistono ancora “potenziali entrate derivanti dalla
vendita di partecipazioni in grandi aziende”. Almeno 70-80 miliardi.
Ma “particolare attenzione meritano gli edifici pubblici, terreni e
fabbricati. Il loro valore è stimato dalla Cassa Depositi e Prestiti
per un totale di 421 miliardi”. E, si aggiunge, “la loro vendita
potrebbe essere effettuata relativamente con poco sforzo”.
“Secondo i dati ufficiali, è di proprietà dello
Stato (comprese le regioni, i comuni) un patrimonio complessivo di 571
miliardi, ossia quasi il 37% del Pil”. Quindi, non si tratta di vendere
solo qualche quota di Eni o Enel ma interi pezzi del patrimonio pubblico
“in particolare l’approvvigionamento di acqua”, misura che appare “utile”
soprattutto per via delle “enormi perdite, fino al 30%, dell’acqua
distribuita”.
In effetti il testo dedica molto spazio ai servizi
pubblici, non solo l’acqua pubblica: “A differenza delle telecomunicazioni,
certe parti del settore energetico e dei trasporti (innanzitutto ferroviari)
sono ancora suscettibili di privatizzazioni radicali e di una deregolamentazione,
da condurre nell’insieme dell’Europa”. E nel testo non c’è alcun imbarazzo
a scrivere che “in principio, la privatizzazione di servizi pubblici di
interesse generale presenta dei vantaggi, come ad esempio l’approvvigionamento
d’acqua, la gestione delle fognature, l’assistenza sanitaria e le attività non
statali dell’amministrazione pubblica”.
Oltre all’Italia, come detto, il rapporto si occupa di
altri paesi. La Francia, ad esempio dovrebbe avere circa 88 miliardi di
euro di beni capitalizzabili sul mercato, il 4,6% del Pil ma, spiega la
Deutsche Bank, “l’intervento statale nell’economia va oltre queste cifre”.
Ci sono le infrastrutture, le centrali idroelettriche a partire dall’Edf che è
di proprietà statale e ampi spazi del settore bancario. Per quanto riguarda la Spagna,
l’accento è posto sulla vendita di aeroporti, sui servizi di navigazione, i
cantieri navali, le Poste, le ferrovie. Infine, per quanto riguarda la Grecia,
si ricorda che gli impegni presi dal paese nei confronti della Troika
riguardano il 22% del Pil, circa 50 miliardi di euro di privatizzazioni. Ma, si
sottolinea, “lo Stato controlla il 70% del Paese”, quindi c’è ancora
molto da fare."
Come vedete i faccendieri, gli affaristi e le scimmie
che gravitano intorno ai palazzi istituzionali di Bruxelles hanno le idee molto
chiare sulle soluzioni per risolvere la crisi: se uno stato è indebitato, non
mi interessa tanto il modo lecito o illecito con cui si è formato quel debito,
ma che venga rimborsato subito, in fretta, hic et
nunc, senza stare a tergiversare troppo sui dettagli. Ma la cosa più
curiosa è l’insistenza per quanto riguarda l’Italia sulla necessità di
privatizzare il settore di
approvvigionamento pubblico dell’acqua, nonostante tutti, esperti e non, sappiano
che il popolo italiano abbia già espresso la sua volontà sovrana di mantenere
pubblico il servizio idrico con la vittoria nel referendum
plebiscitario del 12 e 13 giugno del 2011. La mancata citazione del
risultato referendario dimostra ancora una volta, qualora fosse necessario,
quale scarsa considerazione abbiano
i faccendieri, e in particolare i banchieri, per le scelte collegiali e
democratiche che vengono prese dal basso, dalla cittadinanza: praticamente zero. Non
contano, sono inutili, devono servire soltanto a dare l’illusione al popolo di vivere ancora in uno stato democratico, ma
a livello sostanziale non valgono nulla, perché i cittadini sono ingenui, non
sanno come funzionano gli affari e non capiscono che solo gli addetti ai lavori, gli economisti, gli analisti finanziari conoscono a menadito quali azioni intraprendere nell’interesse individuale e
collettivo. E infatti, vediamo ogni giorno con i nostri occhi i risultati di
queste loro straordinarie capacità organizzative, dirigenziali e strategiche: un fallimento completo, globale, epocale
su tutti i fronti.
Ma perché
gli affaristi e i banchieri sono così interessati all’acqua? E’ chiaro
che in un periodo di crisi generalizzata, in cui cala il valore sia dei beni finanziari che dei beni reali, avere un settore
a rendimento sicuro su cui dirottare gli investimenti sarebbe una manna dal
cielo per tutti i faccendieri di cui sopra. Essendo un bene e un bisogno primario, il consumo dell’acqua non potrà
contrarsi drasticamente né ora né mai, né in tempo di crisi che di abbondanza.
L’acqua rappresenta in pratica un vero e proprio bene rifugio per tutti quelli, banche comprese, che negli ultimi
anni hanno dovuto contabilizzare perdite su perdite e vedere scemare i
profitti: sulla gestione dell’acqua italiana si butterebbero a capofitto gli
affaristi di tutta Europa e di tutti i settori, che sono gli stessi che poi
mandano a Bruxelles i propri avamposti per mettere pressione sui commissari e
funzionari europei.
Da notare fra l’altro che secondo l'economista al
soldo della banca tedesca questo interessamento
quasi ossessivo nei confronti dell’acqua pubblica non è legato ai profitti certi che
se ne possono ricavare, ma ad una ragione quasi filantropica di miglioramento
del servizio pubblico italiano che è in effetti un colabrodo e perde acqua da tutte le
parti (in senso letterale e non metaforico). L’idea però di concedere allo
stato italiano i sacrosanti finanziamenti
fuori bilancio e privi di debito, tramite l’intervento di creazione dal nulla di denaro da parte
della BCE, per migliorare e mantenere le infrastrutture del servizio idrico
nazionale non è venuta mai a nessuno. Per carità, gli interventi statali spiazzano gli investimenti privati e il mercato
a quello deve tendere, alla massimizzazione dei profitti dei privati, tutto il
resto non interessa. La tutela dei
diritti fondamentali e del benessere dei cittadini è qualcosa di antico,
nostalgico, ottocentesco, una variabile che non rientra né nelle
rendicontazioni né nelle accurate analisi degli studiosi di turno, perché se lo
stato di protezione sociale (acqua, sanità, ambiente, istruzione, trasporti) non
viene gestito a monte da un ente privato rischia di fornire profitto soltanto a
chi usufruisce del servizio e non a chi lo eroga: uno smacco inaccettabile per i
faccendieri.
E qui in Italia i nostri esperti di economia al servizio della politica avevano lavorato bene ai fianchi
sia gli interlocutori di centrodestra
che di centrosinistra, mettendo a punto già nel 2006 un decreto legge (articolo 154) e poi nel 2008 delle disposizioni urgenti in materia di sviluppo economico
sia per privatizzare che per assicurare “l’adeguatezza
della remunerazione del capitale investito” nel settore dell’acqua, così
come più volte sollecitato da Bruxelles dalla stessa commissione europea. Ormai
sappiamo bene che i nostri politici di governo, di qualunque partito o ideologia,
lavorano alacremente per distruggere dalle fondamenta il nostro paese da almeno trenta anni e la svendita dell’acqua pubblica sarebbe stato solo l’ultimo passaggio di un lungo processo.
Per la cronaca il ministro per l’economia Tremonti
aveva stabilito in accordo con l’opposizione che il rendimento garantito per chi avesse avuto una quota di
partecipazione nelle società private di gestione dell’acqua doveva essere all'incirca del 7%: niente male, in un periodo di
crisi, trovare un’attività a rischio
nullo con un fattore fisso di remunerazione così alto.
Tutte le grandi imprese europee, comprese le banche
come la Deutsche Bank, già
sgomitavano per entrare in questo affare. Ovviamente nessuno dei fanatici devoti del libero mercato è
stato turbato da questa evidente stortura del canone dottrinale, dato che il prezzo di erogazione di un servizio
dovrebbe essere commisurato in base alla normale fluttuazione della domanda e
dell’offerta e da questo equilibrio dovrebbe dipendere il profitto ricavabile. Cosa
volete, quando si tratta di arraffare
soldi a man bassa nessuno si cura più di queste sottigliezze accademiche:
il libero mercato va benissimo finché intralcia gli interessi pubblici e non
ostacola quelli privati, in caso contrario la deroga è d’obbligo, perché la
verità non si trova mai nei libri di economia classica o nelle aule
universitarie ma nei portafogli e nei conti in banca di chi ha dedicato tutta
la sua vita alla predazione, allo sfruttamento, alla creazione di monopoli e posizioni dominanti e alla speculazione fine a se stessa.
Tuttavia, come già sappiamo, il meccanismo si inceppa in modo inopportuno e poco preventivabile ad aprile del 2011, quando grazie ai movimenti
spontanei dei cittadini, supportati sia dentro che fuori il parlamento dal
partito di Antonio Di Pietro l’Italia
dei Valori, viene raggiunto il numero legale di firme per indire due referendum abrogativi (tre con quello sul nucleare) e
interrompere il percorso parlamentare di approvazione dei decreti attuativi.
Ricordiamo che fino a quel momento l’Italia si era tenuta ben lontana dalla crisi finanziaria che aveva coinvolto i
paesi della periferia come Irlanda, Portogallo, Grecia ed i suoi titoli di stato erano ancora molto quotati viaggiando tranquilli con uno spread fra i 50-100 punti base di
differenza rispetto ai solidissimi bund tedeschi. Come ripeteva spesso il
ministro Tremonti l’Italia aveva i conti
in ordine perché rispetto agli altri spendaccioni paesi europei riusciva a
raggiungere con facilità un avanzo
primario di bilancio (vedi grafico sotto) e il suo enorme debito pubblico
da €2000 miliardi era ampiamente solvibile:
nessun investitore sano di mente poteva pensare che fra patrimonio pubblico e
risparmi privati l’Italia non riuscisse a garantire questa cifra.
Eppure, qualche giorno dopo la vittoria referendaria
dei cittadini italiani contro i politici canaglia e i faccendieri ingordi,
comincia puntuale e inesorabile l’attacco
ai titoli di stato italiani, come se improvvisamente gli investitori
internazionali avessero cambiato idea sull’Italia e si fossero accorti della
fragilità del tessuto produttivo ed economico italiano (guardare grafico sotto
con lo spread che comincia gradualmente a salire da aprile e poi si impenna a partire da luglio 2011). In realtà sono
soprattutto le banche tedesche a
mettersi di traverso e a vendere all’ingrosso grandi quantità di titoli
italiani e indovinate qual è stata la banca a smobilitare per prima? La Deutsche Bank. In una maniera o nell’altra
i conti tornano sempre, perché quando un enorme colosso bancario come la
Deutsche Bank inaugura una politica
ribassista così spinta su un particolare titolo, è quasi scontato che tutti
gli altri investitori piccoli, medi e grandi la seguano a ruota per evitare di
rimanere gli ultimi con il cerino in mano. In gergo questo fenomeno spontaneo
di mobilitazione teleguidata delle mandrie di operatori finanziari si chiama il
parco
buoi, come dire che le scimmie isteriche se vengono fissate bene negli
occhi mostrano spesso un insospettabile sguardo bovino.
Come vedete, queste non sono teorie del complotto, ma semplici
deduzioni ed evidenze di fatto, per capire meglio come ragionano questi
famosi mercati di cui sentiamo tanto parlare, che facendo scommesse e
indirizzando gli investimenti, impattano poi sulla vita di tutti noi. Gli scimpanzé tedeschi, che già avevano
dovuto subire grosse perdite con il deprezzamento dei titoli greci, portoghesi,
irlandesi, non hanno digerito l’affronto
del popolo italiano, che abrogando i decreti sulla privatizzazione dell’acqua
ha tolto loro un’ottima fonte di guadagno a buon mercato, e sospinti dal livido
rancore hanno pilotato la rivolta di tutte le altre scimmie disseminate nel
pianeta all’interno delle società finanziarie, banche d’affari, fondi pensione,
fondi sovrani. Come abbiamo tristemente appurato in questi ultimi mesi in Italia, lo spauracchio dello spread è un’arma di ritorsione incredibile che è stata sciaguratamente messa
nelle mani delle società finanziarie e non finanziarie per piegare le decisioni
sovrane degli stati dell’eurozona e la nostra colpa è stata purtroppo quella di lasciare
che i politici europeisti di ogni epoca e di ogni partito armassero indisturbati tali eserciti contro noi stessi, togliendo qualunque forma di sovranità monetaria allo stato e diventando tragicamente succubi dei mercati.
A quel punto, dopo la tempesta finanziaria estiva, il governo Berlusconi era già spacciato,
perché il cavaliere aveva dimostrato agli occhi del mondo e soprattutto dei colleghi faccendieri di non avere più la
capacità indispensabile per un politico tycoon come lui di orientare
l’opinione pubblica italiana e di manipolare l’informazione di massa. Berlusconi, che è stato da sempre un personaggio innocuo che non dava fastidio a nessuno e fra un decreto ad personam e l'altro riusciva spesso ad infilare qualche leggina ad hoc per affaristi e palazzinari, non serviva più alla causa e poteva essere gettato via come una pila esaurita. Se il
governo del cavaliere fosse invece riuscito a far passare
sotto silenzio i decreti legge sulla privatizzazione dell’acqua, è molto
probabile che sarebbe riuscito a vivacchiare ancora per qualche mese, prima di incassare magari la sfiducia per via parlamentare. Il ministro Tremonti, molto più avvezzo di Berlusconi alla
cultura e alla frequentazione di certi ambienti, aveva capito che la sconfitta referendaria
equivaleva ad una capitolazione certa e non a caso già dall’inizio di quella
stessa estate si era defilato dalla linea di resistenza ad oltranza di
Berlusconi.
A riprova di questa ricostruzione degli eventi, dopo la famosa lettera della BCE al
governo Berlusconi del 5 agosto con
i compiti da svolgere a casa, il 4
novembre del 2011 è la volta del commissario europeo per gli affari
economici Olli Rehn che invia direttamente
al ministro Tremonti un corposo questionario con 39 domande sulle prossime
misure da attuare in tema di riforma pensionistica, flessibilità del lavoro,
privatizzazioni, liberalizzazioni a cui pretendeva una risposta a stretto giro
di posta. Alla domanda numero 25 guardate un po’ cosa spunta: “È possibile ottenere maggiori informazioni
che spieghino quali provvedimenti di riforma si pensa di varare nel settore
delle acque, malgrado i risultati del recente referendum?”
Inutile ribadire che il ripugnante commissario
finlandese non avrebbe mai dovuto fare questa domanda se avesse avuto un minimo
di rispetto per la decisione sovrana e
democratica del popolo italiano che già si era espresso abbastanza
chiaramente sul tema: quali riforme
bisognava fare nel settore idrico nazionale? Gli italiani avevano già
urlato a gran voce che l’acqua doveva rimanere un bene comune di gestione pubblica. Stop, discorso chiuso. Perché insistere ancora in modo così
ossessivo? Ma soprattutto, fra tutti i problemi della nostra nazione, vuoi
vedere adesso che il servizio di distribuzione dell’acqua è davvero una questione così
cruciale, più importante della mancanza di lavoro, della carenza di
investimenti, dei fallimenti a catena delle piccole e medie aziende, dei
terremoti, del dissesto idrogeologico? Per quel che purtroppo abbiamo potuto constatare
negli ultimi mesi, molti nostri connazionali sono morti annegati nelle alluvioni o strozzati dai debiti, ma non assetati. Quindi oggi non dovrebbe
essere la rete idrica, che comunque necessiterà prima o dopo di un’opera
straordinaria di manutenzione, una nostra priorità nazionale.
Ma qui torniamo al punto iniziale del nostro discorso
sul significato del ruolo e delle
prerogative di uno stato democratico incastrato in questo immenso comitato d’affari chiamato
Unione Europea. I diritti, il benessere, le tutele, le priorità di un intero
popolo in teoria sovrano valgono infinitamente
meno rispetto agli interessi e alle smanie patologiche di una ristretta
casta di affaristi che ormai tiene sotto assedio quelle che dovrebbero essere
le nostre istituzioni di riferimento sia a livello nazionale che comunitario. E
siccome il diavolo si nasconde nei dettagli vi chiedo di prestare molta
attenzione al suono sinistro della preposizione “malgrado” associata al
risultato del voto referendario, perché non ci vuole di certo un epistemologo o
un semiologo per capire che per i funzionari europei (la cui carriera dipende
molto di più dai risultati forniti alle grandi corporazioni private che non dal
consenso popolare e solo ai primi devono rendere conto del loro operato) e per
i colleghi lobbisti l’esito così perentorio dello scrutinio italiano è stato un
incidente di percorso non previsto,
un intoppo, un intralcio.
Se qualcuno nutre ancora dei dubbi sulla considerazione
che gli eurocrati hanno della volontà democratica di un popolo, deve rileggere
più volte il testo della domanda 25 e non dovrà stupirsi se poco dopo la
domanda in questione suonerà pressappoco così: “anche se questi scocciatori
italiani hanno votato liberamente e secondo coscienza un referendum in cui
chiedevano che l'acqua restasse pubblica, volete spiegarci signori ministri italiani
come intendete aggirare questa seccatura del voto referendario per consentire
agli affaristi europei e globali di speculare sulle spalle dei vostri cittadini
con la privatizzazione dell'acqua?”
Per fortuna la domanda
è rimasta ancora senza risposta perché il ministro Tremonti non ha avuto il
tempo di iniziare a scrivere l’intestazione della lettera che già il governo
Berlusconi era stato travolto e costretto a dimettersi dall’uragano degli spreads.
Il suo successore, il presidente del consiglio fantoccio Mario Monti, che conosce bene i palazzi di Bruxelles avendoci lavorato
ininterrottamente dal 1994 al 2004 come commissario alla concorrenza e la mentalità dei faccendieri essendo
membro di prim’ordine di comitati d’affari come il Gruppo Bilderberg, la
Commissione Trilaterale, il Bruegel, ha già accennato qualcosa circa la necessità di privatizzare l’intero settore
idrico nazionale (che a livello locale già presenta dei casi di gestione
mista pubblica-privata o solo privata) per fare cassa e rimborsare i debiti.
Ma è chiaro che Monti, essendo stato addestrato a
dovere durante le centinaia di convegni e conferenze a cui ha partecipato,
premerà sull’acceleratore soltanto quando la situazione nazionale peggiorerà
ulteriormente e la proposta di privatizzazione dell’acqua verrà presentata
all’opinione pubblica come unica
alternativa al fallimento (shock
economy). A quel punto e solo allora non sarà difficile immaginare che le
grida di protesta dei movimenti per la difesa dell’acqua pubblica verranno
soffocate dalle urla disperate di panico della propaganda di regime e dalla
conseguente isteria collettiva di coloro i quali ancora non hanno capito in
quale gioco perverso sono stati imprigionati.
salve
RispondiEliminanon so se lo avete già visto, ad ogni modo:
CatasTroika
http://www.youtube.com/watch?v=Koa1SWGHhnM
documentario greco molto chiaro sul meccanismo di predazione, ben oliato e testato, che "lorsignori" hanno in serbo per noi
Grazie per la segnalazione...non avevo visto ancora visto il documentario che guarderò quanto prima, anche se temo che la predazione italiana, così come è avvenuta negli anni passati, non sarà repentina e traumatica come in Russia, ma avverrà lentamente nel silenzio più assoluto, perchè la fine che vogliono farci fare è quella di una lenta agonia per asfissia, e non certo quella improvvisa e violenta, che potrebbe risvegliare dal torpore i moribondi italiani...
Eliminaesattamente. infatti parte dai "worst cases" russia e germania est proprio per evidenziare il filo rosso che collega gli adattamenti alle varie nazioni parassitate
EliminaOttimo documentario che consiglio a chiunque di vedere...oltre ai cenni storici su Cile, Russia, Germania, Gran Bretagna spiega benissimo cosa sta accadendo in Europa oggi con i faccendieri all'attacco dei settori tradizionalmente a gestione statale (energia, acqua, trasporti)...si conferma dunque la teoria secondo cui l'Unione Europea oggi non è altro che un immenso comitato d'affari, dove i grandi gruppi industriali coadiuvati dalle istituzioni europee cercano di arraffare i beni comuni degli stati che sono stati pagati in passato con il sudore, il lavoro, le tasse dei cittadini...
EliminaPercio' il nostro supino coinvolgimento il Libia non e' bastato ingraziarci questi solleciti funzionari . Ci vuol altro. Mi sembra molto convincente questa tua ricostruzione. Altrattanto interessante e' quella di Giacche' che spiega il risveglio tumultuoso dello Spread con l'accoglimento da parte del governo Berlusconi del Fiscal Compact che data allo stesso periodo. secondo Giacche' i mercati avrebbero inteso questo provvedimento come un colpo letale al sistema italiano che avrebbe ucciso il debitore. Questa idea e' suggestiva . che ne pensi ? Proseguendo con i disperati tentativi di agguantare un'ancora di salvezza....ti riporto questo trafiletto tratto da suddeutsche Zeitung, che mi ha molto stupita "Il capo della Bundesbank Weidmann respinge la richiesta italiana di finanziamento attraverso il Fondo Salva Stati, la richiesta fatta dal Primo Ministro Monti equivarrebbe ad un finanziamento dello stato attraverso la stampa di moneta. L'Italia ha gia' cercato di finanziariarsi con lo stesso metodo negli anni 70- senza riuscirci." E piu' avanti " La richiesta di Monti si scontra con il divieto di finanziamento attraverso la stampa di moneta, stabiliti dai trattati UE". FINANZIAMENTO DELLO STATO ATTRAVERSO LA STAMPA DI MONETA !!! Ti pare possibile che un bocconiano
RispondiEliminadi ferro abbia chiesto una cosa che rappresenta per le sue convinzioni un'eresia inaudita ?
Titolo del post " Weidmann boccia Monti" Vedrai che perle....
RispondiEliminaFigurati se il bocconiano Monti metterebbe mai mani alla stampante di moneta per il bene dell'Italia... al contrario cerca un metodo per non farla implodere di schianto e dissanguarla goccia a goccia...la proposta avanzata da Monti sarebbe quella di far acquistare i titoli di stato ai fondi EFSF o ESM (visto che la BCE non vuole comprarli più...), in modo da far abbassare rendimenti e spread e ridare all'opinione pubblica la sensazione che tutto si sia normalizzato, e così riprendere il lavoro che Monti sa fare meglio: rimborsare i creditori a qualunque costo e a qualunque prezzo...l'ossessione di Monti sono soltanto gli spreads, troppo alti per fare il lavoro sporco senza rischiare di far saltare tutto in aria prima del previsto...ma i tedeschi però protestano perchè questo modo di finanziare gli stati sarebbe molto simile a quello di uno stato normale con una sua normale banca centrale che compra il suo debito...cosa che la Germania non vuole assolutamente, perchè è sullo stato d'eccezione e di anormalità dell'eurozona che si fonda il suo successo...tuttavia nel trattato di fondazione del MES è chiaramente riportato che questa nuova banca può comprare secondo la necessità titoli di stato dei paesi più a rischio, quindi non so come faranno i tedeschi a conciliare queste loro posizioni con l'accordo per il MES...la ricostruzione di Giacchè non mi convince tanto perchè il Fiscal Compact è una garanzia ulteriore per tutti i creditori (non credo che questi ultimi si facciano particolari scrupoli se uno stato fallisce oppure no, o facciano questo tipo di considerazioni, l'importante è che uno stato paghi i suoi debiti prima possibile, tutto ciò che accadrà in seguito non gli interessa...) e non si spiegherebbe il motivo per cui sia stata la Deutsche Bank la prima grande banca mondiale a svendere all'ingrosso titoli italiani, visto che il Fiscal Compact è un accordo fortemente voluto dai tedeschi...
EliminaSenz'altro non saranno complottisti né cospiratori quelli del Bilderberg, però hanno naso a invitare le persone giuste, come, quest'anno, oltre la Gruber, Bernabè, Conti (Enel), John Elkann, anche il piddino Letta
RispondiEliminaHai detto la parola giusta: naso. Perchè questi gestori di organizzazioni come il Bilderberg hanno solo fiuto per gli affari e nient'altro...e di volta in volta sanno individuare sempre le persone giuste che possono fare al caso loro e difendere i loro interessi...se proprio di complotto o cospirazione si vuole parlare questa è sempre danno dei cittadini e dei consumatori, perchè alla fine la tendenza di chi gestisce grosse aziende è sempre quella di creare grossi trust, cartelli, monopoli con il supporto della politica e dell'informazione... alla faccia del libero mercato!!!!
EliminaIl deficit di democrazia nell'Unione Europea è assolutamente grave, a mio parere molti dei problemi economici, e non solo, dipendono proprio da quello. L'economia lasciata a sé stessa diventa preda di squali, politici e non
RispondiEliminaLa politica in molti casi con il suo malaffare e la sua corruzione ha dato l'alibi agli squali per privatizzare tutto ciò che veniva gestito malamente dalle amministrazioni pubbliche...se gli enti statali fossero stati gestiti dignitosamente sarebbe stato molto difficile per le grandi multinazionali o gruppi finanziari dimostrare la necessità di privatizzare...politici e faccendieri sono andati sempre a braccetto in questo senso, e in verità sono spesso le stesse persone che entrano ed escono con disinvoltura dal pubblico al privato, difendendo gli interessi di pochi gruppi industriali e ignorando le necessità della cittadinanza...nessun partito fa eccezione da questo punto di vista...a parte ovviamente i movimenti extra-parlamentari...
Eliminachiedo scusa al gestore del blog ma quando vedo certe cose devo fare delle citazioni:
Elimina"[...]I campi di battaglia quotidiani sono fisco, lavoro, vincoli, infrastrutture e non il nuovo, i mercati, la tecnologia. Lo Stato è l'avversario.[...]"
"Dare nuovo impulso alle liberalizzazioni dei mercati, dei servizi e delle professioni, ed accelerare le privatizzazioni. Le regole per liberalizzare i mercati dei settori da privatizzare dovranno essere emanate prima delle dismissioni, senza precostituire assetti azionari o contrattuali, o golden shares."
"Definire progetti e priorità per le infrastrutture che sono strategiche per il settore produttivo, sia reali che virtuali (portali Internet, reti telematiche). Dovranno prevedere project financing e svincolo dalle norme restrittive in vigore."
Nicolò Sella di Monteluce (sen. Forza Italia 1996-2001)
http://www.selladimonteluce.it/Lettera_agli_imprenditori.htm
...mi astengo dal commentare
Diciamo che io ho cercato di essere un pò più diplomatico ma il concetto è lo stesso...ma una cosa mi sento di dire: non tutti i politici o gli ex-politici sono in malafede, ma a volte non riescono a capire qual è la reale partita che si sta giocando...Berlusconi che viene accusato di essere un populista e un demagogo dai soliti politicanti benpensanti di sinistra, rischia forse a sua insaputa, con la battaglia di uscita dall'euro, di essere l'ultima ancora di salvezza dell'Italia insieme a Grillo, perchè se la lasciamo fare alla sinistra e alla sua retorica falsa e accattona sugli Stati Uniti d'Europa siamo praticamente spacciati...quindi le folgorazioni sulla via di Damasco sono bene accette da chiunque e da qualunque partito provengano...
Eliminapercio' la Deutsche Bank per prima e poi tutti gli altri hanno venduto all'ingrosso grandi quantita' di titoli italiani....una cosa che mi chiedo sempre....ma quando avvengono queste vendite massicce chi sono i pazzi che comprano? Capisco non rinnovare, ma come fanno a vendere tutti insieme?
RispondiEliminaQuestione di prezzo...quando abbassi il prezzo di vendita di un certo titolo prima o dopo qualcuno che compra lo trovi sempre...magari molto spesso sono anche gli speculatori che hanno strategie a breve, brevissimo termine, acquistando i titoli quando il valore si abbassa e tentando poi di rivenderlo quando il titolo riprende a crescere, magari dopo poche ore o minuti dall'acquisto...anche fondi sovrani e pensione agiscono spesso così, perchè avendo tanti soldi da movimentare, per loro anche uno scarto di pochi punti base corrisponde ad un enorme guadagno...non dimenticare mai che stiamo sempre parlando di scimmie psicopatiche: e se esiste qualcuno che lanciando la monetina scommette sul ribasso, da qualche altra parte esisterà sempre qualcun altro che scommette sul rialzo...poi esiste sempre il caso che pur abbassando il prezzo di vendita, non trovi nessuno disposto a comprare e il titolo rimane lì sospeso in borsa, in attesa di un nuovo ribasso...io ho tentato di imparare qualche trucco del mestiere da alcuni traders, ma ti assicuro che dopo un pò vai fuori di testa davanti a quella lista infinita di titoli che cambiano valore ad ogni istante...qui non si tratta più di economia (perchè molto spesso neanche i traders sanno a quale azienda o fondo corrisponde un certo titolo), ma di puro, purissimo azzardo...
EliminaPiero sono molto interessato al grafico sullo spread che hai inserito nell'articolo.
RispondiEliminaSai dove posso trovare un grafico simile? lo hai fatto te ho lo hai trovato da qualche parte?
a me interesserebbe un grafico sullo spread dal 2010 ad oggi, in particolare da quando c'è stata l'impennata.
Ho cercato in giro ma non ho trovato nulla se non grafici ma a partire da novembre-dicembre 2011.
Valerio Ermini
Valerio, purtroppo non riesco più a ritrovare il sito dal quale ho prelevato il grafico...io in genere faccio così: quando leggo un articolo interessante, ben fatto e attendibile, memorizzo il link e salvo il grafico in un'apposita cartella ITALIA, che poi utilizzo come fonte per riprendere i grafici che più mi interessano...se mi serve invece un particolare grafico che ancora non ho, faccio una ricerca su google prima in italiano e poi in inglese, quindi verifico la fonte e salvo il grafico...come parole chiave potresti usare: "spread BTP titoli di stato italiani bund tedeschi" o "spread italian government bonds 10y german government bonds"...
EliminaCaptivity Demand...ci siamo arrivati.
RispondiEliminaAltro che libero mercato...qui come deve muoversi il mercato viene deciso a tavolino negli uffici di banche e grandi società...è l'ultima metamorfosi finale del neoliberismo prima della capitolazione (che attendiamo tutti con ansia!!!)
EliminaCondivido il tuo articolo Piero,....in questi giorni al summit che si terrà serviranno su un piatto d'argento le nostre acque...con la riforma del lavoro e altre cosette, in cambio di qualche insignificante iniziativa anti-spread...I colossi dell'energia ringraziano (specialmente Veolia....in gravissima crisi). A Berlino l'anno scorso, mi sembra, ci sia stato il referendum sull'acqua e il privato ha perso....In Germania rispettano il volere del popolo? Credo di si...
RispondiEliminaDue link interessanti, forse fuori tema, ma interessanti:
http://yanisvaroufakis.eu/2012/06/24/and-the-good-ship-greece-sails-on-letter-to-an-italian-colleague/ (mi sembra tradotto sul sito di ComeDonChisciotte)
http://www.idealista.it/news/archivio/2010/06/09/08720-quanti-dipendenti-pubblici-ci-sono-europa-tabella (tabella forse vecchiotta ma sempre attuale...da consultare e riconsultare)
Saluti Santo
Il fatto che la Germania faccia in casa tutto il contrario di ciò che impone all'estero ormai è una regola e non più un'eccezione...i tedeschi sono davvero straordinari in questo modo di affrontare le cose e avremmo solo da imparare da loro cosa significa amore per la propria nazione (purtroppo tutto questo amore nazionalistico porta spesso all'odio verso tutto ciò che si trova fuori dai confini del proprio stato...sentimento che noi italiani non potremo provare mai proprio perchè non amiamo la nostra nazione e quantomeno la amiamo molto meno di quanto un tedesco ama la Germania...)....ottimi gli articoli segnalati, che fanno riflettere ancora di più sul periodo di passaggio che stiamo vivendo e su tutte le menzogne che continuano a raccontarci...
Eliminahttp://www.dbresearch.com/PROD/DBR_INTERNET_EN-PROD/PROD0000000000281545/Revenue%2C+competition%2C+growth%3A+Potential+for+privatisation+in+the+euro+area.pdf
RispondiEliminada qui partono gli ordini caro Piero , pagina 9 e 10
Eh già...la realtà è molto più semplice di come noi spesso la immaginiamo: altro che complotti, questi sono soltanto quattro volponi affaristi che si siedono a tavolino per fare soldi sulle spalle degli altri...non ci vuole davvero molto per capire come ragionano, altro che complotti e nuovi ordini mondiali...grazie del link che avevo dimenticato di inserire nell'articolo...
EliminaFuori tema....anni fa mi sono ripromesso di assistere partite di calcio solo a livello di "nazionale"...causa la decadenza morale e dagli eccessi economici in questo "ex bellissimo sport"..; ma dopo questa notizia è probabile che non guarderò manco più la nazionale...sicuro...un vero disgusto.
RispondiEliminahttp://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/27/denuncia-a-euro-2012-soldi-destinati-al-reparto-di-oncologia-pediatrica-di-kiev/275801/#disqus_thread
Saluti Santo
Terrificante, non ci sono parole per descrivere ciò che hanno combinato in Ucraina... purtroppo essendo il calcio un grande business che fa girare tanti soldi, soffre di tutte le malattie di cui è infetto il mondo degli affari...cinismo e corruzione in primo luogo...avendo io un passato da calciatore dilettante e adorando questo sport fin da bambino, cerco di guardarlo appunto con gli occhi di un bambino: 22 ragazzi che inseguono una palla e finita la partita vanno sotto la doccia...tutto ciò che succede dopo, interviste, sponsor, trasmissioni, scommesse cerco per quanto possibile di non guardarle...
EliminaOltretutto, la nazionale italiana è stata creata a tavolino per far passare, sull'onda emotiva di questi europei, una modifica della legge sulla cittadinanza.
RispondiEliminaChe bello...
Ma dai??? Non mi dire adesso che Balotelli è uno sponsor per una nuova legge sulla cittadinanza...
EliminaBalotelli è italiano per Ius Sanguigni, dato che l'adozione, a norma di diritto romano, produce gli stessi effetti giuridici della figliazione diretta.
EliminaDetto questo, dapiù parti (in particolare PD) si sfrutterà l'ondata emozionale per rendere più accettabile l'importazione di manodopera allogena.
Bersani è arrivato al punto di proporre quello stupro psicologico che è lo Ius Soli.
Siamo in ritardo di una 30ina di anni buoni rispetto alla Francia o alla GB, indi è giunto il momento di acelerare.
Bel giorno,
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