martedì 15 gennaio 2013

AGIRE ATTIVAMENTE SUL TERRITORIO PER UNA NUOVA CULTURA DEL PANE E DEL LAVORO

La società non è cultura perché la cultura non è società. E la cultura non è società perché ha in sé l’eterna rinuncia del “dare a Cesare” e perché i suoi principi sono soltanto consolatori, perché non sono tempestivamente rinnovatori ed efficacemente attuali, viventi con la società stessa come la società stessa vive. Potremo mai avere una cultura che sappia proteggere l’uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.” (Elio Vittorini, editoriale sul primo numero de “Il Politecnico” uscito il 29 settembre del 1945)

Non so per quale motivo, dopo aver partecipato ad un convegno organizzato da Reimpresa e dall’ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità), relazionato dal professore di diritto nonché presidente dell’ARS Stefano D’Andrea, mi sono venute subito in mente le parole di Vittorini, che per quanto riferite ad un periodo storico molto diverso dal nostro (ma mica tanto e ne parleremo dopo) rimangono ancora attuali. Domenica scorsa ad Alcamo, io ho assistito ad uno spaccato molto vivido e pregnante della nuova cultura che vorrei si diffondesse presto in Italia. Una cultura che non parla più per astratti concetti, per “ismi”, per categorie ideologiche o ideologizzanti, per guelfi o ghibellini, per destra o sinistra, ma che si occupi soltanto del pane e del lavoro e dei modi in cui in questo benedetto paese possano tornare di attualità tutti i temi riguardanti il reddito e la dignità dei suoi cittadini. Non con il solito inefficace e improduttivo buonismo di facciata dei partiti, dei sindacati e dei politicanti mainstream, invocando in modo confuso e a margine politiche attive per il lavoro come se fosse un corollario dovuto, ma andando oltre la superficie fino alla radice del problema e mettendo questi argomenti al centro e nel primo capoverso di qualsiasi nuova agenda politica. Perché senza lavoro non c’è reddito e senza reddito non solo non c’è più giustizia sociale, non c’è crescita economica, ma neppure libertà. E senza libertà si finisce in questo catafascio di società dell’assurdo in cui viviamo oggi.

Non è più un mistero che i partiti italiani autorizzati ad invadere impunemente il contesto televisivo e mediatico in generale parlano da anni di lavoro in modo molto demagogico, ideologico, fideistico quasi (flessibilità, competitività, produttività, arrivo messianico degli investimenti esteri), senza però analizzare con la necessaria coerenza, competenza e obiettività i fatti, i dati, l’evoluzione degli eventi, i numeri nudi e crudi che ci hanno portato fino al disastro attuale. La disoccupazione, dicono, è figlia delle mancate “riforme” avvenute in Italia, ma sono sempre troppo pochi quelli che hanno davvero il coraggio di spiegare alla gente quali siano i contenuti e le finalità di queste fantomatiche “riforme”. Perché per farlo dovrebbero andare pesantemente addentro le caratteristiche della gabbia deflazionistica che ci è stata costruita attorno con l’adesione alla moneta unica e al regime europeista. E' inutile girarci intorno. Per quanto cercano di prenderla alla larga, chi vuole dire qualcosa di “serio” e di “vero” sul lavoro prima o dopo arriva sempre allo stesso punto: oggi se vuoi competere economicamente in Europa, l’unica strada è quella di tagliare i diritti e i salari dei lavoratori, perché la dottrina mistica del pareggio di bilancio non consente margini di detassazione e incentivi alle imprese e la rigidità di cambio non ammette recuperi di competitività per via monetaria. L’azzeramento delle conquiste economiche e sociali dei lavoratori era il vero obiettivo della trentennale campagna europeista di Restaurazione, segretamente o palesemente eterodiretta dai vecchi regimi oligarchici. Senza avere mai la certezza che questo porterà davvero ad un miglioramento del tessuto produttivo e dell’offerta, visto che se tutti i paesi percorreranno contemporaneamente questa strada, per aumentare le esportazioni e ridurre le importazioni, allora si infileranno in uno di quei tipici circoli viziosi senza via di uscita, di cui l’Unione Europea sta diventando il più grande produttore a livello mondiale. Potranno tutti i paesi europei esportare nei paesi limitrofi se nessuno è più disposto ad importare? Ecco per quale motivo lavoro ed eurozona oggi sono più che mai intrecciati e chi non riesce a cogliere questo legame è fuori dal mondo o palesemente in malafede. Per parlare di lavoro devi per forza parlare di Europa, o meglio di ciò che “vuole l’Europa” per l’Italia.

Non a caso il professore Stefano D’Andrea ha iniziato la sua relazione parlando della differenza e della confusione che esiste oggi tra le definizioni di Europa, Unione Europea ed eurozona, mettendo l’accento sul fatto che ognuna di queste realtà è indipendente dalle altre e può tranquillamente continuare ad esistere senza la necessità di accettare le successive sovrastrutture che ci sono state imposte per imbrigliare le singole costituzioni nazionali e mortificare i diritti dei cittadini e dei lavoratori. L’Europa è un continente geografico e politico che ha una storia molto antica e travagliata che prescinde dalla creazione dell’Unione Europea, così come l’Unione Europea è un accordo intergovernativo di cooperazione economica che prescinde dall’adozione di una moneta unica. Ed è proprio la decisione folle di aderire ad una moneta unica da parte dei 17 paesi dell’eurozona, contrastata fin dal lontano 1961 da tutta la comunità scientifica internazionale per evidenti ragioni di insostenibilità, l’unica vera anomalia innaturale che ha sconvolto i precedenti equilibri che si erano già solidamente e pacificamente stabiliti nel nostro splendido continente. Il percorso che dalla firma a Roma degli accordi sulla Comunità Economica Europea del 1957 ha portato fino al Trattato di Maastricht del 1992, presenta appunto un solo grande inspiegabile momento di discontinuità nella decisione di irrigidire il valore di cambio delle monete con la creazione dello SME nel 1979, che ha condotto poi all’introduzione dell’euro nel 1999, alla cancellazione finale di tutte le banche centrali nazionali e alla devastazione delle residue pretese di sovranità politica, economica, monetaria di ogni singolo paese. Quanto affanno e quanta approssimazione in questa scelta scellerata. Quanta fretta. Perché il cancelliere Kohl ha insistito tanto affinché l’Italia entrasse subito fin dall’inizio nell’area euro? Cosa voleva veramente da noi la Germania?

La risposta ormai la conoscono bene o male tutti quelli che hanno cercato di informarsi con rigore e disciplina perché è scolpita nei dati che circolano liberamente in rete grazie al lavoro di encomiabili economisti nostrani non allineati come Alberto Bagnai, Sergio Cesaratto, Gennaro Zezza, Emiliano Brancaccio e tanti altri. L’euro fa parte di un ampio progetto, collaterale e complementare alla sana ed equilibrata unione e cooperazione economica, che aveva come scopo principale quello di sancire la vittoria definitiva della logica della rendita finanziaria sulla cultura del lavoro. La logica della speculazione passiva dei banchieri e dei rentiers su quella della produzione attiva delle piccole e medie imprese e dell'intervento statale nell’economia, che in un normale contesto democratico dovrebbe servire a favorire un’equa redistribuzione dei redditi, la tutela dei diritti e la garanzia di erogazione dei servizi essenziali verso l’intera cittadinanza. Hanno vinto loro grazie ad una campagna mediatica di disinformazione e menzogna senza precedenti, che ha ridotto i popoli europei allo stato di barbarie e regressione culturale tipico della schiavitù: uno schiavo è tale perché non conosce i mezzi che potrebbero emanciparlo dalla sua condizione di alienazione e prigionia. Uno schiavo è tale principalmente per mancanza di conoscenza e informazione. E non dobbiamo quindi stupirci se oggi la maggioranza dei nostri concittadini sguazza nella confusione più assoluta, appoggiando ora l’uno ora l’altro partito di oligarchi che li ha condannati al declino, senza sapere che ogni loro plateale consenso o tacito assenso a questi sciacalli serve ad irrobustire le catene che hanno già ai piedi. I cittadini europei sono riusciti a bersi tutto di un fiato la medicina amara dall’austerità, credendo che eliminare posti letto negli ospedali pubblici e pagare sempre più tasse possa servire un giorno a farli vivere meglio. Ma non è pura idiozia credere che si possa vivere meglio rinunciando volontariamente ai servizi e ai mezzi che in qualsiasi epoca storica hanno avuto il merito di far vivere meglio le persone? Ma è mai possibile credere che essere ammassato su una barella in un corridoio di ospedale, in preda ai dolori lancinanti e all’indifferenza dei pochi inservienti rimasti in organico, equivalga a vivere meglio?

Eppure è così. Dobbiamo accettare il paradosso e il teatrino dell’assurdo come un dato di fatto ineludibile della nostra vita attuale. Dobbiamo vivere in mezzo ad un mondo di pazzi esagitati e masochisti giustificandoci e vergognandoci quasi per il nostro ostinato desiderio di normalità. Possiamo sgolarci a perdifiato per spiegare ai nostri concittadini, dati alla mano, che tutte le politiche europeiste e globaliste di libera circolazione dei capitali e dei beni spacciate per “modernità” sono state imposte per far arricchire chi vive di rendita finanziaria a dispetto di chi campa di lavoro, ma loro ti guarderanno sempre con sospetto, sgranando gli occhi, dicendoti che solo la politica che impone oggi sacrifici inutili in vista di un incerto, incertissimo futuro è “seria”, “sobria”, “equilibrata”, mentre chi lotta e si agita indefessamente per fargli avere oggi la certezza di un posto letto decente in ospedale per quando starà male e avrà bisogno di cure è solo un “populista”, un “demagogo”, un “qualunquista”. Di fronte alla follia e all’isteria collettiva, anche la più temeraria e imperterrita delle ragioni umane è costretta a soccombere e ad arretrare. A vivere in clandestinità. Ad isolarsi dalla massa e a combattere con le uniche e spuntate armi della rappresaglia rimaste. Facendo in modo che questa nuova lotta di Resistenza per un ritorno alla normalità in Italia possa continuare con pazienza, prudenza, costanza, casa per casa, quartiere per quartiere, città per città, per ricondurre alla ragione tante più persone possibile. Non si deve cercare di convincerli sulla base della corrente di pensiero più in voga o di moda, dell’”ismo” più accattivante del momento, ma ragionare e confrontarsi apertamente con loro sui principi fondanti della cultura del pane e del lavoro. Nient’altro che questo. Parlare di politica economica, monetaria, finanza, diritto, costituzione senza mai perdere di vista l’ago della bussola che deve essere sempre puntato sul pane e sul lavoro. E sul fatto che il prezzo del pane, la temutissima inflazione, non potrà mai impedire oggi a chi ha un reddito, un qualsiasi reddito, di comprare il pane (ricordiamo a tal proposito che quasi la metà della produzione alimentare mondiale finisce fra gli scarti dei rifiuti), mentre il problema sorge quando un'ampia fascia della popolazione non ha più un reddito, è disoccupata, o vede gran parte del suo salario evaporare soltanto per consentire agli sciacalli di vivere di rendita. Per questo motivo un tempo era nata l’idea sublime e nobile della democrazia: per dare il pane e il lavoro a tutti. Una cultura antica come il mondo che ad ogni modo, vada come vada, alimentata incessantemente dal fuoco sacro della verità, finirà per prevalere sulla cinica etica moderna della schiavitù senza dignità e decoro.

Le prossime elezioni di febbraio sono ormai un’occasione mancata o forse l’ultimo disperato arrembaggio concesso ai pirati mercenari della disinformazione e della depredazione dell’Italia, perché i tempi contingentati non hanno consentito alla ragione di dipanarsi con la necessaria autorevolezza, lasciando alla follia campo libero per sbizzarrirsi con le sue infinite paure e sciocchezze fondate sul panico immediato e sull’emergenza. Ma al prossimo appuntamento dobbiamo farci trovare preparati, organizzati, uniti pur nelle nostre innumerevoli molteplicità. L’Italia, con tutte le sue contraddizioni interne, non potrà resistere ancora a lungo ai saccheggi del Fiscal Compact, del MES e del settore bancario sempre più avido ed agonizzante, ed è a quel punto che la verità dei fatti farà il suo trionfale ingresso nel paese, per ribadire ancora una volta la sua supremazia su ogni altro aspetto della vita, compresi la ragione e la follia, la giustizia e la libertà. Ecco per quale motivo ho deciso di dare il mio sostegno diretto all’Associazione Riconquistare la Sovranità, per condurre insieme a loro questa decisiva battaglia di verità e resistenza sul territorio in attesa della liberazione dal becero europeismo di maniera. Così come aderisco con tutto l’impegno richiesto alle iniziative promosse da altre organizzazioni politiche o di categoria come Reimpresa , che stanno diffondendo sul territorio la cultura della verità e del lavoro in modo impeccabile e capillare. Non potendo per i prossimi mesi partecipare attivamente all’aggiornamento del blog, dedicherò tutti gli scampoli di tempo disponibili per fornire il mio contributo di collaborazione e partecipazione agli eventi, ai convegni, ai forum, che avranno come premesse e finalità la diffusione della cultura del pane, del lavoro e della verità. E concludo questa breve incursione con le parole di Vittorini, perché è proprio da quel momento, dal lontano 1945, che dobbiamo ripartire per capire i motivi del fallimento di una Resistenza divisa, frammentata e tradita, di un’Unificazione nazionale lasciata a metà e rimasta a tutt’oggi incompiuta, di una Costituzione democratica fornita come elenco di buoni propositi da attuare ma mai diventati concretamente e compiutamente operativi. Perché è proprio sulle crepe prodotte da questo fatale e triplice fallimento che si è inserito il tarlo della “modernità” funesta dell’europeismo, della globalizzazione, della finanziarizzazione spinta dell’economia, della società, della politica e della vita umana nel suo complesso.                                          


La cultura italiana è stata particolarmente provata nelle sue illusioni. Non vi è forse nessuno in Italia che ignori che cosa significhi la mortificazione dell’impotenza o un astratto furore…Occuparsi del pane e del lavoro è ancora occuparsi dell’”anima”. Mentre non volere occuparsi che dell’”anima” lasciando a “Cesare” di occuparsi come gli fa comodo del pane e del lavoro, è limitarsi ad avere una funzione intellettuale e dar modo a “Cesare” (o a Donegani, a Pirelli, a Valletta) di avere una funzione di dominio sull’”anima” dell’uomo. Può il tentativo di far sorgere una nuova cultura che sia di difesa e non più di consolazione dell’uomo, interessare gli idealisti e i cattolici, meno di quanto interessi noi?” 


14 commenti:

  1. considero il testo, che condivido e mi fa dire: magari fosse possibile realizzare ciò che ritiene necessario realizzare, lontano dalla realtà politica internazionale, per cui mi permetto alcune considerazioni che non vogliono essere critica ma domande. fa piacere leggere che sta nascendo, pur nel suo piccolo, una nuova cultura che tende ad accumunare tutti coloro che ne sentono la mancanza, ma bisogna aver chiaro lo sforzo che ciò costa e costerà. è compito di ogni potere rimbecillire tutti coloro che vivono sotto il suo giogo, per cui giornali televisioni film cultura devono eseguire i suoi ordini, l’italia ne è un chiarissimo esempio. che l’avesse già capito vittorini depone a favore della sua intelligenza, però non l’aveva capito togliatti, oppure…? vivere secondo desiderio e possibilità significa avere lavoro pagato adeguatamente e sicuro nel tempo e una cassa pensioni che garantisca la vecchiaia. tutto viene messo ormai in discussione. perché? siamo sotto attacco del capitale finanziario, si sdice e scrive. non è esatto: è il modo di produzione capitalistico che è arrivato al dunque, i capitalisti hanno slegato e mandato all’attacco la loro armata finanziaria ponendo al suo comando monti, il greco, lo spagnolo, il portoghese, la merkel c’era già e prima di lei schröder, il capitale cerca così di continuare ad accumulare plusvalore secondo i suoi desideri. quando non basteranno più monti e soci interverrà la polizia e il servizio segreto, in italia sta già succedendo, gli stati uniti si sono già da tempo preparati. se non basta c’è l’esercito. gli stati che avevano capito da subito che il modo di produzione capitalistico era ormai alla fine, penso agli usa alla gran bretagna e alla germania, altri non ne vedo, si sono organizzati all’uopo e hanno lavorato nella direzione: se pochi possono produrre vendere e guadagnare, perché non esiste più l’enorme mercato del secondo dopoguerra, è necessario mettere in ginocchio la concorrenza, quindi è guerra. tralasciando usa e gran bretagna, è ciò che ha fatto la germania. il potere tedesco è da sempre in guerra onde diventare potenza mondiale e anche ora è in quella direzione. quando noi italiani riusciremo a capirlo? Lo chiedo perché mi sento circondato da neo repubblichini. per finire: le indicazioni di soluzione prospettate nell’articolo, come possiamo realizzarle da soli?
    franco valdes piccolo proletario di provincia

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    1. L'analisi è molto giusta e puntuale, perchè in effetti stiamo assistendo ad un attacco massiccio delle avanguardie capitaliste e finanziarie senza precedenti, il problema però a mio modo di vedere, è la scarsa lungimiranza e coesione di queste avanguardie...il fallimentare progetto europeista ne è l'esempio più lampante, perchè come avevano già rilevato tutti i maggiori economisti del mondo, è insostenibile nel medio-lungo periodo...stessa cosa per la politica imperialista USA che si sta rivelando alla lunga fallimentare...
      La soluzione per me risiede sempre nella maggiore consapevolezza dei cittadini ad comprendere ed apprezzare di nuovo tutti i vantaggi della sovranità politica, economica, monetaria...non è un caso che i paesi che resistono alla crisi mondiale sono quelli che hanno una sovranità più radicata, forte, equa...hai mai sentito di problemi economici o finanziari in Norvegia o in Canada??? Tutto quello che dobbiamo fare è un continuo passaparola, un impegno capillare sul nostro territorio, con i parenti, gli amici, i vicini di casa...abbiamo anche un buon numero di libri da poter studiare e regalare per discutere insieme su tutti gli aspetti economici e giuridici della sovranità, e ovviamente io inizierei dal Tramonto dell'Euro di Bagnai...è un processo lungo e difficoltoso, ma almeno non siamo ancora costretti a rifugiarci in montagna come i partigiani della Resistenza!!! Cerchiamo di guardare il bicchiere mezzo pieno...

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  2. Finalmente caro Piero, ti sei rifatto vivo!!!!

    Innanzitutto un grazie immenso, per l'opera civica sociale e svelatrice, che hai compiuto per mezzo del tuo ottimo blog. E' per questo che la tua assenza forzata dal tuo stesso blog, è molto pesante da sopportare per me, ma credo per tutti i tuoi affezionati lettori.

    Ciò detto, il movimento ARS, è interessante, ma putroppo non parteciperà alle elezioni.
    Beppe Grillo e i grillini, saranno pure molto simpatici, ma il vero padrone Casaleggio, è un'Eminenza Grigia, un pò troppo grigia che tende verso l'oscuro, con i suoi legami con diverse multinazionali, finaziarie e non, e con un video inquetante sul suo sito, che sembra il programma dei prossimi decenni del Nuovo Ordine Mondiale, che proprio gli oligarchi della globalizzazione ci vogliono imporre "ad ogni costo", ovvero il "TINA: There is no alternative".
    dobbiamo sottometerci alla volontà di questi "illuminati" della globocrazia olicarchica.

    Ciao Piero, non tardare troppo dal blog!!!

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    1. Carissimo Nicola, anche voi mi mancate tanto, perchè come ben sai se questo blog è riuscito ad andare avanti è anche grazie alle vostre illuminanti e fondamentali segnalazioni... purtroppo questo è un periodo molto impegnativo e pesante per me e prima dei prossimi due mesi non riuscirò a vedere la luce in fondo al tunnel...ma finito marzo conto di ritornare ad essere di nuovo attivo nel dibattito in rete, mentre in mancanza di altro, per il momento mi dedico a seguire convegni e a prendere contatti con gente interessante e interessata a portare avanti un qualche progetto serio di organizzazione politica e sociale...
      Per quanto riguarda le prossime elezioni, purtroppo non c'è granché da scegliere...se non vogliamo disperdere i nostri voti in liste che non raggiungeranno mai il quorum, dobbiamo concentrarci sui grillini e incrociare le dita...la mia speranza è che una volta entrati in parlamento i grillini si stacchino dalla pressione asfissiante del duo Grillo-Casaleggio e comincino a camminare sulle proprie gambe...il M5S è un movimento molto strano che non ha alcuna direzione precisa di carattere politico-economico, quindi potrebbe costruirsela lungo il percorso grazie alle sollecitazioni che arriveranno ai nuovi parlamentari...il fatto positivo è che malgrado Grillo sia completamente fuori strada con i suoi forsennati attacchi alla spesa pubblica come unico male del mondo, all'interno del M5S è già iniziato un serrato dibattito interno che potrebbe avere esiti imprevisti e a noi favorevoli...
      Su Rivoluzione Civile invece non punterei troppo, quelli pensano di poter andare a Bruxelles a ridiscutere il Fiscal Compact...sono fuori dal mondo, visto che il Fiscal Compact e l'Euro sono la stessa cosa e non si può eliminare l'uno mantenendo l'altro...chissà magari un giorno ci arriveranno a capire questo nesso, ma ne dubito, visto che il loro maggiore obiettivo è quello di diventare una costola del PD...e ti ho detto tutto!!!!

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  3. Ben Tornato!
    Poi con calma mi leggo l'articolo,

    Elmoamf

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    1. Un carissimo saluto anche a te, grande Massimo!!! Purtroppo, come ho detto anche ad altri questo è un periodo infausto e comincio a soffrire di astinenza da blog...ma il tempo è davvero tiranno!!! Alla sera arrivo a casa esausto e a volte non ho nemmeno la forza di accendere il computer...a primavera dovrei uscire fuori da quest'incubo!!!

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    2. Caro Piero,
      Come al solito, dopo aver letto, mi permetto di riprendere e riproporre il tuo scritto sul mio blog, corredato da una personale e piccola introduzione maturata leggendo altre analisi e commenti sulle odierne vicissitudini e vicende economico-sociali.
      Per quanto riguarda il tuo intervento a favore della sopracitata associazione, cercherò nel mio piccolo di approfondire in merito e, nei limiti del possibile e là dove possibile, vagliare l'opportunità di un contributo.
      Un caro saluto,
      Elmoamf Massimo Paglia

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  4. Questa mattina ero diretto in treno alla stazione di Cadorna a Milano.Di fronte al mio posto c'era uno studente della Bocconi,che stava ripassando un testo in inglese di "management"o tradotto in termini nostrani economia aziendale.Qualche decennio addietro si studiava una lingua straniera per essere cosmopoliti,oggi si studia per essere sudditi.I risultati di questo tipo di educazione li possiamo notare in Monti.Tiene una conferenza stampa in Italia, tronfio parla in inglese,denotando
    un provincialismo ridicolo.
    I risultati di questo genio si vedono.

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    1. Mah, io ho sentito parlare un pò Monti in inglese e sono rimasto molto stupito, perchè con tutte le riunioni al Bilderberg, alla Trilaterale, alla Commissione Europea, pensavo che avesse acquisito una maggiore padronanza con la lingua, e invece mi pare molto impacciato e maccheronico...capirai che genio che dovrà essere quest'uomo...non solo non capisce una cippa di economia (o almeno, capisce solo quello che vuole e gli impongono di capire), ma neppure riesce a cavarsela con l'inglese dopo trenta anni di full immersion con gli invasori stranieri...non ci sono i collaborazionisti di una volta!!!

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    2. Se vuoi stupirti ancora di più prova a leggere, se non lo hai già fatto, la risposta del Tiranno a Wolfgang Münchau comparsa sul Financial Times del 22 Gennaio. Se ti viene più comodo la puoi trovare anche sul suo sito. No comment.

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  5. Ottimo articolo Piero, come sempre!
    Te l'avranno già chiesto in tanti ma vorrei porti lo stesso la domanda... secondo le tue previsioni riusciremo a uscire dall'euro da qui a 5 anni? E cosa potrebbe causare questa felice dipartita dall'unione monetaria più criminale della storia dell'uomo? Te lo chiedo con tutta la disperazione di un italiano consapevole che soffre come un cane nel vedere il suo bel Paese ridotto in macerie da un pugno di "sobri" delinquenti. E' uno strazio che mi sta rovinando l'esistenza anche perchè la mia più grande paura è che i tecnocrati riescano a trovare un modo per allungare artificialmente l'euroagonia per decenni e, chissà, riuscire nella fondazione dei terribili stati uniti d'europa... credi che una sciagura simile sarà possibile?
    Ti ringrazio per l'attenzio, in bocca al lupo per la tua opera di divulgazione, continua così!
    Un abbraccio,
    Stefano

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    1. Ricambio l'abbraccio Stefano...il problema principale dell'euro, oggi come oggi, è che nessuna nazione potrà rispettare gli accordi del Fiscal Compact senza finire in una spirale recessiva senza fine...quindi nel giro di due o tre anni, tutti i nodi del Fiscal Compact verranno al pettine e, o verranno cambiati gli accordi, oppure qualche nazione sarà costretta ad uscire dalla zona euro (l'Italia è quella che subirà le condizioni di rientro dal debito più severe, con i suoi 50 miliardi annui di rimborso...)
      La mia ipotesi però è che non sarà l'Italia a staccare per prima la spina all'euro, ma paesi molto più evoluti nel dibattito contro l'euro come la Francia o la Germania...ricordiamo che qui in Italia non c'è nessun partito ufficiale che abbia una posizione precisa e chiara di rifiuto dell'euro, come causa di tutti i mali, mentre in Francia la Le Pen è riuscita a raccogliere quasi il 20% dei consensi elettorali, mentre in Germania la critica all'euro è sempre stata abbastanza sostenuta da tutta l'opinione pubblica di entrambi gli schieramenti, sia dei socialdemocratici, dei democratici cristiani che dei partiti emergenti come i pirati...la mia opinione è che quando la Germania verificherà che il suo piano aggressivo di rientro dal debito non funziona e la sua crescita economica andrà in stallo, saranno proprio i tedeschi a decidere di uscire dall'euro, per limitare la sua esposizione nei confronti dei paesi della periferia...e l'arco temporale è sempre quello dei due o tre anni...ad ogni modo, prima del settembre prossimo, non cambierà nulla a livello europeo, perchè i tedeschi dovranno affrontare le elezioni senza troppi traumi o cambiamenti di registro rispetto alla solita solfa attuale: paesi del sud porci e spendaccioni, noi tedeschi siamo i migliori, loro devono pagare per avere vissuto al di sopra delle loro possibilità etc etc...

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  6. Ciao Piero, ti ringrazio per la risposta.
    La mia paura è proprio questa.. cioè che per altri due o tre anni i tecnocrati continuino a spingere forte sul pedale delle austerità e delle privatizzazioni finché gli stati ancora ce la faranno a stare in piedi senza crollare irrimediabilmente, sia dal lato prettamente fiscale che da quello della tensione sociale.. ma che appunto, un attimo prima di farci esalare l'ultimo respiro cambino gli accordi e diano quel tot di ossigeno agli stati per "congelare" le loro drammatiche condizioni a un soffio dalla morte e da quel momento ci tengano in vita artificialmente così, come degli zombie, in una sorta di schiavitù dalla quale non riusciremo più a uscire. Sto male solo a pensarci!
    Considerando che al servizio di questi criminali ci sono alcune delle più brillanti menti del pianeta mi riesce difficile pensare che non abbiano valutato attentamente tutti i possibili sviluppi, specie se si considera le cifre da capogiro che ci sono in ballo. Io temo che SE un giorno l'euro cadrà sarà solo perché i tecnocrati avranno sbagliato i loro calcoli e tirato troppo la corda.. diciamo che sono più portato al pessimismo anche perchè le masse sono inermi, spaventate, anestetizzate e, quel che è peggio, "luogocomunistizzate"! Io me ne accorgo tutti i giorni, passo tutto il mio tempo libero a informarmi e a cercare di informare, ho rinunciato a tutti i miei hobby e ai miei divertimenti per avere tutto il tempo possibile da dedicare alla "causa" ma dall'altra parte 9 volte su 10 mi trovo davanti a un muro di paura e ignoranza impenetrabile nè con le buone nè con le cattive. Ed è davvero frustrante..
    A volte penso di essere stanco di fare questa vita, a volte penso che i miei connazionali non se lo meritino di essere salvati... ma tu lo saprai meglio di me, a ogni momento di sconforto ne segue subito uno di orgoglio che ci rimette in pista a fare ciò che riteniamo giusto per il nostro Paese e la nostra gente anche se i risultati non appaiono, almeno per il momento, convincenti. Lo dobbiamo ai nostri figli e ai nostri nipoti, finché ci sarà una speranza dovremo continuare questa lotta contro i giganti che ci hanno sottomesso. Chi la spunterà sarà solo il tempo a dircelo..
    Tu non mollare mai, stai facendo un ottimo lavoro, gente come te, Reimpresa, Barnard, ecc, siete ossigeno puro per questa povera Italia! E non dimenticare mai che non sei solo, nonostante il potente lavaggio del cervello dell'eurocrazia e della politica\stampa nazionale collusa col nemico, il nostro messaggio si sta spargendo a macchia d'olio, siamo ogni giorno di più.
    Continuiamo così e... in bocca al lupo a tutti noi!
    Grazie ancora per la tua risposta, tanti cari saluti,
    Stefano

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  7. Caro Piero,
    che tu prosegua a "bazzicare" il web, con la tua autentica passione civile di gentiluomo, fa bene a tutti.
    Tanto poi a fine marzo, non è che "loro" avranno cambiato idee: saranno sempre schierati a falange (tutti) a distruggere, sopire e troncare...la ripresa. Non si fermeranno finchè non avranno definitivamente distrutto la Costituzione e l'idea di democrazia sociale e del "lavoro" che l'ha fatta nascere dalle rovine del nazifascimo.
    Ma non possono continuare all'infinito nella loro ottusa desertificazione e dovranno rendere conto delle loro responsabilità.
    L'importante che un certo numero di italiani, appassionati, disinteressati, e, fin "da prima", con gli occhi aperti, sopravvissuti alla censura e all'ostilità del potere, possa sedersi a un tavolo per rivitalizzare la Costituzione con delle regole che assicurino che "tutto questo non si ripeta mai più"...
    Mortati, Carnelutti, Calamandrei non avrebbero accettato di sedersi al tavolo con dei "voltagabbana" (sebbene la Storia non si realizzi mai un perfetto "senso" ideale)

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