mercoledì 20 marzo 2013

MENTRE CIPRO SI RIBELLA, LA SICILIA CERCA UNA VIA DI USCITA DALLA GABBIA DELL’EURO


Se la situazione di Cipro è drammatica a causa della gestione dissennata delle sue banche e delle richieste scandalose proposte dagli organismi europei, la condizione della finanza pubblica della Sicilia, con debiti accumulati per oltre €18 miliardi, non è certamente da meno. Se la Sicilia fosse uno stato completamente autonomo come Cipro sarebbe già sull’orlo del fallimento e alla ricerca disperata di un piano di salvataggio esterno, che provenga dalla Russia, da Cina, dal FMI o dalla stessa Germania. Ma siccome, per fortuna o purtroppo, la Sicilia fa ancora parte l’Italia, sarà quest’ultima che in un modo o nell’altro dovrà assumersi il ruolo di prestatore privilegiato di prima istanza. Tuttavia, come facilmente desumibile da un’analisi più attenta, l’insostenibilità del debito siciliano è dovuta ad una serie innumerevole di concause che rendono davvero difficile trovare il bandolo della matassa: incompetenza e pressappochismo dei suoi amministratori, speculazione bancaria agevolata dall’assenza di interlocutori validi durante le trattative, crisi economica e finanziaria che sbriciolando i redditi ha ridotto le entrate nelle casse della regione, vincoli di pareggio di bilancio, suddivisione opaca degli ambiti di competenza, mancanza di enti di controllo centralizzato derivante dal principio di sussidiarietà imposto dall’Unione Europea. Ma a monte di tutte queste dinamiche intrecciate, resta sempre il problema principale di tutti gli stati che hanno accettato l’euro come unica moneta a corso legale: la perdita della sovranità monetaria.


Se la Sicilia fosse uno stato “sovrano”, monopolista unico della propria moneta, il suo debito sarebbe ancora insostenibile? E’ mai possibile che un ente pubblico si riduca nelle condizioni di non potere più pagare stipendi e pensioni? Stiamo parlando infatti di un debito pubblico regionale inferiore al 25% del PIL, quindi ben al di sotto della soglia mistico-teologica del 60% richiesta dal Patto di Stabilità europeo. Quindi? Qual è il vero problema sottostante? La spada di Damocle che pende sulla Sicilia, come su tutti gli stati che hanno aderito alla scellerata unione monetaria europea, è l’adozione di una “moneta straniera” di cui le autorità pubbliche, emanazioni della volontà popolare, non hanno più alcun controllo. Non solo i governi non possono più determinare la quantità emessa in base al fabbisogno di corretto funzionamento delle istituzioni pubbliche, ma nemmeno influire sul valore di cambio sui mercati valutari per favorire i normali meccanismi di equilibrio degli scambi commerciali con l’estero. La Sicilia, come tutte le istituzioni pubbliche dell’eurozona, è costretta a naufragare nell’ignoto in balia dei “mercati” e delle decisioni di un manipolo di tecnocrati autarchici asserragliati a Bruxelles e a Francoforte. Eppure, anche per la Sicilia come altrove, esiste una via di uscita per tirarsi fuori dalla gabbia infernale dell’euro.



Il “Progetto Sicilia”, elaborato dall’imprenditore Giuseppe Pizzino con notevole dovizia di particolari, potrebbe ridare una nuova speranza alla Sicilia (e chissà, anche all’Italia!), grazie alla possibilità per la regione di emettere una propria moneta complementare interna, da affiancare all’euro come unità di conto degli scambi con l’estero. La Statuto Speciale della Regione, promulgato su decreto regio nel 1946 e avente validità di legge costituzionale (articolo 116), concede alla Sicilia ampia autonomia politica, legislativa, amministrativa e finanziaria. In particolare l’articolo 41 dello Statuto recita testuali parole: “Il Governo della Regione ha facoltà di emettere prestiti interni”. E cos’è oggi la moneta se non un debito circolante interno e irredimibile dell’ente emettitore? Potrebbe quindi, a norme di legge, la Regione Sicilia emettere una propria moneta sotto forma di debito interno? A quanto pare sì. E il “Progetto Sicilia” ha pure già dato un nome a questa nuova moneta: il Grano. Un nome antico, simbolico, evocativo, che ricorda la vera ricchezza su cui si basava il prestigio dell’isola nel Mediterraneo, fin dagli albori della sua storia.


Sabato prossimo, 23 marzo, a Castellammare del Golfo (TP), a partire dalle 17.30 presso l’Aula Consiliare del Comune, si terrà un convegno organizzato da Reimpresa Sicilia in cui il curatore del “Progetto SiciliaGiuseppe Pizzino avrà la possibilità di spiegare e descrivere i dettagli della sua proposta. Il sottoscritto invece, in qualità di blogger di Tempesta Perfetta, avrà il piacere e l’onere di introdurre la sua relazione, fornendo dei brevi cenni di politica monetaria e ripercorrendo in rapida successione l’evoluzione del concetto di “moneta dalle origini fino ai giorni nostri. Un argomento più che mai attuale, perché non è un mistero che la crisi odierna dell’euro e dell’eurozona nel suo complesso affondi le sue radici in un’errata e contraddittoria interpretazione del concetto di moneta moderna. Come stiamo verificando sulla nostra pelle, l’autorità monetaria, in questo caso la BCE, non può avere come unico obiettivo il controllo della stabilità dei prezzi, perché in questo modo viene meno il supporto alle politiche fiscali delle istituzioni pubbliche e democratiche e il sostegno alle politiche economiche necessarie a garantire l’attuazione di programmi di occupazione, rilancio e ripresa economica. Un’assurdità che stride apertamente con ciò che avveniva in passato (i re coniavano le monete per spenderle e non per garantirne il “valore” inalterato nel tempo) e con ciò che accade oggi in tutti i paesi più sviluppati e moderni del mondo (pensiamo a Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Svezia, Norvegia).


La sovranità monetaria, fuori da essere un concetto anacronistico e nazionalistico, è una delle peculiarità fondanti di qualsiasi organizzazione complessa e democratica che si reputi tale e intenda perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, equità, libertà e giustizia sociale per il bene della sua cittadinanza. In assenza di questo strumento, le autorità pubbliche esautorate di qualsiasi potere “sovrano” e private degli spazi di manovra necessari, sono costrette a collassare come le tessere di un domino impazzito. Restringendo anno dopo anno, mese dopo mese, tutte quelle garanzie, tutele e diritti dei cittadini sui cui sono edificate le nostre costituzioni democratiche. E abbiamo già visto con i nostri occhi cosa è accaduto a Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna, Cipro e fra non molto, purtroppo, anche a Italia (già in parte devastata dalle politiche di austerità) e Francia. Con la tipica strategia di lasciare che le cose evolvano in una lenta ma inesorabile agonia e la gente cominci ad abituarsi a considerare come “normali” e “ineluttabili” tutte le progressive privazioni e i sacrifici: vi ricordate la storiella della rana che non si accorge di morire quando viene immersa in una pentola di acqua fredda e lasciata bollire lentamente? Ecco, in Europa, per quanti non se ne fossero ancora accorti, sta accadendo una cosa simile. E noi cittadini purtroppo siamo le rane destinate al martirio. Alcuni di noi sono già bolliti e defunti (i piddini vi dicono niente?), altri hanno invece la tentazione di lasciarsi abbandonare al tepore dell’acqua (i grillini che hanno cominciato a pregustare le comodità del parlamento e pensano che tagliando gli stipendi e i costi della casta abbiamo risolto tutti i nostri guai) e altri ancora invece cercano di saltare fuori dalla pentola in tutti i modi possibili (mi riferisco a quelle persone, a quei movimenti, a quelle associazioni, che hanno ben individuato nell’euro e nelle istituzioni sovranazionali europee la vera causa di tutti i nostri problemi e nel ripristino della “sovranità nazionale” a tutti i livelli la soluzione per venirne fuori).   



L’ideologia secondo cui il “mercato” prima o dopo aggiusta tutti gli squilibri sociali, finanziari, economici si è rivelata fallace e fallimentare, perché il “mercato” non ha mai avuto e mai avrà “doveri” sociali da rispettare e funziona esclusivamente in base alle sue specifiche dinamiche interne: ricerca di profitti, aumento di competitività a qualsiasi costo, concorrenza spietata e tendenza a creare monopoli e cartelli, successione di cicli espansivi e recessivi senza soluzione di continuità, incapacità di coordinamento dato che ogni operatore cerca di massimizzare i propri rendimenti a scapito di tutti gli altri. Se aggiungiamo a tutte queste debolezze di fondo l’assenza dei normali meccanismi di aggiustamento di cambio seguiti all’introduzione di una moneta unica in Europa, possiamo capire come il raggiungimento di una qualsiasi forma di equilibrio e stabilità nel continente sia ormai una lontana chimera (a parte le inaccettabili condizioni di stabilità e equilibrio concesse dai regimi oligarchici e totalitari, in cui esiste una ristretta casta di eletti e una maggioranza indistinta di poveri e sfruttati: ma mi pare così, ad occhio e croce, che i nostri nonni non avevano combattuto per lasciarci in eredità un tale regime! E nel 1947 fu approvata una certa carta dei diritti e dei doveri chiamata Costituzione della Repubblica Italiana!). E chissà che la riscossa della democrazia contro i “mercati”, della dignità umana contro lo spread, non riparta proprio dalle periferie più lontane del Sacro Europeo Impero: da Cipro e dalla Sicilia. Noi ci saremo. E da sabato speriamo di essere ancora di più! 


11 commenti:

  1. Grande Piero. In bocca al lupo per sabato. Anche se distante, sarà come se fossi li a sostenerti! :-)
    Carlo.

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  2. Molto molto interessante, spero che sia possibile seguire o comunque vedere i lavori su youtube.

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  3. Ciao,che ne pensate delle monete monete complementari?Secondo voi possono essere un'alternativa,magari anche provvisoria,al sistema monetario attuale?In Sardegna ha quanto pare vogliono usare la moneta locale,il Sardex (http://www.sardex.net/),a livello regionale,insieme alla completa zona franca http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2013/03/sardegna-parla-cappellacci-zona-franca.html ...Sembra una buona idea,che ne dite?

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  4. Buongiorno, penso che Grillo sappia benissimo, col suo referendum sull'Euro, cosa vuole raggiungere, la conversione del debito estero in una nuova valuta italiana (svalutabile)e abbattere il debito che attualmente é nelle grinfie degli speculatori a causa del cambio e spread incontrollabili. Penso che, il ragionamento di creare nuove monete regionali, in modo da usare lo stesso grimaldello per ridurre il debito locale, possa avere problemi ben maggiori dovuto ad una difficoltà dei commerci con 20 monete diverse. Pur essendoci una incontrovertibile differenza economica tra Sud e Nord (che si esprime con un differente potere di acquisto nelle due aree), il solo fatto di uscire dall'Euro renderebbe magiormente gestibile i debiti locali, ma ciò non può essere la scusa per una gestione opaca/clientelistica/partitocratica/corrotta e antieconomica delle finanze locali. Prima si riduce la spesa e una volta che gli interessi e le spese sono uguali al 100% delle entrate, si abbatte il debito con operazioni finanziarie (anche prestiti nazionali o di altre regioni)e cessione (dazio in gestione) del patrimonio regionale.
    Basta a gestioni spenderecce/scellerate e partitiche, che hanno causato tutto ciò IN PRIMIS.
    Paolo D.

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. Penso che Grillo ci stia invece marciando col referendum, non volendo lui e non sapendo i cinque stampellati come comportarsi sulla questione monetaria. E intanto la disinformazione fa passi avanti. La differenza economica Nord-Sud è ascrivibile anche alla moneta unica italiana (pre-euro) che per un secolo e mezzo ha impedito il riequilibrio del Sud gravato da un deficit strutturale. Ben vengano queste iniziative, specialmente se preludono all'autonomia valutaria.

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  5. Incredibile sentite che bordate all'UE, lancia Milano Finanza:


    “Cipro, crisi a orologeria

    La crisi finanziaria cipriota è stata subdolamente trascurata perché è sintomatica di quattro gravi carenze del sistema europeo. Anche in questi giorni viene considerata un impaccio: il salvataggio è paradossalmente tanto piccolo dal punto di vista dimensionale quanto potenzialmente dirompente dal punto di vista sistemico. Ci sono quattro aspetti da considerare.

    Primo punto. Ancora una volta, come già nei casi di Islanda, Irlanda e Spagna, la crisi finanziaria cipriota non dipende da un comportamento scarsamente virtuoso delle finanze pubbliche ma dal fallimento del sistema bancario, per via delle perdite insostenibili sugli affidamenti interni e internazionali. Come nei casi della Spagna, che aveva ridotto il rapporto debito pubblico-pil dal 59,3% del 2000 al 36,1% nel 2007, e dell’Irlanda, che era passata dal 37,8% al 25%, anche Cipro aveva ridotto virtuosamente questo rapporto dal 59,6% al 48,9%.

    In pratica, solo la crisi greca è derivata da un comportamento scorretto dell’operatore pubblico, che aveva truccato i conti per ottenere l’ammissione nell’Eurozona. IL MANTRA DEL TRATTATO DI MAASTRICHT COME STRUMENTO-CHIAVE PER OTTENERE LA STABILITÀ FINANZIARIA NELL’AREA E ORA QUELLO DEL FISCAL COMPACT PER RIPORTARE ORDINE E SALVAGUARDARE L’EURO DALL’IMPLOSIONE È CHIARAMENTE UN FALSO.”

    Fonte: http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=201303221916255605&chkAgenzie=TMFI&sez=news&testo=&titolo=Cipro,%20crisi%20a%20orologeria

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  6. Intanto, anche a Genova:
    http://www.genova24.it/2013/03/%E2%80%9Cfelici-di-crescere%E2%80%9D-aponte-msc-%E2%80%9Clitalia-dovrebbe-uscire-dalleuro%E2%80%9D-48714/
    E i genovesi, che conoscono bene il valore del denaro :-), sanno perciò quel che dicono

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  7. Buongiorno costosa amici!
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