La complessità spesso spaventa e pur di non guardarla dritta in faccia
e capire quanto è profondo e difficile il cammino che porta alla verità, preferiamo trincerarci dietro
facili semplificazioni: la spesa pubblica improduttiva, la casta spendacciona,
la corruzione. A volte queste semplificazioni
sono necessarie per non appesantire troppo il discorso e rendere scorrevole il
ragionamento, altre volte invece rischiano di farci precipitare verso la più
assoluta vacuità. Deragliamo facilmente dalla giusta direzione, sbagliamo il
bersaglio. Un’analisi molto più accurata di ciò che succede negli ingranaggi
dell’amministrazione pubblica, come quella proposta dall’ottimo blog Orizzonte48, ci mostra invece come con
prudenza, lucidità, competenza si possa aprire un varco di luce all’interno del
palazzo e una volta capiti alcuni suoi meccanismi, distorsioni, cominciare ad
avere meno paura di quella complessità che tanto ci spaventa. La sensazione di
sospensione e disorientamento che ho avuto io leggendo questo articolo tutto d’un
fiato è stata molto simile a quella fuga onirica e surreale che si prova
leggendo i libri di Kafka (il Processo e il Castello in particolare). Vi
consiglio di leggere con attenzione questo articolo, magari a pezzi, a piccoli
sorsi, per assimilarlo e metabolizzarlo bene. Ne vale la pena. E’ un
arricchimento in tutti i sensi.
Dopo aver perso molto tempo
utile dietro vani tentativi di dare forma e sostanza ad un Movimento Democratico Aggregante per la riconquista della sovranità
nazionale a tutti i livelli, mi sono accorto amaramente che forse ancora è
troppo presto, è prematuro perché si creino solo le basi per la nascita di un
simile Movimento. Nei prossimi mesi vedrete sfilare davanti a voi tanti carrozzoni elettorali colorati di
arruffapopoli al grido di: “Sovranità
Monetaria! Fuori dall’euro! Piena Occupazione! Noi siamo i giusti! Noi siamo i
vincenti! Noi siamo l’Italia”. Ma per esperienza personale e diretta vi
dico che all’interno di questi Movimenti c’è il vuoto più assoluto, nessuna percezione
reale della complessità dei problemi che ci troviamo ad affrontare, solo slogan accattivanti, emotività allo stato puro, fanatismo della peggiore specie e la foga, la fretta, l’affanno di
conquistare qualche poltrona in parlamento. Per non parlare poi dell’opacità mostruosa con cui vengono gestiti
i processi decisionali interni, il flusso di denaro, la selezione della presunta classe dirigente,
la condivisione dei metodi e delle
regole, la contraddizione di termini
nel voler combattere il sistema
oligarchico e privatistico che ha imposto dall’alto l’Unione Europea ai
popoli senza chiedere mai la legittimazione democratica dei cittadini
riproducendo esattamente al proprio interno i suoi stessi vizi di forma: tutto
viene calato dall’alto, lavorando sulla pressione
e il ricatto psicologico, in nome della continua eccezione alla regola, alla forma, al metodo perché i tempi sono
stretti ed è talmente tanto importante il nostro obiettivo che qualche accelerazione è d’obbligo. Vi ricorda qualcosa questo modo di fare e
di pensare?
Per rispetto per le tante
bravissime persone che ho conosciuto e che lavorano alacremente all’interno di
questi Movimenti, animati da giusti e
sinceri propositi di cambiamento, non vi dirò mai il nome del carrozzone
elettorale in cui anch’io, per eccesso di fiducia, zelo e trasporto mi sono
trovato coinvolto per alcuni mesi. Ma sono sicuro che tanto lo capirete
benissimo da soli, quando il carrozzone farà la sua trionfale apparizione sul palcoscenico della ribalta mediatica. Per il resto, posso solo dirvi e ripetervi che il Movimento già esiste e siamo tutti noi.
La Storia continuerà anche dopo
questa fatidica data delle elezioni del 10 marzo. E non sarà affatto necessario
avere qualche poltrona in parlamento per accelerare il cammino della Storia. Quando
si calmerà questo gigantesco polverone
elettorale, si vedrà veramente chi avrà ancora le armi giuste per continuare a combattere e chi invece ha voluto solo
sfruttare il pretesto elettorale per raccogliere finanziamenti da generosi
benefattori, rimanendo poi con le armi spuntate o peggio ancora dileguandosi
nell’ombra con il bottino. Il fine
giustifica i mezzi, anche io utilizzo spesso questo principio di
pragmatismo politico. Non me ne vergogno affatto, perché ho la presunzione di
conoscere sufficientemente bene quale sia il fine verso cui tendere e i mezzi
di cui stiamo parlando.
Ma quando poi ti accorgi che
attraverso questo fine e questi mezzi la gente pretende di controllare e snaturare
le linee guida ispiratrici di un Movimento spontaneo nato dal basso, al grido
di chi ha più soldi comanda ed impone le
sue condizioni, devi ammettere che è tutto inutile, è ancora troppo presto:
prima di promuovere improbabili cambiamenti
politici ed economici di paradigma, la gente deve capire che serve un cambiamento di paradigma culturale, un salto di qualità a livello di percezione e
di coscienza. Se pensi ed agisci come il nemico sarai sempre costretto a
perdere, perché il nemico è enormemente più forte e organizzato di te. Bisogna spiazzarlo
il nemico, disorientarlo, conoscere a fondo i suoi punti di forza e di debolezza,
per poi agire secondo nuove regole e rifiutare categoricamente i vecchi schemi.
Non vi nascondo che dopo aver visto e sentito certe cose in questi ultimi
giorni, sono rimasto inorridito, inquietato, scoraggiato. Nelle prossime
iniziative in cui continuerò a partecipare (è nella mia natura), avrò cura di
valutare meglio lo spessore morale, culturale,
comportamentale delle persone che vorranno progettare insieme qualcosa di
veramente serio, costruttivo, efficace, radicato prima nella coscienza della
gente e poi sul territorio, nelle piazze, nei palazzi, nei parlamenti. Non è un
caso che pubblico proprio oggi un articolo di Quarantotto. Tutto torna
più limpido ai miei occhi adesso, il cerchio si chiude.
Di
Quarantotto
1. ANTEFATTO METAFORICO
Il dottor Petiot fu a lungo
stimato per le sue conoscenze scientifiche, addirittura lodato per la sua
utilità alla comunità come medico, che, dicevano, faceva “avanzare” la scienza
medica. Ma se si fosse analizzata in dettaglio la sua vita precedente, senza
pregiudizi e distorsioni, determinate da un “certo tipo di consenso” pubblico
(divenne persino sindaco del suo paese), con tutte le abbondanti “tracce” di
una crudeltà inumana (o “troppo umana”), sostenuta dall’incrollabile fede nelle
sue ragioni, gli stessi benpensanti che lo avevano lodato sarebbero stati
terrorizzati…
Leggendo, e facendo i dovuti
collegamenti, capirete il “nesso” (“nexus”, per coloro che ricordano i
“modelli” dei replicanti in Blade Runner).
Ovviamente la storia si
manifesta prima in tragedia e poi si ripete come “farsa”. Ovviamente…
2. MACROECONOMIA E IL
LUOGOCOMUNISMO AZIENDALISTA
L’essenza di ciò che
consente di “prosperare” all’azione dei doctor Petiot del nostro tempo, è
un’idea alterata e manipolativa dell’economia politica, della macroeconomia
applicata all’esistenza dello Stato come soggetto “insopprimibile” delle
dinamiche socio-economiche. Per sminuirne la funzione si fa passare l’idea che
lo Stato, cioè noi in quanto cittadini-elettori, dovrebbe comportarsi come una
buona massaia (quella sì che sa far quadrare i conti…peccato che gli stessi che
ne esaltano le doti, facciano di tutto per non farglieli quadrare e piuttosto….
”girare”…non i conti)
La macroeconomia, infatti,
non è la scienza dell'economia "familiare" o “aziendale”. Chi lo
sostiene nega, maliziosamente (i “seguaci”, magari per ignoranza), l'essenza
del suo presupposto caratterizzante: il fenomeno organizzativo, pre-economico
(cioè sociale “generale” e non “aziendale”), costituito dalla presenza di un
ente politico comunitario – lo Stato- che garantisce un bene come l'ordinata
convivenza civile, promuovendo il benessere (almeno nelle enunciazioni indefettibili
delle carte costituzionali democratiche).
Questo “ente” non solo non può essere
assoggettato alle leggi “micro” per definizione (cioè per sua funzione e
finalità), ma la sua azione deve (sempre e comunque) influire sul “caotico”
combinarsi seriale delle leggi microeconomiche, che, essendo tendenziali,
incorporano la deviazione effettuale dagli equilibri teorici e il loro
periodico travolgimento.
Una volta che lo Stato sia
concepito come una “società per azioni”, non c’è limite alle distorsioni
dell’interesse generale che ciò determina. La prima è che gli Stati sono visti
come maxi-imprese in contesa economica tra loro nella logica della
“competitività”. Con la compromissione non solo del “fogno” della pace e
prosperità universali, ma dello stesso benessere dei rispettivi cittadini. E
non lo dico io, lo dice Krugman “Per fare una dura ma non completamente
ingiustificata analogia, un governo sposato all'ideologia della competitività è
altrettanto improbabile faccia una buona politica economica quanto un governo
impegnato nel creazionismo possa fare una buona politica della scienza, anche
in aree che non hanno relazione diretta con la teoria dell'evoluzione” (http://documentazione.altervista.org/krugman_competitivita.htm)
Quindi la macroeconomia si
trova inevitabilmente a lavorare su presupposti inevitabili di "non
esattezza" (non voglio esplicitamente coinvolgere la
"indeterminazione"), dovendo osservare fenomeni umani collettivi,
organizzati su valori storicamente mutevoli. E' dunque una scienza sociale a
carattere (precondizione implicita necessaria) “assiologico” e come tale non
univoca per sua stessa ipotesi metodologica (non può prescindere da giudizi di
valore, storicamente determinati, data la necessaria restrizione delle
variabili considerate rispetto alla complessità). Non di meno tale scienza
sociale è "aperta", cioè assume l'arricchimento di dati e analisi
come fattore costante di evoluzione e dialettica rafforzativa delle ipotesi
(che come sappiamo è quasi impossibile sperimentare).
Ora le analisi e le
“soluzioni” che discendono dall’UE risultano inevitabilmente tutte immerse
nella politica preconfezionata dalla ideologia UEM, radicalmente concepita come
corollario della competitività tra Stati (v. sempre Krugman, sopra citato).
Ciò sarebbe, in coerenza con
quanto abbiamo premesso, perfettamente naturale e legittimo, se non fosse per
il trascurabile “dettaglio” che i suoi “razionali” sono accuratamente nascosti,
dato che si tratta di un'ideologia (Bundesbank’s version del Washington consensus”
e Von Hayek come profeta…del darwinismo “sociale”), non soltanto criticata
proprio dalla schiacciante maggioranza degli economisti “seri” (premi Nobel e
con pubblicistica universalmente accettata), quanto contraria alle Carte costituzionali dei paesi interessati.
Cioè ogni Stato democratico
ha già compiuto le sue scelte “assiologiche” ma, senza alcuna armonizzazione
tentata o risolta, su queste piomba con tutto il suo peso l’assiologia
“occultata” del disegno europeo, su tutte la UEM, che risulta sterilizzare o
“annullare” la dinamica realizzazione dei rispettivi valori democratici
costituzionalizzati.
Questo è stato descritto
“anche” dai costituzionalisti, con vari accenti, ignorati altrettanto quanto il
parere degli economisti più autorevoli, cfr., come esempio eloquente, “Il
costituzionalismo asimmetrico dell’Unione”, a cura di Antonio Cantaro, Torino,
2010 (notare l’anno, così tragicamente prossimo alla crisi, irreversibile, oggi
conclamata e ieri prevista in dettaglio).
3.
CONSENSO MEDIATICO E POLITICHE DEI GOVERNI TECNICO-EMERGENZIALI.
Ma
che economisti e giuristi specialisti siano stati inascoltati, e lo rimangano
contro ogni evidenza, è, in buona sostanza, un problema mediatico (chi legge i
libri di economisti e costituzionalisti non “cooptati” nel circo mediatico?
Oggi, guarda caso, ne stiamo constatando i “corollari” in modo molto attuale…).
Nel
versante mediatico, così cruciale per la formazione della pubblica opinione e
del “consenso” anche elettorale, si trova probabilmente il più alto grado di
responsabilità per l’attuale situazione.
Non
a caso, un incondizionato entusiasmo
mediatico, scisso dai fatti che si verificano con manifesta “tragicità” davanti
agli occhi di tutti, sorreggono i “governi dei tecnici” (in mezza
europa…debitrice e, perciò, PIGS). E questo dovrebbe condurci a fare utili
deduzioni sulla natura dei potenti di turno, sul tratto unificante di questo
potere.
Nella
situazione attuale, registriamo un fenomeno di tale entusiasmo convergente e
assolutizzato verso l'azione del governo (“l’Agenda Monti”…tra un po’ ci si
giurerà sopra come sul Vangelo) che, dati i soggetti da cui promana (i
giornalisti "sempre-proni" e gli “esperti ufficiali”, officianti il
rito della ripetizione degli slogan di “diversione” dalla verità, quale indicata
dalla scienza imparziale e libera nei fini), sta ad indicare che attualmente il
potere, nella veste governativa, si manifesta al suo stato mistificatorio
"quasi puro" (cosa che non si poteva dire rispetto all'era di B. ed
alla sua imperfezione, che costringeva gli stessi soggetti
mediatici-espertologi, a preoccuparsi
delle sue plateali contraddizioni, spesso, al tempo, per giustificarle,
lacerando continuamente la legittimazione che il disegno UEM ricercava).
E
quale risulta il tratto essenziale di questo potere ora "manifesto"?
L'Europa, la mistica del "ce lo
chiede l'Europa", il dogma che tutto quanto sia già "stabilito"
in quella sede si connoti automaticamente in un valore operativo
incontestabile, tale che intere nazioni e moltitudini di esseri umani,
teoricamente dotati di possibilità critiche e di cultura evolvibile, ne
"debbano" essere plasmati senza possibilità di mediazione.
L'ordine
costituito (abbiamo visto, nebulosamente, e senza alcuna solida chiarezza
condivisa) a livello europeo, svolge quindi la funzione assiomatica tipica dei
principi rivelati delle religioni monoteiste. Una nuova teologia si esercita in
paralogismi per trovare corollari logici che appaiano persuasivi per la
Ragione, senza mai mettere in contestazione i presupposti del "nuovo
ordine".
Una
macchina di condizionamento infernale sta così chiudendo ogni possibile
discorso costruttivo sulla realtà in divenire: in nome dell'Europa si preclude la riflessione sugli scopi
stessi dell'organizzazione politica umana, sul ruolo evolutivo delle
Costituzioni, sulla pervasività di un'economia sovrastata da una finanza
regolata da algoritmi che incorporano soltanto il profitto nel breve termine.
La dimensione antropologica del benessere e della comunicazione tra individui e
popoli viene considerata tutta già definitivamente risolta nel quadro
para-etico di questa mistica, che tende ormai al trascendente.
Ora, dati gli svariati fattori moltiplicatori
dell'incidenza sul PIL dell’austerity “che promuove la vera crescita” (come
“vera fede” era quella che portava a scannare gli eretici e a fare le crociate
contro di essi, come accadde per i “catari”), cioè di maggiori tasse e minore spesa pubblica, risulta eloquente la
vicenda dei “fiscal multiplier”
corretti dal FMI e tutt’ora ignorati da Commissione e governi di
“commissariamento condizionale”.
Questi
elementi, sommati a fattori di contesto legati in termini di “compresenza
significativa”, come il credit crunch
e la simultanea austerità dei paesi UE (la cui domanda in parte si riflette
sulla nostra offerta in esportazione intra-area, e noi siamo sempre, per quanto
non piaccia agli autodetrattori, il secondo esportatore dell'area), si
scontrano ormai col fatto, puntualmente ignorato dai media (o con un risalto
“trascurabile”), che lo stesso FMI HA CALCOLATO L'OUTPUT-GAP, CIOE' LA
RECESSIONE CUI ANDREMO INCONTRO NEL PROSSIMO TRIENNIO, SENZA CORREGGERE LE
POLITICHE "MONTI-BCE-BUNDESBANK", NELL'8%.
(http://www.consulenza-finanziaria.it/2012-una-recessione-mai-vista-prima/)
Il resto sono chiacchiere e distintivo dell'associazione anime belle
(?)-che-pensano-che-l'euro-sia-una-grande-idea-evviva-lagermania-che-la-merkel-è-tanto-brava-e-ci-salverà-dalla-corruzione…
4.
L’ANNIVERSARIO DI TANGENTOPOLI E “IL TRADIMENTO DELLA POLITICA”
La
firma di Maastricht e il culmine di “Tangentopoli” si verificarono
simultaneamente, esattamente come oggi si ha l’impressione che sia stato
“scoperto” il verminaio della corruzione e dei “costi della politica”, e, come
abbiamo capito nei circuiti extramediatici della rete, non è un caso.
Il
fenomeno Tangentopoli, così come oggi la levata di scudi
“casta-corruzione-debitopubblicobrutto”, sono stati definiti come
"tradimento della politica" , che sarebbe cioè venuta meno al suo
presunto onere di “auto correggersi”, (idea ridicola e un po’ paradossale che
ignora i veri “rapporti di forza”).
Ammettiamo
che una legge perfetta contro la corruzione sia fatta: scomparirebbe per questo
il "tradimento della politica"?
No,
perché, come vedremo in dettaglio più oltre, la corruzione della mazzetta e
della malversazione è solo la forma più rozza di consolidamento degli
"affari" contrari all'interesse pubblico che alterano la funzione
(costituzionale) degli organi di governo democratico. Con un ordinamento
legislativo orientato, nella sua crescente globalità, a consentire questi
"affari", si potrebbe avere paradossalmente assenza di corruzione in
senso penalistico (o corruzione dei soli rubagalline) e massima ingiustizia e
assetto predatorio dell'oligarchia rispetto al popolo (teoricamente) sovrano (e
l'euro è, in sé, l'esempio più tragico di ciò).
I migliori affari ormai vengono pianificati nelle istituzioni UE (BCE in testa,
con le sue "lettere" su mercato del lavoro e privatizzazioni della
ricchezza pubblica, tese a rassicurare, o meglio, “orientare” gli investitori
finanziari alla ricerca di una garanzia per il loro crescente credito) e oggi,
paventare la sola "restaurazione" berlusconiana finisce per
affrontare un problema "minore".
Cioè
del come esistano ancora le "cricche" di mezze figure, (rispetto ai
veri players che ricoprono il ruolo
di “incumbent” dell’indirizzo
politico continentale), che sgomitano illecitamente, come sostanziali emissari
della politica (bipartisan), per sedersi al tavolo degli affari con i potenti,
che comunque, e sempre più incontrastati, non hanno bisogno di commettere
illeciti per ottenere l'ampliamento delle loro rendite a scapito della
generalità, ma "ottengono" leggi e regole, grazie allo
strutturale asservimento delle istituzioni, ormai svuotate da organismi
sovranazionali e non democraticamente rappresentativi...
Sulla
tomba della Costituzione scriveremmo "Ce lo chiede l'Europa"..
5. EUROPA, CORRUZIONE, SPESA
PUBBLICA E PRIVATIZZAZIONI.
Sia come sia, ma la
narrazione (direbbe Vendola) dell'euro si accompagna fin dall'esordio
inscindibilmente all'idea che lo Stato, l'ente pubblico, la cura dell'interesse
generale mediante forme pubblicistiche, siano un male in sè, perchè sarebbero
inefficienti e portatori di corruzione (e, ripetono, lo “capirebbe qualsiasi brava
massaia, la stessa che, pensate un pò, sarebbe la più colpita dall’inflazione
in caso di uscita dall’euro). Cioè non sarebbero stati finora gestiti come
un’azienda (rectius una “impresa”, ma
tant’è), ovvero come una “famiglia”. Ciò che abbiamo visto al par.1 essere la
bufala più amata dal partito unico-mediatico dell’euro…
Questa premessa
indimostrata, asseverata, già venti anni fa, dall'ondata emozionale degli anni
di tangentopoli -e dall'ignoranza
perseguita nell'identificare correttamente le cause della dilatazione, via
interessi passivi, del debito pubblico italiano-, ha portato a un assetto
di questo tipo (Ndr: buona parte di
questa elencazione la ritrovate nel libro “Il tramonto dell’euro” di Alberto
Bagnai, di cui il virgolettato riflette una diretta citazione):
a) si è deciso di introdurre la società di capitali come
forma prevalente di gestione dei servizi pubblici, specie locali (ma non
solo, e non solo servizi).
b) si è introdotta l'idea
che ciò avrebbe evitato (non si sa
perchè) ulteriore corruzione, specialmente se si fosse sviluppato il
partenariato pubblico-privato: il privato porterebbe, sempre, non si sa bene
perchè, un'esperienza “vincente” che avrebbe fatto abbassare i costi e le
tariffe;
c) per agevolare la
"efficienza", dando la colpa della
corruzione (che in sè non è detto che sia legata alla inefficienza, in
termini di rapidità decisionale, anzi) alla
burocrazia, si sono aboliti i
controlli preventivi di legittimità sugli atti principali che
comportano una spesa (svolti dalla Corte dei conti, nonchè dai co.re.co e dagli
organi statali che la esercitavano sugli atti regionali). Così, costituzione di
queste società, capitalizzazioni, scelte dei soci e metodi relativi, decisioni
di spesa, tipo bandi di gara e susseguenti procedure, sono stati sottratti a
controllo preventivo, proprio quando
irrompeva la super-regolazione di derivazione UE in materia (regolazione a
ondate, sempre più stratificata), cioè quando più forte si poneva l'esigenza di
verificare il rispetto delle più complesse regole;
d) tale disciplina europea, anche se in crescente finalizzazione
"apparente" alla logica concorrenziale, in realtà, ponendo una serie
inestricabile e sempre più complicata di parametri, requisiti, standard,
certificazioni legittimanti, forme associative tra imprese, si risolve in
generale nel privilegiare le imprese più
"grandi" e quelle che già godevano di rapporti pre-instaurati con la
pubblica amministrazione (imprese spesso coincidenti tra loro);
e) si è privatizzato il sistema bancario, rigorosamente in nome dell'Europa
e dello Stato-cattivo, ma al tempo stesso si è creata una componente
fondamentale e spesso decisiva di controllo
azionario-bancario mediante il sistema delle fondazioni, “influenzate”
a loro volta, in intrecci solidali tra le fondazioni stesse, dagli enti pubblici territoriali
mediante i soggetti amministratori da questi nominati; ciò, in aggiunta, senza alcun controllo sulle relative
nomine, non solo preventivo, come s'è visto abolito, ma anche sul rispetto
di labili parametri legali di
individuazione dei "nominati" da parte della politica;
f) si è proceduto (tradendo
le roboanti affermazioni iniziali post-tangentopoli) a rendere fortemente dipendenti dalla politica i dirigenti pubblici in
posizione decidente della spesa pubblica, e ciò con incidenza,
principalmente, a livello locale, per le spesa conseguente a scelte di pianificazione territoriale e di politica
industriale, area decisionale che, a sua volta, conduce a costituzione di
società, a scelta dei soci, ed all'aggiudicazione di un sistema di appalti
proiettati su fronti crescenti di attività in precedenza pubbliche (dalla
gestione delle ex aziende pubbliche di servizi, alla
"esternalizzazione" di segmenti di attività amministrativa, affidata
a "privati" come diretti erogatori di servizi “interni” alla p.a.:
informatizzazione, contabilità e gestione del personale, servizi di pulizia
ecc.);
g) si è, contemporaneamente,
provveduto a amplificare, prima a
livello legislativo, poi costituzionale, la sfera operativa e funzionale di regioni
e enti locali, trasferendo ad essi il potere di spesa e di assunzione del
personale relativo (il tutto sempre nella simultanea abolizione dei controlli
preventivi di legittimità sugli atti corrispondenti).
Shakerate il tutto e
otterrete, come corollario dell'Europa,
cioè della combinazione della
“sussidiarietà” e della libertà del
mercato - mai ben identificato, stante anche le falle della disciplina
antitrust-, un gigantesco spazio di
trattativa, libera da effettivi ostacoli nelle regole univoche e stabili del
diritto pubblico, tra privati e politica (non propriamente con
l’amministrazione pubblica, dato l'asservimento che evidentemente consegue da
tale disegno, della prima alla seconda), per poter disporre dei beni, dei
servizi e della relativa provvista finanziaria pubblica.
“Il meccanismo è perfetto.
Si vuole creare una società per gestire lo studio delle problematiche tecniche
di certe opere pubbliche, a livello regionale o di grande comune; si trova il
dirigente (politicamente scelto a ampissima discrezionalità) che ne approva lo
schema tecnico, la giunta che lo delibera, i capitali forniti dalla banca
vicina alla fondazione a sua volta "vicina" alla maggioranza che
delibera...e induce nei tecnici pubblici dipendenti le scelte a valle, et
voilà...
Avrò capitali, controlli
limitatissimi (al massimo a posteriori e in termini di efficienza, ma
sprovvisti di vera sanzione ostativa del disegno), libertà di aggiustare –
spesso con trattative private determinate da urgenze
divenute insindacabili, ovvero con bandi su misura- la scelta dei soci
privati, dei destinatari degli appalti (dato che la società tenderà a calibrare
studi di fattibilità e bandi sulle caratteristiche, politicamente e
inevitabilmente "volute", del soggetto creato ad hoc tra imprese amiche
e prestanomi dei politici).
I politici saranno soci
(azionisti), medianti prestanomi o colleghi di secondo piano, o
"tecnici" di area (senza selezione che non sia la vicinanza politica)
dello stesso ente che forma la società. Soci espressione di grandi imprese
diverranno anch'essi parte della compagine e sosterranno quella parte politica:
se l'andamento della società è in deficit, gli stessi soci potranno liquidare a
condizioni vantaggiose le loro partecipazioni, lasciando ai bilanci,
incontrollati nelle forme pubbliche ormai abolite, di aggiustare valori e stime
degli assets e delle prospettive di redditività.
I debiti contratti per
capitalizzare e i deficit saranno ripianati, indirettamente o
direttamente, prima o poi, dal centro (lo Stato), -sotto la pressione del
ricatto sul "paventato collasso" dei servizi per anziani e infanzia-,
da amministratori centrali parte della
stessa cricca politica che controlla le nomine nella società, o a cui
viene dato il potere di farne per partecipare alla spartizione,
garantendosi comunque anche la continuità
del credito effettuato dagli amici banchieri in cordata con le fondazioni
bancarie (controllate dalla stessa politica locale e centrale).
Il meccanismo ha
applicazioni multiple e variate. L'abilità sta proprio nella convergenza delle leggi verso questo
obiettivo di sistema. La corruzione diviene un fatto conforme alle regole:
solo gli sprovveduti e gli arroganti incorrono negli strali della magistratura.
I più abili giungono a
controllare, tramite profitti da aggiudicazione di appalti e di servizi
pubblici locali, vere e proprie holding. Solo la Corte dei conti ogni anno
lamenta l'andazzo fallimentare per i soldi pubblici (strutture e finanziamenti
immessi nel circuito, ripianamenti delle perdite) e per l'aumento delle
tariffe. Intanto, decine di migliaia di consiglieri di amministrazione,
direttori generali e figure varie costituiscono una classe paraprivata di
gestori e fruitori di emolumenti e potere decisionale che si esprime in
pilotaggi di appalti e assunzioni senza concorso nelle strutture di nuova
creazione. La rendita da monopolio "locale" e i patti di
liquidazione, soddisfano gruppi privati "partner", e li legano sempre
più alla complicità con le parti politiche autrici del disegno.
La commistione di forme
private e pubbliche, la demenziale complicazione delle regole di scelta
europee, consente una facciata impenetrabile di "regolarità" al tutto
e le vecchie mazzette vanno in pensione, trasformandosi in decisioni di scambio
di favori: il figlio del tizio-dirigente o assessore (in consonanza tra loro)
viene assunto di qua, o fa carriera (magari universitaria ) di là, dato che
magari un tizio ulteriore, che controlla le decisioni di carriera, è stato
nominato nel cda della società stessa in quota "x".
Le
holdings, al riparo dalla concorrenza
sostanziale, e sotto l'egida della "aggiustata" concorrenza europea,
prosperano e si rafforzano; le imprese tagliate fuori vanno sempre
più in difficoltà, rimanendo in crescente difficoltà creditizia sia
per...l'Europa (euro) sia perchè non facenti parte del cerchio magico...delle
linee di credito erogate dalle banche (con dentro le fondazioni). Le
applicazioni, una volta consolidate le posizioni, sono infinite; soggetti di
questo tipo, anche se le gare vengono rese formalmente più rigorose, hanno un
vantaggio schiacciante in termini di requisiti di qualificazione e di standards di legittimazione
professionale e finanziaria richiesti dai successivi bandi.”
Insomma, se da una parte
politica si chiude un occhio su tutto questo, evitando di smontarlo e anzi
votandolo quando si presenta in parlamento, dall'altra, si contraccambia
lasciando all'altra parte, che so', una situazione di monopolio nel settore
dell'informazione televisiva e non.
…“E il cerchio si chiude con
l'Italia modernizzata dalle forme europee, tanto che ora si vogliono aggiungere
altri elementi di riduzione di questo stato-cattivo e di incremento di questa
bella efficienza dei privati, scelti come beneficiari (e magari salvatori della
patria) con inappuntabili sistemi europei... e ci mancherebbe!”
6. CONTROLLI E INVESTIMENTI
DI SISTEMA. ALCUNI RIMEDI (FORSE) PRATICABILI
Vediamo quanto finora
analizzato in termini di possibili soluzioni su vari aspetti applicativi. Che
tutti ricercano negli enunciati formali e nessuno pare voler concretamente
attuare. A un certo punto, persino su LaVoce.it arriva un'ammissione della
erroneità della scelta, dapprima compiuta nel 1997 (d.lgs. n.127 ) poi
ratificata nel Tit.V Cost del 2001, di abrogare i controlli preventivi di
legittimità.
Si trattò, come si è visto,
di un sostanziale "via libera" alla spesa senza verifica preventiva
del rispetto delle leggi che la limitavano, per consentire, prima ancora che
"libero" appalto a “libera cricca” politica, il presupposto
essenziale della creazione del sistema
societario partecipato degli enti locali e delle regioni, sistema peraltro
adottato anche dai ministeri, che
hanno costituito una “congerie” di società
per svolgere compiti promozionali e gestionali, prima effettuati a minor costo
dalle strutture ordinarie, che però rimanevano prive della libertà di
assunzione e di nomina discrezionalissima e politica dei vertici, quelli stessi
chiamati poi a bandire e assegnare appalti, fuori bilancio dell'ente creatore.
Fenomeno, va ribadito, non solo apportatore di perdite e ricapitalizzazioni a
carico pubblico ma anche di diffusi accordi corruttivi e clientelari (gli
stessi organismi, infatti, hanno potuto effettuare, fino a tempi recentissimi,
assunzioni senza concorso e senza controlli).
Dati i vincoli costituzionali
il ripristino di questo minimo argine (specialmente nella fase di bando) è
alquanto problematico: si potrebbe
cominciare con la “neutralizzazione” della nomina dei vertici politici di
queste società-stazioni appaltanti, sottoponendola a stringenti criteri di
qualificazione tecnica e di incompatibilità-conflitto di interessi,
spostando la verifica del tutto sulle corti dei conti regionali.
Stesso discorso per la
verificabilità dei presupposti di
economicità-convenienza della stessa creazione di società e partecipazioni
pubbliche (dalla cui revisione si potrebbero ricavare risparmi molto
superiori di quelli incentrati sugli acquisti in economia delle amministrazioni
tradizionali, già abbondantemente spremute da 20 anni di manovre e tagli
lineari).
Poi magari, (visto che per
il pareggio di bilancio in Costituzione lo si è fatto senza problemi) mettere mano al Titolo V. Cost.,
ripristinando organi di controllo decentrato a vocazione tecnica: ovviamente, a
livello organizzativo, si tratterebbe di investire in nuova spesa pubblica, ma
si tratterebbe di soldi ben spesi, con un buon moltiplicatore, anche per i
risparmi ottenibili.
Però a tutti questi rimedi- cui fa sempre da sfondo il recupero della separazione tra banche
commerciali e banche di investimento- c’è
da crederci molto poco, finchè
esisteranno giornali a opposizioni focalizzati sui costi “diretti” della
politica (certo, esagerati, inaccettabili, ma di scarso peso rispetto al
volume di soldi pubblici affluenti a questo sistema), cioè finchè la “casta” sarà, in modo semplificato e
rumoroso, identificata nei costi delle
cariche elettive e degli apparati serventi degli organi politici medesimi,
esaurendosi in essa e lasciando inalterato, salvo episodiche “cosmesi”, il
“grosso” del corpaccione descritto più sopra. Diamo qualche cifra.
Un calcolo approssimativo
divulgato dalla stampa ci dice di circa 7500 società a partecipazione pubblica,
promosse in varie forme dai soli comuni,
province e loro associazioni e consorzi, a cui occorre aggiungere le società
regionali, non censite nei costi che di seguito illustriamo. Per tutti
questi soggetti si giunge a un “monte” di nomine stimato in circa 50.000, solo
per le società partecipate dal livello territoriale minore (quantificazione
solo in parte mitigata dalla previsione, in teorico corso di attuazione, della
riduzione dei consigli di amministrazione ad un unico amministratore prevista
dal d.l.n.78 del 2010 per le entità a totale partecipazione pubblica, che non
investe le mere “partecipate”, nonchè figure come i direttori generali e altre
cariche dirigenziali operative).
Insomma, tra società statali, regionali e comunali,
decine e decine di migliaia di amministratori, delegati e componenti dei
relativi consigli, direttori generali e dirigenti vari fruiscono di trattamenti
economici sostanzialmente allineati con quelli attribuiti agli “executives” del settore privato
assommandosi, senza controlli sulla selettività e sull’assenza di conflitti di
interessi (principalmente rispetto alle società private operanti nei settori
variamente influenzati dall’azione delle società pubbliche), al costo della
dirigenza pubblica degli enti territoriali, (già di per sé, sia detto per
inciso, sovradimensionata, progressivamente ripoliticizzata e attributaria di
trattamenti economici incrementati a livelli senza precedenza nella storia
unitaria d’Italia).
Uno studio della UIL (http://www.uil.it/costi-perconferenza.pdf),
che peraltro fa un po’ di confusione tra costi della politica e costi, invero
alquanto limitati, di organi previsti dalla Costituzione e rientranti nel
potere giurisdizionale), condotto in base a dati del Ministero dell’interno,
stima in 2,5 miliardi di euro solo i
costi per i compensi, le spese di rappresentanza e di funzionamento dei
consigli di amministrazione, degli organi collegiali societari, nel solo
settore delle “partecipate” dagli enti locali (non è chiaro se ciò includa
i maggiori corrispondenti costi delle società analoghe di livello “regionale”:
pare di no).
Tale “settore” assorbe
inoltre una considerevole quota dei 3
miliardi di spese per “consulenze”
e collaborazioni professionali, a vario titolo, utilizzate da
tali società nonché un’analoga quota dei
4,4 miliardi di spese per “auto blu”.
Ciò senza contare le spese di personale, assunto, fino alla
recente riforma del 2010, senza una
predeterminazione delle piante organiche “di diritto” e senza concorso:
basti pensare che, in base ai dati OCSE
2007, il 5,4% della popolazione italiana “lavora” per il pubblico in senso
proprio (Stato, regioni, ee.ll, enti di diritto pubblico: 3.200.000 unità),
dato peraltro riferibile a rilievi effettuati prima dei “blocchi” del turn over ripristinati negli ultimi 3
anni. In questi termini si tratta di un
“valore” che non colloca l’Italia in dissonanza rispetto ai maggio paesi
dell’area euro (Germania 5,47%, Spagna 5,3%, Francia 7,9%).
Tuttavia
il dato italiano non tiene conto di oltre 700.000 dipendenti del settore delle
“partecipate” di Stato e degli enti territoriali,
che porta il numero complessivo a circa 4 milioni (facendo saltare la formale “virtuosità” della comparazione, nonché
il dato contabile nazionale del costo del pubblico impiego, di circa 140
miliardi, in quanto riferito al solo personale a “datore di lavoro” formalmente
pubblico).
Insomma, invece del
“salvatore unico della patria” Bondi, (quello Parmalat, per capirsi) che, a
quanto sembra, deve ancora "capire" la materia, e di una logica
emergenziale di “tagli”, bisognerebbe
ricreare, (attraverso assunzioni
e vere riqualificazioni basate su
regole certe ed esplicite, contenute in atti normativi chiari e non
neutralizzati dalla clausola “a costo zero”), un “ruolo” di controllori, esperti e qualificati, ovviamente capaci
di modulare i loro riscontri anche in funzione delle caratteristiche del
territorio e che vadano a ricostituire gli organi di controllo preventivo ai
vari livelli. Va poi considerata la funzione finora parzialmente svolta da
CONSIP, cioè da un organismo statale centralizzato che, bandendo gare “cornice”
possa “fissare” dei prezzi di
riferimento, - con risparmi di scala e prezzi “ottimali”, entro limiti di
flessibilità ragionevoli e da regolare con norme apposite-, non superabili:
tuttavia, non solo questo sistema non copre tutte le possibili categorie di
acquisti, ma neppure i lavori pubblici, il che non è poco. Ovviamente occorrerebbe investire nella
creazione di una rete telematica generale che consenta di identificare con
immediatezza i prezzi di tutti gli acquisti e contratti "passivi" facenti
capo a tutti i livelli di “centro di spesa” pubblico, includendo anche le
locazioni di immobili, con indicatori adeguatamente modulabili.
Tutto questo, però, non ha
nulla a che fare col taglio “lineare”, finora effettuato dai vari “governi
della crisi” (euro), cioè con la riduzione tout-court
della spesa complessiva, dato che le risorse
rese disponibili dai risparmi così ottenibili, dovrebbero essere reimmesse nel
circuito della spesa pubblica, in modo da non indurre\aggravare la recessione e
migliorare qualità e volume dei servizi.
(Su questi temi diamo atto della puntuale e razionale analisi compiuta
da Gustavo Piga).
7. SPESA PUBBLICA,
CONSULENZE E EUROPA
C’è poi l’attuale
caccia alle streghe rispetto alle “consulenze”, assurte, per vari fatti di
attualità “scandalosa”, al disonore della cronaca, alimentando l’indistinto
vociare dei “livorosi”. Il problema
dell'integrazione di expertise mancanti nella p.a. mediante consulenze è
ancora più complesso, nelle sue cause, del semplice fatto che finisce talvolta
per dissimulare favori e accordi corruttivi. Ancora una volta dobbiamo chiamare
in causa l'UE: - allorchè Maastricht impone la sua maggior
"integrazione" normativa - e già, a capirlo bene, non era certo un
favore, specialmente per un sistema basato sulle PMI-, con l'accelerazione del
processo di recepimento di direttive strutturali (specie in tema di ss.pp.,
standards di gestione e tariffari e tutele tecnico-ambientali), tutte le amministrazioni pubbliche, non solo
quella italiana, avrebbero dovuto
munirsi di "piani di investimento" per dare risposta adeguata
alla crescente complessità dei compiti
(non più governati dalla discrezionalità amministrativa pura,
opportunità-ragionevolezza, ma quasi esclusivamente da discrezionalità tecnica
su parametri non sempre univoci e comunque immediatamente comprensibili (grazie
Europa). Ma guai a parlare di “piani di
investimento” , aggiuntivo, nell’era del “saldo primario” pubblico! La spesa
pubblica è tutta e sempre “brutta” e “improduttiva”…
Sta di fatto che da allora
questa "complicatezza" (si veda, ancora una volta, la legislazione in
tema di appalti, che tra l'altro siamo tra i più solerti a recepire in termini
di apertura del mercato degli operatori europei…più solerti degli altri
"grandi paesi" membri) contraddistingue oltre l'80% della neo-normativa nazionale, appunto derivante da fonti UE.
Mentre
accadeva questo “complicarsi” di compiti e normativa (essenzialmente tecnica) da
applicare, al tempo stesso, iniziarono a applicarsi i tagli al
personale e agli organici che, per motivi politico-clientelari, invece di
riversarsi sui livelli funzionali più bassi (quelli dove l'assunzione
"elettorale" era più facile e produttiva di consenso), portarono al "blocco" progressivo
dell'acquisizione di expertise nelle
carriere direttive (rese sempre più inappetibili retributivamente, mentre
invece di provvedeva, alla fine degli anni ’90, a promuovere in una dirigenza
riformata a livelli stipendiali elevatissimi, i cooptati politici che dessero
garanzie di fedeltà ai vertici elettorali).
Si noti che,
contemporaneamente, i livelli corrispondenti a quelli direttivi, i “quadri”, sono stati massicciamente
addensati di dipendenti appartenenti, per titolo di studio e qualifica di
accesso, alle professionalità più basse, e ciò mediante lo strumento della
“riqualificazione” mediante “corso-concorso” (non selettivo ma praticamente
a ruolo “aperto”) riservato agli impiegati dei livelli inferiori. Il che ha peraltro anche vanificato buona
parte del risparmio che avrebbe potuto realizzarsi mediante i blocchi del turn over, dato che lo stesso numero
di dipendenti finiva per costare di più (senza rispondere alle esigenze
funzionali e tecniche dell’amministrazione)
Il
corto circuito tra crescente "tecnicizzazione" dei compiti e
impoverimento "professionale" dei ruoli per esigenze (schizofreniche)
di bilancio, hanno così portato al dilatarsi delle consulenze e,
ancora una volta, all’allargamento
dell’area dell’affare politico “in nome dell’Europa” (che non poteva
tollerare investimenti pubblici, meno che mai sul personale, facendo passare la
vulgata goebbelsiana che fosse tutto superlfuo e parassitario).
Il risultato è che il
sistema è in sè distorsivo e costoso, a doppio titolo: i consulenti - ma
identicamente gli analoghi "amministratori" delle crescenti società
pubbliche- non solo sono scelti a ampia discrezionalità politica, ma sovente,
specie a livello locale, rispondono alle logiche dei gruppi di interesse
privati che si sono accordati coi vertici politici. Cioè, portano, quando pure sono tecnici e non solo
faccendieri, una expertise
tendenzialmente e pregiudizialmente al servizio degli assetti pre-concordati
tra gruppi imprenditoriali e politici eletti in carica (e nominanti).
Quindi, il fenomeno è la
dimostrazione che la spesa pubblica
(assunzioni congegnate sui reali fabbisogni della collettività) se compressa
meccanicamente -con limiti derivanti dall' UE secondo logiche poco
trasparenti-, si riespande a valle a
favore non solo delle tasche dei privati, ma anche a scapito della corretta
gestione, al punto che non solo il sistema di
"esternalizzazione", in generale, alla fine ha costi diretti maggiori
dei presunti risparmi da tagli, ma porta pure ad assetti - di pianificazione,
autorizzazione, affidamenti, creazione di strutture fuori bilancio ecc.-
ulteriormente gravanti sulla spesa pubblica a favore di "alcuni"
privati.
8. CONCLUSIONI…PROVVISORIE
Qua, per ora, mi
fermerei, (anche se tante e tante cose “appassionanti” sarebbero da aggiungere,
nevvero), auspicando di aver fatto comprendere come i meccanismi individuati da
Goofynomics, in termini macro e per categorie descrittive di rara efficacia (i
“luogo comunisti”, “spesapubblicacastadebitopubblicobrutto”, i “livorosi”)
giungono poi, a livello mesoeconomico, a fornire le spiegazioni più attendibili
ed efficaci dei fenomeni che più si prestano alla facile propaganda “anti-Stato”. La quale, oggi, ma anche ieri, e da
troppo tempo, costituisce il baluardo
più solido dietro cui si attestano proprio quelli che gli affari, a spese del
“bene pubblico”, li sanno fare molto bene…E intendono proseguire a farlo,
nascosti come la follia del doctor Petiot…
Ciao Piero,
RispondiEliminacommento solo l'inizio dell'articolo, in merito al nascente movimento politico.
Dal momento che Monti e soci con ABC che lo sostengono, sono i nemici occulti del popolo, in quanto tali sono invotabili, ma se non possiamo votare neanche il nascente movimento, praticamente non ci lascia scelta: siamo ob-torto collo costretti a votare M5S, cioè la Banda di Casaleggio e company. Francamente sono molto scettico e angosciato, ma che Dio ce la mandi buona!!!
Nicola, in effetti è quello che pensavo anch'io...votare il M5S e poi cercare di fare pressione sui nuovi eletti per portare avanti le nostre istanze...e intanto strutturarsi bene, senza ansia, fretta e pressione elettorale, per costruire le basi di un vero Movimento Democratico e non di scatoloni vuoti e senza senso che lasciano il tempo che trovano...
EliminaPoi chissà, magari il Movimento da cui io sono uscito nei prossimi mesi farà dei passi da gigante e diventerà credibile agli occhi delle persone e più organizzato a livello interno...in quel caso sarei il primo a ricredermi e consigliarvi il voto per questo Movimento, di cui ripeto, per correttezza, non voglio fare alcun nome...ma secondo me sono partiti con il piede sbagliato, ma siccome non sono assolutamente infallibile e onnipotente, potrei anche sbagliarmi e invece la loro strada è quella giusta...chissà...
Anche secondo me è la strada più promettente quella di passare tramite i 5 stelle.
EliminaA tal proposito sul forum del movimento 5 stelle c'è una proposta intitolata "uscire dall'euro...".
Non l'ho scritta io, è stata scritta di fretta e abbastanza "grezzamente". Ma penso che valga la pena di sostenerla per poter poi far pressione sui candidati perchè si apra una discussione in merito. La piattaforma del forum non consente di correggerla e scriverla meglio.
Già conta quasi 800 voti ed è la più votata in assoluto sul forum di riferimento dei 5 stelle.
Lo so che lo ho già chiesto più di una volta di apoggiare questa proposta votandola, ma se ci pensate un attimo, forse è ancora il mezzo migliore per portare all'attenzione dei 5 stelle il tema euro.
Grazie
Gian
Il Quirinale costa 224 milioni di euro .
RispondiEliminaLa Casa Bianca costa 136,5 milioni di euro.
L' Eliseo costa 112,5 di miloni di euro.
Buckingham Palace costa 57 milioni di euro.
PER CHI ANCORA NON LO SAPESSE IL " NON MIO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA " ED IL " NON MIO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO " HANNO AUMENTATO IL COSTO ANNUALE DI ALTRI 9 MILIONI DI EURO.
Non so' cos'altro dire...
Leonardi IL_CECCHE
Che è appunto uno scandalo...e l'unica cosa buona per noi è che Napolitano presto se ne andrà e si toglierà dalle scatole, con questi suoi modi da cardinale Richilieu che trama nell'ombra contro i suoi stessi cittadini...ma in effetti, non oso nemmeno pensare chi arriverà al suo posto...
EliminaSono dispiaciuto per l'attuale infruttuoso epilogo. Probabile conferma che le teste dure non si cambiano in un giorno. Eppur magari contestando in molti gli stessi personaggi, i motivi spesso sono dei più disparati ed ognuno si sente depositario di una sua verità universale. Nessuno escluso e pertanto incluso anche la mia persona. Certo che trovare ciò che ci unisce e condividerlo è molto più arduo che esercitare il ns dissenso e dividerci per orgoglio, incomprensione ed a volte superbia. Concordo sul fatto che il mondo, comunque, non si ferma e seppur vi siano continui ostacoli sul cammino, nulla toglie che le persone di buona volontà troveranno fedeli la strada. Personalmente non mi convince l'idea M5S. Valuterò con calma e ponderazione, cercando di non perdere la fiducia nel futuro.
RispondiEliminaPer il post di Quarantotto, l'ho letto d'un fiato direttamente in loco, lasciando un lungo commento che spero il caro 48 possa presto leggere e "stroncare".
Scherzi a parte, la collusione e la corruzione del sistema fa rima con l'ipocrisia dei burocrati e degli economisti nell'inno da tutti ben definito: "Ce lo chiede l'Europa".
Peccato che l'Europa ci chieda di suicidarci.
Non sò quanti di noi siano d'accordo con questo assunto.
Un saluto,
Elmoamf Massimo Paglia
P.S.: Caro Piero ti ho scoperto su FB e mi son permesso di chiederti l'amicizia. Spero accetterai. Cari saluti ed in bocca al lupo per tutto.
Massimo, mio caro Massimo (finalmente un nome più abbordabile con cui interagire...), purtroppo sulle questioni interne con cui si sviluppa l'organizzazione degli individui prevalgono spesso è vero i personalismi, ma prevala anche qualcosa che si chiama PECUNIA, e dove c'è quella, siccome sappiamo bene NON OLET, è facile che si possano creare delle spaccature...credimi non è tanto l'orgoglio personale che mi ha fatto desistere (quello me lo metto tranquillamente sotto i piedi...), ma la questione del METODO, perchè se tu vuoi combattere un METODO oligarchico e plutocratico come quello dell'UE, riproducendone all'interno tutti i difetti, sei destinato a fallire e in ogni caso non potrai andare molto lontano, perchè stai partendo con il piede sbagliato...la coerenza ormai è un valore raro, ma la gente ormai è abilissima a capire dove c'è coerenza, trasparenza, competenza e dove invece si annida il caos, il pressappochismo, la superficialità...e di organizzazioni nate male così ne potremo fare sicuramente a meno, cominciando a riprogettarne di nuove, migliori, facendo tesoro dell'esperienza e degli errori del passato...
EliminaIl METODO scientifico in effetti evolve così, tramite esperimenti, errori e correzioni ulteriori...e se vogliamo combattere qualcosa di organizzatissimo ed efficientissimo come l'UE, noi dobbiamo imparare ad essere scientifici e chirurgici al nostro interno...almeno io la penso così, ma potrei sbagliarmi...
Vado subito su fb a confermare la tua richiesta, anche se ti anticipo già che non uso tantissimo quello strumento, ma un amico in più, e un amico del tuo spessore, lo accetto volentieri!!!
Caro Piero, ti ringrazio per l'avermi annoverato tra le tue amicizie. E non ti nascondo che anche per me fb è solo uno strumento per diffondere info e conoscenze che ritengo interessanti condividere con gli altri. Prediligo infatti Twitter utile e pratico veicolo di acquisizione e re-iniezione nell'etere di notizie ed approfondimenti.
RispondiEliminaPer quanto riguarda l'accenno fatto all'orgoglio, ho paura di esser stato frainteso. Non mi riferivo al tuo, cui non credo, almeno in questo ambito e nei termini che mi accingo ad esporre più chiaramente. Intendevo ed intendo riferirmi alla spesso intransigente cocciutaggine di chi ragiona in termini assoluti, pretendendo assoluta ragione nell'analisi. Contemporaneamente entra in gioco ciò che tu acutamente ai messo in risalto. L'avidità e la cupidigia sono altrettanto mali oscuri che spesso si annidano nelle sfumature caratteriali e nelle fumose relazioni sociali di ogni quotidiano. Come ho già detto, però, pur nell'urgenza (anche in passato richiamata) non è detto che sia necessario correre ad alte velocità travolgendo tutto e tutti (anche i ns stessi principi). La fretta seppur spesso opportuna, si dice sempre che è cattiva consigliera. Allora, in tal caso, sarebbe utile guardare anche un poco all'esempio sornione o paziente di altre culture, che viaggiano decisamente con ritmi più consoni al battito cardiaco umano.
Un caro saluto,
Elmoamf Massimo Paglia
Ed è proprio quello che dobbiamo riuscire a fare, cambiando radicalmente il modo di pensare e il metodo di organizzazione delle relazioni umane indotto dall'attuale sistema...la mia uscita dal movimento, partita da una cattiva gestione pratica dei processi decisionali, era intesa a portare l'attenzione su questi elementi, ma come capirai facilmente, sono stato accusato di essere un disfattista affetto da manie di protagonismo...confermando quindi in me le supposizioni che in quel gruppo non ci fosse la sensibilità non solo di ragionare ma di capire su quali basi si fondava la mia contestazione...trattandosi di persone mediamente intelligenti sono sicuro che quando si placherà questa foga elettorale riusciranno a rigenerarsi secondo nuove linee guida ispiratrici...almeno lo spero per loro!!!
EliminaE, detto fra noi, riusciranno a riorganizzarsi se sapranno liberarsi da certi infiltrati che hanno modificato e stanno continuamente snaturando le linee ispiratrici originarie del Movimento...
Da parte mia, io continuerò a cercare relazioni e collaborazioni con chi ha veramente intenzione di creare il Movimento culturale e politico di cui ormai abbiamo bisogno, senza trascurare nessun aspetto, da quello dell'organizzazione ai contenuti, e allargando l'orizzonte temporale anche oltre le prossime elezioni, che a mio modo di vedere servivano soltanto come stimolo e non come obiettivo principale...anche questo è stato causa di infiniti fraintendimenti...e ripeto, qui in certi casi più che l'orgoglio e i personalismi hanno prevalso i più venali interessi finanziari e commerciali, di cui alcuni membri sono sfacciatamente portatori ...cosa di cui dovremo purtroppo tener conto in tutte le nostre prossime iniziative, facendo la tara e estraendo il netto!!!
Ciao Piero sono molto dispiaciuto per l'esito negativo che ha avuto il tuo progetto di aggregazione dei vari movimenti "antieuropeisti" (antiEuro), io ci credevo moltissimo e non vedevo l'ora di rendermi disponibile pe dae il mio modesto contributo. Oggi su Facrbook mi è apparso un gruppo che non conoscevo "Cambiare#sipuò" e mi è venuto il sospetto che fosse quello che tu non vuoi menzionare. Io non ho aderito e inserito nel loro sito un commento che riporto : "premesso che un'iniziativa del genere (IMPEGNO POLITICO) è sempre encomiabile, è un peccato che le persone che hanno creato questo movimento non abbiano voluto essere più chiare e precise su come superare la crisi economica. non so perchè abbiano voluto rimanere così nel vago, ma non vorrei pensar male. Abbiano il coraggio di dire che questa Europa non può funzionare e che la crisi la si potrà superare solo e soltanto con la riconquista della sovranità monetaria. "RIAPPROPRIAMOCI DELLA NOSTRA MONETA". e io sarò con voi, altrimenti non servirete a niente." Piero che ne pensi?
RispondiEliminaMi dispiace tanto.....
EliminaMi dispiace tanto anche a me, ma perdere una battaglia non significa affatto rinunciare ad una guerra, che purtroppo per noi sarà ancora lunga e chiunque ancora avrà tempo e spazio per dare il proprio contributo...
EliminaComunque no, non era quello il movimento a cui appartenevo e ti confermo che da parte mia hai fatto benissimo a rispondere in quel modo, perchè chi non si esprime sui problemi della moneta unica e sull'importanza del recupero della sovranità monetaria non può servire a questo paese e il suo contributo sarà solo marginale e provvisorio...
Ripeto, il Movimento già esiste e siamo noi e adesso dobbiamo solo essere bravi a trovare un luogo fisico ed ideale dove ritrovarci tutti e sintetizzare in una proposta concreta, efficace, costruttiva tutte le nostre istanze...mai scoraggiarsi quindi, perchè in ogni caso le prossime elezioni erano ormai troppo ravvicinate per essere quelle decisive!!!
Purtroppo, Piero, la tua amara constatazione sulla situazione politica attuale dell'opposizione, o forse meglio dire delle opposizioni, alla politica "lacrime e sangue" di Monti & C. è anche la mia, soprattutto dopo essermi guardato intorno e visto e letto cosa si sta muovendo per le politiche di marzo. Molto pressapochismo sugli obiettivi fondamentali, molti "discorsi" e slogans di politica economica non esplicitati in analisi puntuali o lasciati nel vago, molte posizioni frettolose che si limitano ad annusare ciò che è nell'aria e a ripeterlo senza però riuscire a essere credibili, e tutto questo, credo, perché il tempo degli scranni parlamentari si avvicina e molti personagg, che altrimenti non avrebbero chances elettorali, si ri-posizionano e contano sulla confusione e la disaffezione di molta gente per i partiti tradizionali (le "caste") per mettere il loro cappello ai vari movimenti spontanei e imbrigliare correnti di opinioni finora incerte su quale simbolo della scheda mettere la crocetta. Da alcune parti (per fortuna non da tutte) si sta giocando sporco sulla delusione politica di molti cittadini. La ""sinistra"" (quella istituzionale) sta cercando di rinnovare la sua immagine mooolto deteriorata e recuperare un po' del consenso dei cittadini che è ai minimi storici, e ha dato vita al carrozzone mediatico delle primarie, dove si sono "scontrati" dei manichini con programmi politici alternativi fondamentalmente inesistenti, basti dire che tutti i candidati hanno firmato una sorta di lettera d'intenti in cui ciascuno si è impegnato a sostenere gli atti di governo ispirati al rispetto pedissequo dei Trattati europei (con in primis la difesa a prescindere della moneta unica). Però a guardare i numeri non gli è andata bene, perché rispetto alle primarie di coalizione di Prodi del 2005 hanno perso un milione e duecentomila partecipanti. Questo vuol dire che molti, tanti sono delusi, però non trovano nessuna proposta politica su cui convergere. E la destra (o quello che è) spera di togliersi dalla propria agonia sdoganando (è notizia di oggi, dopo un tira e molla infinito)a casa loro le primarie. Anch'io, al momento almeno, sono tentato di votare il m5s - a meno che di qui a marzo Grillo non spari troppe c...te, come spesso e volentieri fa, tali da mandarmi definitivamente in bestia. Ma so anche che da Grillo non mi aspetto nulla di risolutivo riguardo ai temi cruciali (per l'Italia e la nostra esistenza) che in questo blog si dibattono (euro, vincoli esterni, Europa, sovranità nazionale, ecc.), l'unica cosa che mi aspetto è che i deputati del m5s riescano a dare un colpo definitivo all'agonia di questo sistema partitico-politico, e che affondi la nave del rigore-austerità-crescita con tutti i piddini dentro (del resto starmene a casa non mi dispiace proprio, l'ho fatto tante volte in mancanza di qualcosa di decente, che una in più non sarebbe la fine del mondo).
RispondiEliminaUn'ultima cosa: trovo invece molto importante, dal punto di vista politico, il coordinamento e la cooperazione tra blog, come qui hai fatto postando l'articolo di 48, perché l'unità di pensiero politico-economico (pur declinato nella varietà e molteplicità dei suoi aspetti specifici)è l'unico strumento su cui puntare per far fronte al nemico.
Roberto, la tua analisi è impeccabile...questi nuovi movimenti antieuropeisti sono troppo frettolosi e propagandistici per diventare una forza d'urto credibile per la gente ormai delusa e rassegnata...quindi anche io sono tentato di dare il voto turandomi il naso al M5S per togliere spazio ai vecchi partiti che invece sposano sfacciatamente la tesi fascista, totalitaria e oligarchica dell'UE...
EliminaLa discesa in campo di 48 ha soprattutto questo scopo di coordinamento e cooperazione tra blog (oltre ovviamente agli aspetti divulgativi di cui è un autorevole e competente protagonista) e di questo non finirò mai di ringraziarlo, perchè secondo me questo è il passo giusto per costruire progressivamente, gradualmente, pazientemente, una credibile piattaforma costituente e unitaria di istanze e proposte di riforma concrete, fattibili, non fondate soltanto su slogan, che rimangono solo sul vago e aspirano esclusivamente a solleticare l'emotività e la rabbia sociale diffusa...qui, ormai di parole e slogan ne abbiamo profuse abbastanza e servono fatti concreti, riforme fattibili, insieme ad un cambio di paradigma culturale che non sia soltanto propagandato a voce, ma integrato all'interno della stessa organizzazione...è quello che vado cercando e quello a cui continuerò a tendere con tutte le mie forze...questo sicuramente te lo posso garantire fin d'ora!!!
ti seguo da tempo e sono in gran parte d'accordo con ciò che scrivi e idealmente mi sento parte del movimento stai e si sta creando, perciò voglio proporti il mio punto di vista sulla crisi.
RispondiEliminase non si comprende che il modo di produrre capitalistico è arrivato al dunque, e quindi la crisi è irreversibile e definitiva, non si potrà mai mettere in campo una strategia adeguata. Pare che in italia ancora nessuno l'abbia capito. in questo senso si discute solo in germania e stati uniti. il POTERE tedesco ha capito da sempre che solo pochi stati possono ottenere con la loro produzione i profitti che il capitale si attende ed è per questo che ha scatenato una guerra economica, non può scatenare più guerre militari, però sempre guerra è, vedere carl von clausewitz, contro il resto d'europa, la sua concorrenza, appunto. se non vogliamo diventare bangladesh dobbiamo uscire dall'euro, prima possibile, e costruire un'alternariva che vada al di là della ricerca capitalistica del profitto. il resto: parole, parole, parole...
franco valdes
Concordo con te Franco, la prima premessa indispensabile di qualsiasi proposta credibile e seria che ritenga offrire una piattaforma di soluzioni all'attuale crisi economica è l'uscita immediata e organizzata dall'euro...
EliminaSul fatto che questa crisi sia la fine del sistema capitalistico ci andrei molto cauto, perchè un tale sistema è ormai difficilmente sostituibile a meno di convertirsi ad una qualsiasi forma di organizzazione statalista, socialista o comunista integrale che vedo assai improbabile e di difficile attuazione pratica in occidente...diciamo che possiamo essere certi che questa crisi rappresenta senza ombra di dubbio la fine e la sconfitta della declinazione finanziaria e bancaria del sistema capitalistico, per ritrovare di nuovo la centralità dell'economia reale e della coesione sociale rispetto ai valori puramente monetari e fittizi dei bilanci delle banche...e di questo cambiamento dobbiamo farci tutti portatori...e insieme a questo passaggio storico, bisogna accelerare, perchè interconnesso, l'aspetto puramente mercantilista del sistema capitalistico rappresentato principalmente oggi dalla Cina e dalla Germania...
Queste strategie di competizione infinita e belluina fra gli stati basata soltanto sui surplus commerciali e finanziari non porta da nessun parte e forse è arrivato di riprendere in considerazione con maggiore serietà le proposte di Keynes per una nuova Bretton Woods...un'impostazione nuova che rende davvero sostenibile lo sviluppo economico globale e che non si discosta affatto dal sistema capitalistico tradizionale, ma lo rende profondamente razionale e cooperativo e fondato sull'obiettivo principale della coesione sociale e della migliore redistribuzione dei redditi all'interno dei singoli stati...serve un'ulteriore evoluzione più democratica e sociale dell'attuale sistema capitalistico perchè quello che abbiamo oggi, come giustamente sottolineato, è già morto e defunto da un pezzo...
Il mondo in cui viviamo si presenta a noi, sbigottiti uomini del terzo millennio, come avvolto in unacoltre di autoreferenzialità cucita su misura dal N.W.O. La "Tecnica" elevatasi al rango di dimensione planetaria si presenta come una sorta di motore immobile che guida tutto e tutti. Uscire dallo schematismo precostituito a tavolino non è cosa da poco. Come giustamente facevi rilevare non tutti hanno voglia (e spesso nemmeno il tempo, altro fattore determinante in questi casi) di approfondire. I messaggi - tutti i messaggi . sono veloci, di poche parole. La tecnica, inoltre, omologa le identità, rendendole tutte sostituibili, funzionali per mere esisgenze produttive. Chi non rientra in questi canoni è out.
RispondiEliminaOra, per tornare all'inizio del tuo post, tutti i movimenti (anche quelli che dichiaratamente dicono di essere contro il sistema) inevitabilmente ne seguono la scia; rimangono, cioè, sul terreno scelto dal "nemico". Quindi, hanno perso in partenza la partita, prim'ancora che si celebri qualunque confronto.
Cordialmente.
Ps. Il tuo post è davvero molto articolato e richiederebbe un altro post di replica, essendo un commento, poco esaustivo al riguardo.
In poche parole hai sintetizzato benissimo quello che io spesso esprimo utilizzando un numero maggiore di parole: chi sceglie di combattere il nemico rimanendo nel terreno di confronto e di battaglia scelto dal nemico ha già perso, senza neppure iniziare...bisogna uscire completamente dai ranghi e reinventare un nuovo modo di organizzazione delle risorse umane e naturali, che scompagini e spiazzi il mero tecnicismo volto al profitto e all'esclusione e alienazione dei singoli soggetti dai processi decisionali...ormai abbiamo tutti i mezzi tecnici e culturali per potere reinventare questo nuovo paradigma di organizzazione e rischiare di rimanere fuori dalle esigenze produttive del tecnicismo fine a se stesso non mi sembra proprio un grande rischio...anzi...rappresenta il migliore presupposto per screditare il sistema tecnocratico e finanziario che ci sta soffocando...bisogna avere la capacità di estraniarsi e guardare da fuori questo sistema, per poterlo davvero rigenerare e reinventare, da tutti punti di vista, sociale, politico, economico e finanziario...il METODO di costruzione del nuovo paradigma rimane per me il primo indispensabile passaggio propedeutico di fondazione...
Eliminaehilà ragazzi
RispondiEliminainvece di scrivere minchiate perché non venite nel nostro sito a votare?
per ulteriori informazioni consultate il blog di beppe grillo
mi raccomando: niente seghe mentali ma voti reali.
A votare che??? La proposta di uscita dall'euro che è la più votata del vostro sito e il vostro guru non vuole ancora prendere in considerazione??? Vedi, queste sono le uscite che mi rendono molto perplesso a votare il M5S, perchè se i suoi iscritti ritengono che siano minchiate le descrizioni efficaci e profonde del sistema istituzionale-amministrativo del nostro stato, si capisce bene su quali basi si fondano tutte le critiche e lo scetticismo riguardo al M5S...un bel contenitore, ben confezionato, ma privo al suo interno di contenuti!!!
EliminaBlog che vai, TROLLONE che trovi, vedi sopra.....
RispondiEliminaLeonardo IL_CECCHE.
Spero soprattutto per il M5S che quello sopra sia solo un troll di passaggio...
EliminaPenso proprio che sia un troll. Li trovi dappertutto. E come vedi riescono a screditare bene.
EliminaLa proposta più votata non è scritta da un grillino (termine con il quale identifico i fedeli al gurù Grillo), ma da uno che spera che il movimento di Grillo possa portare avanti questa battaglia. Non so se hai letto la proposta (ma sopratutto i commenti), ti renderai conto che i primi ad essere perplessi nei confronti di Grillo (per non dire di peggio), sono proprio quelli che sostengono la proposta e chi la ha scritta.
Saluti
Gian