La BCE viene ritenuta spesso il fattore
determinante e risolutivo dell’attuale crisi finanziaria dell’eurozona.
Sulla banca centrale di Francoforte sono puntati da tempo tutti i riflettori
dei maggiori analisti e osservatori internazionali, come se dal consiglio
direttivo della banca centrale possa improvvisamente uscire la soluzione ad
ogni problema del vecchio continente: la bassa crescita, la disoccupazione, il
calo della domanda e la conseguente riduzione della produttività, l’aumento
delle esportazioni nei paesi extra-eurozona dovuto all’unica variabile che la
BCE ha sempre osteggiato fin dal primo giorno della sua fondazione nel 1999, la
svalutazione dell’euro. Insomma,
molti si aspettano che la BCE possa tirare fuori da un giorno all’altro il
classico coniglio dal cilindro, mettendo la parola fine sull’agonia lenta ma
irreversibile che sta dilaniando tutti i popoli europei. Ma è davvero così? La BCE può davvero essere così decisiva nella
partita che si sta giocando in questo momento fra la sopravvivenza e il crollo
della moneta più sbagliata di tutti i tempi?
La risposta secca è
abbastanza scontata: no. Ma ora cerchiamo di argomentarla. La BCE nasce come Banca Centrale Europea nel 1999, in
vista appunto dell’introduzione effettiva dell’euro nei mercati commerciali (nei
mercati finanziari e interbancari l’euro già si utilizzava) che sarebbe avvenuta tre anni
dopo, e il suo scopo principale è come risaputo il mantenimento della stabilità dei prezzi, con un obiettivo
dichiarato di tenere l’inflazione nel
medio-lungo periodo intorno al 2%. Abbiamo già visto in altri articoli che
in verità con le armi che ha oggi una banca centrale, la sua influenza sulle
oscillazioni dell’inflazione è davvero irrisoria perché la banca centrale con
le sue operazioni di rifinanziamento può solo immettere nuove riserve bancarie nei conti di deposito che le banche private detengono
presso la banca centrale. Queste riserve bancarie elettroniche sono in verità
una tipologia di moneta molto
particolare che non circola nell’economia reale, dato che le riserve non
escono mai materialmente dai conti di deposito della banca centrale e servono
principalmente alle banche per regolare i loro pagamenti incrociati (attraverso
il famigerato sistema di compensazione chiamato TARGET2) e per acquistare azioni e titoli nel mercato azionario e
obbligazionario. A parte la limitata quantità di banconote che noi preleviamo
al bancomat e custodiamo per le nostre spese giornaliere (circa il 3% della
moneta circolante totale, formata soprattutto dai depositi bancari a vista e di
risparmio), queste riserve non fanno altro che rimbalzare innumerevoli volte da
un conto di riserve all’altro presso la stessa banca centrale o altre banche
centrali (nel caso di investimenti finanziari all’estero).