mercoledì 26 giugno 2013

EURO SI’, EURO NO: PERCHE’ RESTARE E PERCHE’ USCIRE? CONVEGNO DIBATTITO A MARSALA IL 29 GIUGNO

Molte persone mi chiedono spesso perché mai un ingegnere gestionale, con una carriera abbastanza avviata nel settore bancario e finanziario, decida all’improvviso di cominciare a fare divulgazione e convegni su temi economici e monetari in particolare. Oltre alle ovvie ragioni etiche, alla tensione innata verso la giustizia e alla pace nel mondo, la risposta che mi è più congeniale può essere sintetizzata così: perché tutto quello che sta accadendo in Italia e in Europa oggi è contrario a ciò che io ho studiato e applicato finora grazie al metodo scientifico e sperimentale. Mi spiego meglio. Chi conosce un po’ di storia della scienza, sa che la rivoluzione scientifica iniziata da Galileo Galilei prevedeva un preciso metodo di lavoro: congetturi per deduzione delle ipotesi, crei una serie di esperimenti opportuni per verificarle, registri i risultati, delimiti un campo di applicazione, ricavi per induzione una legge generale e universale che rimane tale fino a prova contraria. Il progresso scientifico e l’evoluzione della civiltà sono andati avanti ad ampie falcate in virtù di questi elementari ma rigorosissimi strumenti di analisi e sintesi della realtà circostante, allontanando sempre di più l'umanità dalle paludi melmose del misticismo, della superstizione, della barbarie medievale. All’interno della tradizione giudeo-cristiana dell’occidente il pensiero scientifico e illuminista si insinuò come una spina nel fianco per imprimere un rinnovamento culturale e un cambio di prospettive che continua imperterrito fino ad oggi. Proprio oggi che in Europa, a causa di indecenti principi economicisti, mercantilisti, finanziari sia il primo che il secondo grande filone del pensiero occidentale rischiano di essere mandati entrambi a gambe per aria. 


Vediamo infatti come il metodo scientifico è stato stravolto per giustificare l’introduzione di una moneta unica in Europa. Fin dalla prima metà degli anni ottanta una ristretta cerchia di economisti facenti capo alla Commissione Delors comincia a ragionare su un’ipotesi di moneta unica da imporre ad alcuni paesi europei, nonostante tutti gli studi accademici sulle aree valutarie ottimali avessero già bocciato categoricamente, dati e osservazioni empiriche alla mano, l’ardito tentativo. L’esperimento però è stato condotto ugualmente, con il pretesto di garantire agli stati aderenti e ai popoli benessere, prosperità, pace perpetua. Dopo poco più di dieci anni dall’inizio dell’esperimento socio-economico, la realtà mostra evidentemente che l’euro non va, come dicevano già i migliori economisti del mondo, non ha le caratteristiche idonee per diventare una moneta unica e assicurare una crescita equilibrata per tutti i paesi coinvolti: alcuni paesi crescono e prosperano (principalmente la Germania) e altri recedono e si indebitano (la periferia). Il campo di applicazione della nostra ipotesi quindi è troppo ristretto per ricavare una legge generale, perché l’euro funziona in pratica soltanto per la Germania (con evidenti squilibri interni fra i principali beneficiari, banchieri e imprenditori, e i lavoratori sottopagati). Cosa farebbe a questo punto un bravo e diligente scienziato? Rivedrebbe dalle fondamenta l’ipotesi di partenza e andrebbe avanti con un nuovo esperimento fino a ricavare la formula giusta che andava cercando. Tolte le chiacchiere da bar e la propaganda prezzolata, la scienza funziona ancora oggi così.

giovedì 20 giugno 2013

ULTIME DAL MES: STATI E RISPARMIATORI DEVONO PAGARE LA RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE

E voi direte, ma cosa c’è di nuovo sotto il sole? E’ dall’inizio della crisi dell’eurozona che governi e contribuenti pagano per il salvataggio delle banche e attraverso la manipolazione mediatica la cosa ormai è diventata una prassi comunemente accettata. La novità però questa volta è che i tecnocrati di Bruxelles, in vista del prossimo Consiglio europeo di fine mese, hanno messo nero su bianco su un documento ufficiale regole, metodi, cifre, vincoli per descrivere come si deve svolgere l’intero processo, lasciando poco spazio all’improvvisazione e all’immaginazione. In pratica i criminali hanno finalmente confessato la loro colpa, sperando negli effetti terapeutici dell’outing e spiegando chiaramente agli europei quanto ancora devono pagare (e si tratta di cifre da capogiro) per tenere in piedi l’idiozia dell’euro. Qualcuno diceva che il miglior modo per nascondere la verità, è renderla palese e visibile a tutti. Ecco, confidando nella nostra incapacità di interpretare gli eventi e capire la realtà che ci gira intorno, pare che i tecnocrati e i politicanti europei abbiano decisamente intrapreso questa strada.


Ma vediamo come funzionerà l’ennesimo meccanismo infernale messo a punto da tecnocrati e banchieri per distruggere la democrazia, l’economia reale, la coesione sociale. Già sapevamo che gli accordi del MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, prevedevano al loro interno, oltre al sostegno diretto agli stati (che serviva poi a finanziare le banche in difficoltà, vedi il caso Irlanda, Spagna e Cipro, o a pagare i creditori francesi e tedeschi, vedi il caso Grecia e Portogallo), anche la possibilità di ricapitalizzare le banche “zombie” dell’eurozona. Ora conosciamo i termini in cui avverranno queste operazioni di ricapitalizzazione, e vi anticipo già che saranno ancora dolori, lacrime e sangue per tutti i contribuenti, che già hanno dovuto una prima volta pagare e stanno ancora pagando per mettere in piedi la trappola del MES. Insomma nell’eurozona, fra mille indecisioni e tentennamenti, di una cosa possiamo sempre essere certi: la socializzazione delle perdite bancarie e la privatizzazione dei profitti non è più una raccapricciante anomalia dovuta all’emergenza ma la prassi, la normalità, la forma principale di “buon governo” dell’economia e della finanza. E siccome, come abbiamo anticipato, i capitali necessari per salvare l’intero settore bancario fallito raggiungono a spanne numeri ciclopici, non sappiamo quanto saranno ancora bravi gli europei a reggere l’urto e capaci di bere l’amaro calice. E’ davvero così difficile capire che ciò che sta accadendo in Europa corrisponde alla più grande espropriazione collettiva di ricchezza mai avvenuta nella storia dell’umanità?

lunedì 17 giugno 2013

IL MOVIMENTO DEMOCRATICO SOVRANISTA ESISTE, ADESSO NON ABBIAMO PIU’ SCUSE

Di ritorno dalla II Assemblea Nazionale dell’ARS, Associazione Riconquistare la Sovranità, tenutasi a Pescara dal 15 al 16 Giugno, sentivo l’esigenza di fare un breve resoconto per descrivere le mie impressioni e sensazioni. Innanzitutto è stato molto piacevole e stimolante incontrare personalmente e stringere le mani di persone che prima avevo conosciuto solo attraverso il blog o i social networks: malgrado utilizzi internet per fini divulgativi e informativi, non ho mai creduto e mai crederò ai rapporti virtuali, men che meno alla possibilità di creare un partito/movimento politico sfruttando solamente le piattaforme informatiche e le adesioni di account che non si trasformano mai in facce, mani, gambe, piedi, i quali poi esistono soltanto nella nostra immaginazione e non incontrano mai le nostre facce, mani, gambe, piedi. E questo secondo me è il principale elemento distintivo che qualifica l’ARS e la rende diversa da tutto il resto dei movimenti sovranisti, antieuristi, antieuropeisti che sono disseminati per la rete internet: all’ARS ci si incontra e si fanno piani strategici, programmi di promozione, che possono pure partire e nascere dalla rete ma poi si svolgono e includono la vita reale.


All’ARS si parla dei vari programmi e piani di intervento specifici (finanza, scuola, pubblica amministrazione, rapporti internazionali etc) con una dovizia di particolari e serietà di analisi difficili da trovare altrove: l’ARS non sarà mai un contenitore vuoto dove si gridano soltanto alcune parole d’ordine come “moneta sovrana!” e “fuori dall’euro!”, senza analizzare con la dovuta attenzione e precisione tutte le conseguenze politiche, economiche e sociali che ogni scelta comporta. E questo viene testimoniato dal fatto che per ogni settore vengono chiamate a scrivere programmi e proporre emendamenti persone che hanno elevate competenze e parecchia passione e voglia di cambiamento. A Pescara non ho visto né pressapochismo né sterile pedanteria, ma uomini e donne combattenti e combattive che hanno vissuto in prima linea tutte le assurde anomalie e ingiustizie che questo sistema economico e politico europeo ci impone da trenta anni. Si è parlato di ciò che si potrebbe fare concretamente ora e subito e non di ciò che si vorrebbe scrivere nel nostro ideale libro dei sogni: parlare senza cognizione di causa di uscita dall’euro e ritorno alla lira è come perdersi appresso alla leggendaria mitologia degli Stati Uniti d’Europa. Un sovranista che non ha chiaro tutti i difficili passaggi intermedi che bisogna percorrere e governare per riconquistare la nostra piena sovranità non è molto diverso dal piddino che vaneggia intorno ad irrealizzabili sogni paneuropei. E il ruolo dell’ARS è appunto quello di essere un interlocutore politico credibile ed affidabile che sia capace di guidare il periodo di transizione che presto o tardi dovremo affrontare. Volete per caso che il processo di transizione e di uscita dall’euro venga gestito dagli stessi che i problemi ce li hanno imposti e creati? Credete davvero che ci sia un modo solo per uscire dall’euro? Chi vi assicura che uscendo dall’euro gli oneri e i vantaggi saranno davvero automaticamente, equamente e giustamente ripartiti?


Ecco perché nasce oggi l’esigenza di strutturarsi e organizzarsi per tempo per impedire che gli stessi che hanno edificato questo sistema iniquo e criminale possano riciclarsi e riposizionarsi per costruirne uno ancora peggiore. Sicuramente, a meno di improbabili espulsioni ed esili forzati, i vari D’Alema, Amato, Monti, Draghi, Prodi, Letta, Bersani, Berlusconi, Tremonti saranno ancora lì anche quando l’euro scomparirà o si frantumerà e non saranno tanto disponibili a lasciare i loro posti di comando e le loro servili funzioni di procura dei grandi potentati economici e finanziari. Lasciarli fare senza muovere un dito sarebbe come lasciare in affidamento un tenero agnellino ad un lupo. Per non parlare poi di tutta la disinformazione mediatica che cercherà di fare passare indenne la vecchia classe dirigente attraverso i marosi della Tempesta Perfetta che presto travolgerà tutti i paesi che sciaguratamente hanno deciso di aderire all’euro e di castrarsi di tutte le loro sovranità democratiche. Sarà insomma un periodo di grossa confusione e caos sotto il cielo, dove il bianco diventerà nero, il nero diventerà bianco e non mancheranno gli atti violenti di sciacallaggio e predazione dei soliti noti. E l’ARS fin d’ora deve prefiggersi di diventare un faro sicuro per tutti coloro che sono in cerca di punti di riferimento e dopo anni e decenni di inarrestabile distruzione e devastazione vogliono seriamente collaborare e partecipare alla ricostruzione dalle fondamenta del nostro paese.


Tuttavia la caratteristica dell’ARS e dei suoi membri che mi ha più piacevolmente impressionato è il desiderio e la voglia quasi feroce di non rimanere ferma, statica, passiva di fronte agli eventi in attesa del peggio, ma di avere la capacità di anticiparli e di sapere rigenerarsi, evolversi, mettere in discussione ogni cosa raggiunta o ancora da raggiungere in tutte le occasioni in cui ciò si renderà necessario. Da buon ingegnere, ho colto all’interno dell’ARS la volontà di imparare dai propri errori e di saperli correggere in tempo, facendo in breve di questa positiva tensione verso il miglioramento continuo l’unica prerogativa di successo dell’intero progetto. Con ogni probabilità l’ARS cambierà pelle più volte e assumerà forme mutevoli per adeguarsi alle turbolente e rapide trasformazioni che avvengono nella società, ma mantenendo saldi i suoi principi ispiratori: la centralità dei contenuti, l’importanza dell’organizzazione e la concretezza dei programmi. Senza queste premesse, ogni tentativo di cambiamento sia interno di struttura che esterno di immagine si rivelerà vano ed infruttuoso. Senza quello spirito di collaborazione e cooperazione che anima tutte le imprese umane vincenti, anche il progetto dell’ARS si dissolverà come sabbia finissima nel deserto. E il suo obiettivo di incidere e avere peso nella vita politica di questo paese rimarrà lettera morta.


Questo è ciò che mi sentivo di dire dopo la bella esperienza di Pescara. Ma soprattutto ciò che mi sento ancora di dire a tutti coloro che scrivono e lasciano commenti chiedendomi cosa possano fare per difendere il proprio paese, la propria famiglia, i propri figli, il proprio lavoro, la propria persona, è solo un’ultima parola: ASSOCIATEVI. Intanto venite dentro, fatevi vivi agli incontri che organizzeremo nella vostra regione, andate nella pagina del sito dell’ARS dedicata alle adesioni e inviate un’e-mail con i vostri dati. Poi vedremo man mano di conoscerci meglio, di trovare un punto di incontro e di dialogo, capire cosa l’ARS rappresenta per voi e quali competenze, esperienze, conoscenze potete mettere voi al servizio dell’ARS. Sia chiaro fin dall’inizio che il tutto non si concluderà solo con lunghi scambi di mail, incoraggiamenti, richieste di chiarimento, ma ci sarà da camminare, correre, lavorare per fare in modo che il progetto si radichi ancora meglio nel territorio, che le persone a voi più care e più vicine sappiano dell’esistenza dell’ARS. Che tutto ciò che andiamo scrivendo e denunciando non rimangano parole al vento capaci di confortarci per qualche attimo e ricordarci poco dopo quanto siamo piccoli ed impotenti.


Noi in potenza possiamo diventare tutto ciò che vogliamo e desideriamo essere, ma senza quel fondamentale atto di volontà che rende attuali le nostre scelte, rimarremo sempre ciò che siamo. E una volta incancreniti e imbalsamati dentro le nostre prigioni puramente mentali, l’unico anestetico che ci rimane per sfuggire ai morsi dei sensi dei colpa, delle nostre fragilità, debolezze, frustrazioni, è continuare a lagnarsi, dolersi, lamentarsi perché la Vita e la Storia non si incamminano lungo le direzioni che noi vorremo percorrere e auspicare per i nostri figli. C’è un momento per leggere e uno per scrivere. C’è un momento per riflettere e uno per agire. C’è un momento per aspettare e uno per vivere. Non voglio con queste parole mettere fretta o convincere qualcuno a fare qualcosa che non si sente ancora di fare, ma solo chiarire che ARS c’è. Noi ci siamo. Quel Movimento Democratico Sovranista che crede nell’imprescindibilità fra Sovranità nazionale e Costituzione, Governo pubblico dell’economia e Diritti Umani, Giustizia sociale e Libertà, è nato e sta muovendo i suoi primi passi. E adesso ha bisogno anche del tuo aiuto (sì proprio del tuo aiuto, di te che leggi e non hai mai ragionato a fondo sulla tua importanza di Uomo e Cittadino) per crescere e diventare sempre più forte e sicuro. Ora non abbiamo più scuse o alibi alla nostra incapacità di cambiamento. Perché se il progetto ARS fallisce, la colpa sarà solo nostra.


giovedì 13 giugno 2013

GERMANIA: CORTE COSTITUZIONALE, BCE, BUNDESBANK TRATTANO SULL’EURO, MENTRE IN ITALIA…

Quello che sta accadendo in questi giorni in Germania potrebbe rappresentare un vero spartiacque per l’esistenza o meno della moneta unica: la Corte Costituzionale di Karlsruhe, in rappresentanza dei cittadini, la Bundesbank in difesa dei grandi capitalisti e banchieri nazionali e la BCE come garante degli interessi tedeschi a livello europeo stanno vivacemente discutendo sull’opportunità di far rimanere ancora la Germania all’interno dell’area euro. Sintetizzando al massimo questo è il succo della questione, che può essere edulcorata e manipolata quanto si vuole dai mezzi di informazione, ma poco cambia a livello sostanziale. A differenza di come si vuol fare credere in Italia, i tedeschi non solo non pensano nemmeno lontanamente alla creazione dei mitologici Stati Uniti d’Europa, ma grazie all’euro e alle sue infinite magagne tecniche e istituzionali stanno ritrovando e rafforzando la loro millenaria compattezza e coesione nazionale. Lo Spirito Patriottico di Germania uber alles, prima e sopra ogni altra cosa. Ciò non vuole dire che non ci siano scontri e tensioni sociali fra le varie categorie coinvolte, ma che si sta mediando, si sta trattando per arrivare ad un accordo o un compromesso che non prescinda dall’unico obiettivo condiviso: il bene della Germania e del suo Popolo tutto, ricchi e poveri, operai e imprenditori, banchieri e politici.


Il dibattito interno che si sta svolgendo ormai da anni in Germania sulla costituzionalità dei Trattati Europei e sulla convenienza economica e finanziaria di adottare ancora la moneta unica, deve farci capire essenzialmente una cosa: la Germania ha da sempre inteso la sua adesione agli accordi di Maastricht prima e all’eurozona dopo, sempre in chiave di rendiconto commerciale, economico, finanziario, con pochi risvolti di carattere politico, ideologico, istituzionale, perché da questo punto di vista non esisteva alcun dubbio o fraintendimento di sorta tra i tedeschi: la Costituzione e le Istituzioni pubbliche e private della Germania valgono sempre di più di qualunque trattato commerciale europeo o comitato d’affari con sede a Bruxelles. La Germania è entrata nell’Unione Europea e nel Mercato Unico per fare affari, profitti, surplus, e non per stravolgere la sua Carta Costituzionale e la sua natura di Popolo, che rimangono intoccabili e insindacabili. Chiunque abbia cercato negli anni di ledere questi principi è stato bruscamente respinto, ricacciato fuori, allontanato, perché quello che interessa alla Germania è l’analisi costi-benefici di una certa operazione e non i suoi ambiziosi effetti geopolitici di lunga gittata: se una cosa mi conviene economicamente la faccio, hic et nunc, in caso contrario la rifiuto, la modifico, la cambio in funzione di quelli che sono gli interessi nazionali tedeschi. Una visione che può essere considerata poco lungimirante, misera, miope quanto si vuole, ma tant’è. Lo sapevamo fin dall’inizio, prima ancora di iniziare questi folli programmi unitari, che in Germania si ragiona così. Perché quindi stupirci o indignarci solo adesso che gli errori di eccessiva superficialità e pressapochismo commessi in passato dalla nostra indegna classe dirigente stanno emergendo in  tutta la loro grandezza.

lunedì 10 giugno 2013

EURO, DITTATURA E COMUNICAZIONE: BISOGNA STARE ATTENTI A TUTTI I DETTAGLI

Molti sanno già che la prima cosa che fa un regime dittatoriale dopo avere preso il controllo di uno stato è l’occupazione militare di tutti i canali tradizionali di comunicazione operativi nel paese in questione: televisioni, radio, giornali. Perché lo fanno secondo voi? La risposta sembra abbastanza scontata: per impedire e soffocare il dissenso e veicolare soltanto i messaggi della propaganda. Ovvio che sia così, eppure c’è un altro effetto più sottile e raffinato che vogliono in genere raggiungere i golpisti attraverso la comunicazione: stravolgere dalle fondamenta la realtà dei fatti e il significato degli eventi. Una cruenta azione di guerra diventa così un’eroica impresa di pace, un violento sopruso alla libertà di una nazione diventa un atto provvidenziale di liberazione, la corruzione fisica e mentale di un intero popolo diventa magnanimità e filantropia. Bisogna stare attenti a tutti i dettagli per capire fino a che punto si spingono gli esperti della comunicazione e della propaganda per manipolare la verità delle cose che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e farle passare per quelle che non sono. Bisogna essere degli esperti osservatori per notare queste sottigliezze e rivelarne tutti i significati più reconditi e inquietanti: ricordando sempre che per chi tira le redini di una dittatura nulla deve essere lasciato al caso e all’improvvisazione.


Nel bellissimo articolo che vi propongo oggi, lo studioso indipendente di comunicazione e propaganda Francesco Mazzuoli (vi consiglio vivamente di ascoltare con attenzione questo suo intervento del 23 ottobre 2011: l’Unione Europea è un Golpe) partendo da una semplice immagine, una fotografia, ricostruisce minuziosamente tutta la strategia manipolatoria e iconografica che si nasconde dietro la dittatura di una moneta: in Europa tutti sapevano che non si poteva agire con i carri armati e i plotoni militari per occupare i palazzi del potere. Era necessario procedere con maggiore acume e scaltrezza per non risvegliare le sentinelle sopite di popoli abituati da secoli e da millenni a riconoscere e convivere con le oppressioni brutali e i mezzi spiccioli dei dittatori di turno. Senza abbattere nemmeno un calcinaccio dei vecchi palazzi, bisognava lentamente edificare nuovi palazzi e templi che si affiancassero progressivamente a quelli esistenti, finendo poi per sostituirli del tutto. E così si cominciò col costruire Palazzo Berlaymont a Bruxelles, dove oggi ha sede la Commissione europea, con lo scopo di far dimenticare nell’immaginario collettivo le antiche vestigia dei parlamenti democratici nazionali. Si continuò con il Palazzo di Vetro dell’Eurotower a Francoforte, che divenne in breve tempo il nuovo tempio della BCE capace di oscurare persino la secolare Cupola di San Pietro in Vaticano. Ed è proprio lì che viene oggi gelosamente custodito e venerato il nuovo culto del Dio degli Europei: il dio moneta, l’euro. L’esperimento più ardito mai tentato da una ristretta ed agguerrita minoranza di persone per sopraffare, sottomettere, violentare, stuprare il passato, la storia e la cultura di interi popoli millenari.   

giovedì 6 giugno 2013

BANCA D’ITALIA E’ UNA BANCA CENTRALE PUBBLICA O PRIVATA? IL SIGNORAGGIO ESISTE O E’ UNA BUFALA?

Dopo l’incontro con gli attivisti del Movimento 5 Stelle di Messina della settimana scorsa ho ricavato diversi spunti di riflessione che vorrei portare alla vostra attenzione. Innanzitutto confermo che il dibattito è stato parecchio proficuo e stimolante, perché la base del Movimento 5 Stelle come supponevo è molto sensibile a certi argomenti e interessata a capire come stanno veramente le cose in Italia e in Europa. In secondo luogo si smentisce ancora una volta la convinzione che alle persone poco avvezze e istruite in economia bisogna parlare di cose semplici e facilmente imprimibili nella memoria (debito pubblico, casta, corruzione, evasione fiscale), perché non in grado di comprendere le reali cause della crisi e le possibili soluzioni. A mio parere non esistono argomenti difficili e ostici da capire in assoluto, ma modi difficili e ostici di spiegare le cose al fine di confondere le acque e non fare capire nulla alla gente. Quando invece ci sforziamo di parlare con un linguaggio chiaro, lineare e diretto, supportando le nostre parole con dati e fatti, la gente capisce. Altroché se capisce. E in questo senso l’opera di informazione e divulgazione deve essere ancora migliorata e portata ad un più alto livello di comprensione generale.


Con questo non voglio dire che bisogna per forza semplificare e banalizzare certi concetti che di per sé sono complessi e spinosi, ma operare in modo da creare un circolo virtuoso fra i tecnici, gli economisti, gli specialisti che nei loro conclavi ristretti e riservati devono sviscerare i dettagli della materia e gli informatori, i divulgatori, i bloggers (categoria a cui io appartengo, nonostante la mia formazione tecnica) che devono essere invece abili ad interpretare il linguaggio a volte criptico dei primi, a ricavare la sostanza dei loro trattati o interventi, e a rendere fruibile da tutti la disciplina economica. In questo modo si riuscirà con il tempo e con molta pazienza a formare quella consapevolezza collettiva diffusa, che è l’unico antidoto contro la propaganda di regime in corso e la sola speranza di avvicinare il momento del provvidenziale cambiamento di rotta culturale tanto auspicato. In questo lungo e accidentato percorso, sarebbe buona cosa che ognuno si assumesse la responsabilità  delle proprie parole, del proprio linguaggio e del proprio ruolo, cercando di mantenere un atteggiamento per quanto possibile collaborativo e cooperativo con tutto il resto della filiera. Che poi diventi il Movimento 5 Stelle il fulcro politico ed istituzionale del cambiamento, riuscendo a diventare un collettore credibile ed efficace di tutti i movimenti sovranisti, antieuristi, democratici, ambientalisti disseminati nel territorio nazionale, oppure nascerà un nuovo soggetto politico capace di portare avanti meglio le nostre istanze e mantenere una linea strategica di lungo periodo più coerente e determinata, questo lo vedremo nei prossimi giorni, settimane, mesi. E non dipende sicuramente da noi. Ma da Beppe Grillo e dal suo stuolo di consulenti italiani e stranieri, che ancora sono piuttosto incerti su come e dove posizionarsi. Più a destra di Von Hayek (Stato ladro e libero Mercato!) o più a sinistra di Keynes (Regolamentazione pubblica del Mercato)? Questo è il dilemma.

lunedì 3 giugno 2013

MAPPA PER GUIDARE IL PROCESSO DI USCITA DALL’EURO E FINE DEL VINCOLO ESTERNO

Parlare di uscita dall’euro come un processo unico, istantaneo e di facile gestione tecnica ormai è diventato troppo riduttivo. Grazie al continuo lavoro di ricerca e di approfondimento di tutti i dettagli economici, giuridici ed istituzionali, i più accorti tra i nostri lettori avranno già capito che l’uscita dall’euro, evento ormai alle porte ed irreversibile, non sarà una trasformazione facile ed indolore, ma per essere meno invasiva possibile e limitare la sperequazione dei costi di passaggio, comporterà un vero e proprio cambiamento di rotta culturale all’interno degli apparati pubblici politico-istituzionali che dovranno sobbarcarsi l’onere maggiore dell’intera operazione. Se non verranno fatti propri dai prossimi funzionari, deputati e ministri della Repubblica Italiana principi di corretta e razionale gestione della finanza pubblica, sanciti dalla nostra stessa Costituzione, come “buon andamento”, “imparzialità”, perseguimento dell’”esclusivo interesse della Nazione”, sarà difficile auspicare, anche in presenza di un ritorno provvidenziale alla sovranità monetaria e di una fine dell’odioso “vincolo esterno” con cui ormai conviviamo dal lontano 1979, un miglioramento reale delle sorti del nostro paese e delle condizioni di vita di noi tutti.


Fra i ricercatori più attenti e rigorosi dei risvolti che si celano dietro un tale ribaltamento epocale di prospettiva, il blog Orizzonte48 merita un posto di primo piano, sia per la competenza specifica e chiarezza espositiva con cui vengono trattati gli argomenti più spinosi e complessi sia per la logica stringente ed ineccepibile che dallo studio delle premesse iniziali riesce poi a creare consenso unanime intorno alla conclusioni raggiunte. Consiglio quindi a tutti i provetti naviganti della Tempesta Perfetta di leggere con attenzione questa “guida per riconoscere i nostri prossimi santi”, perché è chiaro che più avanti si andrà, più il mare diventerà agitato e più si faranno avanti falsi profeti e improbabili salvatori della patria, che con il pretesto del caos e la promessa di condurci in un porto finalmente sicuro, ci faranno ingoiare altre scemenze di politica economica e monetaria, così come accadde nel trentennio maledetto e continua ad accadere oggi. Il monito di gattopardesca memoria secondo cui bisogna evitare che “tutto cambi affinchè nulla cambi” deve essere più che mai attuale, perché riconquistare alcuni diritti e principi fondamentali, primo fra tutti la sovranità economica, politica e monetaria, se poi non si sanno maneggiare efficacemente alcuni elementari strumenti di contabilità pubblica per il bene collettivo, significa impelagarci in nuove storture, degenerazioni, distorsioni. E questa volta non potremo imputare all’euro o al vincolo esterno la causa di tutti i nostri i mali, ma ricordando le parole di uno dei più autorevoli padri costituenti, specchiarci nel nostro ennesimo fallimento democratico: “la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità”. (Piero Calamandrei, Discorso sulla Costituzione, video, 1955)