Qualche settimana fa, un po’
per caso e un po’ per curiosità, sono venuto a conoscenza di una notizia che mi
ha parecchio colpito: l’associazione Eures Germania in accordo con quella italiana aveva organizzato un lungo tour in giro per la penisola per reclutare giovani
lavoratori qualificati. Il suggestivo nome di questa selezione a domicilio
era “Job of my life” e ha toccato le più importanti città italiane: Roma,
Napoli, Milano, Bologna, Torino, Genova, Bari, Lecce, Padova, Verona, Catania.
Durante il giro sono state raccolte circa 6.300 candidature, in particolare di
ingegneri e tecnici specializzati fra i 18-35 anni, da proporre alle maggiori
aziende tedesche. Il reclutamento non garantiva il posto di lavoro fisso ma
solo la promessa che anche in caso di momentanea bocciatura i ragazzi sarebbero
stati inseriti in un database, in attesa della fatidica chiamata dalla Germania. Analoghi programmi di
selezione di giovani disoccupati di elevata formazione e specializzazione sono stati
organizzati pure in Irlanda, Spagna, Portogallo. Ovvero nei paesi che sono stati più danneggiati
dall’atteggiamento competitivo della Germania, che ha saputo meglio sfruttare
le dinamiche di squilibrio commerciale e finanziario messe in moto dalla moneta
unica.
Intendiamoci, questi
progetti di cooperazione internazionale
e di scambio di competenze e conoscenze
sono molto interessanti ed efficaci, ma solo quando presentano caratteristiche di reciprocità,
multilateralità e non sono a senso unico: dai paesi poveri e disastrati
verso l’unica nazione ricca e vincente, e mai viceversa. Perché, allo stesso
modo di ciò che accade con lo scambio delle merci e dei capitali, si verrebbe a
creare all’interno dell’eurozona uno sbilanciamento
di forza lavoro qualificata a vantaggio dell’unico grande paese in surplus
e a svantaggio di quelli in deficit. Condannando in pratica questi ultimi alla
regressione produttiva e alla marginalizzazione
nei settori a scarso valore aggiunto e innovativo. E questa è solo l’ultima
sfaccettatura del saccheggio in corso, che sta avvenendo in tempo reale, sotto
i nostri occhi. Mentre noi siamo impegnati ad assistere alla seconda elezione
di re Giorgio Napolitano II e
all’imminente insediamento del prossimo governo
Amato, personaggi cioè che sono stati tra i principali artefici della distruzione del tessuto produttivo e sociale italiano,
fin dai tempi dell’ingresso dell’Italia nello SME del 1979, e oggi hanno il
compito specifico di difendere e tutelare la classe politica corresponsabile
del disastro. Gli italiani sono talmente illusi e imbesuiti da credere che
coloro che hanno “scientemente” spinto il paese verso il baratro siano gli stessi
a farlo riemergere dagli abissi: misteri
della fede. Dove arriva l’idolatria mistica, la ragione per forza di cose
deve arretrare.