Dopo aver ascoltato bene la
puntata di giovedì scorso di Servizio Pubblico, penso che molte persone si siano fatte un’idea abbastanza chiara
su ciò che sta avvenendo oggi in Italia. Al contrario di quello che traspare da
tutti gli inutili dibattiti politici attuali, esistono nel nostro paese due soli partiti e orientamenti politici: il PUD€ (il Partito Unico
dell’Euro), il cui rappresentante più esemplare e prototipo perfetto è Marco Travaglio, e il Partito degli Italiani, ovvero una
formazione disorganizzata e disomogenea di persone ragionevoli e innamorate del
proprio paese, in cui spicca per integrità e competenza tecnica il professore Alberto Bagnai. Le tesi disfattiste del PUD€ possono essere riassunte nelle parole lapidarie di Travaglio: “Con l’euro o senza l’euro noi italiani saremmo
la merda che siamo sempre stati!”. Mentre le analisi pacate e difficilmente
confutabili di Bagnai, trovano una giusta collocazione grazie all’utilizzo della metafora del Titanic: “Per affrontare l’iceberg
della globalizzazione è meglio essere a bordo di una grande nave impossibile da
sterzare, oppure su un agile kayak che può essere manovrato agevolmente?”. In
altre parole, l’Italia avrebbe oggi le risorse umane e tecnologiche per
competere alla pari con tutti gli altri paesi del mondo senza farsi ingabbiare dai "vincoli esterni" e comandare a
bacchetta dai tecnocrati di Bruxelles? Oppure è meglio mettersi in riga e
ubbidire ciecamente agli ordini che arrivano dall’estero, quantunque folli e
irrazionali essi siano, perché da soli non sapremmo gestire nemmeno un pollaio?
mercoledì 20 novembre 2013
USCITA DALLA CRISI: CONVEGNO A PALERMO PER RAGIONARE INSIEME SULLE CAUSE E LE SOLUZIONI
mercoledì 13 novembre 2013
OLTRE L’EURO C’E’ LA SOVRANITA’ NAZIONALE E LA SALVEZZA DI QUESTO PAESE
In uno degli ultimi articoli scritti da Paul Krugman sul New York Times, mi ha
molto colpito questa frase: “La Francia
ha commesso l’imperdonabile errore di essere fiscalmente responsabile senza
infliggere dolore alle classi povere e disagiate. E deve essere punita”. In
particolare l’economista americano si riferiva al recente declassamento dell’agenzia
di rating Standard&Poor’s, e ai continui ammonimenti della
Commissione europea riguardo alle scelte
di politica fiscale del governo francese (superamento della fantomatica
soglia del deficit pubblico del 3%): in pratica, ad avviso delle èlite finanziarie internazionali, non bisogna distruggere l’economia e il
tessuto produttivo nazionale solo con gli aumenti delle tasse, come fa Hollande oggi, ma anche e
soprattutto con i tagli alla spesa
pubblica, in particolare quelli riguardanti il generoso stato sociale concesso
ancora ai cittadini francesi. Per rendere rapidamente un paese innocuo e schiavo delle
oligarchie transnazionali bisogna mettere a punto quelle fondamentali “riforme
strutturali” del mercato del lavoro, del sistema pensionistico, del welfare state, senza le quali un popolo ancora
sano, ancora orgoglioso della propria identità
nazionale, può avere un giorno o l’altro la forza di riscattarsi dal giogo della dittatura europeista e più in generale dalla minacciosa omologazione globalista. E non sarà un caso che il movimento politico anti-europeista più vivace e organizzato del
continente sia proprio francese, il Front National di Marine Le Pen.
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