mercoledì 4 luglio 2012

GERMANIA NEL CAOS: USCIRA’ PER PRIMA DALL’EURO A CAUSA DEL RISCHIO INFLAZIONE?


Dopo il Vertice Europeo di Bruxelles della settimana scorsa, l’opinione pubblica tedesca è sul piede di guerra, perché malgrado sia cambiato ben poco rispetto alle regole già pattuite con il Fiscal Compact e con il trattato intergovernativo che istituisce il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, i tedeschi hanno vissuto questa eccessiva pressione dell’Italia e della Spagna come un tentativo di far pagare alla Germania le loro beghe interne, dovute principalmente ad un elevato debito pubblico e alla richiesta di salvataggio del settore bancario fallito. E i tedeschi proprio non ci stanno a farsi sfilare via i soldi guadagnati con il sudato lavoro dai mendicanti meridionali, e hanno organizzato diverse manifestazioni di protesta e inviato migliaia di ricorsi alla Corte Costituzionale per avere chiarimenti in merito a questo ennesimo scempio compiuto dalla cancelliera Merkel e dal suo governo. Avevamo sempre detto che le uniche vere speranze di interrompere il criminale progetto di ristrutturazione dell’eurozona a spese dei contribuenti e di distruggere questa moneta sbagliata chiamata euro risiedono in Germania e probabilmente, per innumerevoli ragioni, non siamo andati troppo lontano dalla verità.


In una situazione come quella attuale in cui esiste un unico grande paese creditore, la Germania, e una serie di paesi della periferia (i cosiddetti PIIGS, Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna), che hanno spesso puntato sulla presunta copertura dell’unione monetaria (che in effetti non c’è e non c’è mai stata) per aumentare con troppa disinvoltura i loro debiti privati (poi diventati debiti pubblici, dopo il salvataggio statale delle banche), è chiaro che le posizioni diventano sempre più distanti e inconciliabili. In questo preciso periodo storico, dopo che mezza Europa è stata travolta dalla crisi, dal panico e dall’affanno, gli abitanti del paese creditore sono ovviamente più lucidi rispetto ai popoli disperati ed esasperati dal debito e nonostante qualche intollerabile rigurgito nazionalista, stanno cominciando a capire meglio di tutti gli altri come funziona il meccanismo contorto di un’assurda moneta privatizzata e tolta dalla sovranità dei singoli stati: sia che ti trovi dalla parte del creditore che da quella del debitore, alla fine a pagare saranno sempre i cittadini e i lavoratori, mentre nulla viene chiesto alle banche private (centrali o commerciali che siano) per risarcire i danni e le speculazioni derivanti dalla loro insensata e squilibrata movimentazione dei capitali finanziari, di cui hanno il pieno controllo e possono disporne illimitatamente nel tempo e nello spazio. 



L’Europa vuole i nostri soldi!”, gridano giustamente i tedeschi, ma dimenticano che l’Europa, l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea BCE hanno già defraudato i cittadini tedeschi (e insieme a loro anche gli italiani, gli spagnoli, i greci etc) dieci anni fa, quando li hanno spogliati della loro moneta, il marco, per mettergli in mano una moneta, che ancora oggi, non si sa bene a chi appartiene e chi e come deve gestirla. Nel dubbio e nell’ambiguità più assoluta dei trattati europei i banchieri privati stanno spadroneggiando, ma dalla Germania potrebbe arrivare provvidenzialmente il definitivo stop a questa truffa legalizzata. E non solo dalla Germania, dato che Finlandia e Olanda hanno già dichiarato più di un'obiezione verso il meccanismo di solidarietà coatta a spese delle casse pubbliche e dei risparmi dei cittadini, mentre in Italia il governo Monti continua ad andare ciecamente verso il baratro e ha iniziato le manovre di tagli alla spesa pubblica che avranno effetti recessivi molto maggiori rispetto alle tasse, perchè incidono negativamente e direttamente sul PIL italiano. I nodi stanno arrivando al pettine insomma, ma i nodi in cui è stretta la Germania sono molto più ingarbugliati e complessi del resto d'Europa. Vediamo perché.


Dopo il Vertice Europeo del 28 giugno sono state decise fondamentalmente due misure che in realtà esistevano già nei trattati intergovernativi che istituiscono il Meccanismo Europeo di Stabilità: il MES può acquistare direttamente titoli di stato sul mercato secondario e intervenire per ricapitalizzare le banche europee. Questi risultati straordinari sono stati fatti passare dalla stampa di regime, ovviamente allineata ai banchieri che vogliono tenere in vita la scandalosa barbarie dell’eurozona, come una vittoria del primo ministro italiano Mario Monti e di quello spagnolo Mariano Rajoy, nella speranza che i mercati diventino più clementi nei confronti dei rispettivi stati (cosa in realtà non accaduta, almeno per quanto riguarda l’Italia, visto che lo spread sui titoli di stato si mantiene ancora oggi alto intorno ai 410 punti base). Ma in realtà a vincere veramente è stata soltanto la linea del rigore tedesco della cancelliera Merkel, che in cambio di queste due concessioni che già esistevano, ha ottenuto due condizionalità molto importanti: la centralizzazione della vigilanza bancaria europea nelle mani della BCE (e quindi della banca centrale tedesca Bundesbank, di cui la BCE rappresenta soltanto una costola) e l’obbligo del controllo e del monitoraggio della trojka finanziaria (BCE, UE e FMI) sulle politiche di bilancio pubblico dei paesi che richiedono aiuto al MES.


Malgrado l’esultanza posticcia del primo ministro Monti, non esiste alcun automatismo che consenta all’Italia o alla Spagna di ricevere aiuti dal MES senza firmare prima un rigido memorandum di intesa, in cui verranno scritte nero su bianco volta per volta le condizionalità di cui abbiamo parlato sopra. Per la Germania della Merkel e della Bundesbank si tratta di un vero trionfo, dato che l’unica deroga concessa in via eccezionale alla Spagna è quella della stessa seniority, ovvero priorità di rimborso, dei crediti del MES rispetto ai normali titoli obbligazionari privati o pubblici spagnoli, che in caso contrario avrebbe fatto scappare di corsa gli investitori internazionali dal paese iberico una volta che si fosse attivato il MES. Mentre l’Italia non ha ottenuto ciò che in realtà chiedeva, ovvero che venisse fornita una normale licenza bancaria al MES, in modo che quest’ultimo avesse potuto finanziarsi illimitatamente dalla BCE come fa una qualsiasi banca privata. Al MES quindi mancherà questa capacità illimitata e la cosiddetta potenza di fuoco (il famigerato bazooka della BCE che può stampare su richiesta soldi dal nulla come e quando vuole) sarà vincolata ai €700 miliardi di quote di partecipazione dei singoli stati pattuite in fase di sottoscrizione dell’accordo.


Come abbiamo già sottolineato si tratta di una vittoria della cancelliera Merkel, del suo governo di centrodestra, della Bundesbank e dei banchieri tedeschi, ma non del popolo della Germania che con le buone o con le cattive si vedrà sfilare via €190 miliardi dalle tasche, senza peraltro creare nemmeno lontanamente le minime premesse necessarie per una risoluzione definitiva della crisi finanziaria dell’eurozona. La capacità del MES da €700 miliardi è a stento sufficiente per coprire il solo debito pubblico spagnolo, quindi non potrà mai fornire assistenza finanziaria sia per i debiti pubblici che per le ricapitalizzazioni bancarie dell’area euro. Secondo un recente studio della Bernstein Analysis, escludendo tutta la parte del debito pregresso e considerando soltanto i deficit pubblici annuali da rifinanziare e le necessità di ricapitalizzazione delle singole banche nazionali, al MES servirebbe da qui fino al 2013 una capacità finanziaria da €2,4 trilioni, che per la sola Germania si tradurrebbe in una quota gigantesca da €790 miliardi (circa il 32% del PIL tedesco, vedi tabella sotto). Mentre se consideriamo tutto il debito pubblico cumulato dei paesi più in difficoltà dovremmo aggiungere un’altra corposa quota da €3,46 trilioni, con tanti bei saluti al MES e alla sua incapacità di coprire lo voragine di debito dell’eurozona.





E fin qui non abbiamo ancora parlato di altre due circostanze che potrebbero a breve sconvolgere gli equilibri attuali: il contagio della Francia, che negli ultimi mesi  ha mostrato parecchie difficoltà a mantenere i bassi rendimenti dei suoi titoli di stato (lo spread degli oat francesi a 10 anni rispetto ai bund tedeschi si aggira intorno ai 104 punti base, con rendimenti del 2,57%) e il coinvolgimento della stessa Germania nella crisi di fiducia dei mercati finanziari internazionali, che potrebbe avvenire non appena verranno confermati i dati sul brusco arresto della produzione e le avvisaglie di una possibile stagnazione della locomotiva tedesca, che ormai non è un mistero per nessuno abbia costruito la parte più cospicua dei suoi surplus commerciali proprio con le esportazioni nei paesi oggi indebitati della periferia europea.


A quel punto non ci sarebbero più fondi pubblici sufficienti o adeguata copertura finanziaria nel MES per resistere neanche pochi giorni o settimane e lo sforzo di contribuzione richiesto soprattutto ai cittadini tedeschi sarebbe insopportabile ed inutile. Forse solo allora il popolo tedesco si renderà conto che le sue ataviche paure per l’inflazione non possono giustificare la creazione di una moneta sgangherata e privatizzata come l’euro, che senza un governo federale e una banca centrale che possa emettere moneta in quantità illimitata per sostenere il debito pubblico federale (così come accade con la Federal Reserve americana), è un progetto che non può e non potrà mai avere lunga durata, se non a spese del benessere dei cittadini, dei tagli indiscriminati ai servizi pubblici, della devastazione del tessuto produttivo e della tenuta sociale di un intero stato democratico.


Paradossalmente, come dimostra un altro studio della banca americana Goldman Sachs basato sui dati della stessa Bundesbank, il rischio maggiore per i tedeschi è che lasciando andare le cose in questa maniera e puntando soltanto sul rigore, senza modificare la struttura portante dell’eurozona e lo stesso statuto della banca centrale per andare in soccorso dei paesi della periferia, la Germania rimanga intrappolata da aspettative di inflazione galoppante, perché ormai da parecchi anni enormi masse di liquidità si stanno concentrando presso i depositi delle banche tedesche. Il fatto che una banca internazionale come Goldman Sachs abbia messo sotto tiro la Germania e tutte le sue contraddizioni interne, è sintomatico dei dubbi e della sfiducia che ormai circola nel mondo verso le politiche suicide della classe dirigente tedesca, che finiranno in un modo o nell’altro per travolgerla. Ma per capire meglio questo concetto bisogna rispolverare in sintesi un po’ di storia e ripercorrere le tappe principali che hanno trasformato il volto economico, finanziario e politico della Germania in questi ultimi trenta anni.



Un surplus delle partite correnti implica maggiori attività estere


Durante gli anni ottanta, la Germania ha registrato un aumento dei suoi surplus delle partite correnti con l’estero (vedi grafico 1 sotto), guidato soprattutto dalle esportazioni commerciali. Questi surplus si sono rapidamente trasformati in deficit dopo la riunificazione fra Germania ovest ed est nel 1989, che ha portato a un forte aumento delle importazioni e dei redditi da capitale da corrispondere a tutti gli investitori stranieri che finanziavano soprattutto i grandi lavori in opere pubbliche e infrastrutture. La Germania non ha più visto un surplus con l’estero fino al 2001, quando i benefici del cambio fisso con i paesi della periferia hanno aiutato molto le esportazioni tedesche nell’area euro. La combinazione di una debole domanda interna, basse importazioni, un recupero della competitività e una forte domanda esterna hanno spinto in alto il surplus delle partite correnti fino al record di circa il 7,5% del PIL nel 2007





Come conseguenza di questi surplus delle partite correnti registrate durante gli ultimi dieci anni, la posizione degli investimenti internazionali netti della Germania (NIIP, Net International Investment Position: la differenza tra tutte le attività estere acquisite dal settore privato e pubblico tedesco e le attività tedesche di proprietà degli stranieri) è aumentata notevolmente fino a raggiungere alla fine del 2011 quasi un €1 trilione (vedi grafico 2 sotto). Le attività finanziarie e i beni capitali che compongono il NIIP della Germania includono titoli pubblici, obbligazioni private, prestiti, azioni e investimenti diretti esteri. Ma indipendentemente dalle caratteristiche di ogni  specifica attività sottostante, tutti questi assets rappresentano in una certa misura per la Germania anche un rischio finanziario, nel senso che il ritorno di questi beni non è certo e potrebbe anche essere zero.







Cambiamenti nell'esposizione al rischio settoriale verso la periferia


Se disaggreghiamo i dati complessivi del NIIP possiamo notare delle significative differenze e variazioni nella composizione delle attività a livello settoriale. Nel grafico 3 riportato sotto possiamo vedere come viene suddiviso il NIIP della Germania in base ai vari settori di appartenenza, quali istituzioni finanziarie monetarie (MFI, Monetary Financial Institutions, che sono per lo più banche commerciali), imprese non finanziarie e singoli investitori privati, il governo e le riserve in moneta estera e altre attività della Bundesbank.





Dal grafico possiamo ricavare tre elementi degni di nota:


  • Le banche/istituzioni finanziarie e monetarie hanno ridotto drasticamente i propri NIIP a partire dalla fine del 2008, quando dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale i trasferimenti di capitali e i crediti delle banche tedesche nei confronti della periferia si sono dimezzati dal picco dei quasi €600 miliardi ai €300 miliardi del 2012 (grafico 4 sopra).

  • I privati, le famiglie e le imprese non finanziarie hanno invece aumentato ulteriormente il loro NIIP durante la crisi, confermando la grande espansione anticiclica dell’economia tedesca e rappresentando oggi la parte più cospicua dei NIIP della Germania. Circa il 60% di queste attività (€700 miliardi) sono investimenti di portafoglio (titoli e azioni), il 30% sono investimenti diretti esteri (vedi le ultime acquisizioni di aziende italiane da parte di quelle tedesche)  e il 10% sono prestiti e depositi detenuti presso banche estere (grafico 5 sotto).

  • Gli stranieri detengono una quota significativa del debito pubblico della Germania. Il settore governativo tedesco (tutti i livelli, esclusa la Bundesbank) era indebitato con il resto del mondo con più di €1 trilione alla fine dello scorso anno.






Esposizione verso la periferia


Guardando l'esposizione creditizia della Germania verso i singoli paesi PIIGS, gli investimenti netti tedeschi nelle economie periferiche erano pari a circa €1 trilione all'inizio del 2012, la maggior parte dei quali è concentrata in Italia, Spagna e Irlanda (il grafico 6 sotto mostra gli investimenti netti vis-à-vis dei paesi della periferia nei confronti della Germania, che come vediamo e tutti già sappiamo hanno subito un’accelerazione impressionante con l’introduzione dell’euro). A questi crediti della Germania nei confronti della periferia bisognerebbe aggiungere anche i crediti netti della banca centrale Bundesbank nei confronti dell'Eurosistema, che si sono formati nel tempo a causa degli squilibri nel sistema TARGET2 di compensazione e regolamento dei pagamenti transfrontalieri fra le banche europee, che sono esplosi in favore della Germania a partire dal 2008. Essendo dei crediti che la Bundesbank rivendica nei confronti della BCE nel suo complesso e non di uno specifico paese, questi singolari investimenti netti esteri devono essere registrati a parte, come crediti con un elevato grado di rischio nel caso di default di una nazione dell’area euro






Mettendo insieme tutti questi dati, possiamo notare un chiaro spostamento nella composizione della posizione patrimoniale netta estera della Germania, che nel complesso è rimasta stabile durante questi ultimi anni di crisi: le istituzioni finanziarie hanno notevolmente ridotto la loro esposizione verso la periferia, mentre il settore privato e imprenditoriale, il settore pubblico (soprattutto dopo il salvataggio della Grecia e la creazione dei fondi finanziari di sostegno EFSF/MES) e la Bundesbank hanno significativamente aumentato i loro crediti. Ad ogni modo il canale principale attraverso il quale è avvenuto questo trasferimento del rischio è stato soprattutto il sistema TARGET2.



Gli squilibri TARGET2 sono in aumento


Le banche commerciali utilizzano il cosiddetto sistema TARGET2 per effettuare i trasferimenti di denaro all’interno dell'area euro. Una caratteristica fondamentale del sistema TARGET2 è che le varie accensioni di debiti/crediti che si formano  tra le banche centrali nazionali in funzione dei flussi transfrontalieri di denaro tra le rispettive banche commerciali non vengono mai saldate, ma possono crescere illimitatamente nel tempo. Se, ad esempio, una banca commerciale in Grecia vuole trasferire denaro verso una banca tedesca, la banca centrale greca chiede semplicemente alla Bundesbank di accreditare il conto della banca commerciale tedesca con quell'importo e di scrivere nel suo bilancio un credito della stessa somma nei confronti della banca centrale greca (che a sua volta avrà un debito Target nei confronti della Bundesbank e dovrà distruggere la stessa quantità di riserve bancarie dal conto di deposito della banca commerciale greca).


E’ un metodo un po’ contorto per tenere sotto controllo la circolazione dei flussi di capitali da un paese all’altro dell’eurozona, ma a livello di banche centrali, durante questa operazione non c’è alcuna richiesta di reperire materialmente i fondi né da parte della banca centrale greca né da parte della Bundesbank. La Bundesbank semplicemente “crea dal nulla” il denaro che accredita sul conto della banca commerciale tedesca, mentre la banca centrale greca “distrugge” le riserve della banca commerciale greca (che poi magari sarà costretta a rifinanziarsi sul mercato interbancario o presso la stessa banca centrale per continuare ad operare regolarmente).


Prima della crisi, i flussi finanziari tra la periferia e la Germania riuscivano sostanzialmente a compensarsi. Le banche e le imprese della periferia prendevano in prestito denaro dalle banche e dalle aziende tedesche al fine di finanziare, in gran parte, il deficit commerciale che la periferia manteneva nei confronti della Germania. Questo implicava un flusso di denaro dalla periferia in Germania (per pagare il conto delle importazioni tedesche) e dalla Germania alla periferia (per fornire un credito, con il quale il conto delle importazioni tedesche poteva essere pagato). Tuttavia dopo la crisi del 2008, le banche tedesche hanno ridotto i loro prestiti alla periferia a causa delle preoccupazioni riguardo il maggiore rischio di controparte, e i flussi di capitali sono diventati una strada a senso unico: dalla periferia alla Germania senza più tornare indietro.


Fra l’altro il rischio di default degli stati PIIGS ha indotto molti cittadini e imprese spagnole, irlandesi, greche, portoghesi ed italiane a trasferire i propri risparmi e capitali presso i depositi più sicuri delle banche tedesche, aggravando ancora di più l’emorragia di capitali nella periferia e l’abbondanza di liquidità in Germania. Di conseguenza, i crediti Target netti della Bundesbank nei confronti dell’intero Eurosistema sono aumentati ininterrottamente, senza avere mai alcuna misura di compensazione a parte i capitali pubblici versati dal governo tedesco nei fondi salvastati EFSF/MES, che non vengono contemplati all’interno del sistema Target2 perché seguono altri canali.



Quali sono i rischi finanziari di TARGET2?


Nel valutare il rischio finanziario derivante dall'aumento dei crediti Target netti della Bundesbank nei confronti dell'Eurosistema — diventati squilibri permanenti interni del sistema TARGET2 — è importante tenere presente che, almeno finora, questi fondi sono serviti per lo più per rimborsare il debito dei paesi PIIGS detenuto dalle banche tedesche. In altri termini, il rischio finanziario per il paese Germania nel suo complesso non è cambiato significativamente dato che è avvenuto un semplice trasferimento di crediti dai bilanci delle banche tedesche a quelli della Bundesbank. Ma il rischio di sistema dell’intera eurozona è aumentato notevolmente perché le banche della periferia continuano a finanziarsi presso le rispettive banche centrali utilizzando come collaterale di scambio assets sempre più scadenti, come i famigerati titoli derivati ABS (Asset Backed Securities) derivanti dalla cartolarizzazione dei prestiti ipotecari e bancari, che sono stati recentemente ammessi agli scambi dalla stessa BCE per evitare l’implosione del settore bancario europeo. Le banche centrali della periferia continuano quindi a “stampare” denaro per supportare le proprie banche, a danno soprattutto di chi quel denaro è costretto ad accettarlo attraverso il sistema TARGET2, ovvero le banche tedesche, la Bundesbank e in generale l’intero sistema finanziario ed economico tedesco.


In effetti un rischio vero per la Germania potrebbe insorgere soltanto nel caso in cui un paese della periferia dichiarasse default, perché solo così i crediti Target accumulati dalla Bundesbank diventerebbero perdite reali, anche se queste perdite andrebbero poi suddivise pro-quota fra tutti i rimanenti paesi dell’eurozona. Cosa diversa accadrebbe se ci fosse una rottura definitiva di tutta l’area euro, perché in quel caso le perdite derivanti non andrebbero più ripartite e rimarrebbero tutte all’interno del bilancio della Bundesbank, sotto forma di crediti Target inesigibili. In questo caso la solvibilità e affidabilità della banca centrale tedesca verrebbe minata dalla base, anche se a questo punto sarebbe ipotizzabile un intervento diretto di protezione e garanzia del governo tedesco e una serie di accordi bilaterali con i paesi coinvolti per trovare un compromesso sui tagli da applicare e sulla ristrutturazione dei debiti maturati. 


Ma a parte il rischio default che si tenta in ogni modo di arginare con i vari memorandum, programmi della trojka, piani di salvataggio, la vera minaccia più urgente che incombe sulla Germania in questo momento sono le continue fughe di capitali dai paesi della periferia verso le banche tedesche, che non riflettono più una vera e propria attività di investimento o uno scambio commerciale e potrebbero quindi fra non molto avere riflessi inflattivi, nonostante la politica di bassa domanda interna, di contenimento salariale e alta flessibilità del lavoro applicata in Germania a partire dai primi anni 90 (le famose riforme strutturali che i nostri politici e tecnici vorrebbero imporre anche qui in Italia a forza di tagli indiscriminati alla spesa pubblica, licenziamenti sia di lavoratori pubblici che privati, modifiche dei contratti di lavoro nazionali per migliorare più la flessibilità in uscita che quella in entrata).  


Finora il fenomeno della fuga di capitali ha già avuto risvolti di una certa entità in Grecia, Spagna e Italia, ma considerando che i soli depositi dei privati e delle famiglie nella periferia ammontano a circa €1,5 trilioni, possiamo capire quale bomba ad orologeria sia collocato ai confini della Germania, che non a caso ha fatto pressioni all’ultimo Vertice Europeo per accelerare i processi di centralizzazione della vigilanza bancaria nelle mani della BCE, e quindi della stessa Bundesbank, in modo da avere un maggiore controllo dei trasferimenti dei capitali all'interno dell'eurozona. Il vero obiettivo dei tedeschi non è quello di proseguire sul cammino dell’unificazione politica o fiscale, come ripete fino allo sfinimento la propaganda di regime soprattutto qui in Italia, ma evitare che la crisi finanziaria della periferia si trasformi presto in una bolla inflattiva in Germania. Oggi come oggi le preoccupazioni del governo Merkel riguardano le modalità di rendere solvibili con ogni mezzo (memorandum, piani di salvataggio, meccanismi di stabilità) i crediti Target della Bundesbank che sono in continuo aumento (grafico 8 sotto) e la paura che i crescenti depositi presso le banche tedesche possano superare il livello di guardia (grafico 9 sotto), mentre tutto il resto (vedi gli Stati Uniti d'Europa e sciocchezze del genere) sono amenità che vengono tranquillamente lasciate raccontare ai pennivendoli prezzolati per confondere le acque e sviare l'attenzione.   







Alla fine chi paga per le perdite TARGET2 e per l’inflazione?


Sia in caso di rottura o meno dell’eurozona, con tutte le perdite potenziali che sono e saranno sempre difficili da calcolare, l’esposizione crescente all’interno del sistema TARGET2 comporta già una sfida significativa per la Bundesbank. La prima sfida sarebbe quella di stabilizzare le aspettative di inflazione. Le aspettative sull'andamento dei prezzi futuri giocano un ruolo cruciale nel processo di inflazione: se gli agenti economici si aspettano, per un qualunque motivo non ultimo la stessa rottura dell’area euro, un aumento dei prezzi cominciano a regolarsi di conseguenza, e le loro decisioni economiche potrebbero diventare presto delle aspettative autoavveranti. Ecco per quale motivo le banche centrali cercano di monitorare con grande attenzione le aspettative di inflazione.


Ma c'è un modo ancora più diretto e meccanico di valutare il rischio di inflazione potenziale derivante dai maggiori squilibri e dalla crescente esposizione della Bundesbank nel sistema TARGET2. Questi squilibri sono il risultato di un aumento dei depositi nei bilanci delle banche commerciali tedesche. Tali depositi rappresentano in definitiva un credito nei confronti del PIL e della capacità produttiva tedesca, dato che i titolari dei depositi potrebbero decidere di spendere in qualsiasi momento i soldi detenuti nei loro conti. Un altro modo di descrivere questo meccanismo è collegare il tasso di aumento dei depositi e quindi degli aggregati monetari in relazione al tasso di crescita dell’economia reale sottostante, perché se il primo supera di gran lunga il secondo è chiaro che la minaccia di aumento incontrollato dell’inflazione diventa sempre più concreta, anche se difficile da calcolare.


Sapere in anticipo se questi maggiori depositi saranno inflazionistici dipende come già sappiamo da diversi fattori, non ultimo la rapidità con cui questi depositi vengono spesi, la propensione al consumo e al risparmio, quindi la velocità di circolazione della moneta stessa. Ma è chiaro che se i depositi dei residenti tedeschi sono in qualche modo legati alla capacità produttiva della Germania, la maggiore quantità di depositi detenuti dai non residenti, tramite la fuga dei capitali, sia prima che dopo un’eventuale rottura dell’area euro, rappresenta il più elevato rischio potenziale inflazionistico per la Germania, perché eccedenze di liquidità non relazionabili ad un reale aumento di beni e servizi prodotti in suolo tedesco.


In generale comunque sottolineiamo un’altra volta che tutte le considerazioni che si fanno riguardo alle potenziali implicazioni inflazionistiche non possono essere precise e presentano un alto grado di incertezza, data l’imponderabilità intrinseca del fenomeno inflazione. Ma il punto importante che emerge dall’analisi del rischio finanziario e dei crescenti squilibri del sistema TARGET2 è che, sia in caso di un break-up o meno dell'area euro, il prezzo da pagare per la Germania non sarebbe necessariamente e soltanto una massiccia ricapitalizzazione della Bundesbank, che potrebbe essere effettuata dal governo stesso e non mettere a repentaglio la solvibilità complessiva del paese, ma piuttosto arrivare sotto forma di maggiore inflazione galoppante in Germania, ovvero tutto quello che i tedeschi hanno sempre cercato di evitare con la politica della moneta forte, della deflazione salariale, della bassa domanda interna e dell’aumento del reddito nazionale basato essenzialmente sulle esportazioni (strategia mercantilista).


I cittadini tedeschi quindi dovrebbero chiedersi che senso abbia oggi mandare reclami alla Corte Costituzionale per impedire l’attivazione dei meccanismi di stabilità e dei piani di salvataggio europei, quando hanno invece alle porte ben altre problematiche da affrontare: meccanismi più o meccanismi meno, la Germani ormai si trova davanti un bivio che porta sempre alla stessa meta. Se continua infatti su questa strada avrà presto o tardi nuovi rischi inflazionistici da affrontare derivanti da TARGET2, se invece decide di allentare la stretta salariale interna, di iniziare un vero cammino di integrazione fiscale con la messa in comune dei bilanci e i trasferimenti permanenti di capitali pubblici all’interno dell’eurozona, di concedere alla BCE la possibilità di monetizzare i deficit pubblici come avviene in un qualsiasi altro stato normale del mondo, dovrà accettare un cambiamento totale ed epocale della sua tradizionale politica economica e una gestione meno opprimente dell’incubo ancestrale per l’inflazione. Oppure se non vogliono né l’uno né l’altro, perché intenzionati a rimanere germanici e non europei nell’anima, mantenendo intatta la loro sacralità per la bassa inflazione, i tedeschi hanno una sola cosa da fare: marcia indietro, dietrofront e tornare al loro amato marco.



E siccome i tedeschi, rispetto a noi meridionali, sono già molto avanti nel loro dibattito interno, avendo esaminato in lungo e in largo il sistema TARGET2 per scorgerne tutti i difetti e le anomalie, non è escluso che a breve, quando capiranno che i fondi di salvataggio sono inutili palliativi a spese soltanto dei cittadini europei, la scelta possa ridursi appunto a queste due sole alternative: eurozona con BCE inflazionistica oppure Bundesbank con ritorno al marco. La partita ancora una volta si gioca soltanto in Germania, mentre a noi non resta che subire i tagli e le tasse che ci stanno infliggendo in nome di un’austerità senza senso e attendere speranzosi che i tedeschi facciano il salto di qualità decisivo nella loro discussione. Tempo fa avevo scritto, o meglio sperato, in un articolo che in una calda giornata d’estate la Germania avrebbe dichiarato pubblicamente il suo ritorno al marco così come accadde il 15 agosto del 1971 con la fine degli accordi di Bretton Woods. L’estate è appena iniziata e gli animi in Germania si stanno surriscaldando al punto giusto per arrivare ad accarezzare  il sogno a cui molti di noi tendono: un’Europa democratica e libera da banchieri e tecnocrati, con tanti stati sovrani che cooperano pacificamente per il benessere dei loro popoli. Ognuno con la propria moneta, i propri debiti, la propria economia. Grado più o grado meno, in Europa si preannuncia una lunga estate calda.   



     

14 commenti:

  1. Grande Piero, i tuoi articoli sono sempre illuminanti.
    Volevo chiederti se secondo te con la caduta dell'euro ci sarà lo "scatafascio" da tutti strombazzato o ci sarà solo una transazione "pacifica" verso le monete nazionali.

    Infine molti dicono che la "baracca" salterà a settembre sei d'accordo?

    Grazie

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    1. Nessuno scatafascio o apocalisse varia, ma una volta tornati alla lire accadrà quello che è sempre successo nelle nazioni in recessione per eccesso di debito estero che hanno dovuto abbandonare l'aggancio rigido con un'altra moneta: svalutazione del 20%, inflazione da valutare ma non così catastrofica come cercano di farci credere perchè a parte il petrolio l'Italia ha risorse sufficienti per riprendersi in breve tempo e mantenere bassi i prezzi interni, nazionalizzazione temporanea delle banche, controllo dei capitali, ripresa economica nel giro di due anni...ovviamente l'apocalisse la prevede chi continua a guadagnare e a speculare sulla moneta forte sulle spalle dei lavoratori, ma ricordati sempre che i profeti dell'apocalisse furono sempre smentiti dagli eventi e Savonarola morì impiccato, perchè dopo il medioevo (e in questo momento stiamo toccando l'apice del medioevo moderno e non a casa proliferano i profeti dell'apocalisse...) inizia sempre un rinascimento...settembre potrebbe essere una data plausibile, ma anche agosto è un bel periodo per cambiare le cose senza creare troppi traumi alla gente...per me comunque il primo passo potrà arrivare sempre e solo dalla Germania, perchè loro oggi hanno la possibilità di scegliere fra diverse alternative, mentre a noi non resta che subire la recessione, la svendita del patrimonio pubblico e la schiavizzazione del lavoro...

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  2. Credo che la Merkel abbia un dshboard di due colonne di cui controlla ogni giorno il totale.
    La prima è intestata "Costi per rimanere nell'Euro" la seconda "Costi per uscire dall'Euro".
    Come scrivi nell'articolo, il costo di rimanere si sta alzando. Il costo di uscita, invece, si abbassa quando le banche vendono titoli esteri eurozona ma si alza quando le aziende tedesche fanno investimenti all'estero (che poi era uno degli scopi iniziali della politica neomercantile, comprare attività produttive all'estero prezzo di favore). Però, se si uscisse dall'euro, con un marco + forte ancora, lo shopping potrebbe proseguire per un po', finché le altre economie non ricominciano a crescere. In questo senso, il costo di uscita si sta abbassando.
    Un giorno, sul dasboard di Frau Merkel, lampeggerà un indicatore ed allora ci divertiremo.

    Roberto Seven

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    1. Esattamente...mentre noi parliamo di Stati Uniti d'Europa per prendere in giro gli ultimi piddini indefessi (o forse solamente fessi...), la Germania sta valutando attentamente costi/benefici di rimanere o uscire dall'euro...a mio modo di vedere la scelta di uscire è stata già fatta, ma si attende solamente il momento più opportuno per uscire...quando il rischio inflazione diventerà più concreto e i dati confermeranno che si sta andando in quella direzione, la Germania staccherà la spina, perchè per la sua storia e la sua struttura economica non è in grado di gestire politiche economiche inflazionistiche e non rinuncerà mai alla sua cultura mercantilista...secondo me, il momento si sta avvicinando a grandi passi, perchè i dati della recessione della periferia sono ormai conclamati e il mercato europeo è troppo importante per gli imprenditori tedeschi...

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    2. Ho cominciato a leggere questo articolo....piano piano perche' e' molto corposo e sostanzioso .Mi ci vorra' qualche giorno. Sulla prima parte ti vorrei chiedere un chiarimento. Scrivi "....avesse potuto finanziarsi illimitatamente dalla Bce come fa una qualsiasi banca privata..." allora perche' queste qualsiasi banche private europee non possono continuare a finanziarsi illimitatamente dalla Bce e si accingono invece a prosciugare i litri del Mes, cioe' i nostri soldi? Credevo che la Bce non potesse monetizzare gli Stati, ma le Banche Private si. Hanno chiuso il rubinetto? come vedi sono in piena regressione. Ti chiedo un ultimo esercizio di pazienza prima delle meritate vacanze!

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    3. Cristina, ti ho lasciato i compiti per le vacanze, mi raccomando studia e ripassa perchè al mio ritorno ti interrogo...i litri del Mes serviranno principalmente a ricapitalizzare le banche e non a finanziarle in senso stretto: in pratica durante la crisi il cosiddetto patrimonio di vigilanza delle banche (capitale proprio più asset di elevata qualità e valore) si è molto deprezzato (crollo del valore in borsa delle azioni bancarie) e quindi le banche devono fare aumenti di capitale per rientrare nei parametri bancari internazionali di Basilea II...quindi in questo caso non cercano investitori ma veri e propri azionisti della banca (in pratica è un modo molto astuto per coprire il fatto che le banche verranno nazionalizzate e saremo noi cittadini contribuenti del MES i suoi azionisti...ma ovviamente non percepiremo nessun dividendo, perchè i profitti se li pappano sempre i banchieri...noi paghiamo e loro incassano: ovvero socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti)...quando invece le banche si rifinanziano illimitatamente presso la BCE ricevono soldi che servono per le loro attività operative (prestiti, investimenti finanziari, compensazione dei pagamenti etc), ma ogni volta che chiedono soldi alla BCE devono fornire alla stessa BCE un collaterale di scambio, che sono quasi sempre titoli di stato, obbligazioni, titoli derivati valutati al valore secco di mercato...ma siccome molti di questi titoli valgono sempre meno, ad ogni giro le banche possono ritirare sempre meno soldi ed entrano nel panico delle crisi di liquidità...la BCE allora allenta i criteri di ammissione dei collaterali (come ha detto bene qualcuno fra poco accetteranno anche la carta igienica che si usa negli uffici delle banche...) e si va avanti con un altro giro di giostra...se il MES avesse avuto una normale licenza bancaria avrebbe potuto rifinanziarsi illimitatamente presso la BCE utilizzando come collaterali i titoli di stato acquistati e le obbligazioni emesse dal MES stesso, e a quel punto avremmo avuto un vero prestatore di ultima istanza per gli stati capace di coprire tutto il debito pubblico europeo...mentre così si tratta soltanto di un fondo permanente a capacità limitata finanziato dai cittadini europei...un'altra gran bella fregatura insomma!!!

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    4. Gesummio! mi sa proprio che dovro' prendere qualche ripetizione estiva !

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    5. Ho capito, in pratica ci costringono a diventare azionisti di Banche che tra qualche mese magari falliranno ugualmente! WOW!!

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  3. Grazie Piero. Io credo che l'apocalisse si avrà se resteremo ancora nell'euro.

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    1. Purtroppo l'apocalisse in cui già siamo coinvolti rimanendo dentro l'euro è di una tipologia molto particolare: non si tratta infatti di un unico evento traumatico ben identificabile, ma di un processo lento, frammentato, irreversibile...in pratica non vogliono ammazzarci con un colpo di pistola in testa, ma tentano di rinchiuderci tutti dentro una stanza senza finestre per farci morire di una lenta agonia per mancanza di ossigeno...noi non ce ne accorgiamo, ma ogni giorno i tecnocrati, gli europeisti alzano sempre un muro e cercano di spingerci dentro questa stanza...l'esempio forse più calzante è quello della rana che se viene gettata in una pentola piena di acqua bollente salta subito e scappa, mentre se viene lasciata a molla in acqua fredda che man mano si riscalda, la rana non si accorge e poi muore bollita...a noi sta succedendo la stessa, perchè ogni giorno ci tolgono un diritto, un servizio pubblico, una tutela, finchè all'improvviso ci ritroveremo tutti come i cinesi e la cosa assurda è che penseremo sia normale...perchè avremo del tutto dimenticato come si stava bene prima e ci saremo adattati alle nuove condizioni...

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  4. Hai detto bene, Piero: dimentichiamo il passato... Molti di noi hanno dimenticato il boom economico degli anni '60, come fu possibile generarlo (pur con tutte le storture e gli errori politici che furono volutamente commessi, tipo l'eccessiva industrializzazione del nord a scapito del sud e, parallelamente, l'abbandono degl'investimenti nel settore agricolo con la conseguente massiccia emigrazione sud-nord). Forse riportare alla memoria certe fasi storiche, gioverebbe a tutti: sia a chi ha dimenticato sia alle nuove generazioni che ne hanno appena sentito parlare.
    In ogni caso, grazie come sempre per il tuo contributo preziosissimo perchè correttamente divulgativo.
    Mauri Di Pietro.

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    1. Io tengo sempre a mente una frase del film "i cento passi", dove l'attore che interpreta Peppino Impastato dice giustamente che gli uomini si abituano troppo rapidamente alla bruttezza...è proprio così, gli uomini spesso si adagiano e si adattano a quello che hanno e che gli viene concesso, senza riflettere mai su ciò che gli spetterebbe di diritto...e poi dimenticano, dimenticano troppo in fretta per paura di nutrire recriminazioni e rivendicazioni che turbano la serenità quotidiana...i politici conoscono benissimo questi meccanismi e li sfruttano continuamente a loro vantaggio...purtroppo...

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  5. E intanto la virtuosa Finlandia dice che potrebbe uscire dall'Euro.

    http://www.independent.ie/business/european/debt-crisis-finland-warns-of-euro-exit-rather-than-pay-debts-of-others-3160735.html

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    1. Speriamo che i finlandesi o gli olandesi o i tedeschi ci salvino da questo massacro, perchè se fosse per i popoli latini, vigliacchi, mendicanti, e cialtroni, da questa crisi non ne usciremmo mai...io mi unisco con lo spirito a tutti i cittadini dei paesi del nord che non vogliono giustamente pagare per salvare le banche e gli stati del sud che hanno salvato le banche...se loro riescono a vincere questa battaglia, sarà la vittoria di tutti noi...

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