Mentre si consuma l’ennesimo
atto dell’epopea cipriota, con il
momentaneo abbandono delle tumultuose note da Cavalcata delle Valchirie e il ritorno ai più pacati e agonizzanti
ritmi della tragedia greca (nel senso che Cipro
entrerà a buon diritto in quel vicolo cieco da cui non si esce di recessione, disoccupazione, povertà
diffusa in cui sono già definitivamente ingabbiate Grecia, Portogallo, Irlanda), in Italia continuano le grandi manovre per la formazione del nuovo governo a guida Bersani. Un nuovo
governo che presumibilmente, sulla scorta di ciò che è accaduto con la presidenza
della Camera e del Senato, escluderà a priori alcuni nomi impresentabili della
politica, per impressionare ed emozionare le folle con i membri più illustri e prestigiosi della società civile. Come se
questa copertura posticcia rappresenti indiscutibilmente una garanzia di
successo. Tuttavia sappiamo bene che un governo deve essere giudicato per ciò
che fa concretamente, per come gioca la sua partita e non per ciò che
rappresenta o suscita nella gente. Un po’ come quelle squadre di calcio che
vengono assemblate mettendo insieme giocatori famosi e strapagati che sulla
carta sembrano fortissime e poi sul campo si rilevano disastrose,
disorganizzate, prive di coesione, spirito di gruppo, solidità. Il rischio che
l’Italia corre in questo momento, sulla scia del suggestivo reclutamento delle
eccellenze, è proprio questo.
Trovo quindi più che
opportuno da parte del blog Orizzonte48 giocare di anticipo e tentare di intavolare un dialogo preventivo con i nomi
più papabili della lista. In particolare con due emeriti costituzionalisti come Valerio Onida e Gustavo
Zagrebelsky. Ottimi professionisti nel loro campo, ma assolutamente privi
di quelle chiavi di lettura economiche e finanziarie necessarie per una
corretta interpretazione degli eventi dell’attuale crisi europea. O almeno così
sembra da ciò che dicono su alcuni temi scottanti come il debito pubblico e la necessità
delle politiche di austerità. Se da
una parte i noti giuristi difendono a spada tratta i principi inviolabili ed
universali contenuti nella nostra Costituzione,
dall’altra non capiscono che proprio i vincoli europei e le continue cessioni
di sovranità hanno di fatto stralciato gran parte di quei principi. Facendo ripiombare
l’Italia in uno di quei periodi di angoscia, asfissia e assenza di libertà
descritti tanto bene, in un memorabile discorso, dal nostro più celebre padre
costituente Piero Calamandrei: "La politica non è una piacevole cosa. Però
la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a
mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia
generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non
sentire mai, e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di
angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché
questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno
che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita
politica".
UN "ESTREMO" APPELLO A VALERIO ONIDA E GUSTAVO
ZAGREBELSKY
Sapete
quanto sia prezioso Dagospia nel fare il punto della situazione. Dal sito
traggo questa
notizia-indiscrezione sulla
possibile composizione di un governo da parte dell'incaricato Bersani:
"Intanto il leader si prepara al meglio
per arrivare giovedì da Napolitano con in tasca anche una squadra di governo
snello, ma con nomi originali, pochi politici e molte donne. Ricorrono in
queste ore sempre i nomi di Padoan, Barca, Zagrebelsky, Onida, De
Rita, di Maria Chiara Carrozza e Michela Marzano, con qualche new entry, come l'ex
Confindustria Giampaolo Galli. E ieri Bersani nel suo giro di
confronto con le personalità della società civile, ha incontrato Roberto
Saviano, garantendogli che se farà il governo «si faranno subito misure per la
legalità»."
Ora tra
tutti questi nomi, supponendo che corrispondano a una vox populi
ac "giornalorum" che riflette il sentiment corrente, mi vorrei soffermare su
alcuni. Partiamo da Pier Carlo Padoan: al
riguardo non c'è molto da aggiungere perchè al suo pensiero economico, quale
espresso in dirette e plurime prese di posizione, abbiamo dedicato una serie di
post esplicativi: si tratta di una posizione di neo-macroeconomia classica,
orientata a un "doloroso
deleveraging" tutto a carico del bilancio pubblico, visto che
il problema è sempre e comunque l'eccesso di Stato e di spesa pubblica. In
particolare Osservatorio
PUD€-1 e Osservatorio
PUD€-2. Da quest'ultimo riportiamo il commento finale (che potrà tornarci
utile nell'esame della posizione dei nominativi ulteriori):
“...si continua a ignorare che l'ammontare del debito
pubblico (e quindi, a monte, dell'indebitamento annuale), non ha alcuna
evidente e comprovata influenza negativa sulla crescita, come hanno
dimostrato Panizza e Presbitero in uno studio recepito dallo stesso
FMI”.
Riassuntivamente:
"gli studi empirici che
"dimostrano" che debitopubblicobrutto è il principale se non unico
responsabile dei nostri mali, di solito non tengono conto di un dato
elementare: purtroppo non è solo la crescita a dipendere dal debito, ma anche,
spesso e volentieri, il debito a dipendere dalla crescita. Ad esempio, se l'economia
va in recessione il gettito fiscale cala e il debito quindi cresce più in
fretta: la relazione negativa osservata (più debito=meno crescita) in questo
caso dipenderebbe non dal fatto che il (troppo) debito danneggia la crescita,
ma dal fatto che la (poca) crescita peggiora il debito".
Insomma,
in situazione recessiva (sempre più) diffusa, e determinata da squilibri
commerciali indotti dal cambio fisso non compensato da trasferimenti
"centralizzati" UEM, non
c'è modo di sostenere realisticamente che la soluzione risieda in "sound
fiscal policies" orientate alla "fiscal consolidation", in
particolare al taglio della spesa pubblica (oltre che a maggior pressione
fiscale).
Ignorare Keynes
può essere giustificato da un'intera vita di studi dediti alla sua demolizione
(sulla base di riscontri empirici mai condotti fino in fondo e anzi smentiti
dalla realtà): ignorare De Grauwe, Stiglitz, Panizza, e se vogliamo,
persino Blanchard, porterà
a ulteriore recessione e, nella migliore delle ipotesi, alla
"strutturazione" della debole crescita all'interno di un'unione
monetaria semplicemente insostenibile."
A questo punto affrontiamo, invece i nomi di Gustavo Zagrelbesky e
Valerio Onida. Si
tratta probabilmente dei due più autorevoli, e certamente mediaticamente
più noti, costituzionalisti italiani. Il secondo ha anche un suo blog
"Valerio Onida- Passione civile" da cui riportiamo, per estratto dei
passaggi salienti, un
post sulla crisi economica, tratto da un articolo anche pubblicato sul Sole24ore:
"...Da “cittadino incompetente”, vorrei
provare a mettere in riga alcune semplici e magari semplicistiche riflessioni
capaci di orientare il giudizio che, alla fine, anche gli elettori, non solo i
“mercati”, dovranno dare sulle scelte compiute o non compiute.
Una cosa l’abbiamo
capita bene: il debito pubblico che ristagna intorno al 120% del PIL è una
palla al piede che il paese non può ulteriormente permettersi. Il problema è come ridurne l’entità.
Ci dicono che la via maestra sarebbe l’aumento del PIL (la famosa “crescita”)
con ritmi che, nel volgere degli anni, ridurrebbero l’incidenza relativa del
debito, pur costante in termini assoluti, se si riesce nel frattempo ad evitare
nuovo disavanzo annuale. Ma poi ci spiegano che molte delle
misure che riducono la spesa pubblica o che aumentano il prelievo fiscale sono
destinate ad avere effetti contrari alla crescita del PIL. Sembra un circolo vizioso.
Il
coro invoca la riduzione dei “costi della politica”: e va bene, era ora. Non ha
senso che i parlamentari paghino i pasti al prezzo di una mensa operaia (a
spese delle Camere). Ma
tutti sappiamo che se anche smettessimo da un giorno all’altro di pagare
compensi a tutti i titolari di cariche elettive, o abolissimo queste ultime,
avremmo ridotto di poco il problema finanziario (e,
forse, avremmo ridotto anche il tasso di democrazia del paese: attenzione,
prima di entusiasmarsi per i dimezzamenti delle “poltrone”, senza domandarsi
quali dovrebbero essere i rapporti numerici congrui fra rappresentanti e rappresentati!). Eliminare gli sprechi? E’
sacrosanto (in genere, però, sono visti come “sprechi” solo i soldi spesi per
altri, non quelli spesi per interventi che finanziano le nostre imprese o le
nostre famiglie).
Ma
poi, combattuti gli sprechi, siamo sicuri di volere (e
che sia accettabile) uno
Stato che riduca ancora la spesa per l’istruzione, per la salute, per
l’assistenza sociale a chi ne ha bisogno, per la cultura?
L’incompetente allora si
domanda: c’è un’altra strada per abbattere il debito pubblico o il suo onere
eccessivo? Lo Stato potrebbe vendere beni (o
assets, come oggi si dice), salvo poi trovarsi impoverito di strumenti e
risorse per perseguire i suoi scopi (che non sono solo quello di mantenere
l’ordine pubblico).
In ogni caso non sembra una strada semplice né rapida (intanto, però, si cedono
gratuitamente alle imprese televisive frequenze dell’etere, che sono un
bene pubblico limitato). Oppure si potrebbe chiedere ai cittadini di
contribuire una tantum ad abbattere il debito, secondo la logica per la quale
“lo Stato siamo noi”, e quindi, se lo Stato ha un fabbisogno straordinario, noi
dobbiamo concorrere a colmarlo.
Ci
hanno spiegato a lungo che la forza dell’Italia, nella claudicante economia dei
paesi sviluppati, era che noi abbiamo sì un grande debito pubblico, ma
relativamente poco debito privato, e cioè i cittadini hanno un patrimonio netto
(beni meno debiti) più cospicuo che altrove.
Bene, allora perché non si chiede ai cittadini titolari di questo patrimonio di
sacrificarne una piccola parte ciascuno, in progressiva proporzione all’entità
del possesso individuale, per consentire allo Stato di ridurre
significativamente il suo debito, vuoi attraverso un prelievo straordinario,
vuoi attraverso un prestito, spontaneo o “forzoso”, da restituire a lungo
termine e ad interesse inferiore a quello che i “mercati” pretenderebbero? O
immediatamente, o in prospettiva, per effetto della riduzione degli interessi,
l’onere del debito pubblico diminuirebbe.
Subito
si leva il coro: altre tasse, per di più sul patrimonio? Vade retro! Lo Stato
ha fatto il debito, lo Stato lo ripaghi. Com’è
noto,quando una persona si indebita troppo rispetto alle sue possibilità
economiche, o fallisce subito o finisce nelle mani degli strozzini, che gli
prestano sì nuovo denaro, ma ad interessi sempre più alti (e
alla fine fallisce lo stesso perché non è più in grado di rimborsare i debiti
contratti). Nel
nostro caso gli “strozzini” sono i “mercati”, che
di fronte alle difficoltà dello Stato alzano la misura degli interessi
richiesti per continuare a finanziarne il debito (il famoso spread). E dunque?
Non vorremmo che finisse
come altre volte nella storia: il debito pubblico evapora come neve al sole perché, o con l’inflazione (se non dovessimo
più avere la protezione dell’euro) o con la “ristrutturazione”, i titoli di Stato diventano
carta straccia. Ci perderebbero gli “strozzini”, e poco male, visto che molti
sono professionisti del rischio finanziario, ma ci perderebbero anche i
cittadini normali che hanno investito tutti o parte dei loro modesti risparmi
(pensando che lo Stato non è la Cirio né la Parmalat) in titoli di Stato: in
quel debito pubblico che, come diceva lo Statuto albertino (la Costituzione
repubblicana non lo ripete, ma in qualche modo lo presuppone) è - deve essere -
“guarentito” (perchè “ogni impegno dello Stato verso i suoi creditori è
inviolabile”).
L’unica
cosa che dovremmo esigere è che alle “dolorose” operazioni necessarie presieda
un Governo (sorretto da una maggioranza parlamentare più ampia possibile) degno
di questo nome, cioè credibile."
Per voi attenti lettori questa serie di indicazioni non potrebbe che essere
preoccupante. Riassumendo: il
debito pubblico è il problema economico italiano, siamo finiti nella mani degli
strozzini-mercati a causa del fatto che ci saremmo troppo indebitati (vivendo
"al di sopra delle nostre possibilità"...), l'unica soluzione è che
un governo credibile introduca una forte una tantum patrimoniale (anche perchè
uscire dall'euro condurrebbe a un'inflazione distruttiva...del debito
pubblico...in mano alle famiglie!!!). Fortunatamente
(in senso eufemistico), premette di essere un "cittadino
incompetente".
In
effetti non pare conoscere le "verità nascoste" e parte da premesse
del tutto smentite dai dati economici: il debito pubblico italiano non è la
palla al piede; il debito pubblico italiano non è stato creato da eccessi di
spesa, bensì da eccessi di interessi passivi a favore di grossi soggetti finanziari;
tentare di correggere l'ammontare del debito mediante una forte incisione
patrimoniale sui privati non solo piomberebbe il paese in una recessione
autenticamente distruttiva (ancora di più), ma non risolverebbe le cause della
crisi, che sono da individuare nell'euro, cioè in una moneta che diminuisce la
competitività dei nostri beni sui mercati esteri e ci porta in situazione di
indebitamento privato via CAB strutturale e crescente; questo indebitamento
privato, da squilibrio commerciale a base monetaria, sarebbe
riproducibile e persino aggravato anche in caso di abbattimento del debito (deleveraging, appunto, su
cui vale il passaggio di Osservatorio PUD€-2 sopra riportato).
Insomma quello che è preoccupante è uno dei più grandi costituzionalisti italiani appaia completamente all'oscuro delle ragioni della crisi: tanto per dire, il debito pubblico è in mano non certo alle famiglie, ma per circa il 90% a istituzioni finanziarie, che sarebbero esse stesse ad essere garantite dal prelievo patrimoniale sulle famiglie. Insomma, al governo potrebbe andare una personalità che potrebbe non avere difficoltà a concordare con Schauble e in generale con le più "oscure" pulsioni germaniche.
Veniamo
a Zagrebelsky. Con lui, in linea teorica,
ci accomuna il voler riproporre il pensiero giuridico di Costantino Mortati e
Piero Calamandrei. Ma, mancando del tutto, nell'analisi di Zagrebelsky,
punti di riferimento riferiti alla reale causa europea della crisi economica e
costituzionale italiana gli sviluppi tratti da questi grandi antecedenti di
pensiero sono obiettivamente dissimili. Questa coincidenza di premesse e divergenza
di conclusioni si vede bene
in questo passaggio riassuntivo di sue recenti
prese di posizione politico-istituzionale:
"Nella Costituzione troviamo la politica,
il bene pubblico che più, oggi, scarseggia". Di una "stagione
costituzionale", e non di una "stagione costituente", quindi, il
Paese ha bisogno, spiega Zagrebelsky. Di "atti di contrizione e segni di
discontinuità" con quanto ci ha preceduto. E, in questa parola d'ordine,
ossia nel dettato costituzionale, si troverebbe soluzione ai problemi del Paese
che vengono elencati nel manifesto. Al primo posto anche qui il lavoro, quindi
i diritti civili, l'uguaglianza, l'equità sociale e fiscale, i servizi sociali,
la salute, la cultura e i beni culturali, la natura, intesa come patrimonio a
disposizione di tutti; l'informazione, come diritto dei cittadini a essere
informati e dei giornalisti di informare; la politica come autonomo discorso
sui fini e la partecipazione all'Europa."
D'accordo
che il bisogno sia quello di una "stagione costituzionale", ma il
tutto diventa irrimediabilmente generico e privo di valore pratico se
non si indica come, alla luce della cause effettive
della attuale crisi, si possa "porre al primo posto" il lavoro, i diritti civili, e tutto
quanto elencato, quando non si prende in esame neppure
per un momento che tutto questo è
antitetico al trattato UE-UEM, scritto sotto la spinta delle teorie
macroeconomiche neoclassiche di Lucas e Von Hayek, che di tale elenco di
interessi e programmi perseguiti dalla nostra Costituzione sono inconciliabili
avversari.
Ora più che allargare il discorso all'analisi del pensiero politico-economico
degli altri nomi, indicati all'inizio, di possibili futuri
appartenenti al governo che si cerca di formare, mi
viene da rinnovare un appello.
Un
appello rivolto a questi due illustrissimi e influenti costituzionalisti, che
come giuristi, si trovano nella difficile posizione di
non essere "colpevoli" di ignorare la verità su
certi meccanismi economici che
non sono chiariti dagli stessi economisti (tranne le note eccezioni cui va la
nostra riconoscenza), ma al tempo stesso avrebbero l'onere,
nell'interesse della democrazia, di poter difendere la Costituzione cognita causa, in modo da poterne comparare la
effettiva portata, lavorista e redistributiva, con l'inesorabile disegno
economico-finanziario racchiuso nel vincolo europeo.
L'appello
che affido a queste pagine di nicchia, ma che mi auguro ripreso dalla capacità
dei lettori di far sentire la propria voce e il proprio impegno civile, è
rivolto a questi due illustri costituzionalisti affinchè, quando e come
potranno dedicarci il loro prezioso tempo, prendano in considerazione quanto
scritto nei seguenti post:
a) FOCUS 3- "REDUX";
Non nutriamo eccessive
speranze di essere ascoltati così "in
alto". Ma un tentativo crediamo valga la pena di farlo. Se non altro
per non rimanere con lo scrupolo di aver trascurato una delle possibili vie
che, nella piena circolazione delle idee e di una informata visione
razionale, potrebbero portare frutti di verità e di democrazia.
RispondiEliminaBuongiorno costosa amici!
Ho trovato il sorriso è grazie al questo Signore. Muscolino GIOVANNI che ho ricevuto un prestito di 70.000€ nel mio conto il mercoledì a 11:32 min e due dei miei colleghi hanno anche ricevuto prestiti di questo signore senza alcuna difficoltà. Li consiglio più voi non fuorviate persone se volete effettivamente fare una domanda di prestito di denaro per il vostro progetto e qualsiasi altro. Pubblico questo messaggio perché signore Muscolino GIOVANNI mi ha fatto bene con questo prestito. È tramite un amico che ho incontrato quest'uomo onesto e generoso che mi ha permesso di ottenere questo prestito. Allora vi consiglio di contattarlo e li soddisfarà per tutti i servizi che gli chiederete. Ecco il suo indirizzo elettronico: muscolinogiovanni61@gmail.com
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