mercoledì 6 giugno 2012

MODERN MONEY THEORY MMT: DOTTRINA MISTICA DELLA MONETA O RIVOLUZIONE CULTURALE?


Prima di continuare lo studio e l’approfondimento della teoria economica americana della Modern Money Theory MMT attraverso le lezioni del professore Randall Wray, mi sembrava opportuno aprire una piccola parantesi e fare alcune precisazioni sui motivi che mi spingono a studiare e ad interessarmi a questa nuova corrente di pensiero, che in verità tanto nuova non è, quantomeno nelle sue tematiche strettamente scientifiche ed accademiche. Tralasciando però per il momento i dettagli tecnici, bisogna riconoscere che nelle sue intenzioni dichiarate il movimento MMT, pur nella grossolana versione strillata o spacciata come facile propaganda di acchiappo, racchiude in sintesi molte delle principali rivendicazioni e istanze sociali che hanno da sempre guidato il processo di emancipazione della civiltà umana dalla barbarie economicista dell’oscurantismo, della repressione e dell’oppressione brutale dell’uomo sull’uomo: l’equità, l’uguaglianza dei diritti e dei doveri, la libertà individuale, la dignità dei lavoratori, l’assistenza ai più disagiati, la solidarietà, lo sviluppo sostenibile.


Basterebbe solo questo breve elenco di principi sacrosanti e universali per giustificare l’interesse verso qualsiasi scuola di pensiero che si propone di rendere concrete ed attuabili tali riforme. Con tutto il dovuto rispetto e avendo chiara le diverse condizioni storiche di partenza, la Repubblica di Platone non presentava lo stesso grado di apertura e partecipazione collettiva alla vita pubblica, politica ed economica di una comunità. Eppure Platone viene spesso osannato come una vetta del pensiero democratico e liberale, un vero maestro del buon governo, mentre chiunque si propone oggi di fare di più e meglio viene subito tacciato di essere un ciarlatano, un visionario, un allocco facilmente suggestionabile e manipolabile. Amara constatazione che nessuno è profeta in patria e la gloria è purtroppo nel migliore dei casi una conquista postuma per tutti gli uomini di buona volontà.



Avendo scoperto da qualche tempo di essere già stato marchiato a fuoco da alcuni (non da tutti per fortuna) come “esponente della Modern Money Theory MMT”, in tono vagamente allusivo e denigratorio, mi sembrava opportuno ribadire ancora una volta che io non sono l’esponente di alcunché, né il seguace di un’ideologia o di una dottrina, ma un semplice curioso che getta l’occhio laddove trova scampoli di buon senso e indicazioni pratiche che possono tornare utili per aprire la strada alla speranza e al rinnovamento. Se tutto stesse funzionando bene nel mondo e la civiltà stesse procedendo a gonfie vele verso migliori condizioni di vita per tutti, non ci sarebbe più neppure bisogno di studiare l’economia, perché i veri cultori di questa disciplina sanno che l’economia serve solo quando le cose vanno male.


Ogni volta che nella storia si è presentata la necessità di fare un passo in avanti e creare uno strappo con il passato, ecco venir fuori puntualmente dal nulla i vari Adam Smith, David Ricardo, Karl Marx, John Maynard Keynes e soci, che nel bene e nel male ci hanno costretto a guardare il mondo da un’altra prospettiva e a cambiare rotta con le loro strabilianti idee. Non dobbiamo dunque stupirci se oggi spuntano come funghi nuove correnti di pensiero economico o economisti d’assalto, perché peggio di come stanno andando le cose non potevano andare e il futuro si prospetta soprattutto per noi europei più che mai plumbeo e angosciante. Quindi ripeto, vale la pena studiare bene cosa hanno da dire questi nuovi economisti e selezionare con attenzione ciò che può tornare utile a tutti da ciò che serve soltanto ad alzare polveroni, esacerbare i conflitti o ottundere l’intelletto.


Le misere condizioni in cui versa l’Europa oggi sono dovute principalmente alla cieca delega e fiducia che i cittadini hanno riservato ad uomini che avevano e hanno una visione dell’economia davvero raccapricciante, rappresentata in Italia dai soliti noti Ciampi, Prodi, Monti, D’Alema, Bersani, Berlusconi, Casini. Una sorta di setta satanica ispirata al culto del libero mercato, della concorrenza perfetta, della supremazia della circolazione delle merci, dei capitali e dei lavoratori rispetto ai valori che stanno alla base della convivenza civile. Questi nostri rappresentanti politici che meritano tutto il nostro profondo disprezzo ci hanno usato come cavie per mettere a punto il loro fallimentare esperimento di usurpazione dello spazio di manovra politica e democratica ed elevazione dell’economia a scienza esatta e deterministica, piena di vincoli e limiti quantitativi (pareggio di bilancio, 60% di rapporto debito pubblico/PIL, 2% di inflazione) che non hanno alcun senso logico e razionale.


Sull’osceno metodo con cui è stato privatizzato il meccanismo di creazione e gestione dei flussi monetari, tramite l’istituzione di una banca centrale autonoma e indipendente (sic! Come può essere autonomo e indipendente l’ente che produce il bene finanziario da cui dipende la vita di tutti noi?) abbiamo già parlato abbastanza, perché è chiaro che la prospettiva di difendere tramite un’autorità privata come la BCE la forza e la stabilità di cambio della moneta era solo un alibi per coprire ciò che realmente volevano gli spregiudicati progettisti del piano diabolico europeo: rendere tutti noi schiavi agonizzanti e assetati dei mezzi finanziari che ci servono per vivere, abbattere le nostre resistenze, costringerci a competere l’uno contro l’altro in modo furibondo per accaparrarci le limitate riserve di questo bene scarso che scarso non è per niente.    


Tutti ormai sappiamo o abbiamo capito che l’economia è quanto di più discrezionale e soggettivo esista nel mondo, perché i suoi effetti nella società cambiano in base alle istruzioni e ai modelli utilizzati dagli uomini di potere per pilotare gli eventi secondo le proprie precise convenienze (accumulazione della ricchezza ed eliminazione delle pretese redistributive, abbattimento dello stato sociale, distruzione delle tutele e dei redditi dei lavoratori, etc). I nostri comportamenti individuali sono stati assimilati a quelli di un operatore economico neutro ed attendibile perfettamente razionale, che ha una chiara evidenza di quelli che sono la scala dei bisogni, l’utilità di un bene, il valore di un servizio, la formazione dei prezzi, le aspettative di inflazione, la scarsità del denaro circolante. Quando tutti sappiamo da tempo immemore quanto imponderabili e irrazionali siano spesso i comportamenti umani, che derivano nella maggior parte dei casi dalla stessa imponderabilità e irrazionalità della natura da cui discendiamo e a cui apparteniamo (qualcuno per caso è mai riuscito a prevedere con esattezza il luogo e la data di un terremoto? Non era stato il saggio Erasmo da Rotterdam a ricordarci con quanta cura la Natura aveva sparso un pizzico di follia ovunque e la vita umana nel suo complesso non è altro che un gioco della follia?).


Ecco perché l’economia deve presentare elevati strumenti di flessibilità per adattarsi di volta in volta alle mutate condizioni sociali e naturali, evitando qualsiasi elemento di rigidità che possa imbrigliare e rendere tortuosa la ricerca di soluzioni estemporanee a tutti i nostri mutevoli problemi. Se ancora non si fosse capito in questo momento è in atto una lotta senza quartiere fra una risicata flottiglia di “illuminati” che hanno chiara consapevolezza dei limiti e delle capacità umane contro un’agguerrita armata di dogmatici, che credono ciecamente nella Ragione che governa lo spirito della Storia e nella sacralità delle regole razionali della vita e del mondo a cui bisogna asservirsi facendone normali prassi di condotta. Non è un caso che la cosiddetta anima europeista da cui siamo stati contagiati risieda principalmente in Germania e dai freddi lander tedeschi si sia poi diffusa come un cancro a tutti i più folli e scriteriati paesi mediterranei. Chi ha sentito parlare anche solo vagamente dell’etica del dovere del teutonico Kant e del razionalismo storico dell’alemanno Hegel capirà esattamente a cosa mi riferisco. L’austerità e il rigore di bilancio non nascono per caso e i satiri, i poeti erranti, i picari non hanno mai trovato molta fortuna in Germania.           


Ma una cosa deve essere subito messa in chiaro: questa continua invocazione alla Ragione e alla sacralità dei mercati dei dogmatici europeisti non deve essere intesa come un invito a mantenere comportamenti razionali e coerenti soprattutto quando si tratta di investire i propri soldi, anzi, come un palese suggerimento ad eccedere in tutti i campi finanziari e commerciali, affidandosi alla pura follia speculativa del profitto e del proprio personale interesse, perché tanto la Storia è razionale e prima o dopo ci metta una pezza (e la storia in questo caso ha le sembianze della trojka, BCE, Unione Europea, MES e Fondo Monetario Internazionale). E’ evidente anche alle pietre che a dispetto della sua impostazione razionalista in Europa in questi ultimi dieci anni si siano succedute una serie di bolle speculative finanziarie (le bolle immobiliari, i titoli di debito pubblico e privato della periferia apprezzati molto oltre il loro reale valore di mercato) e follie commerciali (le merci che transitavano a senso unico dal Nord al Sud Europa) che hanno veramente poco a che fare con la ragionevolezza e il giudizio. La Ragione europeista serve quindi a mascherare e camuffare la pazzia che avviluppa tutti coloro che vogliono arricchirsi molto di più rispetto alle reali condizioni strutturali di un’economia nel suo complesso (e questi pazzi purtroppo sono di tutte le nazionalità: tedeschi, francesi, italiani, spagnoli, greci, portoghesi, irlandesi ed è per questo motivo che sarà difficile convincerli a mollare il progetto diabolico che hanno creato).  


Gli europeisti di tutte le nazionalità volevano raggiungere determinati risultati e hanno creato un mostro giuridico, politico, economico, finanziario capace di esaudire tutti i loro viscerali desideri (BCE, Commissione, Consiglio, Corte Suprema, TARGET2 etc). Tutto qui. Gli eurocrati di destra e di sinistra (a proposito qualcuno ha notizia del riformista Hollande? La nostra speranza di salvezza!) sono stati talmente abili da utilizzare gli strumenti dell’economia per il loro egoistico servizio, infischiandosene delle conseguenze umane di tale scempio. Continuare quindi ad accapigliarsi sul fatto che siano stati gli squilibri macroeconomici fra i vari stati europei a trainare gli eccessi della finanza o il libertinaggio finanziario abilmente coperto dalla BCE ad intensificare gli squilibri macroeconomici preesistenti mi sembra sinceramente una questione di lana caprina, simile all’eterno dilemma se sia nato prima l’uovo o la gallina o alla natura ondulatoria o corpuscolare della luce, che non aiuta a fare passi avanti nel dibattito in cerca di possibili soluzioni. E’ evidente che si tratta di due facce della stessa medaglia e di due modi diversi ma complementari di affrontare lo stesso argomento: gli squilibri macroeconomici interni all’eurozona hanno favorito gli eccessi della finanza e la libera circolazione dei capitali ha accelerato la formazione degli squilibri macroeconomici. Basta cambiare la visuale di osservazione e il sistema di riferimento con cui analizziamo il problema, dalla circolazione tangibile delle merci al flusso intangibile dei soldi, e arriviamo sempre alle medesime conclusioni.


Ma cosa c’entra tutto questo con la MMT? C’entra, eccome se c’entra. Perché la MMT è l’unica scuola di pensiero economico in circolazione (scusate l’ignoranza, ma non ne conosco altre) che esamina entrambe le facce della medaglia e mette in guardia dal possibile rischio che si corre quando si finisce per concentrarsi soltanto su particolari aspetti della faccenda. E’ vero che esistono ragioni macroeconomiche che guidano le scelte dei nostri dispotici governanti (vedi il pareggio di bilancio o l’analisi taciuta dei bilanci settoriali) o le decisioni di investimento dei grandi gruppi industriali o monopolisti, ma è anche vero che tali scelte diventano significative perché il sistema monetario moderno funziona in un certo modo e consente a chiunque abbia voglia di speculare o sfruttare l’ignoranza altrui di trovare sempre le armi giuste per farlo. Avere l’appoggio di una grande banca privata che ti aiuta e ti sostiene in queste scelte di investimento o speculazione è una garanzia di successo, perché la banca è a sua volta garantita dalla presenza della banca centrale che le mette a disposizione tutta la quantità di denaro creato dal nulla di cui ha bisogno per continuare a fare prestiti, speculazioni, investimenti azzardati, compensazioni di pagamenti. La bolla immobiliare scoppiata in Irlanda o in Spagna (e sul punto di esplodere anche in Italia) non sarebbe mai nata se le banche non avessero avuto tutta questa illimitata libertà di azione e movimento di capitali.


Minimizzare e screditare il lavoro encomiabile del gruppo di economisti americani della MMT mi sembra quindi più che altro un atteggiamento reazionario o conservativo tipico di chi ha voglia di cambiare le cose ma non troppo (il principe Fabrizio del Gattopardo docet), approfittando di questo periodo di crisi funesta che colpisce soprattutto le fasce più deboli e meno protette della popolazione per ritagliarsi un piccolo ma miserrimo momento di celebrità passeggera. Se le cose si vogliono cambiare veramente bisogna avere la forza di scavare con entrambe le mani nelle macerie ed utilizzare le braccia (e la mente) per edificare qualcosa di nuovo, mentre continuare a volare come avvoltoi sopra le macerie ridendo delle disgrazie altrui serve a poco e non dura a lungo, perché prima o poi il fucile del bracconiere arriva e l’avvoltoio è costretto a rintanarsi nel suo antro buio.


Continuare a dipingere questi economisti della MMT come una sorta di devoti fanatici di una dottrina mistica basata sulla venerazione del “Dio Denaro”, famosa per la pratica di strane liturgie di “stampaggio del denaro” a manetta, o meglio noti come adoratori della “creazione dal nulla di moneta fiat” e delle “orge inflazionistiche tipo Zimbabwe o Repubblica di Weimar”, mi sembra un modo piuttosto infantile di banalizzare e semplificare ciò che banale e semplice non lo è per nulla. Capisco che sia molto più facile affibbiare un’etichetta e catalogare chi o cosa non si conosce piuttosto che sforzarsi di comprendere ciò che non rientra nei propri argomenti di studio, ma per avere maggiore credibilità bisogna che i detrattori di questa teoria spieghino definitivamente e chiaramente a tutti su quali basi si muove la loro critica e quali soluzioni alternative propongono per risolvere gli spinosi dilemmi a cui la MMT con tutti i limiti e le approssimazioni del caso cerca spesso affannosamente di rispondere. Senza fare troppi giri di parole, in estrema sintesi l'istanza avanzata dalla MMT rimane sempre la stessa: "acclarata la peculiarità del sistema monetario moderno che consente ad alcune entità private (banche centrali e banche commerciali soprattutto) di creare moneta dal nulla per i loro specifici interessi e profitti, perchè i cittadini non dovrebbero impadronirsi di questa prerogativa sovrana per il bene comune dell'intera collettività?". E' una domanda così strana e insensata? Dove si trova l'inghippo? Perchè tanto astio e diffidenza nei confronti dei simpatici e lodevoli economisti americani?  


Ad ogni modo se un economista italiano di alto livello vuole fare un confronto aperto con gli economisti americani della MMT, dovrebbe essere sua premura organizzare un convegno in cui invita direttamente Randall Wray e soci per vagliare e mettere a fuoco l’attendibilità delle loro teorie di politica economica e monetaria. Sono loro i veri esponenti della teoria MMT, mentre tutti gli altri, soprattutto in Italia, si muovono e si muoveranno sempre in qualità di semplici studiosi o appassionati della materia. Per quanto mi riguarda io ripeto per l’ennesima volta di non essere l’esponente di nessuna teoria monetaria, non sono un economista, né tanto meno il seguace di una dottrina mistica, ma sono un semplice, umilissimo laureato in ingegneria con specializzazione in gestione bancaria che studia da libero ricercatore il sistema monetario e bancario moderno, perché convinto che gran parte dei nostri attuali guai derivi da una scorretta e truffaldina manipolazione dei meccanismi finanziari di creazione e distribuzione della moneta. E non credo di essere il solo su questo pianeta ad avere questa convinzione: ad occhio e croce saremo qualche miliardo, perché spesso anche coloro che da questo sistema finanziario ricevono maggiori benefici ammettono pubblicamente che il sistema è insostenibile e vada riformato al più presto.


Se proprio vogliamo entrare nel merito delle proposte concrete di riforma monetaria, io mi sento molto più vicino alle tesi esposte dal movimento inglese Positive Money rispetto al progetto della Modern Money Theory, perché oltre ad una gestione molto più credibile e sostenibile della spesa pubblica priva di debito dello stato vengono anche esaminati i metodi con cui le banche commerciali gestiscono oggi l’attività creditizia, prevedendo una semplice norma che impedirebbe a queste ultime la creazione di denaro dal nulla e ne limiterebbe il raggio di azione al solo ruolo di intermediazione del credito: i clienti dovrebbero chiedere in anticipo quale utilizzo vogliono fare dei loro depositi (semplice custodia o investimento), in modo che le banche possano utilizzare per i prestiti soltanto la parte dei risparmi dedicata agli investimenti, condividendo il rischio e i profitti con i clienti consapevolmente informati. In questo modo nessuna banca potrebbe più concedere prestiti illimitatamente sulla base del giochetto della riserva frazionaria o dei requisiti patrimoniali, che purtroppo come tutti i vincoli complicati e mal concepiti possono essere sempre aggirati. Quando bisogna scegliere fra varie alternative, la via più semplice è spesso quella preferibile. Il rasoio di Occam insegna. E ancora una volta non capisco cosa ci sia di tanto assurdo in questa proposta.        


Non nego (perché dovrei? Dovrei vergognarmi forse?) di stare studiando da tempo la Modern Money Theory con molto interesse, perché gli economisti americani sono riusciti a descrivere il funzionamento di creazione e gestione del denaro in modo chiaro, convincente e comprensibile anche per i neofiti della materia. Malgrado gli economisti americani non abbiano scoperto nulla di nuovo, limitandosi soltanto a descrivere l’esistente, si crea però spesso qualche fraintendimento con la parola “teoria”, come se contenesse qualcosa in sé di opinabile o soggettivo ed è per questo motivo che io preferisco utilizzare la parola “sistema” (sarebbe più corretto parlare di Modern Money System). Il giorno in cui qualcuno dimostrerà con fatti altrettanto convincenti e inoppugnabili che il sistema monetario non funziona come descritto dalla MMT, sono pronto a rimettere in discussione tutto e a relegare la “teoria monetaria moderna” agli archivi della storia. Ma le controprove latinano.     


Per quanto riguarda l’aspetto puramente macroeconomico, sappiamo tutti che la storia dei bilanci settoriali è nota da tempo, ma bisogna riconoscere a Randall Wray e soci di aver avuto finalmente il coraggio di uscire allo scoperto, dopo anni di relativo torpore del mondo accademico, per proporre una linea d’azione di politica economica abbastanza chiara, riconoscibile e comprensibile a tutti: la spesa a deficit dello stato come strumento e la piena occupazione come fine. Indicando anche tutti i passaggi intermedi che servono per utilizzare efficacemente gli strumenti in funzione del raggiungimento dei fini. Già solo per questa finalità tanto ambiziosa quanto meritevole, il contributo degli economisti della MMT dovrebbe essere degno di interesse e discussione pubblica qui in Italia, ma siccome gran parte dei nostri economisti è abituata da anni a calcare i palcoscenici come prime donne civettuole e sculettanti, ecco che ricondurli a ragionare su come utilizzare al meglio gli strumenti e i modelli che l’economia ci offre per migliorare la vita di tutti risulti spesso impresa titanica.


Purtroppo la maggior parte degli economisti più in voga nei canali mainstream si dedica oggi quasi esclusivamente a due attività, che sono necessarie ma non sufficienti a nobilitare una carriera: mostrare dati storici e fornire previsioni (spesso a pagamento). Gli economisti sono molto furbi, perché in questo modo non rischiano praticamente nulla, non si mettono in gioco e disertano l’aperto confronto: i dati storici non possono essere contestati (a meno di non mettere in discussione l’affidabilità degli strumenti di rilevazione dei dati dell’FMI o dell’OCSE), le previsioni invece se sbagliate vengono quasi sempre dimenticate (la gente ha la memoria corta), mentre se giuste vengono subito sbandierate al vento come vittorie alla lotteria (è un fatto di legge dei grandi numeri: dopo cento, mille previsioni sbagliate una la azzecchi). A volte ci sono anche economisti specializzati nella manipolazione dei dati, ma per smascherare questi stratagemmi esiste sempre la possibilità di rifarsi alle fonti originarie da cui provengono questi dati (ne sa qualcosa il professore Alberto Bagnai che sul blog Goofynomics ha reso disponibile a tutti in rete una serie infinita di grafici e tabelle che smontano in pratica molti luoghi comuni che venivano diffusamente accettati sulla base di dati falsi o della martellante e ingannevole opera di propaganda dell’attuale classe dirigente).


Uscendo però per un attimo dallo sterile circolo vizioso dei dati storici e delle previsioni che spesso lasciano il tempo che trovano, gli economisti della MMT, corroborati da argomentazioni valide e da un impianto descrittivo ampiamente credibile, hanno avuto almeno il coraggio di sbilanciarsi e di metterci la faccia dichiarando pubblicamente una linea di guida per l’azione pratica inequivocabile: se un giorno gli Stati Uniti dovessero applicare alla lettera i dettami della MMT andando incontro a nuove crisi e fallimenti, i responsabili e gli ispiratori ideali di queste errate strategie di politica economica avrebbero nomi e cognomi, così come oggi Milton Friedman viene universalmente indicato come il maggiore architetto del disastro attuale.


Ricordando le parole di uno dei maggiori economisti italiani contemporanei, Federico Caffè: “La politica economica è quella parte della scienza economica che usa le conoscenze dell’analisi teorica come guida per l’azione pratica.” , e usando questo criterio come metro di giudizio, viene spontaneo dare atto agli economisti della MMT di stare facendo politica economica, a prescindere dall’esattezza o dalla effettiva praticabilità delle loro teorie, mentre gli altri non so, non credo, perché se magari risultano impeccabili dal punto di vista formale dell’impianto analitico dei dati, dall’altro difettano nella sintesi: i loro magnifici dati vengono mostrati al pubblico per essere ammirati, ma dopo la fase ascetica dello stupore, comincia a sorgere spontanea una domanda (almeno nella testa dei più accorti, mentre gli altri rimangono incastrati nell’adorazione servile del santo di turno): quindi?


Quindi? Qual è l’azione pratica ulteriore che tu economista consigli di adottare dopo che mi hai mostrato i dati? Se in base ai tuoi calcoli l’euro crollerà al 100%, cosa dobbiamo fare una volta usciti dall’euro? Secondo te è meglio tornare alla lira o ricostruire un euro debole per i paesi della periferia? Sarebbe meglio adottare politiche keynesiane o insistere con il neoliberismo? E se per te è più giusto dare allo stato la possibilità di un maggiore intervento nell’economia, non dovrebbe essere logica conseguenza rivendicare la sovranità monetaria come premessa indispensabile? Ma soprattutto qual è lo scopo finale della tua proposta economica? Vaghezza assoluta. Quando chiamati a rispondere su queste domande, gli economisti delle apparizioni miracolose dei dati o delle mistiche profezie, ti invitano ancora una volta ad ammirare il loro capolavoro e ad evitare di perdere tempo con questioni che vanno oltre la nostra umana comprensione.


Ecco per quale motivo riconosco oggi agli economisti della MMT un grado di professionalità superiore rispetto a tutti gli altri, dato che non utilizzano le proprie competenze in materia per soddisfare personali interessi (finanziari o patologici), ma concentrano i loro sforzi per costruire qualcosa che nel prossimo futuro potrebbe tornare utile a tutti: a differenza degli economisti da palcoscenico che ammiccano alle telecamere, Randall Wray e soci, come trapela dai loro scritti e dalle interviste, sono visibilmente preoccupati e provano empatia per la sorte dei loro simili. Sono folli, perché credono ancora a dispetto di tutto e di tutti che il mondo possa essere cambiato in meglio e che esista una metodologia o un modello razionale capace di piegare l’economia agli interessi dell’intera collettività. Per pretendere di creare, nel marasma dei numeri e degli eventi attuali, un equilibrio fra ordine e caos bisogna essere animati da una fiamma che brucia da entrambi i lati della candela. Non tutti possiedono questa fiamma e non si può biasimare nessuno per il solo fatto di voler conservare e mantenere più a lungo la propria cera.   


Tuttavia questo atteggiamento di sincera sollecitudine per “le magnifiche sorti e progressive” crea un abisso di distanza fra il semplice studioso e una persona colta che diventa risorsa e patrimonio dell’umanità, fra lo scienziato accademico e il genio (mi viene in mente in questo momento il trepidante testamento letterario di Einstein o gli allarmi di Keynes per le conseguenze economiche della pace). La stessa netta linea di demarcazione che esiste insomma fra la vera cultura e l’erudizione fine a se stessa che si autocompiace per la propria memoria, per il vezzo della citazione dotta che nell’immediato crea sbalordimento e adulazione, ma poi non lascia nulla dietro di sé. Diceva qualcuno che la cultura è tutto ciò che rimane nella coscienza quando vengono dimenticati i libri letti in passato. Ma non ricordo chi disse questa frase, ho scarsa memoria.   


Tuttavia, siccome non possiamo cadere vittime di facili entusiasmi o rimanere in attesa del genio che purtroppo non arriva, è dovere di tutti quelli che provano questi stessi sentimenti di empatia, mettere al servizio degli altri le proprie anche minime competenze per costringere il maggior numero di persone a ragionare, perché la crisi è più grave di  quello che potevamo immaginare e in tempo di crisi il ruolo dell’economia diventa centrale e decisivo. Volenti o nolenti, tutti dobbiamo cominciare a familiarizzare con questa disciplina se vogliamo essere più consapevoli di ciò che sta accadendo attorno a noi, perché oggi come oggi qualsiasi scelta viene presa prima in ambito economico o finanziario e successivamente trasferita alla sfera politica che si occuperà semplicemente di ratificare decisioni calate dall’alto e spesso contrarie agli interessi e al benessere della collettività.


Dovendo a volte scontrarci con l’arretramento e l’atteggiamento disumanizzante e spesso cinico dei nostri economisti, ecco che la società civile si fa avanti per coprire questa lacuna. Non è un caso che oggi il maggior conoscitore in Italia degli ingranaggi diabolici della finanza sia il “sociologoLuciano Gallino (di cui consiglio la lettura del libro “Finanzcapitalismo”). Non è un caso che fra i maggiori sostenitori della MMT esiste oggi una folta schiera di architetti, ingegneri, giornalisti, impiegati al catasto, operai che da assoluti profani hanno cominciato ad appassionarsi ai temi dell’economia. Non è un caso che io, nel mio piccolo striminzito orticello, stia utilizzando l’approccio metodologico che ho imparato studiando “ingegneria” (unica cosa lasciatami in dote dal pessimo sistema universitario italiano) per affrontare i problemi finanziari ed economici, analizzare i processi e cercare possibili soluzioni (il metodo è abbastanza semplice, si chiama PDCA, plan, do, check, act: raccogli i dati, proponi un’azione, controlla i risultati e proponi un’altra azione correttiva, ripercorrendo in modo iterativo l’intero circuito).


Stiamo assistendo in pratica al lento inesorabile avanzamento della società civile che sentendosi accerchiata dai morsi della crisi sistemica cerca di apprendere, con tutte le goffaggini e le storture formuli che ne conseguono, la materia degli economisti latitanti per riconquistare di conseguenza lo spazio di azione politica lasciato vacante dalla classe dirigente. E’ un processo storico che non va demonizzato o redarguito, ma anzi andrebbe incoraggiato e guidato da chi ha più elementi, esperienza e “cultura” per indicare la strada. E’ chiaro che questa mobilitazione spontanea e invasione di campo possa mettere qualche volta a disagio e in apprensione sia gli economisti di lungo corso che i politici di professione. Ma qui nessuno vuole togliere il posto e il ruolo a nessuno, ma si tratta soltanto di stabilire nuovi canali di dialogo e soprattutto aprire nuove piattaforme di idee.  


Non vorrei sembrare troppo visionario, ma secondo me siamo di fronte ai prodromi di una rivoluzione culturale attesa da tempo, i cui effetti e risvolti sono ancora difficili da immaginare. Se è vero che siamo immersi in un’eterna lotta di classe fra i grandi capitalisti detentori del potere e della ricchezza e la categoria degli oppressi e dei salariati, cosa deve fare chi per sua sventura si trova nel versante debole della barricata? Studiare, rinnovare la curiosità, confrontarsi con gli altri e andare ai simposi ad ascoltare ed esporre il proprio punto di vista. Perché le idee camminano sulle gambe della gente e non caso Galileo Galilei (che era un genio empatico e non un semplice erudito) incluse nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo oltre a Salviati (che era il suo alter ego e sostenitore) e a Simplicio (che era il suo opposto dialettico), anche Sagredo (che era un semplice curioso), perché sapeva che se fosse rimasto da solo a disputare sulle ragioni della sua teoria eliocentrica con Simplicio, i due non sarebbero mai arrivati ad una conclusione e le sue idee non sarebbero mai uscite fuori dal simposio. Sagredo è il superamento, la sintesi.



Sempre rimanendo in tema di visioni, utopie e sogni, concludo elencando i quattro punti cardine della rivoluzione culturale che Dan Kervick (che non è un economista di professione, ma un professore di filosofia) ha espresso sul blog New Economic Perspectives, come se fossero le basi di un nuovo manifesto politico di lotta e resistenza comune (basta cambiare la parola americano con europeo e il gioco è fatto). Si tratta di enormi stravolgimenti di paradigma, ambiziose riforme, piccole gocce nel mare che non si sa ancora se riusciranno mai ad unirsi insieme e quale direzione prenderanno, perché nessuno purtroppo può prevedere come e con quale profondità riusciranno a penetrare nella mente dei singoli individui che devono poi farsi promotori e attivisti diretti del cambiamento. Ma una cosa è certa: se attendiamo la discesa in campo del salvatore della patria di turno senza assumerci in proprio le nostre responsabilità, rischiamo di trovare le soluzioni quando ormai sarà troppo tardi per rimediare e i problemi da affrontare saranno di ben altra natura. Ho divagato, ma chi ha orecchie per intendere, intenda.  



1. Il dollaro è la moneta nazionale del popolo americano, e il sistema monetario esiste per perseguire scopi pubblici. La politica monetaria deve essere soggetta ad una direzione e supervisione democratica efficace. È il momento di dare un taglio al periodo dell’autonomia e indipendenza della Banca centrale nella sua forma attuale e sostituire la tecnocrazia fuori moda e scarsamente responsabile del banchiere, nota come il Federal Reserve System, con un sistema più democratico e responsabile.


2. La ricchezza e la prosperità della nazione dipende dall'impegno concreto del suo popolo e dalla sua volontà di agire come sentinelle democratiche delle risorse reali della nazione e di investire quelle risorse necessarie per creare il paese che essi intendono lasciare in eredità ai posteri. Noi invochiamo la fine dell’inerzia e della passività fatalista dell’economia del laissez faire  e del neoliberismo, per aprire la strada ad una nuovo secondo accordo fra un governo attivo e l’impegno pubblico nel costruire il nostro futuro economico. Il secondo New Deal organizzerà gli investimenti pubblici in progetti la cui visione e ambizione è pari allo spirito del popolo operoso, ambizioso e pieno di speranze. Questi progetti dovrebbero includere tutti gli aspetti della vita pubblica, partendo dall’istruzione scolastica concessa ad ogni membro del nostro popolo; uno sforzo determinato per salvare il nostro ambiente dalle devastazioni e dagli stravolgimenti climatici; e il proposito di trasformare in modo audace e visionario il nostro sistema energetico e le nostre infrastrutture.


3. La democrazia non può sopravvivere in un ambiente di profonda disuguaglianza economica. Dobbiamo tener saldo il convincimento e decidere determinate strategie per ripristinare la giustizia sociale e la prosperità per un maggior numero di persone possibile, al fine di mantenere la solidarietà sociale basata sull'uguaglianza democratica e porre termine allo sfruttamento grottesco, alla disuguaglianza e alle gerarchie economiche che hanno avvelenato la nostra democrazia e distrutto la sicurezza e la prosperità per milioni di americani. Il popolo americano non vuole la guerra di classe, ma si batterà fino alla morte contro la guerra che è stata mossa a suo danno dalla plutocrazia che ha intrappolato e sovvertito la democrazia americana e distrutto il tessuto sociale, morale, pubblico della nazione.



4. La solidarietà sociale in una società democratica si basa su un contratto di reciproco obbligo ed assistenza tra i cittadini di quella società. Il contratto si basa sulla disponibilità di tutti i cittadini a dedicare il proprio talento e le proprie competenze per il bene degli altri e per il progresso dell’intera società e un corrispondente impegno per fornire a ciascun cittadino i mezzi e le opportunità di partecipazione necessarie per contribuire con il proprio lavoro nel perseguimento del bene comune. Gli Stati Uniti si devono pertanto impegnare per una politica nazionale di vera piena occupazione, sostenuta da un lavoro garantito per ogni americano in grado e disposto a lavorare ad un livello garantito di reddito commisurato alla disponibilità, alla dignità e al pari diritto di cittadinanza.


15 commenti:

  1. Ti ringrazio per l'ottimo articolo che condivido pienamente. Per chi fosse interessato a prendere contatti con i gruppi territoriali che studiano la MMT, qui https://docs.google.com/spreadsheet/viewform?formkey=dFB5REthY1hsQ3NOMmV4ZVdWcDNKREE6MQtroverà il form da compilare ed inviare.
    Maurizio Di Pietro.

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    1. Ciao Maurizio, ottima iniziativa quella di prendere adesioni e organizzare gruppi di studio ...purtroppo mi dispiace che intorno alla MMT si sia creato questo clima di caccia alle streghe, come se gli economisti americani fossero dei ciarlatani...a me sembrano invece delle persone professionali, serie, credibili e portatrici di istanze sacrosante e giustissime...forse la colpa è anche di chi in Italia si è incaricato di diffondere le loro teorie, compreso me, e di questo chiedo scusa in anticipo a tutti gli attivisti...ma il mio interesse principale è studiare e capire, non mi interessa sostenere una tesi solo per partito preso, quindi con tutti i miei limiti continuerò nella mia opera di divulgazione ...a presto!!! Piero

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  2. Piero, qui, ha messo per iscritto in maniera chiara un concetto che girava in background nei miei pensieri già da un po'.

    Se si sfrondano le teorie economiche e si arriva allo zero filosofico del pensiero, la differenza è il fine.

    I keynesiani hanno come fine la prosperità diffusa senza accentuare le disuguagliaze,
    i neoliberisti hanno come fine la prosperità della classe dirigente.

    Quando Monti dice che l'Euro è un successo perché costringe la Grecia a mettere in ordine i conti pubblici, dal suo punto di vista ha ragione.
    Ricordo di avere letto, durante la campagna presidenziale francese, una intervista ad una signora della buona società parigina che discuteva dei temi della campagna stessa e parteggiava per Sarkozy. Tocca vari temi, ma poi l'interlocutore le ricorda delle crescenti disuguaglianze e dell'espansione della povertà. Interdetta, la signora risponde che non è un problema particolarmente rilevante, che "non è questo il punto della politica". La signora non è "cattiva", ha semplicemente un fine diverso.

    Questo ha implicazioni nei confronti del meccanismo della rappresentanza, ma ora non riesco a svilupparle. Dico solo che la contraddizione tra i due grandi rami del pensiero filososfico/economico è insanabile. Per finanza e grande capitale, ciò che sta succedendo in Europa è un work in progress che stà portando ad un grande successo.

    Roberto Seven

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    1. Hai colto perfettamente il senso di questo articolo...discutiamo della MMT fino al minimo dettaglio tecnico, ma il loro fine non si può discutere, è giusto, legittimo, democratico, anzi è la base stessa della democrazia, perchè venuto meno il diritto al lavoro, non capisco quale sia la differenza fra questa forma avvelenata di democrazia e i passati regimi autoritari...a parte che prima i despoti si potevano guardare in faccia, mentre oggi si nascondono all'interno dei vari CEO, consigli di amministrazione, istituti finanziari, mandando avanti alla rinfusa dei politici fantoccio, che usano le porti girevoli che sono più che mai visibili fra politica e finanza...accertato quali siano le finalità ultime dei neoliberisti (l'inconscio della signora è un'evidenza empirica), per quanto riguarda le altre correnti di pensiero, io non capisco quale sia il reale obiettivo di keynesiani, postkeynesiani, neokeynesiani, ultrakeynesiani, superkeynesiani...insomma un pò di chiarezza sarebbe cosa gradita da parte degli economisti, soprattutto nostrani...

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  3. Piero apprezzo molto questo tuo ultimo post. Diciamo che si avvicina parecchio al tipo di considerazioni che da un po' di tempo faccio tra me e me. Il pensiero economico sotteso da MMT (e da Positive Money, che ho scoperto da pochissimo su questo blog) è spiazzante, io ci ho messo un po' per digerirlo, mi sembrava troppo ovvio, troppo facile per essere credibile. Credo che sia naturale che per molte persone una visione di questo tipo non sia accettabile, perché ha fatto irruzione di colpo sulla scena per fare a pezzi il catafalco di convinzioni e pregiudizi con cui siamo cresciuti per anni (lo stato si finanzia con le tasse, lo stato deve fare il pareggio di bilancio perché indebitarsi è cosa brutta, si sa, e poi deve preoccuparsi dello spread e della tripla A e non deve far innervosire i mercati se no sono guai, lo stato deve essere leggero, leggerissimo, praticamente una piuma e via luogocomunando). E' difficile fare un salto quantico di questo tipo, soprattutto se si ha una certa età :-). E poi diciamocelo, uno legge la MMT e istintivamente pensa ok, è fantastico, ma dov'è il trucco? Che poi è quello che io continuo a chiedermi, il dubbio un po' ti rimane... dov'è il trucco? Mi è sfuggito qualcosa? Ma finora pare che il trucco non ci sia (fino a prova contraria, eh? Dubitare è sano, sempre).
    Comunque se non altro è incoraggiante che si inizi a parlarne; dopo essere stati tutti CT della nazionale, ora gli italiani sembrano tutti esperti di politica economica. Sarebbe divertente se non fosse che il dibattito, come sempre, sta assumendo un tono da tifo calcistico. Secondo me però finora è stato messo molto l'accento sull'efficacia di questa o quella teoria per far riprendere l'economia, mentre, per quanto ne posso aver capito io (con tutta l'umiltà di chi non è del mestiere) il vero punto forte di MMT è nell'aver svelato la vera natura della moneta in uno stato a moneta sovrana, la natura del suo debito e di conseguenza la sua capacità di erogare spesa sociale. Per questo mi piace il taglio che hai dato a questo post.
    C'è un'ultima cosa che forse puoi aiutarmi a capire: ma gli MMT/Positivisti sono keynesiani, post-keynesiani o che? C'è una relazione tra MMT e Keynes? Perché su Goofynomics leggo continuamente frecciatine su MMT, qui le ultime righe sono di ironia nei confronti dei keynesiani. Credevo che facessero parte più o meno della stessa corrente di pensiero. Più o meno...

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    1. Paolo concordo in pieno con te...il pregio della MMT è soprattutto quello di averci svelato come funziona veramente il sistema monetario moderno, facendo un pò di pulizia in mezzo alla confusione fatta da signoraggisti e complottisti vari...ora che sappiamo come funzionano le cose tocca a noi decidere di far finta di nulla oppure di pretendere con forza ciò che ci spetta...per quanto mi riguarda io sono abbastanza radicale: la democrazia non ammette compromessi o si mette come primo obiettivo la piena occupazione, oppure non ha più senso parlare di democrazia ed è più corretto dirci in faccia come stanno le cose...io non dico che la piena occupazione sia un obiettivo facile da raggiungere tramite la stampa di moneta, ma deve essere la priorità assoluta per tutti (governanti, banchieri centrali, cittadini)...da questo punto di vista la MMT è una forma di keynesismo radicale che non accetta compromessi, mentre tutte le altre forme sono a torto o a ragione più o meno annacquate...ad ogni modo è chiaro che parlare di queste cose nell'Italia di oggi incastrata nell'eurozona appare un'eresia o un'utopia, ma è giusto cominciare ad aprire la strada per quelli che verranno...

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  4. @Paolo

    La MMT è l'ala marciante del neo/post/dada/punk/keynesianesimo. Essendo una avanguardia, non raccoglie un consenso unanime, nemmno tra gli immediati inseguitori. Bagnai ce l'ha, più che altro, con Barnard per il modo con cui comunica (a mio avviso non senza qualche ragione; ha davvero un caratteraccio, assieme a molti meriti), ma la sua posizione è che non c'è bisogno di ricorrere alla MMT per spiegare la crisi né per uscirne. Anche perché la MMT presta effettivamente il fianco ad un paio di critiche che ne possono diminuire l'efficacia, anche se è corretta nella sostanza.
    Quanto poi agli economisti keynesiani, anche di casa nostra, se ne trovano un po' di tutti i tipi, che sono più o meno vicini alla posizione di base che descrivo sopra. Hanno comunque tutti una impostazione demand-side.

    Roberto Seven

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    1. E' ovvio che non c'era bisogno della MMT per spiegare le cause della crisi, ma una volta spiegate e capite le cause bisognerebbe essere più energici a trovare e spiegare le soluzioni...è inutile continuare a demonizzare questo e quello perchè sbraitano o hanno un caratteraccio, ma bisogna dire chiaramente e pacatamente le cose come stanno: senza sovranità monetaria (che non è una brutta parola o una parolaccia, solo perchè va di moda nella destra) non può esistere nessuna forma di keynesismo post-neo-punk...non parliamo neppure dello scempio del pareggio di bilancio che ha ormai cancellato keynes per costituzione...è da questo che dobbiamo ripartire per far capire agli italiani che ci hanno fregato e che continuano a fregarci...mentre queste scaramucce verbali o manie di protagonismo non servono per nulla alla causa...se Barnard sta dicendo una cosa giusta, io non faccio finta di nulla o passo avanti solo perchè lo ha detto Barnard...stessa cosa vale per Bagnai, Cesaratto e tutti gli altri...poi bisogna ragionare anche sugli obiettivi e lì ovviamente ognuno avrà i suoi (e non è escluso che in mezzo ad obiettivi comuni per il bene collettivo, non ci siano qua e la anche nascosti interessi personali...siamo umani purtroppo o per fortuna!!!)...ma ci vuole chiarezza, trasparenza, giocare a carte scoperte...

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  5. Bellissimo articolo, Piero, complimenti.
    Vorrei ringraziarti per l’opera divulgativa che stai svolgendo.
    Ti seguo da un po’ ed ho notato che hai una grande capacità di sintesi, che cerchi di avere uno sguardo oggettivo sulla società, che cerchi di capirne i mali non per una sterile critica, ma per cercare un dialogo utile al cambiamento.
    Sono anni che penso che in questo Paese manchi un sano dibattito culturale orientato verso la conoscenza, senza ideologie preconcette, per un ripristino ormai urgente di un minimo di democrazia.
    L’idea che qualcuno si stia muovendo in questo senso, mi restituisce un po’ di fiducia per il futuro.

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    1. Ricambio i complimenti per le tue belle parole...anche per me sapere che qualcuno riesca a capire fino in fondo il mio lavoro e il mio messaggio mi restituisce speranza e fiducia per il futuro...io cerco di partire sempre dalle evidenze e dai dati, cancellando tutte le ideologie (politiche, religiose, culturali) e i pregiudizi, per arrivare ai fini, agli obiettivi...quale deve essere lo scopo di una comunità? Perchè alcuni individui decidono di mettersi insieme per fondare un comune, una città, uno stato? Qual è il senso ultimo della democrazia? Se non si mettono questi paletti e non si fissano bene nella mente della gente, tutto ciò che verrà costruito in seguito sarà sempre confuso, incerto, oggetto di strumentalizzazioni e speculazioni varie...il dibattito qui è sempre aperto e nessuno deve sentirsi escluso...grazie e a presto!!!

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  6. Ottimo post Piero, l'MMT e la Positive Money le digerirò quando avrò abbastanza requisiti "sull'economia tradizionale"...intanto un grazie di cuore per lo sforzo di divulgazione; secondo te questi sistemi possono essere applicati anche con una classe dirigente corrotta e mafiosa come la nostra? O questo è uno suo limite...
    Bagnai non è contrario, almeno per quello che ho capito..Non ne vuole parlare per il momento...almeno finchè non usciremo da questa crisi... e poi dopo si vedrà.
    Saluti Santo.

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    1. No, Santo, purtroppo questi sistemi non possono essere applicati dall'attuale classe dirigente, perchè questi non capiscono e non riescono a decifrare neppure la realtà presente, figurati quella futuribile...è per questo motivo che bisogna tentare con tutte le forze di instaurare un dialogo con tutte le realtà e i movimenti culturali e politici che stanno nascendo spontaneamente dal basso, primo fra tutti il movimento 5 stelle...stimo molto il professore Bagnai per il lavoro che sta facendo e spero che non si lasci travolgere da ambizioni personali o dalla bolgia della celebrità a buon mercato...il rischio purtroppo esiste ed è concreto, perchè la persona in questione è un pizzico egocentrica e vanesia...spero che quando diventerà famosa (e lo sarà perchè i tempi sono maturi...) non si dimentichi di noi, dei suoi studenti e di tutte le persone, me compreso, che ripongono molta fiducia in lui...il rischio della fama è che poi cominci a centellinare le risorse e a misurare le parole per assicurarti altri scampoli di visibilità...meglio un solo passaggio televisivo da leone che mille da pecora!!!! (Certo speriamo pure che non diventi irrequieto e suscettibile come Barnard perchè se no siamo fritti!!! Ci vuole calma, sangue freddo, lucidità, determinazione...e soprattutto avere chiaro qual è l'obiettivo della tua opera di denuncia...)

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  7. Innanzitutto buongiorno e complimenti per il blog.
    Sono arrivato fino a qui seguendo dei link riguardo alla "Moneta positiva" (che sostengo nello spirito, anche se sulla lettera ho alcuni dubbi).
    Quello che vorrei precisare che è la MMT è fondamentalmente errata nella sua idea di come funziona il sistema monetario fondato sulla copertura frazionaria dei depositi, che addirittura Barnard nega nel suo saggio (chissà poi perchè...).
    Quando una banca concede un prestito, la massa monetaria si espande, mentre quando un debito viene estinto si contrae, e questo ha un effetto paradossale: l’inflazione (sarebbe meglio identificare con questa parola l'espansione della massa monetaria), infatti, tende a spostare una parte del peso del debito da chi lo ha contratto ai meri utilizzatori della moneta attraverso la pressione al rialzo sui prezzi che essa produce.
    Detto in altre parole, a livello aggregato la leva finanziaria (misura dell’esposizione debitoria delle imprese produttive e commerciali) tende a crescere più velocemente del potere d’acquisto perché l’inflazione rende più facile indebitarsi che risparmiare.
    Indi, periodicamente, l'economia reale entra in crisi.
    Non è possibile, come pretende Barnard, uscirne semplicemente inflazionando di più la moneta, perchè fra 10 anni torneremmo d'accapo.
    Il che, oltretutto, non implica aderire a teorie paranoiche come quelle della scuola di Vienna, ma riscoprire gli studi di Fisher, Barnes, Allais, ecc...

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    1. Ciao Cyrano,
      è verissimo che Barnard (ma non la MMT in generale...i cui economisti conoscono benissimo la faccenda) trascura troppo il fattore di espansione monetaria rappresentato dal credito bancario perchè troppo concentrato sulla faccenda moneta sovrana...ma il credito bancario e non la spesa pubblica dello stato è la principale causa di inflazione e di ulteriore espansione monetaria nei momenti di crescita dell'economia...ma produce l'effetto opposto quando invece entriamo in recessione, perchè il rientro dai fidi o il rimborso dei debiti contrae la massa monetaria circolante...
      Secondo me la soluzione proposta da Positive Money è ottima per evitare queste espansioni e contrazioni improprie e incontrollate di moneta: "i clienti dovrebbero chiedere in anticipo quale utilizzo vogliono fare dei loro depositi (semplice custodia o investimento), in modo che le banche possano utilizzare per i prestiti soltanto la parte dei risparmi dedicata agli investimenti, condividendo il rischio e i profitti con i clienti consapevolmente informati."....in questo modo le banche potrebbero prestare soltanto parte di soldi già esistenti nel mercato e non potrebbero inventare più nuova moneta tramite il trucchetto della riserva frazionaria...
      Comunque sia la MMT e Positive Money prevedono metodi stringenti per il controllo del livello di inflazione tollerabile (aumento tasse, vendita titoli da parte della banca centrale per drenare liquidità in eccesso...), perchè sanno che l'inflazione è uno dei maggiori rischi in cui può incorrere un paese con moneta sovrana...è ovvio che il suo valore dovrebbe essere continuamente monitorato, così come avviene già oggi d'altronde...

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  8. Sono d'accordissimo con l'idea di controllare l'inflazione dei prezzi.
    Personalmente, trovo tutt'ora che il metodo più semplice sia quello proposto da Allais di emettere moneta (da usare per la spesa pubblica) in maniera più che proporzionale all'aumento del PIL reale.
    Lui, forse influenzato dal monetarismo americano, proponeva il 2% (percentuale che ritorna ossessivamente quando si tratta di queste cose) ma ovviamente non è il Vangelo.
    Ma come una seria riforma monetaria, fondata sulla separazione dei conti di deposito dai conti di prestito e sull'attribuzione al banca cenrale della respnsabilità di emettere moneta, si possa sposare con l'idea del prestatore di ultima istanza pronto a soccorrere il deficit pubblico, non mi è del tutto chiaro.

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