venerdì 24 maggio 2013

PROVE DI DIALOGO CON IL MOVIMENTO 5 STELLE: CONVEGNO SU MONETA, POLITICA ED ECONOMIA

Finalmente, grazie al lavoro incessante del coordinatore di Reimpresa Sicilia Salvo Fanara e di Elisa Brancato, siamo riusciti ad organizzare un incontro con i ragazzi del Movimento 5 Stelle sui temi che più ci stanno a cuore: politica monetaria e sue ripercussioni sulla vita sociale ed economica di un paese democratico. Il convegno si terrà a Messina ed è fissato per le ore 20.30 di mercoledì 29 maggio (la locandina è qui accanto), e sarà un’occasione spero non unica e nemmeno rara per capire se la base del Movimento 5 Stelle è davvero intenzionata ad indagare più profondamente e seriamente sulle cause della crisi e sulle sue possibili soluzioni. Gli argomenti da trattare sono davvero tanti, ma chi ha seguito fin qui il dibattito politico-economico-finanziario che si sta facendo su questo e su altri blog, comprenderà facilmente che sono tutti intrecciati fra di loro: significato della moneta oggi, debito e spesa pubblica, tasse ed evasione fiscale, pareggio di bilancio e situazione dell’Italia, Fiscal Compact, Mes. Non si parlerà espressamente dei costi e dei benefici di un’eventuale uscita dell’Italia dalla zona euro, ma avendo un minimo di consapevolezza in più su ciò che sta accadendo oggi in Europa ognuno potrà farsi una sua personale opinione.


Sono molto fiducioso sulla buona riuscita dell’incontro e in una crescita progressiva di coscienza collettiva che parta dal basso, dalla base del Movimento 5 Stelle, perché spesso i segnali che arrivano dal vertice Grillo-Casaleggio sono davvero sconfortanti: il comico-anfitrione continua infatti a premere l’acceleratore sul problema del debito pubblico, sulla necessità di continuare a tagliare i costi dello Stato, sulle trame di palazzo e la corruzione della casta, ignorando quasi del tutto che i veri problemi dell’Italia sono di carattere internazionale, legati agli accordi europei capestro che ci impongono un regime di austerità per almeno altri venti anni, correlati all’impossibilità di fare politiche economiche espansive e di agire sui tassi di cambio per recuperare competitività, sigillati a doppia mandata con le cessioni di sovranità e il depotenziamento continuo della nostra Carta Costituzionale. Ed è appunto la nostra ammirata e santificata (almeno a parole) Costituzione Democratica il fulcro su cui si dovrebbero fare ruotare tutte le nostre attuali e future rivendicazioni: un tempo il patto sociale tra i cittadini era basato sul diritto al lavoro, sui principi di dignità e decoro della persona, sui valori di uguaglianza e solidarietà sociale, e oggi invece è ridotto a puro e fastidioso ostacolo burocratico che impedisce ai nostri politici mercenari e asserviti di procedere spediti nelle famigerate “riforme strutturali” ultraliberiste dettate dall’Europa. Ultima ciliegina della torta in questo senso: di ritorno dal Consiglio Europeo di Bruxelles, il nostro primo ministro pro tempore Enrico Letta a quanto pare ha portato a casa un “grande successo” sul tema dell’occupazione giovanile. Ma è davvero così? Il suo successo corrisponde veramente ad una nostra vittoria?


martedì 21 maggio 2013

E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI AGIRE: ASSEMBLEA NAZIONALE DELL’ARS DEL 15 E 16 GIUGNO A PESCARA

Ma arrivati a questo punto mi chiedo sempre più spesso: quali modi esistono per ribellarsi a questo sistema usando mezzi non violenti? Cosa possiamo fare noi, comuni cittadini, anche se informati e consapevoli per ribellarci a queste forze opprimenti usando le ormai spuntate armi della democrazia? Delle risposte me le sono date...e ammetto che mi spaventano abbastanza. Sono l'unico?” No, non sei l’unico, caro lettore anonimo, che hai lasciato questo commento nel post precedente. Almeno su un’altra persona che si chiede continuamente queste tue stesse domande e ha le tue medesime paure potrai sempre contare: il sottoscritto. Eppure, fra i miei mille dubbi e tentennamenti, qualche risposta me la sono data anche io: non bisogna mai stare fermi, impassibili a guardare mentre tutto, dentro e fuori di noi, va in rovina. Leggiamo, informiamoci, studiamo, parliamo e confrontiamoci con gli altri, scriviamo, sfruttiamo tutto il tempo utile a disposizione per creare legami e relazioni solide e costruttive, organizziamoci. Mettendo da parte la violenza e la rabbia fine a se stessa (che come avrete già capito, in ottemperanza alle più consolidate strategie del terrore, è funzionale all’esistenza e alla sopravvivenza di questa ignobile e indegna classe dirigente: più sangue ci sarà per le strade e maggiore sarà la tendenza della gente a cercare riparo nei partiti tradizionali, ovvero in quelle stesse forze politiche e culturali che hanno fino ad oggi causato il disordine sociale e fomentato la violenza), dobbiamo avere la capacità di organizzarci secondo tutte le forme di aggregazione consentite dalla nostra splendida e umiliata Costituzione Democratica.

Più siamo e meglio è, perché una volta raggiunta la soglia critica di attivisti la dirompente forza d’urto delle nostre idee e proposte potrebbe fare la differenza nello sterile dibattito politico e sociale in corso, in cui prevale purtroppo soltanto la menzogna, la confusione, l'inconcludenza e la mistificazione dei dati e dei fatti. Ovviamente il modo più efficace e diretto per raggiungere tutti i nostri obiettivi è quello di aggregarci come un organizzato e moderno partito o movimento politico, che oltre a sfruttare tutte le più innovative piattaforme informatiche di partecipazione, sappia pure scendere in mezzo alla gente per parlare con parole chiare ed inequivocabili: uno Stato democratico che rinuncia alla propria sovranità politica, economica, monetaria, in cambio di nulla, non è più uno Stato. Non è più una Democrazia. Punto. Tenendo ferme queste premesse, poi possiamo costruire tutte le sfumature e i dettagli tecnici di cui si può dibattere e ci si può scontrare. Ma la sovranità nazionale deve rappresentare un principio giuridico e politico generale, inderogabile ed inalienabile della nostra Costituzione Democratica: le famigerate cessioni di sovranità ad organismi internazionali previste dall’articolo 11 non devono mai impedire allo Stato nazionale di adempiere ai suoi doveri e ai suoi impegni nei confronti dei cittadini. E chiunque si trovi d’accordo o vicino a queste idee, non può più attendere che gli eventi possano spontaneamente e naturalmente convergere a nostro favore. Deve agire in prima persona affinché la Storia si indirizzi verso ciò che noi crediamo sia il suo più naturale, giusto, equo percorso.

Da questo punto di vista l’ARS, Associazione Riconquistare la Sovranità, si configura oggi come la più autorevole e credibile formazione politica che può farsi carico di tutte le nostre istanze, sia per la serietà, la competenza e la passione dei suoi soci che per la solidità e la concretezza dei suoi metodi e dei suoi schemi organizzativi. Nell’ARS non si invoca soltanto vanamente a parole un immaginifico ritorno alla sovranità nazionale, ma si fanno attivamente tutti i passi necessari e consentiti per farci trovare pronti e avvicinare quel momento cruciale per la storia del nostro paese. In vista della prima Assemblea Nazionale dell’ARS che si terrà a Pescara il 15 e 16 giugno prossimi, invito tutti gli indecisi e tutti coloro che hanno a cuore il destino della nostra nazione a partecipare con convinzione e fiducia all’evento. Sarà la prima occasione che avremo per contarci, per conoscerci, per scambiare opinioni, per guardarci dritto negli occhi e capire fino a che punto siamo disposti a sacrificare una parte del nostro tempo e della nostra vita per raggiungere qualcosa che va oltre noi stessi, crea un ideale collegamento con il nostro passato, si trasmette alle generazioni future, rende degna di essere vissuta la nostra stessa esistenza. “La libertà è partecipazione!”, cantava Giorgio Gaber. Mai parole furono più adatte per descrivere lo spirito con il quale bisogna venire a Pescara: non solo esserci, fare numero, presenziare passivamente con una bandiera o un vessillo qualunque, ma partecipare, mobilitarsi, attivarsi, capire in quale modo possiamo essere utili alla causa.

venerdì 17 maggio 2013

STORIA DI UN ROMANZO CRIMINALE: LA NASCITA DEL SACRO ROMANO IMPEURO


Esistono diversi modi per raccontare la Storia. Uno è quello cronologico-analitico, che mette in fila le date e i fatti cercando di creare delle precise connessioni di causa ed effetto e dei collegamenti sempre più ampi e intrecciati degli eventi. L’altro è quello idealistico-romanzato, che pur non trascurando l’attinenza ai fatti accaduti cerca di rileggerli in una chiave più intimistica, soggettiva e coinvolgente. Nel primo metodo prevale l’oggettività, il distacco freddo e scientifico dai fatti che si stanno narrando, nel secondo la soggettività, la partecipazione emotiva e febbrile agli eventi nei quali ci si sente intimamente coinvolti. Entrambe queste metodologie di narrazione sono speculari e complementari: non si può essere sufficientemente lucidi, distaccati ed obiettivi se prima non si è vissuto emotivamente e appassionatamente ciò di cui si sta parlando, e d’altra parte non si può raccontare con passione e intensità ciò di cui non si conosce l’esatta evoluzione cronologica dei fatti. Nel testo che vi propongo oggi, scritto con brillantezza ed efficacia da Francesco Mazzuoli che mi ha gentilmente concesso la possibilità di pubblicarlo sul blog, prevale sicuramente il secondo aspetto della narrazione della Storia: quello romanzato, passionale, emotivamente coinvolto.


Eppure ad una lettura più attenta del testo noterete che non manca nulla della rispondenza ai fatti, ai dati e agli eventi di cui abbiamo tanto discusso in questi mesi. Il racconto, che oltre a ripercorrere i più importanti fatti degli ultimi trenta anni tenta di prevedere un possibile epilogo dell’attuale vicenda italiana ed europea, è lucido e obiettivo come pochi altri. Il processo storico che dalla lenta ma inesorabile distruzione delle istituzioni democratiche nazionali sta portando in Europa alla nascita di un Impero Oligarchico e Totalitario, viene minuziosamente analizzato fin nei minimi dettagli. Un Impero si costruisce o con la brutalità della guerra o con la costante guerriglia tecnica della burocrazia e della diplomazia, ma alla fine queste due forme di violenza che spesso coesistono insieme conducono allo stesso risultato: la sudditanza, la schiavitù, la paralisi di ogni capacità di reazione, ribellione, rinascita. Siamo italiani, siamo europei, conosciamo bene quanto fallaci, stantie e dolorose siano tutte le forme di imperio antidemocratiche che mortificano la partecipazione popolare e la difesa del bene comune. Ribelliamoci adesso, prima che sia troppo tardi. Quantomeno per rispetto dei nostri antenati che hanno sacrificato le loro vite e sono morti per lasciarci in dote la forma di governo, che per quanto delicata e infinitamente migliorabile, è quella che meglio si concilia con la nostra ancestrale idea di Bene e Solidarietà Universale: la Democrazia. Buona lettura.          

martedì 14 maggio 2013

L’AUSTERITA’ E’ STUPIDA, CREA SOFFERENZA E RITARDA LA RIPRESA: LA BANALITA’ DEL MALE


Nel 1963 la filosofa e scrittrice tedesca Hannah Arendt scrisse un libro e coniò un'espressione che descrive bene uno degli aspetti più ambigui e perversi del male: la sua banalità. Spesso chi fa del male non ha nemmeno la capacità di pensare e riflettere, la facoltà di distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, un metro di giudizio affidabile per valutare le proprie azioni e ponderare le implicazioni morali e conseguenze pratiche del proprio operato. Nello specifico, la Arendt rimase impressionata dalla superficialità e dall’indifferenza con cui il criminale nazista Eichmann presenziò al processo che lo avrebbe portato alla condanna a morte per impiccagione: si trattava di un omuncolo normale, mediocre, né demoniaco né mostruoso, che per tutta la vita non aveva fatto altro che eseguire ordini e istruzioni che venivano dall’alto senza mai eccepire o chiedersi intimamente qualcosa sulla loro giustezza, moralità, razionalità. In una visione totalmente burocratica e alienante della vita, Eichmann eseguiva ed applicava incondizionatamente delle regole, pensando di essere un cittadino modello, un uomo onesto che rispettava le leggi e l’autorità costituita. Disquisire sulla bontà delle leggi e sull’assennatezza dei propri superiori era qualcosa che esulava dai propri compiti e principi, perché per Eichmann la cieca obbedienza e la fedeltà erano gli unici valori che riecheggiavano all’interno della sua misera coscienza.


Con le dovute proporzioni, possiamo dire che da questo punto di vista tutti coloro che oggi stanno condannando alla miseria, alla disperazione, all’emarginazione milioni di persone in Europa, dagli altolocati tecnocrati di Bruxelles fino all’ultimo scribacchino di un qualsiasi giornale di regime, non sono tanto diversi dai gerarchi nazisti che massacrarono milioni di ebrei nei campi di concentramento. Sono “banali” e stupidi allo stesso modo: o perché non conoscono le conseguenze delle proprie azioni o perché non hanno la capacità di ragionare su possibili alternative alle proprie regole e leggi evidentemente sbagliate. E’ indubbio che in mezzo a questa massa indistinta di idioti e mediocri ci sia qualcuno più furbo e più in malafede rispetto agli altri, che volontariamente persegue il male per tutelare il bene di una minoranza, ma diventa sempre più difficile e complicato distinguerlo e isolarlo dal resto della sgangherata e gioiosa armata di imbecillità collettiva. Il caso della trasmissione di domenica scorsa di Report, intitolata “Gli Austeri”, è esemplare in questo senso: per tutta la durata del programma si è insistito a sottolineare gli effetti nefasti dell’austerità e la maggiore ragionevolezza delle politiche espansive della spesa pubblica in periodo di recessione, eppure con la stessa miopia e cecità di automi decerebrati si è ripetuto che in Europa non si possono attuare né programmi di infrastrutture e investimenti pubblici né manovre monetarie di alleggerimento quantitativo a causa del vincolo del pareggio di bilancio e della perdita della sovranità monetaria. Facendo però velatamente intendere che  senza violare le regole e i vincoli previsti dai trattati europei esiste un geniale metodo intermedio per conciliare le politiche espansive con il mantenimento del pareggio di bilancio e della moneta unica privata chiamata euro. In altre parole si è trattato di un clamoroso e sfacciato spot della cosiddetta “austerità espansiva”, ovvero di una meschina mistificazione accademica che lo stesso Fondo Monetario Internazionale si è affrettato tempo fa a bocciare tecnicamente e a discreditare a livello politico e sociale.

giovedì 9 maggio 2013

SIAMO SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI O BANCARIA? L’AFFARE MONTEPASCHI DI SIENA


Parlo da ingegnere che per un certo periodo della sua vita ha lavorato all’interno dei reparti di produzione. Quando un sistema industriale produce troppi pezzi difettosi significa che è arrivato il momento di fare un massiccio intervento di manutenzione straordinaria per ritrovare i possibili guasti dei macchinari e dei processi produttivi adottati. Le cause di simili anomalie possono essere molteplici e tutte interconnesse fra di loro, ma è indubbio che se le carte registrano per un periodo prolungato di tempo un’alterazione dei normali livelli di difettosità il sistema è fuori controllo e ha bisogno di una seria messa a punta. Ora, capisco che il paragone fra un sistema industriale e una società civile nel suo complesso possa essere un po’ azzardato, ma se provate ad astrarvi un po’ con l’immaginazione noterete che le analogie e le similitudini sono davvero tante: chi ci governa considera le persone come tanti pezzi meccanici o macchine o numeri, ed è talmente incompetente ed incapace da non capire che il sistema di governo che ci ha imposto dall’alto è ormai abbondantemente fuori controllo. Si tratta di una società allo sbando senza più punti di riferimenti, ideali, speranze, aspettative, capacità di vedersi come una collettività di creature in evoluzione e in continuo miglioramento. La violenza, la disperazione, il delirio, l’odio che si percepiscono nell’aria sono i difetti principali della nostra società. E la circostanza più bizzarra è che coloro che si ritengono gli architetti e gli ingegneri di questo sistema europeo di oppressione non sono minimamente in grado di comprendere che il vaso ormai è colmo e straborda da ogni lato, perché per loro i guasti sono una parte integrante del progetto iniziale: i pezzi difettosi vanno soltanto eliminati, zittiti, esclusi dalla catena di montaggio e non capiti, ascoltati, "riparati".    


Quando accadono fatti tragici come quello della sparatoria davanti Palazzo Chigi, bisognerebbe drizzare subito le orecchie ed iniziare a riflettere più attentamente su ogni cosa. Quello che ho visto io, attraverso le immagini televisive, sono state le sagome di tre sventurati, vittime allo stesso modo di una situazione che sfugge ormai al nostro controllo: due di loro, i carabinieri, erano stramazzati al suolo e grondavano di sangue, sangue vero, l’altro aveva invece il sangue agli occhi e fumava di rabbia per i motivi che conosciamo bene. Non appena ad un uomo cominci a togliere prima il lavoro, poi la tranquillità familiare, la dignità, infine la speranza per il futuro, quell’uomo è in verità una mina vagante pronta ad esplodere in ogni momento. L’attimo esatto della deflagrazione dipende soltanto da una delicata questione di equilibrio personale, autocontrollo, saldezza di nervi. C’è chi sa contenere la sua rabbia per tutta la vita e chi invece riesce con il tempo a trasformarla in altro, ma c’è anche chi non conosce altro mezzo per esternare la sua rabbia, la sua solitudine, il suo isolamento che la violenza. Tranne in rari casi di evasione spirituale, un uomo non sceglie mai volontariamente di rimanere da solo, ma viene lentamente abbandonato da tutto e da tutti finché non si rende conto di essere solo e disperato. E qual è esattamente il confine fra un uomo solo e un uomo abbandonato?