L’economia è una disciplina della scienza sociale molto
complessa e articolata, questo lo abbiamo ribadito più volte. Più ti addentri
nei suoi meandri e più ti accorgi che è piena di snodi, maglie, matasse, connessioni, correlazioni spesso difficili
da districare e dipanare con chiarezza ed efficacia. Per questo motivo, per
affrontare meglio l’analisi, gli economisti lavorano quasi sempre utilizzando
dei modelli che consentono di
semplificare i comportamenti individuali e accorpare le grandezze aggregate
(consumi, investimenti, spesa, offerta, domanda, inflazione etc). I modelli
hanno la stessa importanza e funzione delle carte geografiche per un esploratore, perché servono ad indicare
una rotta, un percorso: maggiore è la scala del modello, il grado di dettaglio
e maggiore sarà la visione complessiva di tutte le strade percorribili. Ogni
economista inoltre enfatizza nel modello la caratteristica che vuole di più
evidenziare, così come i cartografi fanno mappe politiche, geografiche,
morfologiche, toponomastiche, stradari, a seconda di quelli che sono gli usi richiesti
dai fruitori. Tuttavia, quando gli economisti cercano di costruire modelli
basandosi su modelli precedenti e non direttamente sulla realtà avviene il
fenomeno di distorsione, di corto circuito e di inarrestabile alterazione dei
risultati ottenuti che ben conosciamo: finisce la fase di utile e interessante descrizione dei processi reali e inizia quella della modellizzazione del modello, della mistificazione.
Le mappe economiche basate su
modellizzazioni successive portano quasi sempre fuori strada, sia perché
partono spesso da premesse iniziali sbagliate, sia perché le direzioni, diramazioni,
destinazioni di arrivo hanno davvero pochi
riscontri con ciò che accade intanto nella realtà o si evince dai dati sperimentali. In un precedente articolo, abbiamo visto per
esempio come la correlazione che molti esploratori sprovveduti (definiti come
dei veri e propri automi che ripetono
meccanicamente sempre gli stessi concetti senza mai prendersi la briga di
ragionare prima di parlare) fanno fra svalutazione
e inflazione è nella maggior parte
dei casi infondata e trova davvero pochi agganci con i dati sperimentali della
realtà. Senza dubbio possiamo dire che entrambe queste grandezze influiscono a
definire il “prezzo” o il valore di una certa moneta, ma partendo da
presupposti diversi: l’inflazione misura
il valore interno della moneta tramite il potere di acquisto, la svalutazione
(o rivalutazione) serve invece a quantificare il valore esterno della moneta
tramite il tasso di cambio (esiste
poi una terza variabile, il tasso di
interesse, che identifica il valore
intertemporale di una moneta). Basterebbe già riflettere a fondo su queste
definizioni per capire che fra svalutazione e inflazione c’è in mezzo un oceano
di elementi, fattori, variabili,
caratteristiche produttive di un certo sistema paese che impediscono la
postulata e quanto mai assurda relazione diretta di causa effetto fra
svalutazione e inflazione. Ma per capire meglio quanto già detto e dimostrato,
ricorriamo ad un semplice esempio.
Immaginiamo di trovarci all’interno dell’azienda italiana X che produce un
certo prodotto Y. Senza addentrarci
troppo nelle caratteristiche produttive dell’azienda, ipotizziamo che la struttura dei costi all’interno
dell’azienda sia quella descritta dalla tabella sotto, dove viene fatta una
prima importante distinzione fra i costi
variabili, che cambiano in base alla quantità di beni prodotti, e costi fissi di struttura, che non
cambiano al variare della quantità di produzione ma soltanto quando l’azienda
effettua degli investimenti per aumentare o diminuire l’insieme dei suoi
fattori produttivi (capitale e lavoro). Immaginiamo adesso che l’Italia decida
di uscire dalla zona euro e di ritornare alla lira, che come abbiamo già
dimostrato con l’applicazione della teoria della parità relativa del potere
d’acquisto dovrebbe subire una svalutazione complessiva del 20% circa rispetto all’euro. Cosa
cambierà effettivamente all’interno dell’azienda, nella struttura dei costi e
dei profitti? Vediamolo utilizzando dei numeri volutamente semplificati.
Immaginiamo che l’azienda X produca
a regime 100 prodotti X in un anno con un costo
di produzione complessivo pari a 100 distribuito nella seguente maniera: 20
da imputare alle materie prime, 20
al costo del personale e 10 a tutte le
altre voci di costo. Il costo unitario
per prodotto è uguale ad 1 e ipotizzando un rendimento atteso da parte dell’imprenditore pari al 10%, il prezzo
di vendita del bene sarà di 1,1, con un margine operativo lordo pari a 10 (l’utile netto si ricava dopo il
pagamento delle imposte, che per il momento consideriamo ininfluenti in quanto
fattore esogeno e non endogeno alla produzione). La svalutazione della lira provocherà evidentemente per
l’azienda un aumento di prezzo
soltanto per quella parte di costi riferita ai beni e servizi importati dall’estero, che ragionando per assurdo
potranno essere i seguenti: materie
prime, lavorazioni esterne e acquisto servizi produttivi. Ripetiamo
che stiamo ragionando per assurdo, immaginando che l’azienda importi tutte le
materie prime, appalti le lavorazioni esterne e acquisti i servizi produttivi,
come per esempio l’energia, dall’estero. Nella realtà sappiamo che non è così,
perché nessuna azienda italiana avrà mai una così forte dipendenza dall’estero,
potendo acquistare parte delle materie prime e dei servizi anche in suolo
nazionale. Facendo però questa approssimazione per eccesso, avremo che il costo
delle materie prime sarà aumentato da 20 a 24 (+20% di svalutazione), il costo
delle lavorazioni esterne da 10 a 12, il costo dei servizi produttivi da 10 a
12. Il costo complessivo per produrre la stessa quantità 100 di beni Y sarà
adesso pari a 108. Immaginando
che l’imprenditore voglia ricavare dalla vendita lo stesso rendimento del 10%,
avremo che il valore del fatturato sarà pari a 118,8 e il prezzo unitario di
vendita sarà salito a 1,188. L’incremento
di prezzo unitario risulterà quindi di 0,088, ovvero l’8% in più rispetto al prezzo iniziale di 1,1. Ciò significa che
anche in presenza di ipotesi forti l’effetto della svalutazione monetaria della
lira del 20% non si è tradotto in un aumento del 20% dei prezzi come postulano
gli automi scriteriati, provocando appunto un’inflazione del 20% (almeno su
quello specifico bene prodotto), ma già in condizioni tanto estreme ed assurde la
correlazione si è praticamente più che dimezzata.
Capite bene che se invece ragioniamo
su ipotesi più realistiche,
l’aumento previsto dei prezzi interni dei beni e servizi prodotti in Italia,
causato da una svalutazione del 20%, sarà molto
inferiore all'8%. Inoltre l’imprenditore potrebbe rispondere all’aumento
dei costi delle materie prime, lavorazioni esterne e servizi produttivi
acquistati all’estero, rimodulando la
stessa struttura dei costi dell’azienda (per esempio potrebbe decidere di
acquistare parte delle materie prime e dei servizi da aziende italiane, subendo
un aumento dei costi molto inferiore rispetto al 20%, come dimostrato prima)
oppure diminuendo il rendimento atteso
del suo investimento dal 10% all’8% o al 7%. In aggiunta a queste modifiche
interne all’azienda, l’uscita dall’Italia dalla zona euro potrebbe comportare
dei cambiamenti istituzionali importanti,
come il recupero della sovranità
monetaria e la possibilità per lo Stato Italiano di diminuire discrezionalmente il livello insostenibile di tassazione
che grava sulle piccole e medie imprese italiane (che oggi arriva a sfiorare
cifre impressionanti del 65% della tassazione complessiva in rapporto al
reddito imponibile), consentendo all’imprenditore di mantenere invariato il ritorno
economico del suo investimento.
Ma c’è
anche un altro fattore da considerare: la svalutazione della lira dovrebbe
ragionevolmente comportare un aumento
delle vendite e delle esportazioni grazie al recupero della competitività di prezzo delle aziende
italiane rispetto a quelle estere e ad un miglioramento della domanda interna. Immaginando un aumento delle vendite del 10%, avremo
che l’azienda X adesso produrrà 110 prodotti Y al costo complessivo di 113,8 (la
componente di costi fissi di struttura non cambia ed è pari a 50, mentre
aumenta la componente dei costi variabili fino a 63,8) e con il rendimento
previsto del 10%, avremo che il valore del fatturato sarà di 125,18 e un prezzo
unitario fissato dall’imprenditore di 1,138 (stiamo volutamente semplificando e
ipotizzando che le condizioni di mercato consentano all’imprenditore di fissare
liberamente il prezzo e il rendimento desiderato, ma sappiamo bene che non
sempre è così e bisogna tenere conto del comportamento delle aziende
concorrenti). Ovvero in questo caso l’incremento
marginale di prezzo rispetto all’iniziale 1,1 sarà di 0,038 e avrà un
impatto ancora minore pari al 3,45%,
perché entrano in gioco i meccanismi di
efficienza delle cosiddette economie di scala (più produco, meno incidenza
avranno i costi fissi di struttura sui costi unitari del prodotto).
Questa descrizione serve quindi a
smontare definitivamente il collegamento
diretto fra svalutazione e inflazione, perché è evidente che chi la
suggerisce non abbia mai lavorato in un’azienda o analizzato seriamente la
struttura dei costi di produzione riportata sul conto economico di un normale bilancio d’esercizio: i soliti automi
lobotomizzati insomma, che cercano di spaventare la gente con le paure e le
superstizioni di medievale memoria. Se l’ignoranza non è spesso una colpa, la malafede è invece sempre un’aggravante
e la conoscenza, o quantomeno la ricerca di conoscenza, chiarezza,
consapevolezza, rimane ancora oggi l’unica via da seguire per liberarsi dalle
catene dell’oscurantismo imperante. L’inflazione,
fuori da essere un mostro diabolico da esorcizzare con strani rituali, è un semplice fenomeno economico che risiede molto di più tra le maglie della
cosiddetta economia reale, nei processi
microeconomici interni alle aziende, dalle dinamiche di domanda e offerta di un
certo bene fino ai contratti del mercato del lavoro, rispetto alle grandi manovre
macroeconomiche e monetarie messe a punto per esempio da una Banca Centrale,
che come abbiamo detto più volte, stante l’attuale organizzazione del sistema
bancario e finanziario, può incidere solo in modo indiretto e molto limitato
sui livelli di inflazione desiderati. Prima arriviamo a metabolizzare meglio
questi concetti e prima usciremo fuori sani e salvi dai pantani.
Avendo chiaro dunque che fra
svalutazione e inflazione non esiste affatto una correlazione diretta ma al
massimo indiretta, provvisoria e marginale, vediamo adesso di analizzare punto
per punto altri due fattori su cui insiste molto la propaganda di regime con il solito scopo di disorientare, confondere, terrorizzare l’opinione pubblica, in relazione all’uscita
dall’euro e al provvidenziale recupero della nostra moneta sovrana lira:
1) I tassi
di interesse schizzerebbero alle stelle
2) Chi ha
un mutuo in euro, avrebbe un aumento della rata del
30%-50% in più
1) Tassi di
interesse
Partiamo subito da un concetto. Il tasso di interesse di riferimento
fissato periodicamente dalla Banca
Centrale serve a regolare principalmente gli scambi interbancari fra gli istituti finanziari che hanno accesso a
quel tipo di mercato, ma è spesso poco indicativo per indirizzare gli andamenti
dei tassi nei circuiti commerciali e ciò che sta accadendo oggi nell’eurozona è
un esempio molto calzante per capire
quanto detto: il tasso principale di
riferimento della BCE è al minimo da qualche mese (0,75%), mentre i tassi
di interesse applicati dalle banche ai prestiti è ancora molto alto nei paesi
della periferia, dove si paga innanzitutto l’elevato
spread dovuto ai titoli di stato.
In questo caso quindi sono essenzialmente le aspettative di sostenibilità dei
singoli paesi ad influenzare i tassi di interesse e non certo le decisioni
ribassiste della BCE, che offrono sostegno soltanto al settore bancario
disastrato e poco altro. Questa politica
dei tassi che potremmo definire espansiva
della BCE, in linea con le strategie attuate dalle altre banche centrali
mondiali, non ha avuto alcun effetto
sull’inflazione, perché appunto non si è tradotta in maggiori investimenti,
produzione, occupazione, domanda, rimanendo confinata al solo settore bancario.
I tassi di interesse andrebbero poi opportunamente divisi per tipologia e durata: i mercati
finanziari dei capitali applicano diversi tassi per le varie forme di
investimento e ovviamente in un clima di incertezza diffusa mantengono tassi
più bassi per le operazioni di breve o brevissimo termine, mentre richiedono
rendimenti più alti per gli investimenti di medio-lungo periodo, come possono
essere i nostri famigerati titoli di debito pubblico BTP a dieci anni che
vengono utilizzati per misurare la febbre del sistema Italia. In generale
comunque le Banche Centrali mondiali stanno adottando una politica monetaria di
bassi tassi di interesse non tanto per rilanciare i consumi e gli investimenti,
ma per consentire al settore bancario di
ridurre la loro sproporzionata leva finanziaria e il saggio di indebitamento.
Scelta che purtroppo si sta rivelando piuttosto infelice, perché le banche non
ci hanno pensato nemmeno un attimo ad interrompere il loro carosello impazzito
di investimenti finanziari fuori controllo: prendono soldi in prestito a basso
tasso di interesse dalla Banca Centrale e vanno a cercare in giro per il mondo
i rendimenti più alti e spesso molto rischiosi.
In uno scenario di uscita dell’Italia dall’euro e ritorno alla
lira, con tutto ciò che comporta in termini di ripristino di una corretta e normale politica monetaria
da parte della “nostra” Banca
Centrale (qualora si riuscisse a nazionalizzare finalmente la Banca d’Italia,
come è giusto che sia), non si capisce bene il motivo per cui l’autorità
monetaria nazionale dovrebbe subito procedere ad un aumento dei tassi di
interesse: la nostra bilancia
commerciale è pressoché in pareggio e con la svalutazione della nuova lira
dovrebbe andare rapidamente in surplus, mentre come già sappiamo il perdurante
deficit delle nostre partite correnti è dovuto soprattutto agli interessi sul debito estero da
corrispondere agli investitori stranieri e ai redditi da lavoro e profitti da
investimento diretto che fuggono all’estero. Il surplus commerciale servirà
quindi a pagare interessi, redditi e profitti agli operatori stranieri e a tamponare
inizialmente l’emorragia in corso delle partite correnti, consentendo al
settore bancario con opportuni controlli
sui movimenti dei capitali in uscita dal paese di ricreare le necessarie riserve di valuta estera. Quando la lira comincerà di nuovo ad apprezzarsi
come è logico che sia in un regime flessibile di cambio e in una prospettiva di
progressivo consolidamento delle partite correnti, le riserve di valuta estera serviranno ad arginare eventuali nuovi deficit
nei bilanci con l’estero. Consideriamo anche che il debito estero consolidato è alto (30% circa del PIL) ma non ha
raggiunto i livelli di allarme tipici
dei casi di default da debito estero
e quindi può essere sostenibile soprattutto se la Banca Centrale riesce a
mantenere più a lungo possibile nel tempo un regime di bassi tassi di interesse per consentire a tutti gli agenti economici italiani, sia pubblici
che privati, di rinnovare i loro debiti a condizioni più favorevoli.
Se analizziamo in particolare la
situazione del debito pubblico detenuto
da operatori stranieri, possiamo notare che nell'ultimo anno la quota
si è ridotta dal 45% al 30% circa attuale, che potrebbe ancora ridursi qualora
parte di questo debito denominato in euro venisse convertito in lire (bisognerebbe
verificare in questo caso quale sia la giurisdizione sotto la quale è stato
stipulato il contratto) e la Banca Centrale riprendesse a sostenere direttamente i deficit pubblici come avveniva prima dello
sciagurato divorzio fra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro del 1981,
agendo da acquirente residuale dei titoli invenduti e calmierando adeguatamente
i rendimenti. Sulla parte di debito
estero denominato in altra valuta straniera diversa dall’euro (tipicamente
dollari) e sottoscritto secondo una giurisdizione
estera o il diritto internazionale si potrebbe fare ben poco, oltre a
richiedere un’opportuna ristrutturazione
e dilazione di pagamento sia degli interessi che della quota capitale. In
tal caso sarebbe compito del nuovo
governo di transizione far valere le proprie ragioni sovrane presso i
consessi internazionali e in particolar modo nei confronti del FMI, che si
occupa di gestire queste relazioni finanziarie intrecciate tra paesi diversi.
Insomma, stante l’abbondanza attuale di capitali internazionali a buon mercato e la situazione ancora gestibile del bilancio estero dell’Italia, non
esiste alcun motivo fondato che giustifica il timore di innalzamento dei tassi di interesse causato dall’uscita
dell’Italia dalla zona euro e dall’esigenza di attirare nuovi capitali dall’estero.
Ma qui ritorniamo sempre al punto di partenza, nel campo delle suggestioni e delle superstizioni mistiche, perché con
il medesimo riflesso condizionato
con cui gli automi associano la parola inflazione a svalutazione, avviene a
livello subliminale e inconscio l’associazione
di idee tra svalutazione, inflazione e tassi di interessi: se andrete più a
fondo indagando negli oscuri meandri della loro coscienza scoprirete che non c’è alcun ragionamento logico a sostenere
questo legame sinottico tra parole dal significato molto diverso (benché queste
grandezze siano tutte connesse ad una certa moneta hanno origini e cause difficilmente
assimilabili) e se scaverete ancora più giù troverete che la maggior parte
degli automi non sa neppure lontanamente il significato di queste parole. Immaginate
dunque cosa accade quando tentano di associarle insieme: un guazzabuglio inestricabile in cui chi
alza di più la voce imprime negli altri la litania da seguire e da ripetere
meccanicamente.
E’ stato più volte rimarcato da economisti
come Alberto Bagnai e Claudio Borghi come il miglior modo per
tagliare la testa al toro sia riferirsi
direttamente ai fatti e ai dati che abbiamo a disposizione e in particolare
agli eventi precedenti e successivi
all’uscita della lira dallo SME (Sistema
Monetario Europeo), avvenuta per l’esattezza il 18 settembre del 1992 e alla conseguente svalutazione nominale della lira del 25% in un anno. Abbiamo un esempio
vivido, recente e affidabile su quali siano i reali effetti della svalutazione
e perché non sfruttarlo? Come si può vedere nel grafico riportato sotto,
riferito ai tassi di interesse a tre
mesi nel mercato interbancario, questi non solo non aumentarono (schizzarono
alle stelle, secondo le immaginifiche descrizioni degli automi) per chissà
quale assurda alchimia teologica, ma cominciarono
a diminuire proprio a partire dalla data di inizio della libera
fluttuazione e della svalutazione della lira. E il motivo di un simile fenomeno
è abbastanza semplice: la Banca d’Italia
non era più costretta a tenere alti i tassi di interesse fino al 18%, poco
prima della svalutazione, per attirare capitali dall’estero e mantenere la
parità di cambio con l’ECU (ma in particolare con il marco tedesco, che era la
moneta più forte del paniere) prevista dallo SME. Una volta uscita dallo SME,
la Banca d’Italia poteva tranquillamente
allentare i tassi di interesse e
lasciare libera di fluttuare la lira nel mercato dei cambi, cosa che come
sappiamo consentì un rapido recupero di
competitività di prezzo delle nostre esportazioni e il passaggio della
nostra bilancia commerciale dal deficit al surplus, che continuò a crescere
fino al 1996, anno in cui l’Italia rientrò nello SME e la nostra ritrovata
competitività commerciale andò a farsi benedire.
Se restringiamo il periodo di osservazione e entriamo ancora di più nel
dettaglio (grafico sotto), ci accorgiamo che la caduta dei tassi di interesse successiva alla svalutazione ha
coinvolto non solo il mercato monetario
(Money Market Rate), ma anche il
regime degli interessi collegato all’attività
creditizia delle banche (Lending Rate)
e i rendimenti dei titoli di stato sia a
breve che a lungo termine (Treasury
Bill Rate e Government Bond Yield).
Quindi non si è trattato di un fenomeno puramente monetario, ma anche di un
processo reale, effettivo che per intenderci ha inciso anche sulle rate dei
nostri mutui, prestiti, investimenti in titoli. Quando poi l’Italia si è
agganciata definitivamente all’euro nel 1999, delegando la politica monetaria e
in particolare la decisione sul tasso di riferimento alla BCE, il mercato interno aveva già raggiunto per
conto suo un livello di tassi di interesse basso, intorno al 4%, anche
perché la situazione internazionale influenzata principalmente dalla politica espansiva della Federal Reserve
americana (il famoso Greenspan put, che anticipò e favorì
la crisi dei mutui subprime del 2007)
garantiva l’ottimismo, buone prospettive di crescita economica e un’abbondanza
di capitali a buon mercato. L’altra storiella secondo cui l’ingresso nell’euro
ci ha assicurato un dividendo annuale di
circa 100 miliardi all’anno di risparmio in interessi è quindi una bufala
colossale, perché anche se fosse rimasta con la sua moneta sovrana lira
l’Italia non avrebbe avuto alcun problema a finanziarsi con i bassi tassi di
interesse che vigevano a livello internazionale.
Con l’uscita dall’euro le cose non dovrebbero
andare tanto diversamente da allora, con una svalutazione iniziale abbastanza rapida, seguita da una graduale rivalutazione della nostra
valuta dovuta principalmente al rilancio delle nostre esportazioni, alle
ridotte importazioni e al miglioramento complessivo della bilancia commerciale
con l’estero. L’inflazione potrebbe
salire di qualche punto percentuale, ma non sfiorerà mai i livelli a due cifre
paventati dai soliti noti della propaganda di regime, per i motivi che ci siamo
detti sopra. I tassi di interesse
potranno essere invece gestiti tranquillamente da Banca d’Italia, adeguandosi
al basso regime di tassi di interesse, che al momento viene adottato un po’ dovunque
da tutte le Banche Centrali del mondo e consente un abbondante afflusso di
denaro, quanto meno nel settore bancario. E tutto questo discorso può essere
sintetizzato molto bene dal grafico sotto, che mette insieme l’andamento delle
tre grandezze in questione nei mesi immediatamente precedenti e successivi alla
svalutazione del 1992.
Se i modelli economici come abbiamo
detto sono delle mappe, cosa c’è di meglio
di consultare una mappa che ripercorre esattamente gli stessi passi che
dobbiamo fare adesso? Invece di sparare numeri a caso e terrorizzare la
gente con suggestioni surreali, perché non si invita la gente a verificare con dati
e numeri alla mano, quali sono in Italia gli effetti reali della svalutazione?
Non sarebbe questo un onesto servizio di informazione e non uno dei soliti
tentativi di depistaggio teosofico? Certo la situazione internazionale non è più
rosea e ottimista come dieci anni fa, ma è facile dimostrare come in Italia la
riduzione di una certa quota di domanda estera potrebbe essere compensata con
il recupero della domanda interna
che ormai precipita sempre di più verso il basso. Fermo restando tutti i
fenomeni che abbiamo descritto fin qui. A questo punto c’è solo da ricordare
che chi ha ancora i mezzi e la voglia di
ragionare ha tutti gli elementi per farlo, mentre chi è soltanto obnubilato
dai messaggi contorti e fideistici della
propaganda di regime o si lascia
facilmente sospingere dallo spirito
cameratesco di appartenenza (vedi per esempio i piddini e il loro strampalato sogno astutamente insufflato degli Stati Uniti d’Europa), arriverà
lo stesso a queste conclusioni, ma quando ormai sarà troppo tardi per
rimediare.
2) Mutui
Il discorso sul maggiore costo dei mutui in euro, conseguente ad un ritorno alla
lira e tirato in ballo ripetutamente dagli automi come controprova del disastro
catastrofico di un’eventuale uscita dalla zona euro, risulta in effetti l’argomento più facile da smontare e in
un certo senso quello più esilarante.
Secondo i ridicoli e caracollanti ragionamenti (?) degli automi, chi ha
contratto un mutuo in euro vedrebbe aumentare il costo del debito e della
corrispondente rata del 20% circa, in seguito alla svalutazione dello stesso
ordine di grandezza della lira. Ma se questo nuovo debito venisse denominato in nuove lire, con un rapporto di cambio
di 1:1 con l’euro, di quale perdita stiamo parlando? I mutuatari pagheranno
il loro debito con la nuova moneta, senza accorgersi minimamente del passaggio
(la svalutazione nei confronti delle monete estere non entra affatto in gioco
in questo caso, perché stiamo parlando di un processo tutto interno alla giurisdizione nazionale) e anzi,
qualche punto di inflazione in più, li aiuterebbe a ripagare con meno affanni
il debito ancorato invece al vecchio valore della moneta (l’inflazione aumenta
sia i prezzi dei beni che dei salari, mentre il valore nominale del debito non viene modificato, diventando più
gestibile nel corso del tempo).
La questione quindi non riguarda
tanto l’aumento del costo del debito per i mutuatari, che non avverrebbe mai
per le ragioni spigate sopra, ma capire quale
parte di debito pubblico e privato italiano è stato contratto in conformità
alla normativa nazionale e quale invece è da riferirsi ad una giurisdizione
estera o internazionale, che imporrebbe
ai mutuatari di continuare a pagare le rate, le cedole e gli interessi in euro
(qualora l’euro continuasse a sopravvivere come moneta di conto dopo
l’eventuale uscita dell’Italia: cosa assai improbabile) o in altra valuta
estera. Bisognerebbe capire quindi emissione
per emissione, come sono stati sottoscritti i contratti e se per i mutui
ipotecari per l’acquisto di immobili sul territorio nazionale il rischio sarebbe
abbastanza limitato, altra cosa sarebbe verificare i debiti/crediti commerciali con l’estero delle aziende italiane,
comprese le emissioni obbligazionarie, nei confronti di residenti esteri.
In questo caso, dovrebbe essere lo Stato Italiano, nella titolarità di
Banca d’Italia, Consob, Ministero dell’Economia e degli Affari Esteri, ad
effettuare questa attività di verifica,
a sostenere con qualche forma di
facilitazione i debitori nazionali e a stipulare accordi internazionali con i paesi creditori per alleggerire le
condizioni di rimborso. Per intenderci, l’unico problema per il comune
cittadino che ha stipulato un mutuo per l’acquisto della casa potrebbe
verificarsi nel caso in cui il mutuo sia stato stipulato con una banca straniera o con una succursale di una
banca straniera in territorio nazionale (Deutsche Bank, Allianz, BNP
Paribas, Barclays etc) e siccome l’uscita dall’euro comporta automaticamente e
preventivamente l’uscita dall’Unione Europea, compito dello Stato sarebbe anche
quello di rivedere tutta le normativa
comunitaria riguardante le concessioni di apertura di succursali e filiali
transfrontaliere e l’enorme libertà
di domicilio di cui ha potuto agevolarsi in questi ultimi anni in
particolar modo il settore bancario. Insomma con qualche decreto legge
d’urgenza e accordo diplomatico con i paesi membri dell’Unione Europea, il problema dovrebbe essere presto risolto:
tutte le operazioni finanziarie effettuate in territorio nazionale da banche o
filiali estere nei confronti dei residenti potrebbero essere così facilmente
ridenominate in nuove lire, tranne nei casi di evidenti controversie o clausole
esplicite di non convertibilità presenti nei contratti.
Molto più bizzarra e impraticabile
mi sembra invece l’ipotesi di continuare
a mantenere i depositi e i contratti di debito/credito in euro, consentendo
allo Stato di immettere gradualmente le nuove lire nel circuito interno tramite
la spesa pubblica. In questo caso, oltre alla complessità ulteriore di
mantenere un doppio sistema dei
pagamenti, i mutuatari avrebbero sicuramente una perdita effettiva
determinata dal fatto di dover pagare un debito in euro cominciando invece a
ricevere stipendi, compensi, incassi, profitti in lire. Inoltre la circostanza
di avere dei debiti contratti in moneta estera renderebbe molto inique le condizioni di rimborso fra chi magari avrebbe
ancora la possibilità di ricevere pagamenti in euro (un’azienda italiana
esportatrice per esempio) e chi invece non ha alcuna scelta sulla moneta in cui
viene pagato (un dipendente pubblico o un lavoratore stipendiato in genere),
facendo ricadere su questi ultimi il costo maggiore della svalutazione. Senza
considerare il fatto che la provvidenziale e quanto mai auspicabile uscita
dell’Italia dalla zona euro comporterebbe una probabile frantumazione a catena dell’intera unione monetaria, facendo
finalmente scomparire dai mercati la
peggiore e più oligarchica moneta mai introdotta nella storia dell’uomo
(almeno dall’avvento dei moderni stati democratici). Quindi ipotizzare un
ritorno alla lira e contemporaneamente una permanenza dell’euro risulta uno
scenario assai difficile da prevedere.
In supporto della maggiore
convenienza a propendere decisamente per la prima idea di conversione totale dei sistemi di pagamento in nuove lire potrebbe
aiutarci la storia recente, che insegna come tutti gli stati coinvolti in un default
o in una violenta crisi di debito estero o domestico (ricordando che per
quanto riguarda l’euro è sempre difficile distinguere fra queste due categorie,
essendo l’euro per l’Italia una moneta straniera a tutti gli effetti, come il
dollaro, la sterlina o lo yen giapponese) hanno sempre preferito convertire forzosamente in valuta nazionale
la quota giuridicamente gestibile di
debiti esteri o domestici denominati in valuta straniera, anche
attraverso la decisione di sganciamento dalla
parità rigida di cambio e adozione di
un regime di tassi flessibili. Un caso esemplare è quello del quasi default del Messico del 1994, quando
il governo decise di rimborsare i famigerati tesobonos, costituiti prevalentemente da titoli di debito pubblico
a breve termine rimborsabili in pesos agganciati al dollaro americano (quindi
indirettamente denominati in dollari), sempre in pesos ma sganciandoli dal
cambio rigido con il dollaro. Stessa cosa accadde poco dopo in Bolivia, Perù e Argentina. A
dimostrazione del fatto che quando uno Stato riacquisisce la sovranità sulle
decisioni di politica monetaria è sempre un passo molto imprudente ed azzardato
quello di mantenere i propri debiti esteri o domestici denominati in una valuta
straniera, almeno nei casi in cui la giurisdizione
prevalente di riferimento sia quella nazionale.
Certo se questa delicata fase di transizione e di passaggio valutario venisse
gestita da conclamati governanti
mercenari come i vari Monti, Prodi, D’Alema, Bersani, Casini non avremmo
dubbi su quali interessi sarebbero indotti a privilegiare a danno del benessere
dei propri concittadini e della stabilità del proprio paese. Ma qui il discorso
dovrebbe ormai essere chiaro a tutti: la fine
dell’euro comporterebbe automaticamente l’esilio o la citazione in giudizio per
alto tradimento della Costituzione Italiana per la maggior parte dei
criminali protagonisti dell’attuale classe dirigente italiana. Tolto il male
(l’euro), gli italiani dovrebbero essere sufficientemente decisi e determinati
ad eliminare anche i malfattori (gli eurocrati e gli europeisti di spicco in
genere, non quelli di traino, perché se no si tratterebbe di una vera e propria
deportazione di massa), per impedire preventivamente che approfittando della
prevedibile situazione di disordine e confusione istituzionale possano rendersi
colpevoli di altri crimini e misfatti.
Dopo avere così smontato per bene le prime 4
tesi infondate degli automi, adesso rimane il classico ragionamento sulle materie prime e il costo della benzina
alla pompa, che per la complessità dell’argomento è meglio trattare a parte in
un articolo dedicato. Sicuramente possiamo però anticipare che anche qui tutte
le stravaganti visioni apocalittiche
prospettate dagli automi sono prive di
fondamento scientifico, economico, geopolitico e frutto di ataviche suggestioni
mistiche abilmente indotte dalla propaganda. Ripeto, cominciamo a preparare la
carriola che alcuni beceri politicanti del regime europeista indicano come
contenitore delle banconote in lire da utilizzare per l’acquisto della benzina,
come strumento utile per accompagnare queste mummie ipocrite o imbesuite al
confine. Forse in Bosnia, Svizzera, Croazia, Svezia, Giappone, Corea si
accorgeranno che il mondo va avanti lo stesso anche senza l’euro e senza il
tanto agognato petrolio, perché questi paesi hanno saputo meglio valorizzare l’operosità e la creatività della propria
popolazione rispetto alle invenzioni della finanza e alle ricchezze del sottosuolo. Perché le persone
mediocri che non hanno né operosità né creatività sono spesso portate istintivamente a pensare
che anche gli altri ne siano privi, affidandosi ai ben noti vincoli
esterni: prima i generosi finanziamenti provenienti dall’URSS, poi gli
Stati Uniti, la moneta unica, il sistema bancario e finanziario, l’Unione
Europea, l’euro, la Germania e immancabile anche il petrolio. Concittadini
ingrati ed esterofili di cui faremmo tranquillamente a meno, sempre
concentrati a farci sentire in colpa per ciò che ci manca e mai interessati a
valorizzare quello che abbiamo in abbondanza.
Articolo ben fatto e comprensibile ... sempre che ci sia qualcuno che lo legga tra quelli che non ne sanno nulla e che ora stanno davanti ai televisori a farsi imbambolare dai "luogocomunisti"
RispondiEliminaQuesta rimane sempre la nostra speranza...che i luogocomunisti si decidano un giorno a mettersi davanti allo specchio e a considerare a fondo i fondamenti razionali delle tesi che portano avanti da anni, ignorando tutto quello che le contraddice punto per punto...quando ciò avverrà, avremo sicuramente un rinsavimento collettivo dagli effetti imprevedibili!!!
EliminaQuanta ridicola prosopopea con questi " automi"
RispondiEliminaVi state solo spippettando a vicenda, gli italiani non vi leggono. Infatti...
http://blog.quotidiano.net/giacomin/2012/11/21/meglio-leuro-che-niente-2/
Per vostra conoscenza gli automi, come li chiamate democraticamente voi, fanno una cosina che voi non fate. Fanno politica.
Voi pontificate, loro meno competenti " fanno" e voi vi dovrete per forza appecoronare alle loro decisioni perché forse non li sapete, voi sdegnosetti un po' ridicoli, siamo in democrazia e si fa quello che vuole la maggioranza attiva politicamente, non quello che vuole la minoranza che forse ha pure ragione ma non gli va di fare un cazzo, come voi.
Buon giorno genio....
EliminaGiusto per ricordartelo, se caso mai te ne fossi scordato, il mortadella esortava l'euro dicendo " Con l'euro lavoreremo un giorno in meno, ma sara' come se ne avessimo lavorati due in piu'..." o ancora poco dopo le dimissioni del governo Berlusconi eravate tutti in piazza a Montecitorio, a cantare "bella ciao", ballando come se fosse arrivato non so'.. il mago FETECCHIA che tutto sa' e tutto risolve, e amarcor-date da comunisti-patetici. Poi arrivato Monti, voi ,come i restanti politici, tutti a seguirlo ed a infiorare il suo operato, perche' diciamoci la verita', oltre che intascarvi svariati milioni, con mezzucci, per voi tutti politici la matematica resta "SCONOSCIUTA".
Se Darwin vi vedesse adesso, il libro dell evoluzione se lo darebbe sugli zebedei.
Ciao Patacca.
Leonardo IL_CECCHE
Buon giorno anche da me , genio....
EliminaSe non credi a quel che dicono , credi a quel che fanno:
Perchè lo sportello bancario di Montecitorio ha visto svuotarsi buona parte dei suoi depositi che si sono involati (lecitamente s'intende perchè la normativa comunitaria lo prevede e lo consente a tutti i cittadini Europei) verso altre banche dell'unione , rigorosamente non Italiane ?
I "traslocatori" appartengono a tutti gli schieramenti politici , bandiere color sangue comprese.
Meditiamo gente meditiamo ......
Scusa genio, ma il fatto che la maggior parte degli italiani/politici (tutti pecoroni) pensi una o l'altra cosa, non toglio nè ragione nè leggitimità a questo articolo. Se gli italiani vogliono continuare a sbattere la testa contro il muro lo facciano, tanto prima o poi le conseguenze verranno pagate (purtroppo anche da chi l'euro non lo vuole..)
EliminaIl nostro piddino o troll di passaggio parla di democrazia, ma non sa che una vera democrazia si fonda sulla trasparenza e la correttezza delle informazioni che vengono forniti ai cittadini: ed è proprio quello che cerchiamo di fare qui, dare delle informazioni trasparenti e corrette che consentono a tutti di ragionare e valutare dove indirizzare le proprie preferenze...certo se tu per democrazia intendi una massa di pecoroni indottrinati in maniera sistematicamente scorretta e superficiale (come degli automi insomma!!!), arriviamo ai livelli di degenerazione democratica in cui viviamo oggi...
EliminaTanto per la cronaca, ti faccio notare questo stralcio dell'articolo da te citato, che dovrebbe in qualche modo farti riflettere:
"I più euroscettici sono gli elettori di Pdl e Movimento 5 Stelle, i più euroentusiasti sono invece quelli di Udc, Sel, Italia dei valori e Pd. Ma in generale la fiducia degli italiani verso l’Unione europea sta calando. Messa a dura prova dalla prolungata crisi economica è finita ad appena il 40%, ben 17 punti percentuali in meno rispetto al 2010."
Oltre alla crisi economica, si vede che da qualche tempo a questa parte qualcuno sta cominciando ad informare e spiegare meglio agli italiani quelle che sono le vere conseguenze dell'euro...certo rimane lo zoccolo duro dei piddini da superare, ma quello per fortuna verrà presto spazzato via dalla storia e solo a quel punto capiremo quanto sarete bravi a riciclarvi e mimetizzarvi fra la folla come fecero i fascisti dopo la seconda guerra mondiale...il conto alla rovescia ormai è partito da un pezzo e solo che voi quelle lancette non riuscite proprio a vederle avendo i prosciutti della propaganda negli occhi...
ma ei che chiacchieri?
Eliminale elezioni le vincera' bersani e l'euro non cadrà nel prossimo futuro
sei tanto sicuro? allora visto che sei assolutamente certo dimmi più o meno quando cadrà l'euro
inoltre se sei così sicuro hai spostato tutti i tuoi investimenti in valuta straniera? se sei sicuro lo hai fatto se invece parli a vanvera ti sei tenuto i tuoi euro
è logica piero, non si scappa perche capisci che si tratta di guadanare almeno il venticinque pwr cento del proprio patrimonio
io scommetto che i tuoi seguaci di pippette non si sono mossi dalle loro posizioni finanziarie
Ti do una risposta lapalissiana: "l'euro cadrà il giorno prima che l'Italia ritornerà alla lira o la Germania ritornerà al marco. Non prima e non dopo".
EliminaSulle mie scelte di allocazione dei risparmi, non ho mai nascosto o fatto mistero di avere fatto quelle scelte di portafoglio che tu affettuosamente suggerisci in tempi non sospetti...ma non l'ho fatto di certo a scopi speculativi, ma solo difensivi e ti assicuro che questi investimenti rientreranno il giorno dopo del ritorno dell'Italia alla lira...
Sulla vittoria di Bersani alle prossime elezioni non ne sarei così sicuro, perchè vedo un grande Monti-bis all'orizzonte e un'altra sferzata all'intelligenza e alla pazienza dei piddini, che forse solo allora e a piccole flottiglie cominceranno a rinsavire e a capire che finchè rimane l'euro politiche di sinistra o vagamente indirizzate ad un rafforzamento dello stato e della coesione sociale in Italia non se potranno fare...ma ripeto, si tratterà di piccoli casi isolati, perchè il resto dei camerati piddini sarà tutto unito e compatto a farsi massacrare dai tecnocrati della finanza, fino a perdere completamente quel residuo di dignità umana che ancora li anima e li fa tanto sognare...
"ma solo difensivi e ti assicuro che questi investimenti rientreranno il giorno dopo del ritorno dell'Italia alla lira..."
EliminaMMMMUAHUAHUAHUAH....ma certo che "rientreranno" (parole tue) e se no il guadagno come lo fai???? SBRUOTFLMAOOOOO
E scrivi "rientreranno"....stai dicendo che hai esportato capitali, piero?
Io non sono arrivato a tanto, credo che bastino ampiamente titoli vari denominati in valuta estera o acquisti di divisa per proteggersi, il tutto restando in italia.
Ma tu oarli di una parte del tuo capitale che dovra "rientrare" e fai pensare a una esportazione di patrimonio, usando quella parola. Intendevi qualcos altro? Io credo a quello che mi dici tu basta che mi soieghi quel "rientreranno"
Sul Monti bis c,e da dire prima che dipende da vpi che non vitate o votate a vanvera. se bersani avesse il 43 per cento non sarebbe un monti bis.
Secondo io non sono sicuro del monti bis perche se non si arriva a una maggioranza chiara si potrebbe tornare al voto.
Comunque devi caoire che la politica la fanno quelli che agiscono non quelli che chiacchierano a vanvera come voi zenza FARE UN CAZZO DI PRATICO
Certo che questi capitali di piero che "rientreranno"...e da dove rientreranno???? Uhuhuhuhuhuh......
Se fare o quantomeno cercare di fare informazione in un paese dove non esiste da decenni la libertà (o meglio la dignità...) di informazione significa non fare nulla di pratico, ritorniamo al punto di partenza: questa è la tua idea di democrazia, un paese in cui vige soltanto il pensiero unico imposto dalla propaganda di regime e tutti gli altri che cercano di allontanarsi da quel pensiero devono essere in qualunque modo smontati e fatti fuori. Questa però non è assolutamente la mia idea di democrazia...
EliminaSul termine "rientrare", ti rassicuro subito: conosco anche io i modi con cui si può investire in valuta estera o titoli esteri senza spostarsi materialmente da casa...fino a questo livello di evoluzione ci sono arrivato e non nascondo le banconote sotto i tappetini della macchina per portarle in Svizzera...stai tranquillo!!!
Non vedo cosa ci sia di male a cercare di difendersi dal crollo di una moneta ormai morta e sepolta...prova a parlare con un qualsiasi gestore di risparmi e vedi cosa ti dice su una tua ipotesi di investimento in euro o titoli in euro...la prima risposta che ti verrà data sarà questa: "Ma sei matto??? E' un rischio incredibile...ma certo se vuoi fare un pò di speculazione da short selling allora magari ne possiamo riparlare..."
E siccome io non voglio fare speculazione, ho preferito investire su qualche moneta viva e non morta e sepolta come l'euro...se ho commesso un crimine, arrestatemi pure!!!
Mi spiace, ma questo articolo è completamente sbagliato. C'è proprio un enorme, clamoroso errore economico. Per la cronaca, io per primo sono completamente convinto della necessità di uscire dall' euro, però l'uscita dall'euro è meno semplice di come la ponete voi. Mi riferisco quì alla parte dell'articolo riguardante i costi dell'azienda. A parte l'esclusione dei costi fissi, visto che anche i capitali dovranno un giorno essere rinnovati. Ma fermiamoci ai costi variabili. Voi dite: questi costi variabili, nella immaginaria ipotesi che l'impresa acquisti tutto dall'estero, aumenterebbero solo del 20%. Dunque i costi totali salirebbero da 100 a 108; immaginando un margine di guadagno del 10%, salirebbero a 118,8 (voi dite a 121,6-non capisco perché), dunque l'effetto inflattivo, anche in questa immaginaria, estrema ipotesi, sarebbe solo dell'8% (del 10,5 secondo i vostri calcoli, non ho capito perché). Quì c'è un errore clamoroso: il contributo dell'azienda al Pil nazionale non è dato dalla sua produzione lorda vendibile, cioè dal suo fatturato, ma dal suo valore Aggiunto!!
RispondiEliminaDunque, facciamo una ipotesi estrema al contrario. L'impresa acquista la totalità dei suoi beni intermedi in territorio nazionale. Si ha una svalutazione del 20%. i beni intermedi (facciamo l'ipotesi che anche le imprese fornitrici acquistino solo beni dall'interno) hanno una inflazione uguale a zero. Poniamo però che imprenditore, lavoratori e tutti i destinatari del valore aggiunto vogliano mantenere il controvalore in euro dei loro redditi, e ci riescano scaricandolo sui costi. Di quanto sarebbe l'inflazione? Ponendo che tutti i soggetti dl sistema economico si comportino nello stesso modo, dello stesso valore della svalutazione, cioè del 20%..! Perciò, svalutata la moneta del 20%, l'inflazione l'avrebbe completamente compensata, e si porrebbe la necessità di una nuova svalutazione!! Sugli effetti successivi non vale nemmeno la pena di considerarli.
In altri termini, se ipotizziamo una svalutazione, lasciando opportunamente cadere i casi estremi, dobbiamo considerare chi ne paga il costo. E' questo il difficile della svalutazione, e semplificare le cose non serve a nessuno
A.C. Siena
"Poniamo però che imprenditore, lavoratori e tutti i destinatari del valore aggiunto vogliano mantenere il controvalore in euro dei loro redditi"..e perchè dovrebbero farlo?CIoè non lo chiedo in tono critico, ma da ignorante..qual è il vantaggio nel fare ciò?
EliminaBravissimi entrambi, perchè il primo lettore si è accorto di un piccolo errore di calcolo (purtroppo l'esempio era stato fatto inizialmente su altri numeri, che alla fine si sono un pò mischiati: in effetti un costo complessivo di 108, e un ricarico del 10% pari a 10,8 comporta un valore del fatturato del 118,8 e un prezzo unitario del 1,188)...scusate per il piccolo inconveniente tecnico, ma il discorso rimane valido nella sua analisi economica complessiva: correzione effettuata...
EliminaIl secondo lettore però ha messo in evidenza la mia stessa perplessità riguardo all'osservazione del primo lettore: "Poniamo però che imprenditore, lavoratori e tutti i destinatari del valore aggiunto vogliano mantenere il controvalore in euro dei loro redditi"...se ci spieghi il motivo per cui un imprenditore italiano dovrebbe ragionare così te ne sarei molto grato...anche la mia non è una critica, ma una semplice richiesta di chiarimento, perchè magari tu vedi delle cose che io magari in questo momento non riesco a vedere...
Sul discorso del valore aggiunto e del PIL, sottolineo solo che qui si tratta di un'analisi microeconomica all'interno di una singola azienda e non vengono prese in considerazione le grandezze macroeconomiche aggregate...ad ogni modo se io ipotizzo che l'azienda in questione produce beni di consumo finali e non intermedi, l'aumento di prezzo si scarica direttamente sul PIL e incorpora tutti gli aumenti di prezzo che avvengono a valle, all'interno delle aziende che producono beni intermedi...quindi anche qui non capisco il motivo della tua osservazione sulla mancata focalizzazione sul concetto di valore aggiunto e se ci spieghi meglio, magari riusciamo a capirci...
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EliminaPremettiamo che fare esempi estremi non è utile. Nel mio esempio, se davvero il paese in questione non importasse beni dall'estero, non ci sarebbe contrasto fra mantenere il potere d'acquisto e accettare i redditi nella valuta svalutata. Quindi, in quel caso, effettivamente i percettori di reddito non avrebbero motivo di chiedere il mantenimento dei redditi in euro. Ma sappiamo tutti che non è così. Anzi, sappiamo che importiamo beni e servizi, per esempio telefonia, e che i soggetti esterni non è detto che accetterebbero di vedere i loro redditi diminuiti. Comunque, se beni dall'estero li importiamo, e una inflazione c'è, può esistere, ed è normale, il desiderio di mantenere il potere d'acquisto precedente. Normalmente si fa l'esempio della svalutazione del '93 per smentire i problemi di inflazione. Ma i sindacati, d'accordo con il governo, accettarono di sterilizzare gli effetti dell'inflazione importata sulla scala mobile; e un anno dopo la tolsero. Cioè accettazrono di scaricare sui lavoratori le conseguenze della svalutazione. Però nel '93 eravamo molto più ricchi..
EliminaSul valore aggiunto e sul Pil, quello che non va bene, a mio avviso, è proprio il passaggio dal piano aziendale a quello macroeconomico. Ipotizzare che l'azienda produca beni finali e non intermedi non risolve la questione, perché allora dovresti ipotizzare che in ciascuna fase produttiva intermedia avvenga lo stesso tentativo di conservare il potere d'acquisto dei percettori di reddito, e dunque che anche i beni intermedi, anche se prodotti in Italia, siano aumentati.. ad ogni fase di produzione. Saluti A.C.
Concordo completamente con Anonimo. È un fatto noto che gli effetti inflattivi sono stati sterilizzati grazie alla cancellazione della scala mobile. Omettere questo fattore rende l'esempio assolutamente inutile come supposta dimostrazione dello scarso impatto inflattivo della svalutazione.
EliminaSulla proprietà della Banca d'Italia non mi pronuncio neanche. È notorio che i partecipanti non hanno né avevano poteri sulla politica monetaria della Banca Centrale, e che Governatore e Direttorio sono di nomina politica e non interna.
Riguardo Borghi e Bagnai, sull'inflazione dicono due cose completamente diverse. Mentre Bagnai dice che l'inflazione non sarebbe proporzionale alla svalutazione, Borghi ammette l'effetto inflattivo proporzionale della svalutazione, tanto da proporre l'eliminazione delle accise sui carburanti per mitigarne parzialmente gli effetti.
Infine, se in qualche modo il fine ultimo dell'operazione è aumentare l'export, l'operazione stessa è inutile poiché da quel punto di vista siamo già in (forte) attivo.
Borghi ammette la possibilita' di un effetto inflattivo ma non 1 a 1, cioe' il coefficiente di trasferimento non sarebbe certo 1. La sua conclusione e' che non sarebbe un problema, ma che al massimo nel caso si potrebbe sempre ridurre le accise.
EliminaComunque i grafici storici sia dell'Italia che di altri stati europei mostrano come questo non succede.
Io invece chiederei a Piero come si immagina la struttura economico/politica italiana del dopoeuro.
RispondiEliminaFatto salvo che la completa regolamentazione finanziaria non verrà mai messa in atto da forze politiche di cui non si vede traccia all'orizzonte, cosa potremmo avere?
Una BC ancora nubile che fa un pò la banca pubblica e un pò la banca privata?
Un sistema ancora bancocentrico?
Un controllo dei flussi di capitali "all'italiana"?
Roberto
La mia idea, condivisa apertamente anche da altri, è quella di creare un'Assemblea Costituente Permanente, che cominci ad operare nei singoli settori da te citati, avvalendosi per ogni campo di analisi dei massimi esperti e di gente davvero competente, che sappia dove andare a mettere le mani...e questa si può tranquillamente costituire anche prima della fine dell'euro e deve prepararsi adeguatamente all'evento...
EliminaPer quanto mi riguarda, risponderei così alle tue domande:
1) BC nazionalizzata completamente sposata con il Tesoro, ma che abbia un minimo di autonomia sulle scelte di politica monetaria da intraprendere
2) Una riforma bancaria epocale che ribalti completamente le fondamenta di questo importante istituto di diritto privato ma di rilevanza pubblica, secondo delle linee guida spesso descritte nei vari post di questo blog (per intenderci fine del regime della riserva frazionaria e limitazione delle attività alla sola intermediazione del credito)...ma è chiaro che questa riforma sarà un progetto di lungo periodo che deve procedere per gradi
3) Un controllo capillare dei flussi dei capitali soprattutto nella fase immediatamente successiva all'uscita dall'euro, che dovrà farsi magari nazionalizzando in parte e solo temporaneamente le tre principali banche sistemiche del nostro paese (Unicredit, Banca Intesa, Monte Paschi)
Daccordissimo su quello che vorremmo tutti.
EliminaPerò siccome sono un pò pessimista e immagino che questa libertà non ce la daranno mai, mi domandavo come SARA' IN EFFETTI.
Questo anche per la diffusa ignoranza sull'argomento del popolo italiano....
Ti chiedo un approfondimento tecnico di quest post tecnico ( finalmente ! )
RispondiEliminaScrivi ".....consentendo al settore bancario con opportuni controlli sui movimenti dei capitali in uscita dal paese di ricreare le necessarie riserve di valuta estera "
Ecco , come avviene questo tecnicamente ? Mi interessa particolarmente anche perchè il problema della valuta estera pregiata costituisce una delle principali obiezioni alla MMT (CESARATTO per esempio ) Grazie e sempre tanti complimenti per il tuo lavoro, qui e fuori.
Mia cara contessa, finalmente anche io sono uscito dai pantani di questi ultimi turbolenti giorni e posso dedicarmi a tempo pieno (diciamo...perchè purtroppo ancora di solo blog non si campa e le iniziative da seguire sono veramente tante!!!) alla più importante analisi tecnica che ci interessa...
EliminaPartiamo da un principio: se non effettuiamo dei controlli sui movimenti dei capitali, la lira potrebbe subire continue svalutazioni che ne mettano magari in dubbio la convertibilità in altre valute estere. Se per esempio un'azienda esportatrice in Germania, utilizza gli incassi in marchi per aprire depositi bancari in Germania o comprare titoli tedeschi, difficilmente potremo assistere a quel lento processo di rivalutazione della lira che ci metterebbe al riparo dal problema della non convertibilità. Quindi dobbiamo mettere delle limitazioni a questi flussi di capitali, soprattutto quando vengono fatti per soli scopi speculativi e non transattivi (per intenderci, se l'azienda italiana deve comprare dei componenti, dei beni intermedi e dei servizi produttivi dalla Germania, nulla osta a questo flusso di capitali e anche qui con un'opportuna introduzione di dazi doganali, si potrebbe incentivare le aziende locali a rifornirsi presso produttori locali di beni e servizi equivalenti...tanto abbiamo ormai scoperto che questo liberismo sfrenato non giova affatto al benessere collettivo, ma solo ad una piccola minoranza e quindi andrebbe riformato in fretta).
In questo caso il ruolo delle nostre banche sistematiche è fondamentale, perchè assieme agli organi di vigilanza, devono impedire questo flusso di capitali a fine speculativo, invitando con agevolazioni e facilitazioni varie le aziende esportatrici a cambiare buona parte dei loro incassi in marchi in lire, in modo da rifondare poi all'interno della banca centrale quelle necessarie riserve in valuta estera di cui parlavo nel post. Tecnicamente i modi per favorire questo processo potrebbero essere molti: per esempio azzeramento delle commissioni di cambio per le aziende esportatrici e agevolazioni per quelle che intendono investire internamente i propri capitali, stabilire una soglia massima di capitali da impiegare a fini speculativi all'estero e richiedere per la restante parte la fatturazione completa dei beni comprati all'estero...
E' chiaro che si tratta di un'azione coordinata fra settore bancario, banca centrale, consob, ufficio delle dogane, finanza, ministero degli interni, degli esteri e dell'economia, molto complessa che richiederà molto impegno da parte di tutti, ma secondo me è necessaria nella prima fase successiva all'uscita dell'euro e tutti i paesi che hanno dovuto affrontare crisi di debito estero e forti svalutazioni (vedi per esempio Islanda e Argentina) hanno dovuto effettuare dei controlli sui movimenti dei capitali speculativi. E il tavolo tecnico di cui auspichiamo una rapida creazione dovrà concentrarsi principalmente su questi aspetti.
Quando le nostre riserve di valuta estera si saranno lentamente rifondate e la lira avrà raggiunto una certa stabilità di cambio, tutte queste misure di emergenza potranno essere progressivamente alleggerite, in accordo con gli altri paesi interlocutori e gli organismi internazionali come il FMI e il WTO...il braccio di ferro sarà duro di certo, ma alla fine chi la dura la vince!!!
se può essere d'aiuto è lo stesso fondo monetario internazionale che analizza i possibili strumenti di management dei flussi di capitali. L'analisi conduce alla "sorprendente" verità che chi ha in essere strumenti di controllo dei flussi finanziari dall'estero ha performato meglio nella crisi. Chi l'avrebbe mai detto?! Blanchard è già la seconda volta che fa mea-culpa, alla fine ci diventerà keynesiano.
EliminaScusami...chiedo ancora. Avevo capito da tante spiegazioni precedenti che, a parte il buri no del Burundi, le esportazioni vengono pagate nella valuta del paese esportatore. perciò perché dovremmo ricevere marchi esportando in Germania? È se pure ricevessimo marchi, perchè riconvertirli in lire se lo scopo é di accumulare valuta estera? Sto sragionando?
RispondiEliminaMa no mia esimia, se Ella volesse comprare beni tedeschi dovrebbe cambiare le sue lire in marchi e quindi vale anche il viceversa.
RispondiEliminaElla deve sapere che chi vende l'italico prodotto nell'orrido suolo di teutonia è giustappunto un teutone che avrà preventivamente comprato i nostri prodotti cambiando marchi in lire e poi una volta nel suo negozio alemanno li venderà ai barbari locali nella valuta locale.
Ossia noi vendiamo all'importatore che poi rivende nella sua patria. L'aumento di risrve di valuta straniera non dipende dall'azione dell'importatore ma da quelle dlle banche locali che si dovranno via via rifornire seMpre di oiù di lire ( restando nell'ipotesi che l'Italia diventi un grandissimo esportatore in seguito alla sua uscita dall'euro. Siccome dall'euro non si uscirà e i controlli di capitale non li metteranno-ovviamente-le consiglio caldamente di non dar retta alle scempiaggini dei pauperes spiritu con la capa fresca e di oensare al suo onorevole patrimonio. Il che significa che eventualmente quello che potrebbe succedere è un futuro deprezzamento dell'euro risoetto alle aktre valute e quindi vede che o deprezzamento o uscita le conviene sempre investire una parte in valuta straniera)
C'è una domanda di valuta nazionale, espressa dagli acquirenti esteri (per acquistare i beni nazionali: sono le esportazioni del paese).
RispondiEliminaC'è un'offerta di valuta nazionale, espressa dagli acquirenti nazionali (per acquistare la valuta estera con la quale acquistare i beni esteri, sono le importazioni del paese).
Uno che se ne intende me l'ha spiegato così
E quindi o Divina? Ma secondo Lei l'acquirente estero a chi le chiede le lire ovfrendo marchi, a noi? Direbbi di no, Ella non crede? Forse si rivolge a qualcun altro.
EliminaEffettivamente ho saltato il solito passaggio della scelta dell'esportatore di decidere lui in accordo con l'importatore in quale moneta vuole essere pagato e nel caso di un'Italia, uscita dall'euro e con una moneta inizialmente molto instabile, le aziende italiane esportatrici in Germania accetteranno volentieri di essere pagate in marchi e avranno dei conti di deposito in marchi presso le loro banche italiane di supporto.
EliminaOvviamente non troverai mai queste descrizioni sui libri di testo, perchè non sono tecnicamente corrette, ma all'interno delle aziende che fanno esportazioni prevalentemente in certi paesi (abbiamo preso il caso della Germania, ma potremmo dire qualunque altro paese dotato di una moneta di riserva o stabile, come Stati Uniti, Australia, Canada etc) è uso comune prezzare i propri prodotti in quella moneta e farsi pagare direttamente nella moneta dell'importatore...se un'azienda italiana esporta soltanto negli Stati Uniti, secondo te prezzerà i suoi prodotti in dollari e avrà un suo conto corrente in dollari oppure no?
Ad ogni modo, lasciando stare questo dettaglio tecnico (per carità, io rispetto sempre le versioni riportate sui manuali di economia, che come al solito sono delle mappe semplificate che aiutano a ritrovare la strada, ma avendo lavorato in aziende multinazionali con varie filiali all'estero, so abbastanza bene come avvengono certe dinamiche all'interno delle aziende), il concetto di fuga di capitali non cambia perchè se l'azienda esportatrice accumula in patria depositi in lire e poi trasferisce all'estero parte di questi depositi per fini speculativi allora si pone sempre il problema della svalutazione o mancata rivalutazione della lira, perchè ci sarà ancora una volta un'offerta di lire e una domanda di valuta estera...
Poi c'è il discorso dell'anonimo che si è introdotto e vale soltanto nel caso particolare delle società di import-export: compro in lire direttamente in Italia e rivendo in marchi in Germania, rifornendomi di lire presso la banca tedesca di appoggio e costringendola a cambiare marchi e a rifornirsi di lire sui mercati valutari. Si tratta appunto di un caso particolare, ma l'anonimo ovviamente ne sa più di tutti quanti noi messi assieme e sa pure che dall'euro non si uscirà mai...quindi è sicuramente una fonte attendibile!!! O no???
La mia citazione non proveniva da un testo di economia...avrai capito a chi mi riferivo...Comunque grazie Piero. Quindi la formazione del tasso di cambio é un pó più complicata di quello che pensavo, ma ancora più interessante. La Divina ( sai che non mi dispiace questo nuovo appellativo ? )
RispondiEliminaOvviamente...intuisco bene chi possa essere la fonte autorevole, con cui non avrei mai la presunzione di discutere sui principi dei tassi di cambio...comunque il mio discorso serve solo a ricordare che le mappe e le semplificazioni sono sempre utili a descrivere il fenomeno, ma a volte è anche necessario fare una capatina nella realtà per capire effettivamente come avvengano concretamente i processi analizzati...
EliminaL'anonimo sarà pure un pò brusco e perentorio nei modi ma è sicuramente un fine adulatore... io non sarei mai arrivato fino a cotanta galante intraprendenza...Divina!!!
Ma cosa vuoi, io sono un povero di spirito, a cui saranno aperte le porte del cielo, ma di fronte al quale rimarranno sempre ben chiuse e serrate le porte dei misteri di questo mondo...
E pensa anche di saperla più lunga di tutti.....se fosse al corrente dei nostri investimentucci.....
EliminaE pensare che io l'ho detto fin dall'inizio che tipo di investimentucci avevo fatto e consigliavo in amicizia a chi invece ancora non si era cautelato dall'euro-disastro... nessuno è profeta in patria...neanche quando questa patria è il suo stesso blog!!!
EliminaMa qual e il problema se scherzando ho chiamato divina la contessa?
EliminaAaaahhh...ho capito...ops, non lo avevo intuito....ecco chiamo Divino anche piero cosi non si ingelosisce.
tanto sensibile piero....
il bello e' che io sarei il saccente per he dico che non si esce dall euro nei prossimi cinque anni....lui che invece dice si esce non e' saccente...
vedi pieruccio la contessa elvira e' una donna e mi risulta che fra i commentatori del tuo blog non ce ne siano altre e io l'ho chiamata divina cosi' per gioco....ma tu sei tanto rigoroso ( o divino oiero)
INSOMMA mi vuoi dire QUANDO si esce dall euro? hai paura? io dico che NON si esce nei prossimi cinque anni....tu? su che poi vediamo chi ha ragione
O mia Divina, ma vuoi forse dirmi che finora il povero piero mai ti aveva rivolto degli appellativi che esprimessero la spontanea offerta della sua devozione alla tua femminilità? Rimango costernato, incredulo...nemmeno uno Zulu del Transvaal, nemmeno un feroce antropofago della Papuasia, nemmeno un mobiliere brianzolo elettore di Berlusconi avrebbero potuto essere altrettanto privi di sensibilità.
EliminaE per forza che poi si impermalisce con me visto che involontariamwnte ne ho messo in pubblica evidenza la sua imbarazzante mancanza di savoir faire.
Glissons mia cara, sorvoliamo sulle miserie umane e quando passate da queste parti fateme un fischio ch ve preparo na marmitta de facioli co le pelli de maiale che ve ce potete strippa' voi e tutti l'amici vostri.
Anonimo, questa schermaglia sta diventando un pò inutile ed esula dai contesti e dagli obiettivi di questo blog, quindi per me si può ritenere conclusa...anche perchè non avrei gli strumenti adatti per analizzare in profondità il tuo caso umano...
EliminaPer la cronaca, il rispetto dovuto alla contessa si riferisce più che altro al suo modo sempre gentile e garbato di intervenire in questo blog, arricchendolo con domande intelligenti che ci obbligano a riflettere e di segnalazioni sempre interessanti...il fatto che sia donna per me è secondario e non la mettono sicuramente in un piano superiore rispetto agli altri lettori che interagiscono in questo blog con la stessa pacata e costruttiva intenzionalità (e questo lei lo sa benissimo!)...ma siccome, ripeto, non conosco in quale contesto umano, psicologico e sociale vivi tu, non posso sapere in quale considerazione vengono tenute le donne da voi...quindi, discorso chiuso!!!
Se poi, hai dei problemi personali con me (capisco che il nome piero, pieruccio, pierino è a volte molto fastidioso, volgare e poco attraente per i nobili di spirito...), ti invito a chiarire questi aspetti in privato tramite la mia e-mail riportata sotto, senza inquinare il blog con tutta questa prosopopea inutile e umanamente rivoltante...anche qui, mi pare che non ci sia bisogno di aggiungere altro...
www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-12-04/lfmi-volta-pagina-controlli-063901.shtml?uuid=AbPUpu8G
RispondiEliminaHai visto? Proprio a proposito!
Guarda, guarda il FMI, che sta cominciando a fare marcia indietro sui dogmi che ancora qui (e solo qui in Italia per l'esattezza...) vanno ancora per la maggiore...ma vuoi vedere che un giorno dovremo appellarci proprio al FMI per salvarci dai tecnocrati mostruosi e criminali dell'UE???
EliminaOrrore,
RispondiEliminaguardate che fine fanno gli "aiuti alla Grecia "questi soldi, faticosamente raccolti dagli Stati europei, andranno nelle tasche dei padroni di hedge funds speculativi, fra cui un tale Daniel Loeb, che 4 mesi fa ha comprato da banche creditrici spaventate una quantità enorme, ancorché imprecisata, di bond governativi greci a prezzo di liquidazione – diciamo – 14 su valore facciale 100. Se la Grecia ricompra a 25 o 40, Daniel Loeb può fare profitti da 100% al 400%
I miliardi estratti dai contribuenti europe vanno ad arricchire i miliardari degli hedge funds. (The Latest Greek "Bailout" In A Nutshell: AAA-Rated Euro Countries To Fund Massive Hedge Fund Profits)
Su tali disfunzioni si basa la miseria umana. Per me, a tal proposito, si è rivelato maestro un concetto filosofico focalizzato e riaffermato da Norbert Bilbeny e concentrato sul ruolo dell'idiota morale. Ossia colui che non si preoccupa di ciò che fa e ciò che determina il suo fare. Per pura assenza di capacità critica "interiore". Poiché ciò che fa e ciò che determina il suo fare risulta funzionale unicamente alla sua sopravvivenza "opportunistica". Quest'ultima è una mia personale deduzione.
EliminaCari saluti,
Elmoamf Massimo Paglia
CAMERATI PIDDINI....GRANDE!! Rende proprio l'idea. Credere(ai continui contrordini), obbedire(prima all'Urss ora al bildelberg), combattere(gli italiani) E' IL LORO MOTTO.
RispondiEliminaSalve Piero (Parte 1)
RispondiEliminaBuon rientro con qualcosa di ostico e per palati delicati.
Mi par di capire (aprendo parentesi) che la quantità di interventi "scontrosi" stia aumentando ultimamente. Ed è curioso, ancora una volta, notare l'entusiasmo con cui tale scontrosità si esprime (chiusa parentesi).
Sulle questioni tecniche e tecnico pratiche faccio una debita premessa personale.
Credo di aver lasciato intuire, in modo del tutto genuino e franco, che la mia inclinazione in materia è più filosofico-concettuale che economico-accademica.
E a tal proposito, non faccio mistero di non possedere "titoli di merito".
Non li pretendo ed anzi umilmente riconosco la mia ingenua cultura amatoriale da semplice appassionato, probabilmente cocciuto ed ostinato nella sua volontà di ricerca ed ampliamento della conoscenza.
Pertanto le mie "deduzioni" sono, sovente, frutto di speculazioni personali sulle dinamiche umane.
Quasi mai figlie di teorie precostituite od universalmente riconosciute o legittimamente affermate, in ambienti universitari o cattedratici o manageriali di qual si voglia natura.
Tolto lo spillo dall'alluce, le mie personali osservazioni sull'argomento sono le seguenti.
Ferma restando la fallacia di ogni singola teoria e pratica se non supportata da una costante applicazione, dedizione ed etica (onestà, lealtà, spontaneità), le variabili sulla questione Euro dentro o fuori andrebbero analizzate su più piani (singolarmente ed interdisciplinarmente).
Fermandoci solo ad un piano (quello delle variabili macro-economiche) si renderebbe un cattivo servizio all'informazione. E con ciò Piero (per non esser frainteso) non mi riferisco al tuo lavoro di divulgazione che non ho mai nascosto di "stimare". Più propriamente volgo lo sguardo ai critici "dell'uscita" che appunto premono il dito su termini, personalmente, del tutto abusati (qui nel post per l'ennesima volta sottolineati).
Non a caso concentrerei l'attenzione su di un punto giustamente richiamato: La Costituente.
Pur con tutti i suoi limiti e condizionamenti internazionali, la costituente del '46, a mio modesto avviso, si pose l'obiettivo di fondare uno "Stato" di relazioni socio-politiche-economiche nell'ambito di un complesso scacchiere globale in "divenire".
A parità di elementi filosofici di base, l'attuale realtà presenta le medesime caratteristiche.
Contemporaneamente agli interventi di carattere congiunturale e valenza immediata, l'opera di "rinascimento" va accompagnata con lo studio di un nuovo paradigma antropologico-relazionale.
Salve Piero (Parte 2)
RispondiEliminaCiò detto, la mia personale critica alle esemplificazioni macro-economiche si esprime sul terreno delle egemonie geopolitiche ed oligarchiche. Un esempio su tutti è quello non riconducibile direttamente al sistema finanziario (per molti il dominus maximus ... per carità affermazione veritiera ma non possiamo ridurre tutto al comune denominatore del demone "banchiere" altrimenti, per me, faremmo torto alla ns intelligenza!), bensì a quello del mercato delle materie prime.
Fatto non solo di Petrolio o Gas (sui quali si giocano partite degne del miglior Clooney in Ocean... in termini di rivoluzioni primaverili, condotti e gasdotti, fracking e giacimenti sbucati dal nulla e da tutti contesi) ma, in modo particolare da metalli "preziosi" (non perché d'oro o d'argento) in quanto rilevanti per l'attuale sviluppo tecnologico. Ci si dimentica spesso,m in tali speculazioni, del ruolo del Dragone Rosso, dell'egemonia degli attori internazionali sulle "terre africane" del monopolio sul mercato delle soft soft commodities determinato dalle tecnologie OGM.
Un eventuale crollo dell'euro obbligherebbe gli attori internazionali a rivedere le loro eventuali esposizioni in progetti del genere.
Il predominio economico e politico non si gioca, a mio "barbaro" avviso, solo sul terreno dell'inflazione e della svalutazione ma soprattutto sul terreno politico, fatto di forza ed influenza non solo finanziaria (spesso accompagnata da quella militare e tecnologica) ma anche (ed è qui che ahimé siamo francamente vulnerabili) di coscienza e volontà.
Si può rimproverare, ad esempio, tutto alla Cina. Certamente non di aver investito in un progetto di lungo termine attraverso il quale (nella filosofia cinese più pedissequa e compassata per tradurlo in termini occidentali) a piccoli passi giungere ad un silenzioso punto di forza nello scenario internazionale che possa garantirgli di esporre le proprie visioni e rivendicare le proprie condizioni in posizione di indiscutibile autorità. Tale schema hanno seguito anche alcuni altri attori internazionali (Brasile e Russia sugli scudi a mio avviso) ma queste, direbbero le favole, sono altre storie...
Un caro saluto a tutti,
Elmoamf Massimo Paglia
Analisi come al solito condivisibile Massimo...però come sai, da spirito pragmatico che sono, io preferisco sempre agire un passo alla volta, senza fare mai il passo più lungo della gamba: trovandomi davanti ad un muro di disinformazione rispetto agli aspetti tecnici più banali e abbordabili con semplici descrizioni, io è innanzitutto quel muro che vorrei cercare di abbattere, grazie anche al vostro contributo di integrazione e sostegno...
EliminaL'arretratezza culturale che si è radicata in questo paese si fonda soprattutto sul basso livello (tecnico e umano...)di chi avrebbe il compito di informare con onestà intellettuale e obiettività i cittadini sui fatti e gli eventi che stanno accadendo nel nostro paese...poi è chiaro che bisogna lavorare ai fianchi per ristabilire la priorità gerarchica del discorso umano-etico-filosofico rispetto a quello tecnico-economico-finanziario, ma siccome a mio modo di vedere la prevalenza del secondo aspetto, nelle sue declinazioni propagandistiche e menzognere, ha finito per corrompere il primo e più importante aspetto, io spesso mi concentro sull'analisi tecnica sperando che una maggiore comprensione e trasparenza di informazione possa fare da premessa ad un'elevazione culturale e spirituale tout court...
Ovviamente si tratta di una mia personale valutazione, che potrebbe anche rivelarsi fallace ed inefficace, ma non ti nascondo che ho avuto parecchi riscontri di come eliminando certe sovrastrutture mentali economiche indotte dal sistema, poi si acquisisce di nuovo gradualmente una maggiore capacità di fare analisi di grande respiro su concetti cruciali quali i principi di uno stato democratico, gli obiettivi di una comunità umana, l'importanza della coesione e della solidarietà sociale, e infine la primazia assoluta del fattore umano rispetto a quello prettamente tecnico o economico, che ne diventa solo un semplice corollario o un normale strumento di organizzazione delle risorse...
Il discorso geopolitico internazionale è molto complesso, come giustamente hai evidenziato tu e prescinde dalla congiuntura euro in cui viviamo noi, ma a mio modo di vedere prima ci riprendiamo il nostro diritto e la nostra sovranità di decidere in quale tipo di stato (democratico o fascista) vogliamo vivere e prima saremo capaci di affrontare con maggiore lucidità e pertinenza tutti gli aspetti geopolitici della questione, che spesso vengono trascurati nei nostri discorsi...
L'idea di cominciare a ragionare come se fossimo ormai transitati nella fase costituente di un nostro nuovo stato di diritto è per me una linea guida fondamentale, perchè effettivamente è proprio questo il periodo di grandi fermenti che stiamo vivendo oggi...e in una fase costituente è chiaro che serve il supporto di tutti: giuristi, umanisti, filosofi, ingegneri, economisti, operai, casalinghe, studenti...e ognuno dovrà fornire sempre il suo personale contributo avendo chiaro il fine che dobbiamo prefigurarci tutti: l'edificazione di un vero stato democratico che sia basato sul principio etico insindacabile della centralità della persona e del bene comune...ogni mio contributo, tecnico o no, divulgativo o meno, come anche la maggior parte dei vostri contributi, è sempre volto a questo scopo e di questo non posso che rallegrarmene...perchè si vede che stiamo tutti percorrendo la stessa strada di crescita collettiva, che prima o dopo, per forza di cose, sfocerà in un progresso civile dell'intera società!!! O almeno, questa è la mia speranza, il mio sogno...la mia utopia!!! O sarebbe meglio dire, la nostra Utopia...
scusatemi l'ot... non ho ancora letto ne articolo ne commenti...ma sono rimasto seccato dalla notizia di Barnard DEFINITIVO: LA ME-MMT CHIUDE PER MOTIVI UMANITARI
RispondiElimina(2012-12-05)
Siccome voi siete sempre gentili...mi spiegate quali sono le divergenze fondamentali tra i due economisti, Mosler e Bagnai e per cui Barnard si ritiene sempre offeso dal Bagnai? perche invece di unire le forze si sparerebbero? perche Bagnai pur auspicando un uscita dall'euro, non crede al piano mmt? e cosa propone sostanzialmente di diverso allora?
dunque esistono interessi dovunque, anche in questa gestione di minoranza che nemmeno e' nata e gia litiga internamente??
scusate ma non capisco mi aiutate voi un attimo!
oggi mi sento incavolato e non ho voglia di leggere....grazie cmq
Permetti Paolo,
EliminaSe inopportunamente ti lascio la mia impressione.
Non più tardi della scorsa notte ho avuto modo di aggiornarmi sugli ultimi commenti sul Blog di Bagnai.
Premessa: in loco sono un mero lettore e non ho mai esercitato la libertà di parola.
Ciò che però tristemente constato è un acceso di livore.
Ora, ferme restando le differenze caratteriali e culturali, protagonistiche o meno che siano, tra i due novelli alfieri economici contemporanei, ciò che personalmente mi lascia l'amaro in bocca non è il merito delle questioni ma il metodo degli antagonismi.
La lezione del Bagnai, se avrai costanza e pazienza, la potrai desumere dalla sua opera omnia: Il tramonto dell'Euro. Il metodo Barnard presumo sia abbastanza di pubblico dominio. Le teorie del Mosler, tanto vituperate, le trovi anche a questo sito: http://memmt.info/site/
Negli ultimi tempi debbo constatare un costante ripetermi su di un punto:
Il mezzo è freddo ed a questo punto dovrebbero essere gli uomini a dar lui un significato.
Al di là di sterili protagonismi, probabilmente non direttamente cercati.
Bagnai è persona di spessore e carattere come Barnard è persona sanguigna ed impetuosa. Questo il mio modesto avviso e la mia disinteressata analisi.
Analisi che al fine volge in una sintesi di massima:
E' inutile sentirsi dalla parte del torto o della ragione, dell'offesa o della difesa, della migliore capacità o peggiore valutazione della realtà e delle sue circostanze (variabili, probabili o certe che siano) se di fronte avremo solo un ceppo consumato, arso e senza vita.
Un saluto,
Elmoamf Massimo Paglia
Sullo scontro personale fra Barnard e Bagnai non ne se molto e concordo sul fatto che spesso si tratta di questioni di metodo e di modi di approccio, che di merito in senso stretto...in effetti alcune uscite di Barnard, del tipo o con me o contro di me, mi sono sembrate spesso fuori luogo e del tutto autoreferenziali, mentre le critiche di Bagnai al sistema Mosler (che non è esattamente la linea classica della MMT universitaria...) sono abbastanza condivisibili e puntuali...
EliminaDiciamo che sempre a mio modo di vedere il duo Barnard-Mosler ha troppa fiducia nella possibilità di riparare ai danni della crisi tramite il ritorno alla moneta sovrana, la spesa a deficit e le magie del tasso di cambio flessibile, mentre l'analisi di Bagnai mi sembra molto più circostanziata e tiene conto del contesto internazionale, degli equilibri delle partite correnti e della stabilità di cambio della moneta nel tempo...
Insomma, detto più brevemente, secondo Barnard-Mosler la nuova lira sarebbe del tutto simile al dollaro americano, che può avvantaggiarsi almeno fin adesso dei privilegi di signoraggio a livello internazionale rimanendo stabile nonostante l'elevato deficit delle partite correnti, mentre secondo Bagnai la lira non è il dollaro e quindi tutte le valutazioni sul dopo-euro dovrebbero essere fatte con maggiore prudenza...
Dispiace che questi due gruppi tutto sommato simili nelle finalità generali (uscita dall'euro, ora e subito...) non riescano a dialogare, ma secondo me un tipo come Barnard (parlo per impressione, perchè non lo conosco personalmente...)non mi sembra tanto disponibile a dialogare sulle sue conclusioni che presenta sempre come se fossero delle leggi divine scolpite sulla pietra...mentre con Bagnai, malgrado la tempra abbastanza impulsiva e impetuosa, esistono molte più possibilità di instaurare un confronto aperto, civile, di spessore, che non sia fondato soltanto su slogan, diktat o dogmi economici-finanziari...
Insomma, se dovessi scegliere un giorno da che parte stare non avrei dubbi...ma per fortuna non siamo in queste condizioni e per il momento io cerco di prendere il meglio della MMT (che nella sua versione originaria, non Barnard-Mosler ispirata, è una teoria molto valida ed efficace...) e degli studi di Bagnai, che dal punto di vista tecnico e formale sono impeccabili...
io infatti non comprendo questo beccarsi da capponi al mercato la vigilia di Natale!
RispondiEliminaok mi spiace avere riposto la mia fiducia in due capponi
evidentemente ho sbagliato valutazione
ebbene ragazzuoli le elezioni sono andate alla grande, ci sono i candidati, ci sono i loro video, andateli a vedere. gioite. e poi attendete: una volta in parlamento sti commenti decadenti e sti post veterotestamentari ve li potrete sognare. tranquilli figlioli! la rete cambierà e o si sarà dentro o fuori o si sarà in o out. scegliete se essere in o out.
RispondiEliminae scegliete bene. fate il vostro gioco. perché una volta out qui si chiude! i blog come i vostri si chiudono.
occhio è!
buona giornata
Stai tranquillo che il cavallo bianco sa dove portare chi di dovere per mozzare le teste giuste, arrivederci (e presto)
EliminaCiao Piero.
RispondiEliminaE' un po' che non scrivo ma ricompaio giusto per invitarti a far sparire i post dei troll, che per qualche motivo ti bersagliano in maniera particolare.
Trovo anche significativo che ci siano in giro qualcuno che mira a screditare il M5S anche in rete con post come quello qui sopra, che la reazione si stia svegliando?
Grazie mille!
Roberto Seven
Grazie Roberto per la segnalazione...per commento è stato eliminato perchè volgare e perchè come giustamente hai detto è stato scritto per screditare il M5S di fronte ai suoi possibili nuovi elettori...si tratterà probabilmente del solito CAMERATA PIDDINO di passaggio!!!
Eliminasenza voler entrare nel merito delle vostre diatribe. vorrei sapere una cosa:
RispondiEliminaun mio amico ha detto che se scende lo spread vuol dire che la crisi è finita e che quindi i Paesi con spread sotto i 100 punti sono in crescita.
se così fosse la Francia dovrebbe essere in forte crescita visto che ha uno spread intorno ai 50 punti.
ora vorrei sapere che rapporto c'è tra economia reale del Paese e spread. perché io non la vedo.
scusate per l'ot
Silvio Ragona
Lo spread è un indicatore macroeconomico da prendere in considerazione?
EliminaAssolutamente no. Non esiste più alcuna connessione fra spread e aspettative di mercato sull’economia reale. Il fatto che lo spread italiano sia a 300 o meno non predice nulla sul futuro dell’Italia. E’ solo lo specchio del controllo della finanza sugli Stati (sono le banche ad avere in portafoglio i nostri titoli).
qui l'articolo intero..
http://www.rischiocalcolato.it/2012/12/il-calo-dello-spread-italiano-cosa-significa-by-fk.html
articolo e sito internet molto interessanti.
RispondiEliminagrazie mille Paolo
solo una cosa: non so se c'entra molto ma mi par di capire che siamo tecnicamente falliti e quindi il nostro debito non può scendere. Se in tutto ciò incide anche la politica e il governo io, da elettore, cosa dovrei fare?
per chi dovrei votare? ha ancora senso votare e se si per chi?
Silvio Ragona
A mio modo di vedere, ha e avrà ancora molto senso votare, perchè se non votiamo si avvantaggiano i soliti partiti tradizionali europeisti...quindi il nostro voto, se siamo contrari alla dittatura tecnocratica europeista, potrebbe essere convogliato sulle liste sovraniste più credibili oppure come ho già detto verso il M5S, che quanto meno diversamente da cosa accade nei partiti unici dell'euro ha iniziato un acceso dibattito interno sull'opportunità di uscita dall'euro per salvare la nostra democrazia e economia...
EliminaE' chiaro che la nostra influenza su un CAMERATA PIDDINO o un qualunque deputato centrista o di destra è quasi nulla, ma sui nuovi deputati del M5S potremmo far valere la forza della pubblica opinione, perchè a parte le indicazioni che provengono dai tetragoni Grillo e Casaleggio, questi ragazzi saranno sicuramente più disponibili al confronto...o almeno spero!!!
ecco questo è il punto.
RispondiEliminaprima di tutto complimenti per il sito, sono Silvio Aragona, un nuovo utente. Io volevo dire che sono d'accordo su te tranne che sul m5s.
qualche tempo fa frequentavo assiduamente il blog di grillo. ho iniziato a farlo, se non erro nel 2007 o giù di lì, praticamente quando ha aperto e devo dire che ero d'accordo su Grillo su quasi tutto, non dico che fosse il mio idolo ma certo lo stimavo molto o cominciato a stimarlo di meno qualche tempo dopo.
ho notato la massiccia pubblicità del suo sito che si è intensificata negli ultimi tempi e il risalto dato a temi assurdi come scie chimiche, ufologia, cavolate alla scientology e robaccia simile, persino sulla fine del mondo e il calendario maya.
ma la cosa peggiore è stato vedere come venivano censurati i messaggi, qualsiasi messaggio purché polemico non importa se scritto educatamente o meno.
bastava porre domande scomode e i messaggi venivano cancellati.
un paio di anni fa - per farti un esempio - circolò su emule la dichiarazione dei redditi di politici e vip vari tra cui quella di Grillo. risultò una dichiarazione di 4.500.000 euro nel 2005 quando si chiese conto a Grillo di questi conti successe un putiferio.
volevamo - in quanto sui ammiratori - quella trasparenza che lui chiedeva a Berlusconi riguardo i suoi soldi, le sue holding e la sua comparsa nella scena politica italiana.
purtroppo Grillo si è sentito in dovere di censurare totalmemente e bannare quanti facevano quelle domande.
ancora oggi mi domando come fa un ex comico che non compare in tv da più di 30 anni, ad aver potuto dichiarare una cifra così elevata (6 volte la cifra dichiarata da Travaglio per fare un esempio).
mistero.
inoltre non ha mai dato conto dei suoi rapporti con Casaleggio, dei post bannati, degli insulti gratuiti e del fatto che il m5s - come ha dimostrato chiaramente la farsa elettiva di due giorni fa - è comandato da una piccola elite e si avvale dei voti interni solo di alcuni utenti, quelli registrati prima del 30 settembre.
almeno per quanto riguarda le parlamentarie, come le chiama lui.
insomma: se a questo aggiungiamo anche una forte dose di populismo, un settarismo esasperato, la denigrazione sistematica di chi non sottostà alle sue regole..
sembra una setta più che un movimento.
ti sei mai chiesto per esempio perché non bisogna andare in tv nei talk-shaw (ma concedere interviste si)? pensi che se ne sia parlato? che sia stata una decisione presa di comune accordo?
lo ha deciso Grillo. lo ha deciso e lo ha imposto ai suoi iscritti, ai vari eletti alle comunali, a chi lo sostiene.
solo che in un regime democratico è il popolo che decide non Grillo. i futuri elettori devono sottostare alla volontà degli elettori non di Grillo.
eppure gran parte delle regole del nostro (ormai ex, per quanto mi riguarda) movimento 5 stelle sono state decise da Grillo e da pochissimi altri.
questo modo di fare, la propaganda, la pubblicità e il risalto dato al web mi ricorda per certi versi Forza Italia prima maniera.
per concludere.. non mi piace quel movimento è populista, le persone capaci ci sono ma contano poco, comanda un elite e la denigrazione di chi esce o di chi si dissocia rasenta la diffamazione e l'ingiuria.
per questo non posso votare per questo movimento, pur avendo aderito ad esso (solo come simpatizzante) fin dal 2007 a pochi mesi fa.
e poi non pensare: chi detiene il potere raramente lo esercita per il popolo. il potere è suadente, alla fine corrompe.
per come la vedo io temo che i grillini prima o poi diverranno la nuova casta della terza repubblica (insieme a piddini e pochi altri).
e di caste ne ho avuto abbastanza.
Silvio Ragona
su grillo avrai anche ragione....
Eliminama se uno non vuole monti o bersani che deve votare?
Ti rendi conto che non esiste un solo partito al di fuori del coro NON UNO !!!
tutti vogliono salvare l'euro e non l'italia
Allora, economisti, psichiatri, esorcisti, banchieri e politici e forse ancora qualche altra categoria... ma per il momento intanto queste.
RispondiEliminaUn bel recinto *aaaaaalto*, tante baracche, una bella divisa a righe per ognuno, chiusi tutti lì dentro, il mondo fuori ne giovererebbe, *sicuro*. ;D
Che così ce li togliamo di torno e viviamo felici. ;D
Saluti!
Avrei bisogno di contattare in privato l'autore dell'articolo, come posso fare?
RispondiElimina