INFLAZIONE, NO GRAZIE: GLI ERRORI DELLA TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA DI FRIEDMAN

Nel precedente articolo parlando di inflazione abbiamo cominciato a vedere come alcuni luoghi comuni sull’indicatore dell’aumento dei prezzi al consumo siano completamente infondati. In particolare il legame fra la crescita dell’offerta di moneta e l’aumento dell’inflazione, che deriva dalla famigerata “teoria quantitativa della moneta” elaborata dall’economista americano e vate “fulminato” del neoliberismo Milton Friedman, non ha alcun fondamento logico e scientifico. Nell’articolo di oggi vedremo infatti come grazie a semplici deduzioni e ragionamenti si riesca a smontare pezzo per pezzo tutta l’impalcatura caracollante della teoria di Friedman.

Prima di iniziare l’analisi della teoria principale del monetarismo vediamo subito un altro esempio concreto che dimostra come l’inflazione sia un fenomeno molto più complesso e articolato di quello che vorrebbero farci credere certi economisti. Come sappiamo il Giappone è una nazione che ha un debito pubblico enorme, che di recente ha sforato il 220% del PIL nazionale. Ciò significa che il governo giapponese, tramite il supporto della banca centrale Bank of Japan, ha collocato negli ultimi anni una notevole quantità di titoli di stato e ampliato i margini di spesa pubblica rispetto alle entrate fiscali, allungando la liquidità presente sul mercato interno. Eppure dopo parecchi anni di deflazione, l’inflazione ha avuto un tasso di crescita molto basso nell’ultimo periodo, aggirandosi intorno ad un misero 0,3%. Come mai? Secondo le strampalate elucubrazioni mentali dei neoliberisti, il Giappone non dovrebbe essere sotterrato sotto una valanga di iperinflazione?

Evidentemente non è così e chi si ostina ancora a liquidare l’inflazione come l’aumento dell’offerta di moneta non ha chiari tutti i passaggi intermedi del fenomeno. Innanzitutto, essendo un dato statistico, l’inflazione dipende molto dal modo in cui viene misurata e dai prodotti che vengono utilizzati come campione di misurazione, che non solo possono variare da un paese all’altro, ma anche da un periodo di tempo a quello successivo. In secondo luogo, nel caso specifico del Giappone, il debito pubblico è quasi tutto interno e soltanto il 4% di questo debito è in mano straniera, quindi il suo livello, alto o basso che sia, è assolutamente irrilevante perchè si tratta di una semplice partita di giro fra lo stato sovrano del Giappone e le sue banche, le sue imprese, i suoi cittadini.

Nel caso in cui siano le banche giapponesi a comprare buoni del tesoro, sappiamo che lo scambio fra titoli di stato e accrediti o addebiti di riserve di liquidità con la banca centrale avviene tutto nel circuito interbancario, mentre nemmeno un centesimo di questi soldi circola nei mercati reali. Nel caso siano imprese e privati cittadini a possedere titoli di stato, allora sarà indirettamente il governo a drenare liquidità dai mercati durante la fase di vendita dei titoli e immettere nuova liquidità incrementata dell’interesse (che peraltro in Giappone è abbastanza basso, intorno allo 1%, dato che si tratta pur sempre di titoli denominati in moneta sovrana, assolutamente privi di rischio) nella successiva fase di rimborso. In questo continuo mantice di espansione e contrazione di liquidità fra la banca centrale e il popolo giapponesi, l’offerta complessiva di moneta si incrementa soltanto del margine di interesse, mentre nulla sappiamo su come e con quale efficacia il governo giapponese abbia intanto speso i soldi raccolti. Se l’inflazione si è mantenuta per parecchio tempo ad un livello così basso, significa che tutto sommato permane un certo equilibrio fra l’offerta e la domanda aggregata di beni e servizi.     

Chi crea falsi allarmismi sui dati del debito pubblico fuori controllo, o è in malafede oppure non ha capito ancora bene la differenza fra uno stato sovrano come il Giappone, che può spendere tutta la moneta che vuole e utilizza il debito pubblico come partita di giro e fonte di arricchimento per i suoi cittadini, e uno stato non sovrano, come quelli dell’eurozona, che invece si autoimpongono un livello di spesa pubblica pari alla quantità di tasse pagate dai cittadini e quando si indebitano arricchiscono solamente le grandi società finanziarie a danno dell’intera cittadinanza. Ma entriamo adesso nel merito della teoria quantitativa della moneta di Friedman, che è stata spesso utilizzata dai tecnocrati europei per giustificare l’assurda struttura finanziaria e fiscale dell’eurozona. Secondo i falsi tecnocrati tutte le limitazioni imposte alla banca centrale BCE, in termini di autonomia e indipendenza dai governi nazionali, e le regole restrittive sull’austerità dovevano servire a limitare l’inflazione. Ma è davvero così?   

Per esaminare la questione riprendiamo una brillante trattazione sugli errori del monetarismo pubblicata su Forbes dall’economista americano John T. Harvey, che evidenzia innanzitutto come l'inflazione sarebbe un concetto molto più semplice da spiegare se non esistesse più la necessità di spendere tanto tempo per sfatare l'opinione popolare sbagliata. Iniziamo quindi a capire da dove deriva questa errata associazione di idee "crescita offerta di moneta = = > inflazione" e analizziamo la nota equazione di equilibrio fra offerta e domanda di moneta, che sta alla base della teoria quantitativa di Friedman:

MV = PT

dove M è uguale all'offerta di moneta, V la velocità di circolazione del denaro (ovvero il numero medio di volte in cui ogni singolo dollaro viene speso e passa da una mano all’altra), P il prezzo medio dei beni e servizi e T la quantità totale di tutti i beni e servizi venduti durante il periodo di tempo esaminato. Così, se ci fossero 100 beni e servizi venduti per $10 (in media), allora ciò significa che le transazioni totali che hanno avuto luogo, equivalenti alla domanda di moneta, valgono $1000. Ipotizziamo che all’inizio c’erano soltanto 200 banconote da un dollaro nel nostro sistema economico, per cui a transazioni concluse ogni banconota da un dollaro è stata utilizzata 5 volte (da qui il termine "velocità" del denaro, che misura appunto quanto rapidamente viene spesa la moneta circolante).

MV = PT

200 x 5 = 10 x 100

È importante notare che fino a qui non c’è nulla da eccepire, nessuna controversia. Nessun economista è in disaccordo con l'equazione di base MV = PT, perché in linea generale essa è sempre valida. Gli argomenti di dibattito sorgono invece quando vengono fatte arbitrariamente ipotesi aggiuntive sulla natura delle singole variabili prese in esame. Ad esempio, per arrivare all’assunto conclusivo e infondato che la "crescita offerta di denaro = = > inflazione" vengono introdotti questi discutibili postulati:

M: l’offerta di moneta è una grandezza facilmente definita e identificabile dato che solo la Banca Centrale (in questo caso la Federal Reserve) può influenzare una variazione dell’offerta, secondo dei precisi criteri di politica monetaria e lavorando in totale indipendenza e autonomia.

V: la velocità di denaro è strettamente collegata con le abitudini della gente e con la struttura del sistema finanziario. E, quindi, in mancanza di grandi stravolgimenti sociali ed economici, questa variabile è relativamente costante nel breve periodo.

P: l'economia è così perfetta, competitiva, concorrenziale che né le imprese né i lavoratori sono liberi di cambiare il prezzo dei beni e servizi prodotti o pretendere aggiustamenti salariali, facendo sì che il valore del prezzo dipenda esclusivamente dall’incontro fra domanda e offerta nel mercato.

T: l'economia tende spontaneamente verso la piena occupazione e quindi T (il volume complessivo esistente di beni e servizi transati sul mercato) è sempre al livello più alto possibile in ogni dato momento (e questo livello tende a crescere nel tempo in relazione all’aumento di occupazione).

Ora cerchiamo di capire quali sono gli errori annidati in queste ipotesi attraverso un semplice esempio, partendo dalla relazione e dai dati espressi in precedenza:

MV = PT

200 x 5 = 10 x 100

Prendiamo in considerazione le ipotesi formulate per ciascuna delle variabili. P non può essere modificato da nessuno se non dal mercato stesso, T è sempre al livello massimo possibile in relazione alle risorse e alla tecnologia attuale, e V è costante. Solo M, l’offerta di moneta fornita dalla Banca Centrale, può cambiare nel breve periodo e quindi logicamente questa variabile deve essere il punto di partenza di ogni fluttuazione o cambiamento che accade nell’economia. Inoltre, nelle nostre ipotesi iniziali, la Banca Centrale ha il potere di aumentare l'offerta di moneta a volontà, senza essere condizionata da altri fattori.

Nell'esempio classico di Milton Friedman, riportato sul libro “Optimum Quantity of Money” del 1969 (“Quantità Ottimale della Moneta", da cui deriva appunto tutta la teoria quantitativa della moneta e il monetarismo), per rendere meglio l’idea viene utilizzato un elicottero che lancia banconote dall’alto per semplificare l’operazione di aumento dell’offerta di moneta. Ora cosa succede se la Banca Centrale raddoppia l’offerta di moneta?

MV = PT

400 x 5 > 10 x 100

C'è chiaramente un problema di squilibrio che potrebbe essere risolto in tre modi (assumendo che M non possa più tornare al livello iniziale di 200): 1) T potrebbe aumentare a 200, ma naturalmente non può perché la capacità produttiva è già al suo massimo livello, quantomeno nell’ottica di breve periodo; 2) V potrebbe diminuire fino a 2.5, ma abbiamo già detto che si mantiene sempre costante nel breve periodo (cosa che Friedman si preoccupa sempre di sottolineare, come punto chiave di tutta la teoria); o 3) P potrebbe crescere fino a 20.

Essendo l’ultima opzione, la 3), l’unica praticabile ecco spiegato il leggendario e famigerato assioma "crescita offerta di moneta = = > inflazione", che riporta l’equazione iniziale nuovamente in equilibrio.

MV = PT

400 x 5 = 20 x 100

Le lacune logiche presenti in questo modo di ragionare sono elevatissime. Noi abbiamo ipotizzato che T e V sono costanti, senza approfondire il motivo per cui possiamo essere così certi della loro invarianza. Friedman dice che T è costante in funzione del tasso naturale di disoccupazione di una certa economia, mentre V è indirettamente correlata alla preferenza dei fattori economici (famiglie, imprese) per il mantenimento di una riserva di banconote contanti. Quando la gente vuole mantenere da parte a riserva più denaro (risparmio), V ovvero la velocità con la quale la gente spende il denaro, naturalmente scende e viceversa. Ma poi Friedman specifica ancora una volta che V è relativamente costante nel breve periodo e quindi, per analogia, la stessa domanda di riserve di denaro o propensione al risparmio rimane costante al variare della quantità di denaro circolante. Ma è davvero così? Davvero la gente è portata spontaneamente a risparmiare la stessa quantità di denaro a prescindere da tutto ciò che accade intorno?

Possiamo rispondere a queste domande osservando come cambiano le nostre abitudini di risparmio ogni volta che cambiano le condizioni generali al contorno: se c’è incertezza, pessime aspettative per il futuro, paura di perdere il lavoro, possiamo notare che avremo maggiore propensione al risparmio e viceversa, saremo più invogliati a spendere se l’economia è in una fase più stabile ed espansiva. Inoltre questa ipotesi molto forzata contraddice in pratica gli stessi teoremi neoliberisti: se una maggiore quantità di denaro circolante produce più inflazione, allora la gente sarà più propensa a spendere che a risparmiare visto che il denaro perde continuamente potere di acquisto, quindi V dovrebbe aumentare e non rimanere costante. Ma questo non è l’unico esempio che dimostra come i ragionamenti neoliberisti creano solamente dei circoli viziosi illogici e senza senso, che finiscono quasi sempre per accartocciarsi su se stessi.

Altra questione non da poco: quando la Banca Centrale ha aumentato l’offerta di denaro contante da 200 a 400, noi abbiamo dato per scontato che questo aumento di denaro arrivi subito nel portafoglio della gente (ipotesi dell’elicottero, che purtroppo per noi non si è mai verificata nella storia), mentre sappiamo bene che fra la Banca Centrale e i cittadini o le imprese ci sono sempre di mezzo le banche private, che sono le uniche in verità a potere decidere quanto sarà il volume della moneta circolante (banconote più depositi) tramite la concessione di prestiti e l’apertura di nuovi depositi dal nulla. Inoltre dire che V e quindi la propensione al risparmio è costante e rimane ancorata al livello iniziale, significa immaginare che la gente automaticamente tenderà a spendere subito tutto l’eccesso di denaro offerto dalla Banca Centrale (quei 200 di offerta in più).

Solo se la gente, fregandosene delle condizioni esterne (crisi, aspettative negative, incertezza per il futuro), spende subito qualsiasi eccedenza di denaro che si trova nel portafoglio, allora la teoria quantitativa resta in piedi. Siccome la gente sperava di acquistare più beni e servizi con questi soldi in più, ma nel complesso non esisteva nel mercato questo eccesso di produzione (T è costante), l’unico risultato è stato l’aumento dei prezzi: la crescita dell’offerta di denaro ha portato all'inflazione. Oltre ad un’economia perfetta, il monetarismo prevede quindi anche dei consumatori perfetti, ligi al loro dovere di acquistare tutto ciò che offre il mercato strappandosi magari gli ambiti prodotti di consumo dalle mani o facendo subito delle aste competitive per accaparrarsi gli oggetti del desiderio. 

Chiunque potrà comprendere immediatamente che questa è una visione molto ottusa e deformata delle cose, che ha davvero pochi riscontri nella realtà. Tuttavia siccome la relazione “crescita M = = > aumento P” è una formula semplice da ricordare e viene ripetuta ossessivamente dalla propaganda di regime, alla fine la gente si convince che sia la verità. Spesso la gente è pigra e siccome mettersi a confutare questa stupida teoria da quattro soldi comporta un certo dispendio di energie e ragionamenti, viene scoraggiata subito dall’impresa. Paradossalmente, anche dopo avere capito, ragionato e appreso che le cose non stanno così, alla fine la gente si ricorda sempre che:

crescita M = = > aumento P

dimenticando in fretta tutti i passaggi illogici e le ipotesi bizzarre che abbiamo dovuto superare per arrivare a questa conclusione.

Prendiamo adesso in esame la variabile T. Basta solo guardare fuori dalla finestra, tutta la gente a spasso che cammina per strada, per capire che il sistema economico nel suo complesso non va spontaneamente verso il livello di piena occupazione e quindi la capacità produttiva di una nazione non è mai sfruttata al massimo delle potenzialità dei suoi principali fattori produttivi (capitali finanziari, tecnologia e lavoratori). Quindi, riprendendo lo scenario iniziale:

MV = PT

400 x 5 > 10 x 100

non c'è alcun motivo per escludere che questo aumento di denaro circolante possa portare all'aumento di T, dato che alcuni imprenditori o lo stato stesso potrebbero sfruttare questa nuova eccedenza di moneta per investire, assumere lavoratori, aumentare la produzione di beni e servizi e soddisfare l’improvviso aumento di domanda dei consumatori (mantenendo quindi invariato il livello dei prezzi, per la nota legge di equilibrio fra domanda e offerta)

MV = PT

400 x 5 = 10 x 200

Questo per esempio è l'obiettivo principale della strategia tanto osteggiata del deficit spending (spesa a deficit positivo) del governo che tramite l’immissione di nuovo denaro nell’economia cerca di favorire sia l’aumento della domanda che dell’offerta di beni e servizi, riducendo progressivamente il tasso di disoccupazione con programmi ben definiti, sostenibili e razionali di piena occupazione. Purtroppo però fino a quando la propaganda di regime continuerà a creare il panico fra la gente diffondendo queste inesistenti paure del debito pubblico e dell’inflazione, l’economia e il mercato libero senza regole, lasciato a se stesso, andranno sempre in direzione opposta, creando grandi sacche di disoccupazione e un numero crescente di persone disposte ad accettare abbassamenti di salario e condizioni peggiori di tutele sindacali pur di lavorare (inutile ribadire che questo processo avvantaggia soprattutto i grandi detentori di capitale, le multinazionali, a danno della classe lavoratrice).

Inoltre, esistono ormai una grande quantità di evidenze sperimentali che dimostrano come la velocità di circolazione del denaro non sia quasi mai una grandezza costante. Come è normale attendersi, la velocità V si riduce in periodi di recessione dato che molte persone avranno più propensione a risparmiare denaro a causa dell’incertezza e della paura del futuro. Quindi, se assumiamo che la Banca Centrale si impegna in politiche espansive durante un periodo di recessione (come quello attuale), il risultato finale potrebbe essere questo:

MV = PT

400 x 2.5 = 10 x 100

Ovvero grazie alla ridotta velocità di circolazione del denaro, non assisteremmo ad alcun aumento dei prezzi e dell’inflazione. Se aggiungiamo alla riduzione di V anche un aumento di T,  potremmo ritrovare una combinazione perfetta per sperare in una pronta ripresa dell’economia. Si noti quindi come le ipotesi iniziali di legame diretto fra aumento di M e incremento di P diventano ancora più inconsistenti quando utilizziamo un approccio più realistico durante un periodo di recessione e crisi dell’economia.

Ma veniamo adesso alla più grande menzogna nascosta dietro la formula sintetica "crescita offerta di moneta = = > inflazione". Ricordando infatti l’ipotesi originale riguardo ad M:

M: la quantità di denaro in un’economia è facilmente definita e identificabile e solo la Banca Centrale può influenzare la variazione dell’offerta, operando con precisione, autonomia e indipendenza.

Ma cos'è veramente il "denaro" oggi, nel sistema finanziario moderno, basato sul credito e sulla moneta elettronica? Sono gli spiccioli o le banconote che portiamo in tasca, sono le cifre composte da impulsi elettronici del nostro conto in banca, oppure il saldo disponibile della carta di credito, conto corrente, conto risparmio? In pratica, pare che a questa domanda sia così difficile rispondere che gli economisti offrono in realtà diverse definizioni possibili, e ognuno può scegliere quella che gli fa più comodo, secondo le proprie personali convenienze. Basterebbe solo questo per cancellare e cestinare tutta l’equazione quantitativa precedente, perché se ancora non è chiaro da cosa dipenda l’offerta di moneta, ne consegue che tutte le affrettate conclusioni raggiunte da Friedman e soci siano quantomeno discutibili e appoggiate sul nulla.

In verità oggi tutti gli economisti di un certo livello che non sono alla ricerca di sponsor politici o finanziari o in attesa di ricevere un premio Nobel, sanno che il settore bancario privato può creare e distruggere nuova moneta elettronica senza alcuna azione o intervento diretto dalla Banca Centrale. Ogni volta che una banca privata concede un prestito, aumenta l'offerta di moneta presente nell’economia. La banca privata sta creando dal nulla denaro elettronico, aria fritta, appoggiandosi solo sulla minima frazione di riserve di moneta ad alta capacità (banconote o moneta elettronica creata dalla Banca Centrale) che è obbligata a detenere presso la Banca Centrale stessa. E quando vengono rimborsati i prestiti o si verificano dei fallimenti, l'offerta di moneta nel mercato si riduce. Di conseguenza, il settore bancario privato ha una grande capacità di controllo sulla variabile M.

Ma forse la vera pietra tombale che chiude tutti i discorsi sulla stupida equazione "crescita offerta di moneta = = > inflazione" è la seguente: il fenomeno che Milton Friedman identifica come chiave di volta per l'intero processo, vale a dire l'eccesso di offerta di moneta rispetto alla domanda di denaro, non può accadere nella vita reale. Come è possibile infatti per la Banca Centrale aumentare l'offerta di moneta? Ricordate che Friedman ha usato l’elicottero che getta denaro dal cielo, ecco quello non è un esempio semplificato, ma è l’unico modo che ha la Banca Centrale per aumentare l’offerta di moneta nell’economia a prescindere dalla richiesta o domanda di nuova moneta da parte degli agenti del mercato stesso. Non ne esistono altri e Friedman ha dovuto usare questo stratagemma dell’elicottero per imbrogliare e confondere le acque.

Nel mondo reale sono sempre i desideri di chi domanda a trascinare l’offerta e non viceversa, perché nessuno può obbligare qualcun altro ad acquistare o vendere qualcosa controvoglia. Nel caso specifico del sistema monetario, i meccanismi possibili per aumentare l’offerta di moneta sono essenzialmente cinque:

    1)   Monetizzazione dei deficit pubblici da parte della Banca Centrale

    2)   Acquisto della Banca Centrale di titoli di stato emessi dal governo

    3)   Prestiti e rifinanziamenti della Banca Centrale alle banche private

   4)   Riduzione del rapporto di riserva obbligatoria da detenere presso la Banca Centrale, che può aumentare la possibilità delle banche private di fare prestiti (anche se questo ha un’importanza molto ridotta, perché le banche prima fanno i prestiti e poi si coprono richiedendo le riserve necessarie entro la fine del periodo di mantenimento obbligatorio)

    5)   Aumento dei prestiti delle banche private ai clienti

A parte questi cinque processi descritti non esistono altri modi per aumentare l’offerta di moneta M sia nei mercati strettamente finanziari o bancari (mercato interbancario) sia nell’economia reale. Come si può facilmente notare in nessuno di questi cinque casi, non c’è una singola controparte (Banca Centrale o banca privata) capace di aumentare l’offerta di moneta senza il consenso volontario e cosciente di una seconda controparte del settore privato o pubblico (è la domanda che trascina l’offerta e non il contrario). In pratica la Banca Centrale non può acquistare un buono del tesoro costringendo qualcuno a vendere il titolo in cambio di contanti nuovi di stampa; non si può forzare una banca privata ad accettare un prestito da parte della Banca Centrale; le banche private non possono costringere i loro clienti ad accettare prestiti. L’offerta di moneta è come la fornitura del servizio del taglio di capelli: non puoi farlo a meno che non esista una domanda corrispondente.

La linea di fondo dell’equazione "crescita offerta di moneta = = > inflazione" può andare bene ed essere perfetta in qualche universo parallelo e alternativo al nostro, dove vengono rispettate tutte le ipotesi fatte sulle variabili in gioco, ma nel mondo reale e nel sistema monetario attuale non funziona e non descrive per nulla i fenomeni e gli andamenti economici osservati. Capisco che può essere conveniente per qualcuno banalizzare questi processi per far credere di avere il pieno controllo dell’inflazione, sfruttando il fatto che le formule siano semplici da capire intuitivamente. Ma se vogliamo sviluppare politiche utili al benessere generale abbiamo bisogno di un modello più adatto a descrivere con precisione il modo in cui funziona realmente il sistema finanziario moderno.

Visto che l'equazione nel suo complesso è ancora valida, abbiamo bisogno di fare nuove ipotesi rispetto alle variabili M, V, P e T:

M: una definizione precisa dell’offerta di moneta e l'identificazione della quantità esatta di denaro è sfuggente in un'economia moderna fondato sulla moneta creditizia, dato che il volume complessivo può cambiare con o senza l'intervento diretto della Banca centrale. Inoltre, l'autorità monetaria (Banca Centrale) non può aumentare l'offerta di moneta senza la cooperazione del settore privato o pubblico, dato che le banche centrali possono solo decidere o avere come obiettivo i tassi di interesse (il prezzo richiesto per mantenere e possedere moneta), mentre hanno poco influenza sulla quantità di denaro.

Le banche centrali possono infatti limitarsi a soddisfare le richieste di riserve da parte delle banche, ma non possono obbligare queste ultime a prendere in prestito nuove riserve di moneta elettronica. Quando le banche private comunicano alla Banca Centrale di avere bisogno di ulteriori riserve in cambio di buoni del tesoro o altri titoli obbligazionari, la Banca Centrale acquista i titoli e incrementa le riserve. Fine del discorso: è sempre il settore bancario privato che guida i giochi, mentre la Banca Centrale si adegua. La politica monetaria decisa dalla Banca Centrale ha sempre un impatto indiretto e limitato ed è pesantemente dipendente da ciò che il resto dell'economia domanda o richiede.

V: la velocità di circolazione del denaro cambia in base al comportamento delle persone e alla struttura e all’andamento del sistema economico nel suo complesso, ma non ci sono modelli attendibili con cui possa essere misurata. L’unica cosa certa è che V non è mai costante neppure nel breve periodo.

P: la variazione dei prezzi è un fenomeno complesso che non può essere collegato all’aumento dell’offerta di moneta, perché l’economia non è così perfetta e competitiva da non permettere sia alle imprese o ai lavoratori di cambiare i prezzi e i salari con cui si fanno pagare. L'evento inflazionistico più importante nella storia recente è stata la diretta conseguenza di un'intesa del cartello dei maggiori produttori di petrolio dell’OPEC. Bolle speculative finanziarie possono anche causare aumento dei prezzi in certi particolari settori (come accade oggi che l’economia è completamente finanziarizzata). Risulta molto più logico e aderente ai fatti immaginare che siano le variazioni del prezzo P ad innescare e trainare l’aumento o la diminuzione dell’offerta di moneta M e non viceversa.

T: l'economia purtroppo trova quasi sempre uno stato di equilibrio senza mai raggiungere il livello di piena occupazione. Quindi, quando postuliamo che T abbia raggiunto il massimo della capacità produttiva di una nazione, possiamo sicuramente prevedere che non sia così, perché molti fattori produttivi risultano inutilizzati.

Una volta acquisita questa visione più realistica dei fenomeni, possono essere descritti diversi scenari e alternative che ci consentono di valutare meglio gli effetti di una certa scelta di politica economica o monetaria (per esempio, l’aumento del debito pubblico o il QE o il LTRO della Federal Reserve e della BCE). Purtroppo però fino a quando persisteranno questi miti e queste leggende nell'opinione pubblica, alimentati da una certa propaganda di regime ben riconoscibile, sarà difficile intraprendere precise politiche di spesa soprattutto nel settore pubblico, che potrebbero essere le uniche a farci uscire dall’attuale recessione (se nessuno spende o investe per paura, chi potrà mai far cambiare rotta all’economia se non lo Stato?).

Concludiamo adesso accennando appunto al più grande fenomeno inflazionistico del dopoguerra. Dal 1968 al 1972, l'inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti era in media del 4,6%. Nei successivi dieci anni questa media si è alzata fino al 7,5%. Che cosa è successo? Cosa ha causato questa accelerazione improvvisa e drammatica dei prezzi? E’ stata la Federal Reserve a stampare accidentalmente troppi soldi? Come già spiegato, ciò non è possibile per il semplice fatto che l'offerta di moneta non può mai essere superiore alla domanda e si sposta solo in conseguenza a variazioni della domanda. Ma cosa è avvenuto nell’economia per fare cambiare M? L’aumento di M è avvenuto in gran parte a causa del proporzionale aumento dei prezzi P al consumo e non viceversa. Questa è una spiegazione molto più realistica degli eventi.

Non appena il prezzo del petrolio è salito alle stelle, i costi di produzione sono aumentati per molte imprese americane. Siccome c'è un differimento tra l’acquisto delle materie prime (petrolio) e la vendita dei prodotti finiti, la maggior parte delle aziende ha dovuto prendere in prestito denaro (capitale circolante di rotazione) per colmare il divario causato intanto dall’aumento dal costo del petrolio. Mano a mano che l'effetto dell’aumento del prezzo del petrolio OPEC si trasferiva in tutta l'economia, cresceva la domanda di denaro circolante da parte dell’imprese. 

Le banche private e la Fed non hanno fatto altro che assecondare questa domanda di denaro crescente dell’economia. In conseguenza delle richieste degli imprenditori, i prestiti bancari sono stati estesi e buona parte dei titoli del debito pubblico sono stati rivenduti dal settore privato alla Banca Centrale per avere altra liquidità. Tutto ciò ha aumentato l'offerta di moneta. Pertanto, l'aumento dei prezzi ha portato a un aumento nell'offerta di moneta e non il contrario. Le operazioni QE, LTRO e il disavanzo pubblico quindi non possono da soli causare l'inflazione, ma questi meccanismi finanziari non fanno altro che allinearsi a ciò che intanto sta accadendo nel mercato.

Fino a quando la Banca Centrale non comincerà a cambiare le strategie di politica monetaria utilizzando elicotteri per lanciare denaro dal cielo, la gente non deve temere improvvisi aumenti di inflazione dovuti ad azioni dirette della Banca Centrale o del Governo. Tutto il resto sono miti, leggende e caccia alle streghe messe in circolo dai soliti noti (giornalisti, economisti, politici pagati profumatamente dai banchieri) per scatenare il panico e creare confusione. In fondo ai banchieri conviene far credere alla gente che sia soltanto la Banca Centrale o il Governo a causare tutti i problemi del mondo, rendendo praticamente inermi questi organi istituzionali o facendoli lavorare soltanto al loro servizio, mentre loro continuano ad occuparsi di affari molto più redditizi.