Continuiamo il nostro viaggio nel cuore del sistema finanziario
europeo: TARGET2, il sistema di
regolamento e compensazione dei pagamenti fra le banche private e centrali dei
17 paesi dell’Eurozona. Nell’articolo di ieri abbiamo visto che prima del 2008
il sistema era tutto sommato in equilibrio, perché i maggiori volumi di esportazioni
di beni dalla Germania verso i paesi
della periferia (PIIGS, Portogallo,
Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) erano stati compensati dall’acquisto di titoli
finanziari (pubblici e privati) di questi stessi paesi da parte delle banche
private tedesche, che si erano ritrovate con un eccesso di riserve da investire.
Dopo lo scoppio della crisi dei conti pubblici della Grecia nel 2008, la situazione è cambiata
radicalmente perché le banche tedesche hanno interrotto i loro investimenti
finanziari e i trasferimenti di riserve nei paesi della periferia, rendendo evidenti
gli squilibri commerciali fra i 17
stati dell’Eurosistema. La Germania che ha continuato ad esportare i suoi
prodotti nella periferia ha accumulato circa 500 miliardi di euro di credit TARGET nella sua banca centrale
Bundesbank, mentre i paesi PIIGS che non ricevevano più adeguati finanziamenti
tedeschi per rimarginare il loro gap commerciale, hanno totalizzato
complessivamente la stessa quantità di debiti
TARGET presso le rispettive banche centrali.
Nel grafico sotto, aggiornato ad agosto 2011, possiamo vedere
bene quale sbilanciamento esista fra
i paesi del nord (Germania e Olanda soprattutto) e i paesi del sud Europa, che
dopo la crisi dei titoli pubblici italiani arrivata al suo apice nel novembre
2011, ha portato all’attuale squilibrio di 500 miliardi di euro. Siccome ogni
debito TARGET significa concretamente la distruzione di un’equivalente quantità
di riserve delle banche private che hanno dato origine a quella transazione o
pagamento, gli istituti bancari della periferia hanno avuto un solo sbocco per
arginare la loro cronica crisi di liquidità e di riserve, dovuta principalmente
ai mancati trasferimenti dalla Germania: accedere alle operazioni di rifinanziamento periodiche o non convenzionali della
rispettive banche centrali.
L’eurozona ovviamente non è un sistema chiuso, ma è aperto agli
scambi finanziari e commerciali con la restante parte del mondo, che in una
situazione meno squilibrata e rigida avrebbero potuto limitare il ricorso alle
operazioni di rifinanziamento della banca centrale. Tuttavia se consideriamo
che circa il 45% delle esportazioni tedesche sono dirette ai
paesi dell’eurozona, possiamo capire quale grado di dipendenza esista fra la
Germania e gli stati PIIGS della periferia. Se osserviamo il grafico sotto con
le stime dell’OCSE della bilancia dei pagamenti (saldo commerciale
e finanziario fra entrate e uscite con l’estero) dei più importanti stati del
mondo per il 2011, vediamo che ricalca perfettamente la situazione dei debiti e dei crediti TARGET esistente
fra le 17 banche centrali dell’eurozona (nella parte positiva Germania e
Olanda, e nella parte negativa Italia, Spagna, Francia, Portogallo e Grecia).
Le banche centrali dei PIIGS stanno tamponando questa crisi di
liquidità e di riserve del settore bancario privato creando dal nulla nuova moneta con un’offerta praticamente illimitata
e scaricando su tutto l’Eurosistema l’indebitamento complessivo a cui sono
costrette le banche periferiche a causa della già ampliamente discussa
disfunzione commerciale congenita e interna al sistema stesso. La BCE ha infatti
progressivamente abbassato il tasso di
riferimento per le operazioni di rifinanziamento fino all’1% e accettato collaterali sempre più scadenti per potere
accedere ai prestiti (il rating dei titoli pubblici e privati utilizzati dalle
banche come collaterale è passato da AA+ a BBB-, seguendo in pratica lo stesso
peggioramento di valutazione che progressivamente ha colpito i titoli europei
sui mercati internazionali e consentendo quindi alle banche dei paesi sotto tiro
di continuare ad utilizzare titoli già ampiamente deprezzati).
La BCE, che indica le
direttive da seguire in ambito di politica monetaria alle altre banche
centrali, sta solo mettendo una toppa ad un problema di sbilanciamento
commerciale che esisteva già all’inizio della creazione dell’eurozona, ma non
ha in alcuno modo posto le basi per la risoluzione del problema stesso. Anche
perché, appellandosi al suo statuto,
la BCE si giustifica dicendo che non rientra fra le sue competenze il compito
di riequilibrare il flusso commerciale e finanziario degli scambi, dato che il
suo ruolo specifico è quello di mantenere una certa stabilizzazione dei prezzi all’interno dell’Eurosistema.
Tuttavia
continuando a pompare nuove riserve nelle banche periferiche in un sistema
disfunzionale, la BCE sta già di fatto alterando la struttura dei prezzi,
ancorando questi ultimi ai ritmi inflattivi e produttivi della Germania e quindi al marco tedesco (il valore dell’euro nei
suoi 10 anni di vita non è mai sceso troppo il suo inziale rapporto di cambio
con il marco e non a caso si dice spesso che l’euro sia soltanto la versione
camuffata della moneta tedesca).
Fra l’altro la BCE si ostina a ripetere che il bilancio TARGET2 dei pagamenti
nell’Eurosistema non è importante dal punto di vista finanziario ma ha solo rilevanza statistica dato che la
compensazione finale fra debiti e crediti TARGET è sempre a saldo zero (come
dire che la terra è tonda perché non è quadrata, visto che in un flusso chiuso
di pagamenti fra 17 banche centrali i debiti e crediti devono per forza di cose
annullarsi a vicenda). Ma in questo modo la BCE si contraddice da sola, perché
i saldi TARGET maturano interessi sia
attivi che passivi, con un tasso di capitalizzazione uguale al tasso di
rifinanziamento principale a breve termine nel mercato interbancario (che
attualmente si aggira intorno all’1%).
Ora, voi avete mai visto un
dato statistico che matura interessi? Ovviamente no, perchè i saldi TARGET,
al contrario di quello che va blaterando la BCE, hanno un’importanza finanziaria straordinaria e incomparabile rispetto a
tutti gli altri indici monitorati dalla banca centrale. Anzi, i bilanci TARGET
sono il vero cuore pulsante del sistema finanziario dell’eurozona, perché
indicano la correlazione che esiste fra
gli scambi commerciali del mercato e i flussi finanziari (l’economista
inglese Keynes deve gran parte della
sua fama allo studio di questa correlazione, ma evidentemente i banchieri della
BCE sembrano ignorarlo preferendo affidarsi ai loro sistemi euristici basati
sui tentativi e sulle successive correzioni).
Ma se la BCE non ha il compito di assicurare l’equilibrio
macroeconomico del sistema, chi aveva la responsabilità di garantire la
corretta fluidità degli scambi fra i paesi dell’eurozona? A questo punto
entriamo nella parte dolente della questione, perché la mancanza di governance all’interno dell’Eurosistema
è un problema noto ormai a livello mondiale. Né la Commissione né il Consiglio
né tantomeno il Parlamento europeo
hanno mai affrontato seriamente questo aspetto della politica economica e monetaria, preferendo concentrarsi sulle
misure restrittive da imporre ai governi nazionali per mantenere una rigorosa tenuta dei bilanci e un limitato ricorso alla spesa pubblica
(vedi ultime direttive di austerità sul pareggio di bilancio contenute nel
famigerato accordo intergovernativo Fiscal Compact).
Le istituzioni europee
hanno in pratica sbagliato il bersaglio e deviato l’attenzione sul settore pubblico, quando invece ormai
tutti, ma proprio tutti, osservatori, analisti, economisti, semplici cittadini
informati sanno che la causa maggiore del disastro europeo dipende dalla superficiale gestione dei flussi
commerciali e finanziari soprattutto
in ambito privato (ricordate l’esempio dell’imprenditore greco che compra il camion
tedesco) e dalla pessima soluzione trovata per arginare la falla (la creazione dal nulla di nuova moneta di
banca centrale e l’offerta illimitata
di riserve alle banche private). Imporre invece maggiore austerità per il settore pubblico aumentando il livello di pressione fiscale per la cittadinanza
potrebbe invece nel breve periodo ridurre il livello della domanda aggregata, determinare
un ulteriore calo della produzione e accelerare i fenomeni recessivi che già
hanno attanagliato parecchi stati della periferia (Italia, Portogallo e Grecia
soprattutto).
Ma cosa
succede in pratica nel sistema TARGET2 se
un paese dell’eurozona dichiara default e fallisce? La prima conseguenza
diretta è che il bilancio della sua banca centrale viene azzerato, quindi i
debiti TARGET accumulati nel corso degli anni verranno ripartiti fra tutti gli
altri paesi dell’Eurosistema, in base alla loro quota di partecipazione nel
capitale sociale della BCE; quindi la Germania,
che facendo 100 la parte di capitale sociale della BCE detenuto dai 17 paesi
dell’eurozona possiede il 43% della
quota partecipativa, dovrebbe accollarsi l’onere maggiore di un eventuale default nazionale e viene dunque
spiegato il suo interesse affinché vengano utilizzate tutte le forme possibili
di salvataggio per evitare un fallimento o un’uscita di un paese dall’euro
(aiuti internazionali FMI, fondi di
salvataggio europeo EFSM, EFSF, ESM, piani di salvataggio privati).
In un barlume di lucidità, i tedeschi
forse hanno capito di avere giocato con il fuoco rendendosi disponibili ad
operare all’interno di un sistema di gestione dei pagamenti anomalo e fuori
controllo, a causa di un maldestro difetto di origine e progettazione (ripetiamo
che inglesi e americani avranno tutti i problemi e le colpe del mondo nella
cattiva distribuzione delle ricchezze, ma per quanto riguarda il funzionamento dei sistemi finanziari e
monetari sono anni luce avanti agli europei e nella parte finale di questo
articolo vedremo pure il motivo).
Cosa
rimarrebbe in mano alla Germania di tutte le merci trasferite negli anni nel
paese fallito? Niente. A parte i profitti a termine del suo settore
imprenditoriale drogato, la Germania si ritroverebbe con una serie di bit sul
computer della Bundesbank chiamati crediti
TARGET e con una ricchezza finanziaria del settore bancario privato che si è
tradotta soltanto in un minore ricorso alle
operazioni di rifinanziamento della banca centrale (guarda grafico sotto,
in cui si vede che le banche tedesche hanno in pratica azzerato negli anni le
richieste di prestiti nei confronti della banca centrale) e in un maggiore rischio di investimento (questo eccesso di riserve fornite dalla banca centrale doveva in qualche modo essere investito in titoli pubblici e privati, principalmente dei paesi PIIGS, causando spesso gravi perdite alle banche tedesche).
Considerata la
facilità di ottenere prestiti illimitati a interessi molti bassi dalla banca
centrale, questa tendenza delle banche tedesche non si è rivelata nel tempo una
buona scelta o un significativo vantaggio, anzi, a volte sarebbe stato per loro
molto più conveniente utilizzare e investire le riserve fornite dalla banca
centrale a prezzi stracciati piuttosto che movimentare le riserve ottenute con
il sistema TARGET2 (ricordiamo che per avere le riserve TARGET2 le banche tedesche
hanno dovuto indebitarsi con i propri clienti, quindi il rischio di perderle è
maggiore rispetto ai prestiti illimitati sia nel tempo che nella quantità
forniti dalla banca centrale).
In altre parole, la Germania ha contribuito alla creazione di un
sistema monetario simile a quello
uscito fuori dagli accordi di Bretton
Woods del 1944, consentendo a tutte le banche centrali dell’Eurosistema di
potere “stampare” liberamente la moneta
da fornire poi alle banche private senza porre alcun limite fisico: l’unica vera
differenza sostanziale fra i due sistemi è che l’euro non ha nessun collaterale
sottostante di scambio mentre il dollaro di Bretton Woods era quantomeno in
teoria convertibile in oro. Se voi provate a cambiare la parola “oro” con la parola “Eurosistema” troverete che i due sistemi sono identici, dato che
appunto l’unica garanzia accessoria offerta alla circolazione dell’euro è
infatti questa parola, Eurosistema, che come abbiamo visto significa
principalmente Germania.
Quando la Germania capirà che in un sistema macroeconomico
squilibrato avere dei crediti TARGET nei confronti di nazioni che non potranno
mai risarcire adeguatamente questi crediti non significa niente, il sistema
collasserà miseramente e siccome la forchetta fra i crediti TARGET della Germania e i debiti TARGET continua ad allargarsi ad una velocità impressionante
il momento del crollo dell’euro è sempre
più vicino. Tutti questi ultimi disperati tentativi di puntare sull’austerità e
sull’utilizzo dei fondi di salvataggio non faranno che peggiorare il quadro
generale, perché come abbiamo già detto più volte gli squilibri macroeconomici
non possono essere risolti limitando la spesa pubblica o facendo ricorso ad
ulteriore indebitamento dall’esterno (che evita soltanto la bolla speculativa
della creazione di nuova moneta da parte delle banche centrali, ma peggiora le
possibilità di ripresa dei singoli stati coinvolti nei salvataggi).
Il sistema di Bretton
Woods cominciò ad andare in crisi quando gli Stati Uniti aumentarono senza
controllo l’emissione dei dollari
per finanziare spese non necessarie e investimenti che non portarono ad alcun
ritorno effettivo in termini economici (la fallimentare guerra in Vietnam fu
soltanto il colpo di grazia finale, perché come sappiamo gli americani hanno
spesso l’abitudine di utilizzare le campagne militari come metodo sbrigativo
per rilanciare un’economia stagnante) e la perfetta convertibilità fra dollari
e oro era già terminata molti anni prima del 1971, quando Richard Nixon decretò ufficialmente la fine del
gold exchange standard.
Già nel 1968 il presidente francese Charles De Gaulle, insospettito dalle
spese folli degli americani soprattutto nel settore degli armamenti militari, aveva lanciato pubblicamente appelli agli Stati
Uniti richiedendo a gran voce di poter scambiare i suoi dollari con l’oro, ma
ovviamente non ricevette mai risposta perché nessun funzionario governativo
americano poteva far fronte alle sue richieste, anche se l’allarme sulla sostenibilità
del sistema monetario nel suo complesso era ormai stato sancito a livello internazionale.
Questo per dire che quando l’emissione
della moneta non segue gli andamenti
economici del mercato è destinata presto o tardi a fallire.
Ritornando all’Eurosistema, il caso è ancora più eclatante,
perché la moneta euro non è mai
stata allineata con i reali flussi commerciali del mercato fin dai tempi della
sua introduzione, dato che i tecnocrati europei responsabili della fondazione
dell’eurozona hanno fatto di tutto per nascondere le anomalie e le incongruenze di un
sistema monetario assolutamente
sbilanciato e fuori controllo sotto il flebile paravento di sofisticati
meccanismi di regolamento e compensazione dei pagamenti come TARGET2.
Il primo governatore della Bundesbank o cancelliere tedesco (non
la Merkel, perché ormai è completamente andata e fuori di testa) che come De Gaulle chiederà
conto dei crediti TARGET accumulati negli anni e esigerà un completo
risarcimento degli stessi, troverà come risposta che questi crediti possono
essere ripagati soltanto dall’Eurosistema e quindi dalla Germania stessa.
L’unico vero oro che è stato fornito come collaterale
alla circolazione dell’euro in tutti questi anni erano i prodotti, i beni, le merci tedesche che dalla Germania transitavano
verso gli stati della periferia senza creare i ben che minimi presupposti di
uno sviluppo economico di questi paesi, che li mettesse in qualche maniera in condizione di ripagare i loro debiti. E se il cancelliere tedesco vorrà recuperare
il suo oro dovrà andare in Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia e Grecia a
bussare casa per casa, ufficio per ufficio, per farsi ridare indietro le BMW,
le Mercedes, le caldaie, i condizionatori, e perfino le posate in acciaio inox.
A prescindere dall’esito finale delle trattative per il salvataggio della Grecia, la fine
dell’euro è un processo ormai irreversibile e avverrà forse in un tranquillo
giorno d’estate senza fare neanche troppo rumore, in modo del tutto simile a
ciò che è accaduto al dollaro di Bretton Woods. Probabilmente, non ci sarà tanto
panico e delirio, perché queste emozioni sono già state vissute prima e durante
questi ultimi convulsi mesi di frenesia e incertezza dove alla confusione
istituzionale si è unita anche la voglia di certe frange ideologizzate della
politica e dell’economia di arraffare al popolo ciò che è possibile arraffare,
prima di ritornare ad uno stato di recuperata calma e lucidità.
Gli interessi delle
varie controparti sono ormai troppo intrecciati e ingarbugliati per far ragionare
serenamente i burocrati europei sugli unici due punti che potevano rimettere in careggiata il carrozzone
dell’Eurosistema e riallineare gli squilibri
macroeconomici esistenti:
1) Limitare
le importazioni e rendere più autosufficienti i paesi PIIGS, ricorrendo
anche a massicci investimenti straordinari per rilanciare l’economia in determinati
settori (ma questo non conviene alla Germania che esporta nei PIIGS il 45% dei
suoi volumi complessivi verso l’estero)
2) Incentivare
le esportazioni di tutti i paesi
dell’eurozona verso le nazioni straniere e uniformare quelle interne all’Eurosistema
con metodi differenti e meno astratti dell’attuale meccanismo dei crediti e dei
debiti TARGET (ma ancora una volta non conviene alla Germania per i fatti già
noti)
In conclusione, esaminiamo rapidamente le differenze fra il
sistema di regolamento dei pagamenti TARGET2 e quello attualmente utilizzato
negli Stati Uniti che si chiama ISA (Interdistrict Settlement Account), per capire come era facile non
sbagliare per i tecnocrati europei prendendo come modelli di riferimento
sistemi già rodati e funzionanti in altri paesi.
Il sistema di banche
centrali della Federal Reserve è
formato da 12 distretti, ciascuno
contenente più stati e in alcuni casi uno stato può appartenere anche a due
distretti differenti. Il meccanismo di
compensazione dei pagamenti di ISA è tecnicamente molto simile a quello di TARGET2, ma
al contrario di ciò che avviene nell’Eurosistema non è previsto l’accumulo all’infinito dei crediti e dei
debiti fra un distretto e l’altro.
Ad aprile di ogni anno, i vari distretti devono pareggiare i bilanci e chiudere i conti in sospeso con gli
altri distretti e per saldare i debiti si impegnano a consegnare tramite un automatismo
contabile presente in ISA una corrispondente quota di certificati d’oro del Tesoro americano (gold certificates), che sono dei particolari titoli garantiti convertibili
in oro in qualsiasi momento. Dopo la crisi dei subprime del 2007, per far
fronte alla crisi di liquidità del settore bancario, la Federal Reserve ha ammesso
come collaterale di saldo fra i vari distretti anche i titoli ipotecari MBS (mortgage backed security).
Se l’Eurosistema avesse adottato in tempo un sistema simile
sarebbe stato impossibile per gli stati PIIGS accumulare debiti in modo
indeterminato facendo leva sulle falle del sistema TARGET2 e sarebbe pure stato
evitato il ricorso sistematico e incontrollato alla creazione di nuova moneta
da parte delle banche centrali per far fronte alle richieste di riserve da
parte del settore bancario privato perché visto che poi le eventuali perdite o gli
eccessi di monetizzazione dovevano essere risarciti in titoli onerosi, sarebbe
risultato molto più conveniente reperire
il denaro per altre vie sul mercato. La bolla finanziaria sui titoli e sui conti
pubblici europei non sarebbe mai iniziata insomma.
Infatti il limite temporale all’indebitamento e la necessità di
avere in cassa titoli molto liquidi e garantiti, ha impedito la nascita di croniche e durature situazioni di sofferenza
da parte dei singoli distretti e dei singoli stati e nella storia degli Stati
Uniti non si è mai verificato un fenomeno di fallimento unilaterale o di
default permanente di uno stato o di un distretto (come quello dello Grecia per
intenderci). Fra l’altro tutti i bilanci dei saldi finali vengono regolati fra
un distretto e l’altro in modo diretto e multilaterale, mentre non viene
utilizzato il metodo di spalmare le perdite e la cattiva gestione di un singolo
stato su tutta la restante parte del sistema, come avviene nell’Eurosistema,
rendendo ancora più nebulosi e incerti sia il processo di responsabilizzazione
amministrativa dei singoli governi nazionali che le operazioni di politica monetaria delle rispettive banche centrali.
Altra differenza fondamentale, sia i debiti che i crediti che si
formano durante l’anno non maturano interessi, mentre i distretti che a fine
anno hanno avuto una perdita e risarcito
il debito (molte volte elevando il livello di tassazione e il prelievo fiscale)
ricevono dalla restante parte del sistema Federal Reserve un’uguale somma di denaro che dovrà essere trasferita agli stati
più in difficoltà per rilanciare l’economia. Non si tratta semplicemente di una
forma di solidarietà e assistenza, ma di un calcolo di politica fiscale e di un
ragionamento macroeconomico molto spicciolo: se io non do una spinta finanziaria allo stato più tartassato sarà impossibile
prevedere che si rilanci economicamente nell’anno successivo (ecco perché
gli americani considerano l’aspirazione tutta europea all’austerità come una
vera follia e giudicano non a torto i tecnocrati europei degli incompetenti e invasati
in campo finanziario).
Ripetiamo che il sistema
finanziario americano nel suo complesso, costruito intorno alla Federal Reserve, non deve essere visto
come un il miglior modello di riferimento in assoluto, perchè troppo sbilanciato a favore
degli speculatori di Wall Street
(gli aiuti della banca centrale agli istituti bancari privati hanno raggiunto
cifre da capogiro, che non sono tollerabili in nessun paese civile) e perciò
troppo vulnerabile agli attacchi di
crisi e bolle speculative che poi si ripercuotono come macigni sulla restante
parte dell’economia reale.
Tuttavia dal punto di vista dell’organizzazione del sistema di compensazione e
regolamento dei pagamenti fra i vari distretti e stati della federazione,
gli Stati Uniti hanno creato una struttura
per molti aspetti impeccabile e inattaccabile. I tecnocrati dell’Eurosistema
avrebbero solo da imparare dagli americani, perché hanno fallito nella prima
fase di stesura del progetto e hanno sbagliato proprio in quei punti
fondamentali di equilibrio macroeconomico in cui era umanamente più difficile
commettere errori.
E adesso, seppure partendo da un altro versante della
crisi, completamente opposto a quello degli Stati Uniti, gli europei sono
costretti a seguire per ironia della sorte la stessa strategia degli americani:
stampare soldi ad oltranza per
tenere in piedi un sistema ampiamente
sbilanciato e iniquo che, conti alla mano, non troverà stabilità finanziaria
per decenni (a meno di provvidenziali folgorazioni o di stravolgimenti popolari
che mettano fine all’epoca dei “fulminati” e aprano la strada verso l’era della
finanza funzionale, sostenibile, democratica).
Ottimo articolo Piero!!!!
RispondiElimina"Il primo governatore della Bundesbank o cancelliere tedesco (non la Merkel, perché ormai è completamente andata e fuori di testa) che come De Gaulle chiederà conto dei crediti TARGET accumulati negli anni e esigerà un completo risarcimento degli stessi, troverà come risposta che questi crediti possono essere ripagati soltanto dall’Eurosistema e quindi dalla Germania stessa."
Forse i tedeschi pensano che un giorno non solo avranno il totale commissiamento dei governi PIIGS, ma ne otteranno l'espropio coatto dei beni patrimoniali e territoriali, come ad esempio tutte le isole greche, per confiscare ogni guadagno turistico, e l'immenso patrimonio artistico e immobiliare italiano, le terre agricole in Spagna, ed ogni espropio di ricchezza immaginabile, nelle "colonie periferiche".
Temo che la forma mentis dei crucchi, sia ancora terribilmente simile a quella prussiana di Bismarck, o peggio a quella "ariana" del III Reich.
Mi auguro di sbagliare!!!
saluti, Nicola
Secondo me non ti sbagli per niente...la Germania ha messo in piedi un sistema economico e finanziario che alla fine per forza di cose porterà alla sua espansione nei paesi "conquistati"...quello che hanno fatto gli Stati Uniti nel mondo con il dollaro tramite la Banca Mondiale e l'FMI, la Germania cerca di riprodurlo su scala europea...mi creo una moneta, indebito gli stati e poi comincio a impadronirmi di tutte le loro ricchezze patrimoniali e delle loro risorse...sto leggendo meglio gli accordi per la gestione del fondo ESM e tutto porta verso questa conclusione...l'unica differenza in questo caso la può fare la voglia di resistenza del popolo degli stati europei che sono costretti a subire l'ingerenza tedesca, perchè alla fine bene o male i popoli sudamericani hanno iniziato a liberarsi dagli Stati Uniti, anche se la strada per una reale indipendenza è ancora molto lunga...perchè la guerra finanziaria usa delle armi più subdole di quella militare e organizzare una vera e propria resistenza è molto più complicato...chi combatti? Chi è veramente il tuo nemico? Dove è nascosto?...al massimo possiamo conoscere e capire come agiscono, ma combatterli a viso aperto è davvero difficile...speriamo che movimenti come quello di Occupy Wall Street possano almeno diffondere una maggiore consapevolezza di massa del problema, perchè bisogna essere veramente in tanti per combattere concretamente questa guerra...a presto. Piero
EliminaA prescindere dall’esito finale delle trattative per il salvataggio della Grecia, la fine dell’euro è un processo ormai irreversibile e avverrà forse in un tranquillo giorno d’estate senza fare neanche troppo rumore, in modo del tutto simile a ciò che è accaduto al dollaro di Bretton Woods.
RispondiEliminaSig. Valerio, me lo riscriva. Spero tanto che succeda ciò che scrive. Mi (Ci) convinca che questo strazio avrà finalmente fine. Festeggierò con tutta la mia famiglia.
Cordialità
Vediamo, ci provo così a convincerla...la moneta euro viene garantita dalla stabilità dell'eurozona e la stabilità dell'eurozona è garantita a sua volta da un meccanismo contorto di scambi in cui era la sola Germania a creare surplus sia commerciali che finanziari: il sistema si è retto fino a quando la Germania ha utilizzato questi surplus finanziari per finanziare i paesi PIIGS, ma dal 2008 il sistema sappiamo che è saltato letteralmente per aria e paradossalmente la nazione che rischia di più adesso è proprio la Germania, che ora risulta molto esposta nei confronti dei paesi PIIGS e allo stesso tempo ha rinunciato a finanziare questi stati perchè non si fida più della loro solvibilità, rendendo quindi l'intero sistema instabile...l'unica garanzia che ancora viene offerta alla circolazione dell'euro sono i surplus commerciali della Germania e senza questi l'euro non ha più senso di esistere...siccome più del 50% dei surplus commerciali della Germania sono fatti nell'eurozona e l'eurozona è in recessione (crisi di domanda), è molto probabile che la Germania abbia una radicale frenata dei suoi surplus (a meno che non invada la Cina e il Brasile con i suoi prodotti, cosa assai improbabile per diversi motivi...)...per intenderci quando lei sentirà alla televisione che anche la Germania sta per entrare in recessione (potrebbe già avvenire nel secondo trimestre di quest'anno), può iniziare il conto alla rovescia per la fine dell'euro (luglio, agosto 2012)...e quel giorno le assicuro che non sarà il solo a festeggiare!!! A presto! Piero
Eliminami sembra che la situazione sia estremamente chiara.....
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