In una fase di crisi permanente e strutturale dell’economia dei
paesi più sviluppati (per intenderci Unione
Europea, Stati Uniti e Giappone) viene quasi immediato
esaminare le teorie economiche e
soprattutto monetarie sulle quali si fondano tali sistemi economici per
capire quali sono i punti di debolezza di queste teorie e dove sarebbe
possibile agire per porre rimedio ad eventuali errori, storture o meglio ancora
interpretazioni ormai sorpassate e anacronistiche della realtà esistente.
Una realtà che come molti di noi sanno e hanno già sperimentato e imparato
a conoscere sulla loro pelle è in continua
evoluzione e cambia ad una velocità infinitamente maggiore rispetto al
rinnovamento lento e macchinoso delle stesse teorie.
Senza entrare troppo nei dettagli tecnici e cercando di
semplificare al massimo l’analisi, le teorie
monetarie hanno un vantaggio rispetto alle più generali teorie economiche:
mentre queste ultime, basandosi sui comportamenti concreti della gente e sui
rapporti di forza che insistono in una data società, hanno bisogno di un cambio
generale di visione del mondo da parte della maggioranza dell’opinione pubblica
(la cosiddetta “massa critica”), le
teorie monetarie sono più agili da manipolare perché vengono decise a monte
dall’ente giuridicamente preposto all’emissione della massa monetaria, chiamato
Banca Centrale.
Non a caso, negli ultimi mesi, per non dire anni, l’attenzione dei
maggiori analisti e osservatori economici e finanziari è sempre più concentrata
sulle azioni e le strategie utilizzate dalle più importanti banche centrali del
mondo (BCE in Europa, Federal Reserve negli Stati Uniti, foto sopra, Bank of England nel Regno Unito e Bank of Japan in Giappone), perché
spesso dalle loro decisioni potrebbe dipendere in modo unilaterale la ripresa o
il definitivo collasso dell’attuale sistema economico.
Molti studiosi di materia monetaria si sforzano di capire dove
stanno sbagliando le banche centrali e in alcuni casi suggeriscono direttamente
nuove azioni alternative da mettere
in campo con urgenza per evitare il disastro, dato che la strategia monetaria
viene decisa appunto a monte da un unico ente e non necessitando di una
convergenza ampia di vedute da parte della gente, può essere cambiata
rapidamente, dalla notte alla mattina, in base agli accordi e alle decisioni di
un ristretto conclave di dirigenti e governatori delle stesse banche centrali.
Fino a qualche tempo fa, possiamo dire prima della crisi della borsa asiatica del 1997, seguita poi dalla bolla speculativa sui titoli
tecnologici americani del 2001 e
dall’attuale crisi finanziaria
causata dalla speculazione sui titoli
subprime americani del 2007 e
tradotta in Europa nella crisi dei debiti pubblici (non sovrani, perché nessun
paese dell’eurozona ha una sua moneta sovrana), si pensava che esistesse una
regola fondamentale, quasi un dogma, su cui dovesse essere edificata tutta la
politica monetaria di una banca centrale: si tratta della ormai nota “teoria quantitativa della moneta”
elaborata dall’economista americano Milton Friedman (1912-2006) intorno agli inizi degli anni settanta.
Questa regola fondamentale
metteva in relazione diretta la quantità
di moneta M offerta dal sistema bancario nel suo complesso (dove per M si intende la somma della moneta circolante C sotto forma di banconote e monete metalliche, delle riserve bancarie R emesse dalla banca centrale e dei depositi bancari D creati dalle banche commerciali, M=C+R+D) con l’inflazione, ovvero l’aumento tendenziale dei prezzi al consumo,
tramite l’abusata formula di equilibrio fra domanda e offerta di moneta:
PT=MV
Il primo membro dell’equazione rappresenta la domanda di moneta
del mercato in un dato periodo di tempo (misurata dal numero totale T di
transazioni finanziarie moltiplicate per il prezzo medio P di ogni transazione)
mentre il secondo membro rappresenta l’offerta di moneta che la
banca centrale e le banche commerciali mettono a disposizione del mercato stesso (sintetizzata dal
prodotto fra il valore di moneta M creata e emessa dal sistema bancario e la
velocità di circolazione V della moneta, cioè il numero di volte che la moneta
passa di mano in mano durante lo stesso periodo di tempo).
Da questa formula discende di conseguenza la relazione prima
enunciata di diretta proporzionalità fra l'offerta di moneta della banca
centrale e l’inflazione (maggiore offerta provoca una maggiore inflazione sui mercati), perché in un dato periodo di tempo il rapporto V/T si ritiene
costante e uguale a k (la velocità di circolazione della moneta infatti è
sempre legata al numero di transazioni finanziarie complessive del mercato e
aumentando una aumenta pure l’altro e viceversa):
P=kM
Espresso in questa maniera il modello
monetario elaborato da Friedman sembra perfetto e inattaccabile, ma il suo
limite di origine dipende appunto dal fatto che si tratta di un modello teorico
che non include affatto tutte le mutazioni che intanto avvengono nella vita
reale, politica, economica, sociale non solo di una nazione ma nel mondo nella
sua interezza, dato che nel frattempo volenti o nolenti siamo entrati nella
cosiddetta era della globalizzazione mondiale.
Un modello economico e
in questo caso monetario, per quanto preciso e ben strutturato, avrà sempre una
natura molto più statica che dinamica,
perchè fotografa la realtà esistente in un certo periodo storico senza
considerare tutte le evoluzioni che possono avvenire in futuro e soprattutto
senza prevedere dei correttivi che adattino il modello ai mutamenti avvenuti.
Quando l’economista Friedman, che senza volere tirare in ballo
valutazioni soggettive sulla sua buona o cattiva fede o su possibili pressioni
o interessi personali, elaborò la teoria quantitativa e costruì il modello
sopra descritto non poteva prevedere soprattutto due eventi: il primo è la
rapida digitalizzazione dei flussi
monetari (oggi la parte più cospicua delle transazioni finanziaria avviene
principalmente per via telematica tramite aperture di conto corrente, bonifici,
giroconti, accrediti e addebiti, mentre gli scambi in moneta circolante,
metallica o cartacea, rappresentano una parte ridotta e sempre più marginale
degli scambi) e il secondo è la finanziarizzazione
spinta dell’economia, che ha trasferito ingenti quantità di capitali verso gli
investimenti speculativi e la rendita sottraendoli alla produzione, ai risparmi
e ai consumi diretti.
Questi due fenomeni, caratterizzati da un elevato dinamismo e da
un’assenza quasi totale di controllo da parte delle autorità, hanno
un’influenza molto diversa e difficilmente quantificabile sulle variazioni del tasso di inflazione
rispetto alla circolazione della base monetaria metallica e cartacea, che ai
suoi tempi Friedman considerava ancora prioritaria rispetto agli stessi depositi, e di conseguenza tutta
l’impalcatura portante del suo modello statico viene a cadere impietosamente,
diventando obsoleta e inadeguata per descrivere e regolamentare la realtà
attuale.
A riprova di questo, abbiamo già verificato nei fatti che la
teoria quantitativa di Friedman non funziona perché quando sia la Bank of Japan
e la Federal Reserve, e più di recente la stessa BCE, hanno abbassato il tasso
di sconto del denaro quasi a zero e iniziato ad ampliare l'offerta di moneta e pompare liquidità nei circuiti
interbancari per favorire la ripresa economica (o per salvare le banche private
indebitate, ma questo non cambia la sostanza delle cose), l’impatto sull’aumento dell’inflazione percepita è stato minimo e sicuramente inferiore a
quello che poteva essere previsto dal modello di Friedman, perché gran parte
della massa monetaria immessa dalla banca centrale è rimasta nei circuiti e nei
depositi interbancari e non si è riversata nell’economia della produzione e dei
consumi.
Le cause di un tale comportamento da parte degli istituti bancari
sono molteplici e possono essere bene riassunti da un fenomeno già ampiamente
dibattuto chiamato trappola della
liquidità: quando i tassi di interesse del denaro scendono quasi a zero, le
banche preferiscono mantenere la liquidità perché sanno già che i tassi non
potranno più scendere ulteriormente e quindi qualsiasi tipo di investimento
potrebbe rivelarsi controproducente in un prossimo regime di aumento dei tassi
di interesse (che dal punto di vista bancario è il momento più adatto per fare
investimenti, in aperto contrasto con gli interessi delle imprese produttive).
Questo per dire che qualsiasi modello statico di teoria economica
non potrà mai essere efficace per descrivere una realtà mutevole, perché per
quanto formalmente corretto non sarà in grado di inglobare e quantificare gli
elementi umani e imprevedibili che sono spesso la causa principale dei
cambiamenti reali dello scenario analizzato: le aspettative a breve termine, le prospettive per il futuro, la fiducia,
i bisogni e le esigenze spesso contrastanti dei vari attori che formano il tessuto
economico di una società complessa.
Da qualunque lato si voglia analizzare il problema, ogni scelta
finanziaria e monetaria non può mai soltanto basarsi su elementi oggettivi ma
sarà in vario grado e con diverse sfaccettature una forma di azzardo o scommessa e non a caso, i migliori
investitori finanziari e gran parte degli stessi dirigenti delle banche centrali non sono
dei tecnici preparati e infarciti di teoria, ma dei biscazzieri che hanno fiuto
e sanno anticipare le mosse, le tendenze, le aspettative che si muovono sul
mercato, confidando al massimo sul supporto di particolari sistemi euristici
(vanno a tentativi) o probabilistici
(le serie storiche).
Nello specifico, le ultime operazioni di quantitative easing (alleggerimento quantitativo ovvero immissione massiccia di liquidità nei circuiti interbancari per liberare le banche dai loro assets più tossici e illiquidi) della
Federal Reserve e in maniera diversa dalla stessa BCE (la prima ha fatto anche operazioni dirette sul mercato secondario dei titoli, mentre la BCE si è mossa principalmente nel
circuito interbancario europeo) rientrano nella prima casistica di azioni
euristiche, perché sia il governatore americano Ben Bernanke che Mario
Draghi non sanno esattamente cosa accadrà nell’economia reale e quale sarà
l’impatto concreto sugli indicatori economici del loro intervento, ma attendono
i risultati per poi apporre eventuali correttivi e andare avanti con un altro
tentativo.
Le attuali teorie (sarebbe meglio dire assenza di teorie) e
strategie di politica monetaria adottate dalle banche centrali, al pari delle
bolle speculative della finanza, quindi sono delle vere e proprie bombe ad orologeria che vengono gettate
alla rinfusa nel mercato e possono scoppiare da un momento all’altro, perché
risultano in buona sostanza elaborati accrocchi di modelli statici come quello
di Friedman (o il modello macroeconomico di Keynes, che risulta ancora una teoria di riferimento per molti economisti, malgrado come abbiamo già visto siano cambiati rapidamente molti elementi di contorno dagli '30 ad oggi) e strumenti euristici o probabilistici, spesso lontani dalla realtà, che
difficilmente riescono ad interpretare le esigenze di un mondo mutevole ed in
continua evoluzione.
Per stabilire un nuovo stato di equilibrio fra le azioni delle
banche centrali e le reazioni del mercato che tenga conto anche dei fattori
umani che insistono nei mutamenti di scenario, bisognerebbe intervenire innanzitutto
sulle priorità e gli obiettivi che le banche centrali hanno
per statuto: non più stabilità dei
prezzi, sostegno alla crescita
economica e lotta alla disoccupazione
(ricordiamo che la BCE ha come unico obiettivo soltanto il primo, ovvero il
mantenimento di un livello di inflazione accettabile, rivendicando una
incomprensibile autonomia e indipendenza dalle sorti politiche delle nazioni
che non è più tollerabile e crea notevoli turbolenze finanziarie), ma sostegno
agli stati, programmi di piena occupazione, coerenti e sostenibili piani di
sviluppo economico e in ultimo il monitoraggio delle variazione del livello di
inflazione (l’aumento dell’inflazione non ha mai ucciso nessuno, e nel breve
periodo può anche creare qualche beneficio alle casse dello stato, venendo poi
riassorbito nel medio e lungo periodo dall’applicazione di un credibile regime
di imposizione fiscale).
L’abitudine di elaborare un modello nelle stanze chiuse di un
palazzo della banca centrale e poi applicarlo tout court alla realtà sta
segnando il passo, perché da qualsiasi angolazione lo si voglia guardare si è
rivelato inefficace e fallimentare, creando disagio e incertezza diffusa ai
vari livelli della popolazione (un senso drammatico di sfiducia collettiva che
finisce per inficiare l’attendibilità di qualsiasi altro tentativo di raddrizzare
la barca, in un’interminabile iterazione di errori e successive correzioni) e in un mondo
ideale (che non esiste e forse non esisterà mai, ma non per questo non vale
la pena di sforzarsi di immaginare) dovrebbe essere sostituita con la prassi di
studiare la realtà e poi costruire un modello economico e monetario di natura
dinamica che simuli e sia quanto più possibile aderente al reale svolgimento
dei fatti.
Non mi dilungo oltre sulle nuove possibili alternative che
potrebbero essere trovate all’attuale modello economico e monetario, che magari
descriverò nei prossimi articoli e sono già state accennate a grandi linee nel
progetto di costruire dal basso un social
network monetario descritto in un precedente articolo, ma è chiaro che
mentre assistiamo impotenti e nostro malgrado alla distruzione di tutti i
modelli monetari esistenti l’unico sistema di riferimento di sviluppo continuo
e sostenibile che conosciamo e a cui possiamo rifarci è quello naturale (una
simulazione dei processi di selezione, adattamento, mutazione, crescita e
decrescita degli organismi e dei micro e macrosistemi naturali), perché
consente un’allocazione ottimale delle risorse e prevede una rapida possibilità
di adattamento ai cambiamenti che intanto intervengono nell’ambiente.
Ma per fare questo bisognerebbe prima rimettere in discussione quattro pilastri dell’attuale politica
monetaria: la struttura privatistica e
piramidale del sistema di creazione e distribuzione della moneta (la banca
centrale, le banche sistemiche, lo stato, le banche periferiche, le imprese, e
in ultimo i lavoratori e i cittadini), i residui contenuti di carattere materiale della moneta
metallica e cartacea (che creano ancora tante ambiguità sulla definizione del
valore e del significato del denaro), il ribaltamento del concetto di debito legato all’emissione di nuova
moneta (sia da parte delle banche centrali attraverso la creazione della base
monetaria che delle banche commerciali con l’attività creditizia), la revisione
dell’attuale meccanismo degli interessi
composti a crescita esponenziale (in natura non esistono organismi che
abbiano una crescita esponenziale, tranne i virus e le malattie cancerogene) delle
rendite o delle passività finanziarie.
Il modello ideale, sovrapposto e sovrapponibile a quello naturale,
corrisponde quindi ad un sistema per quanto possibile piatto e reticolare, in cui i singoli individui rappresentano i nodi mentre i flussi monetari formano
le maglie del reticolo, con una banca
centrale che abbia il ruolo di pompare
nuova liquidità e drenare l’eccesso
di denaro circolante (per evitare la deriva del sistema nel suo complesso in un
modello del genere la politica fiscale ha ancora un ruolo stringente e
fondamentale) e il denaro, che svuotato da qualsiasi presupposto materiale di
valore e di ricchezza e completamente digitalizzato,
abbia il compito di circolare come il sangue dentro le maglie del sistema per
misurare il valore degli oggetti di scambio e rendere quanto più possibile
attivi e vitali i nodi del reticolo.
Nonostante la creazione di un sistema del genere possa apparire
molto surreale e utopistica, non dobbiamo trascurare mai il fatto che malgrado
la lentezza e le comprensibili resistenze delle autorità politiche e di alcune
specifiche caste finanziarie, molti dei fattori sopra descritti stanno
spontaneamente convergendo in questa direzione ed esistono ormai da tempo tutti
i presupposti tecnici, tecnologici, culturali che renderebbero un tale sistema
facilmente implementabile.
Nel blog Tempesta Perfetta
cercheremo per quanto possibile non solo di analizzare in modo preciso e
obiettivo le criticità della realtà esistente e i fatti di stretta attualità
economica, politica, finanziaria, ma di tanto in tanto faremo dei balzi in avanti
con la fantasia per vedere quali spiragli di luce si stanno già aprendo davanti
a noi (con esempi concreti di quello che si è già fatto e si potrebbe fare in
un prossimo futuro non tanto lontano) e per capire quale sarebbe la migliore
rotta da seguire per portare la nostra Nave in acque finalmente più calme e
tranquille.
Complimenti di nuovo.
RispondiEliminaBuongiorno costosa amici!
RispondiEliminaHo trovato il sorriso è grazie al questo Signore. Muscolino GIOVANNI che ho ricevuto un prestito di 70.000€ nel mio conto il mercoledì a 11:32 min e due dei miei colleghi hanno anche ricevuto prestiti di questo signore senza alcuna difficoltà. Li consiglio più voi non fuorviate persone se volete effettivamente fare una domanda di prestito di denaro per il vostro progetto e qualsiasi altro. Pubblico questo messaggio perché signore Muscolino GIOVANNI mi ha fatto bene con questo prestito. È tramite un amico che ho incontrato quest'uomo onesto e generoso che mi ha permesso di ottenere questo prestito. Allora vi consiglio di contattarlo e li soddisfarà per tutti i servizi che gli chiederete. Ecco il suo indirizzo elettronico: muscolinogiovanni61@gmail.com
Nice blog thanks for postingg
RispondiElimina