giovedì 15 marzo 2012

SECONDO I BANCHIERI LA CRISI FINANZIARIA DELL’EUROZONA E’ UN PROCESSO SENZA FINE


Per capire meglio in quale guaio si siano cacciati tutti i paesi dell’eurozona forse è opportuno leggere con attenzione i documenti scritti e vergati dagli stessi autori del misfatto: i banchieri, che oggi più che mai hanno in mano il destino di intere nazioni un tempo sovrane. Non è più un mistero infatti che a causa di tante coperture e complicità politiche, oggi l’Unione Europea e l’eurozona in particolare sia un luogo dove la sopravvivenza di un paese è legata indissolubilmente alla volontà delle banche di farlo sopravvivere e respirare. Mentre la correlazione inversa non è più contemplata, perché impedita di fatto dalla presenza costante e vigile della banca centrale, la BCE, che tutela la solidità finanziaria delle banche infischiandosene altamente del declino inesorabile degli stati.

In questo documento del BIS (Bank for International Settlements, Banca dei Regolamenti Internazionali) vengono descritti minuziosamente tutti i processi e fenomeni finanziari che si stanno sviluppando nell’eurozona, che portano poi ad un’unica conclusione. Il BIS per intenderci è un’organizzazione internazionale, con sede a Basilea e strutturata secondo lo statuto classico delle società anonime per azioni (ma chi sono gli azionisti possiamo immaginarlo), che ha il compito di promuovere la cooperazione fra le banche centrali del mondo e di redigere i regolamenti di funzionamento del settore bancario (i famigerati accordi di Basilea). Vediamo quindi come i banchieri stessi vedono la crisi dell’eurozona e poi cerchiamo di capire quali potrebbero essere gli eventuali sviluppi futuri.



Descrizione generale

A partire da dicembre fino a febbraio il valore delle attività (asset) delle banche europee ha ricominciato a recuperare gran parte delle precedenti perdite, dato che si è ridotta la gravità della crisi del debito sovrano dell’eurozona (i banchieri si ostinano a chiamarlo così, ma sappiamo bene che gli stati dell’area euro non sono sovrani) e del mercato interbancario, che si era molto irrigidito a causa della diffidenza e dei timori che esistevano fra le stesse banche europee. Anche i prezzi quotati in borsa delle azioni bancarie sono cresciuti del 10% rispetto alla media del settore bancario nei paesi sviluppati, segno che dopo gli interventi massicci e tempestivi di rifinanziamento della BCE è tornata la fiducia del mercato sulla tenuta complessiva del comparto bancario europeo. 

Questo progressivo allentamento della paura e della pressione, favorito appunto dalla BCE, ha impedito alle banche di continuare con la svendita forzata di asset per recuperare liquidità, andando incontro ad elevate perdite e ad ulteriori contrazioni del credito nei confronti dell’economia reale. In ogni caso molte banche sono state costrette per motivi di requisiti patrimoniali, imposti dagli organismi di vigilanza europei e internazionali, a vendere ugualmente parte dei loro asset più rischiosi, iniziando un processo di deleveraging, ovvero riduzione della leva finanziaria (rapporto fra debiti e capitale proprio) utilizzata per coprire gli investimenti.

Prima di questa opera concordata di rifinanziamento della BCE e di stretta sorveglianza dell’EBA (European Banking Authority, Autorità Bancaria Europea), le banche avevano trovato sempre maggiori difficoltà a raccogliere fondi non garantiti sul mercato obbligazionario o prestiti di liquidità a breve termine sul circuito interbancario, a causa dell’aumento del tasso di interesse richiesto per ogni nuovo finanziamento. In particolare sono diventati molto costosi i prestiti in dollari, perchè le banche americane, allertate  dal persistente stato di crisi in Europa, hanno cercato di ridurre tutte le loro esposizioni pregresse con le banche europee. E fino a qui ci siamo tutti, ma vediamo adesso cosa è cambiato da allora.


8 dicembre 2011, giorno dello svolta

In questa data sono avvenute quasi in contemporanea (non è un caso) tre eventi che hanno mutato lo scenario finanziario in Europa:

   1)   Durante un infuocato Vertice Europeo a Bruxelles vengono stabilite le prime linee guida per ridefinire un nuovo patto fiscale di stabilità (Fiscal Compact), che costringa gli stati al pareggio di bilancio entro il 2013 e imponga una progressiva riduzione del debito complessivo, con un preciso scadenziario di rientro ventennale. Queste direttive servono principalmente a dare fiducia agli investitori internazionali sulla sicurezza di riscossione dei loro crediti, il messaggio è abbastanza chiaro: gli stati europei pagheranno i loro debiti fino all’ultimo centesimo, quindi investite pure tranquillamente in Europa

   2)   L’EBA annuncia un nuovo piano di consolidamento patrimoniale forzato per le banche europee, sempre nell’ottica di ammorbidire le tensioni e i dubbi degli investitori sulla reale solidità e disciplina creditizia delle banche dell’eurozona

    3)   La BCE annuncia un’operazione dirifinanziamento a tre anni (LTRO, long term refinancing operation) per tutte le banche europee, con prestiti agevolati all’1%


Da questo momento in poi il quadro generale comincia a rasserenarsi considerevolmente e le banche possono tirare un sospiro di sollievo perché sono salve, anche se secondo le rigorose direttive dell’EBA dovranno meritarsi questa salvezza con una più severa disciplina di bilancio, che riduca il ricorso all’indebitamento e l’utilizzo di un’eccessiva leva finanziaria.

Con l’arrivo della prima dose di liquidità (489 miliardi) il 21 dicembre da parte della BCE il primo effetto visibile è una distensione dei tassi di interesse Euribor con cui le banche europee si prestano la liquidità nel circuito interbancario, tramite spostamenti da un deposito di riserve all’altro in cambio di collaterali in titoli (in genere si tratta di operazioni di pronti contro termine). Nel grafico sotto possiamo vedere come il tasso Euribor a tre mesi dopo una minacciosa salita comincia lentamente a scendere a livelli più normali, riavvicinandosi agli omologhi tassi OIS americano e Libor inglese.







La mano santa della BCE salva le banche


Questa operazione LTRO della BCE ha praticamente ridotto il ricorso alle emissioni in proprio da parte delle banche di obbligazioni per raccogliere liquidità a prezzi sempre più alti, ma sicuramente fa un certo effetto vedere che nel corso del 2011 è crollata anche la raccolta di denaro tramite i depositi spontanei, soprattutto in Spagna e Italia (vedi grafico sotto).







Ben 120 miliardi di euro di raccolta in meno, che sono fuoriusciti dalle banche spagnole e italiane senza più rientrare. Dove sono andati a finire questi soldi? Come era già avvenuto in Grecia, Portogallo e Irlanda, italiani e spagnoli hanno cominciato a cautelarsi da possibili rischi di default dello stato o delle stesse banche, prelevando contanti da tenere in casa o spostando i propri risparmi in banche svizzere, che hanno avuto difatti un’impennata di depositi. Senza l’intervento della BCE, le banche italiane e spagnole sarebbero rimaste praticamente a secco nel giro di poche settimane.  

Ma notevole è stata anche la dismissione di crediti denominati in euro da parte delle 10 maggiori banche americane, che hanno azzerato i loro asset in titoli dei paesi PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) e mantenuto soltanto una piccola percentuale di titoli pubblici e privati tedeschi (circa il 4% dei loro asset complessivi) e un’ancora minore esposizione in titoli francesi (crollati nel giro di un anno dal 16% al 3%).

Ma se gli Stati Uniti fuggono dall’eurozona portandosi via i loro dollari, ci pensa sempre la BCE a tenere in piedi le banche europee: nei primi di gennaio l’istituto di Francoforte riesce a convincere altre 5 grandi banche centrali del mondo (fra cui la Federal Reserve, la Bank of England, e la Banca Centrale Svizzera) a ridurre dello 0,5% il costo dei rifinanziamenti in dollari nei confronti delle banche europee, allungando la durata dell’operazione fino a febbraio del 2013.

Non solo. Il 18 gennaio la BCE ha anche dimezzato gli obblighi di riserva frazionaria da tenere depositata presso la stessa banca centrale dal 2% all’1%, liberando in pratica altri 100 miliardi che le banche possono usare per il loro investimenti. Inoltre la BCE ha anche annunciato di ridurre la qualità dei collaterali accettati durante le operazioni interne di rifinanziamento marginali, sollevando non poco le banche dalla loro cronica difficoltà a raccogliere denaro sia nel circuito interbancario che nel mercato pubblico. Una mano santa davvero, che come vediamo dal grafico sotto ha allontanato dal baratro soprattutto le banche spagnole e italiane, che sono state quelle più attive a prendere prestiti con il primo LTRO.




Ma se le banche spagnole e italiane hanno subito investito i prestiti ricevuti dalla BCE per acquistare titoli di stato e obbligazioni bancarie, le banche tedesche sono state molto più conservative depositando una quota consistente di queste riserve presso i depositi overnight della BCE, che maturano un interesse minore (0,25%) rispetto all’1% della quota di soldi presi in prestito (grafico sotto). Questa scorta servirà da cuscinetto alle banche tedesche per fronteggiare eventuali nuove crisi di liquidità nel mercato interbancario o qualora le banche italiane e spagnole avessero bisogno di ulteriori iniezioni di liquidità, senza ricorrere ad un altro LTRO della BCE (che sarebbe il terzo, dopo il primo da 489 miliardi e il secondo di fine febbraio di 523 miliardi). Ma se questo è il versante privilegiato delle agevolazioni, le banche devono intanto far fronte anche all’insidia della patrimonializzazione imposta dall’EBA.






I requisiti patrimoniali richiesti dall’EBA


Come già anticipato, al fine di migliorare la solidità finanziaria, l’EBA ha richiesto a 65 fra le maggiori banche europee (fra cui Unicredit, Intesa e Montepaschi) di portare il loro rapporto principale di patrimonializzazione (il cosiddetto Core Tier 1 descritto negli accordi internazionali di Basilea II) al 9% fra il capitale di qualità detenuto e le attività ponderate per il rischio (RWA, risk-weighted assets) e questo, oltre ovviamente alla vendita degli asset più rischiosi, può essere ottenuto in vari modi: ricapitalizzazione tramite emissioni di nuove azioni, acquisto sul mercato di azioni quotate sotto la pari, consolidamento a riserva degli utili maturati in anni precedenti, o altre operazioni meno convenzionali e rischiose come la conversione eccezionale di proprie obbligazioni quotate in borsa in azioni ordinarie del capitale sociale.

L’esperienza di Unicredit di allargare il proprio patrimonio netto di altri 7,5 miliardi collocando nuove azioni non è stata proprio un successo, perché anche se per un periodo transitorio il valore delle sue vecchie azioni è crollato del 45% e ha scoraggiato le altre banche a seguire questa stessa strada. La banca spagnola Santander per esempio ha preferito invece la conversione straordinaria delle proprie obbligazioni per un totale di 6,83 miliardi in nuove azioni consolidate, evitando così di passare attraverso la gogna del mercato, ma allo stesso tempo dimostrando che le modalità concesse alle banche per rientrare nei nuovi vincoli e requisiti patrimoniali sono fra le più varie e fantasiose.  

Le  banche possono infatti utilizzare il surplus di riserve fornito dalla BCE per riacquistare in borsa le proprie obbligazioni al valore basso di mercato e poi convertirle in bilancio in azioni, come patrimonio netto, al valore nominale di emissione, ottenendo subito una plusvalenza. Quindi anche le rigide limitazioni dell’EBA, che diventeranno effettive a partire da giugno 2012, risultano spesso troppo facilmente aggirabili e inefficaci.

Tuttavia rimane il fatto che i requisiti richiesti dall’EBA alle banche europee sono ancora più restrittivi di quelli dell’accordo di Basilea III, che entrerà in vigore a partire da gennaio 2013, e richiederà un valore dell’8% del Core Tier 1, cosa che dimostra quanto la crisi finanziaria dell’eurozona sia del tutto eccezionale e ancora lontana da una risoluzione definitiva. Se pensiamo che prima del fallimento della banca americana Lehman Brothers nel 2008, l’obbligo patrimoniale era del 6%, possiamo capire quanto gli organismi di regolamentazione delle banche, ovvero il BIS e l’EBA, stiano cercando di correre ai ripari per disciplinare la condotta dissennata degli stessi banchieri.

Per fortuna però le banche italiane, in quanto a indici patrimoniali, non sono messe tanto male dato che secondo le ultime indicazioni, si attestano ad un discreto 8,20% poco sotto la media europea dell’8,61%, anche se gli ultimi stress test proprio sul Core Tier 1 condotti dall’EBA a luglio scorso davano dei risultati molto più preoccupanti e non solo per le banche italiane. Per quanto possano valere questi stress test, dato che le informazioni vengono fornite dagli stessi funzionari delle banche interessate, il prospetto sotto mostra che soltanto il 40% delle 90 banche messe sotto esame dall’EBA evidenziava un Core Tier 1 superiore all’8%, quindi i salti mortali compiuti in questi ultimi mesi dalla BCE sono serviti non poco a rimettere in sesto la baracca.







Ma la brutta notizia per le banche italiane arriva anche dalla decisione dell’EBA di contabilizzare i titoli di stato inclusi nel capitale di qualità del Core Tier 1 al valore di mercato e non a quello nominale di emissione, che aumenta nel complesso l’esigenza del rafforzamento patrimoniale soprattutto per le banche della fascia periferica dei PIIGS, i cui titoli di debito pubblico hanno subito i maggiori deprezzamenti. Ciò spiega anche la corsa forsennata delle banche italiane ad utilizzare i prestiti LTRO della BCE per acquistare non solo nuovi titoli alle aste di collocamento ma raccattare anche titoli già emessi e venduti sul mercato secondario per fare abbassare lo spread, aumentare il valore di mercato dei titoli stessi e migliorare così non poco i propri indici patrimoniali.

Altro che azione stabilizzatrice dell’arrivo del governo Monti, l’abbassamento dello spread ha ben altre origini (BCE) e ragioni (acquisto di titoli di stato da parte soprattutto delle banche italiane), mentre il mercato è rimasto per lo più scettico o indifferente davanti agli inviti del professore di investire in Italia. La tesi che riconduce il minore rendimento dei titoli di stato italiani alla maggiore serietà o credibilità internazionale del governo Monti può essere sostenuta soltanto da gente incompetente o assolutamente in malafede, perché le riforme del professore sono state utili al risanamento finanziario dell’Italia nei limiti in cui sono andate incontro alle esigenze delle banche (garanzia statale sulle nuove emissioni obbligazionarie bancarie e limiti di prelievo del contante), mentre tutto il resto è stato solo fumo negli occhi del comune cittadino per distrarre l'intera pubblica opinione.


Conclusioni


In tutto questo giro di soldi ad alto potenziale (le riserve bancarie detenute presso la BCE ed emesse direttamente dalla banca centrale di Francoforte), le banche europee sono state invece molto meno generose sul versato della creazione di nuova moneta creditizia a basso potenziale, perché hanno ridotto e reso più severe le condizioni per la concessione di prestiti alle aziende e alle famiglie, producendo una maggiore rarefazione dei depositi e della moneta circolante e peggiorando non poco le prospettive di ripresa economica.

Nell’eurozona infatti il credito privato si è ridotto nell’ultimo periodo dello 0,5%, mentre complessivamente le attività bancarie riconducibili a prestiti ai residenti europei sono diminuite del 4%. In tendenziale aumento dell’1% soltanto i crediti alle grandi aziende multinazionali. Guarda caso, perché spesso le banche detengono notevoli quote azionarie di questi gruppi industriali privilegiati, che sono gli unici secondo la schema classico a dover trainare lo sviluppo.

Il quadro generale che si prefigura è quello di uno snaturamento ancora più accentuato del ruolo originario di intermediazione delle banche, soprattutto quelle italiane e spagnole, che non raccolgono più il risparmio pubblico dei cittadini per spostarlo verso gli investimenti privati, ma ricevono soldi direttamente dalla banca centrale per investirli in titoli e obbligazioni, in un circuito sempre più chiuso e stretto che delimita il loro spazio di sopravvivenza. Se questa prassi dovesse consolidarsi in futuro assisteremo forse all’ultimo stadio di evoluzione del settore bancario nel suo complesso.

Le banche sono diventate in pratica degli enti assolutamente indipendenti e autosufficienti, come dei veri e propri stati paralleli che coesistono e spesso sono molto più potenti e ricchi degli stessi stati nazionali che gentilmente le ospitano. Tramite un complesso meccanismo di doppia circolazione della moneta (riserve bancarie e depositi a vista), le banche sono capaci di vivere di proprie regole e di perpetuarsi nel tempo, creando una spaccatura e un distacco sempre più evidente con il resto della comunità civile. Al pari di uno stato, le banche emettono in piena autonomia una propria moneta creditizia e i propri titoli di debito, le obbligazioni, certificando esse stesse la validità o chiedendo in alcuni casi la garanzia ulteriore dello stato. Infine tramite l’utilizzo di questi titoli le banche possono comunicare con la  banca centrale e ricevere da quest’ultima tutta la moneta di riserva ad alto potenziale di cui hanno bisogno per investire nel mercato finanziario. E il cerchio si chiude sempre. Almeno per loro.

A differenza però degli stati civili che compaiono sulle vecchie cartine geografiche e possono fallire o essere politicamente soppressi in qualsiasi momento (vedi il caso della Grecia), nessuna banca può subire una simile onta, perché il fallimento non è previsto dal loro codice: l’ultima banca tecnicamente fallita, la Lehman Brothers, è stata volontariamente fatta fallire dalla banca centrale, la Federal Reserve, perché si credeva che la sua scomparsa non avrebbe comportato seri danni al resto del settore. Un calcolo sicuramente poco felice, ma se la Fed avesse deciso di mantenere in vita la Lehman Brothers nessuno avrebbe potuto opporsi a questa decisione.

Questo intreccio fra banche centrali e banche commerciali ormai è diventato indissolubile: sono la stessa cosa, la mentalità è uguale, il modo di agire e governare i flussi finanziari è il medesimo, la linfa vitale che scorre nei loro circuiti telematici è fatta della stessa sostanza digitale. Tuttavia se l’indipendenza delle banche viene ancora giustificata e caldeggiata dai menestrelli dell’informazione, per il ruolo cruciale svolto nell’economia (Quale? Dove sono adesso? Non aspettano forse che l’economia riprenda per ricominciare ad investire?), nessuno o sempre troppo pochi sono quelli che ricordano come sia stata abolita di fatto l’indipendenza degli stati politici e anticamente democratici: questi ultimi sopravvivono grazie ai soldi forniti dalle banche e se si spezza il legame continuo di indebitamento, uno stato non più sovrano, come nel caso dell’eurozona, non può più espletare le sue funzioni e i suoi cittadini sono costretti a vivere nella povertà e nella miseria perenne, dovendo ripagare in eterno un debito inestinguibile, che si gonfia a dismisura in periodo di espansione economica e deve essere poi ripagato in tempo di crisi. Una contraddizione di termini senza alcuna fondatezza logica o economica.

Ecco per quale motivo, nell’ottica dei banchieri, la crisi finanziaria dell’eurozona non è un evento che ha un inizio e una fine, ma un processo continuo e inarrestabile che ha come unico scopo quello di consolidare gli equilibri di forza già esistenti e di trasferire sempre maggiori diritti e ricchezze dal basso verso l’alto. Il metodo di condotta è quello solito di andare avanti a testa bassa, a forza di direttive comunitarie da un lato e fiumi di denaro digitale dall’altro, senza visione e senza prospettive: un enorme macchina cieca che è capace soltanto di portare interi stati all’interno di vicoli ciechi senza alternative e per sopravvivere ha bisogno di politici con i paraocchi, di giornalisti miopi e asserviti, di economisti astigmatici, e di cittadini confusi e narcotizzati a dovere.

Se tutta la moneta che arriva ad uno stato nelle sua interezza, sia a monte tramite il collocamento dei titoli di stato sia a valle tramite la concessione di prestiti ai cittadini, viene fornita dalle banche commerciali, allora lo spazio di manovra democratico di una nazione è praticamente finito e se le banche chiudono il rubinetto dei finanziamenti per difendere i loro interessi, la moneta è destinata progressivamente a ridursi e a scomparire, perché nessuno, a parte le stesse banche commerciali, è in grado di valorizzare finanziariamente la capacità produttiva non sfruttata di una nazione.
  
A questo punto, viene voglia di rimpiangere la vecchia cara Banca d’Italia che finanziava i nostri deficit con nuova moneta creata dal nulla senza spese per i cittadini (debito pubblico? Quale debito? Una nazione sovrana che si stampa la sua moneta non può mai avere problemi di debito) o le antiche e gloriose casse rurali ed artigiane, le casse di risparmio, cancellate e distrutte frettolosamente dal TUB (Testo Unico Bancario) di Carlo Azeglio Ciampi nel 1994, in nome di una internazionalizzazione dei grandi gruppi bancari che avrebbe dovuto renderci più competitivi a livello mondiale e ci ha portato invece al punto in cui siamo adesso. Oppure bisogna riprendere il modello delle banche statali del North Dakota che fanno reale attività di intermediazione, prelevando soldi dai risparmi dei residenti e prestando alle aziende che operano e creano infrastrutture per la comunità, senza sperperare denaro in investimenti finanziari che non producono nulla e sono lontani dai reali interessi locali.


Ma questa è tutta un’altra storia. La storia attuale, le nuove parole d'ordine dicono invece che bisogna ricreare le condizioni giuste per la crescita e lo sviluppo economico, schiavizzando e sfruttando soprattutto i lavoratori, in modo che le banche siano di nuovo incentivate e disponibili a dare soldi alla cosiddetta economia reale tramite i loro prestiti creati dal nulla e i finanziamenti a pioggia ai grandi gruppi industriali, che sono i maggiori candidati ad investire nuovamente in Italia e ad avvantaggiarsi delle nuova ondata di deregolamentazione e deflazione del mercato del lavoro. Il processo in atto in questo momento è proprio questo e il modo per uscirne fuori diventa ogni giorno che passa sempre più complicato.




10 commenti:

  1. Caro Piero,
    i tuoi articoli sono molto piacevoli da leggere, scorrevoli e chiari; hai una capacita' di scrittura notevole, te ne do atto i ti faccio i miei complimenti.
    Ma ..... (non credere che io sia il tuo Bastian contrario) a volte sobbalzo (sarà che non riesco ad afferrarti appieno).
    Che una nazione sovrana che si stampa la sua moneta non può mai avere problemi di debito [e' questa la frase incriminata ed il concetto sul quale credo ci scontreremo sempre (cioè non potrà mai fallire, avrà sempre di che pagare le sue spese)] e' vero tecnicamente ma i deficit in economia hanno un enorme importanza.
    Il fatto che il default possa apparire una parola fuori luogo, un degrado generale che possa rassomigliargli e' ammissibile perché gli attori economici cambiano nel tempo le loro preferenze.
    Se un governo abusa dei suoi privilegi monopolistici, permetti che io, accorgendomene, non investa più in obbligazioni e valuta di quel Paese ma cerchi altri asset o valute che sento più sicure?
    Considera che oggi, volendo, potrei tranquillamente viaggiare nel continente come lo si definisce qui, fare acquisti, ecc, senza possedere un Euro (cosa che mi capita di fare), o fare la stessa cosa in Inghilterra senza avere la Sterlina.
    Allo stesso modo potrebbe comportarsi qualsiasi azienda che paga i propri dipendenti e persino le tasse.
    Essendo il 97% delle operazioni telematiche questa conversione di valuta in modo istantaneo e' possibilissima.
    Potrei avere una valuta forte e vivere in un Paese dalla valuta debole.
    In quanti hanno spostato i loro risparmi in Svizzera e vivono tranquillamente in Italia?
    Credi che attuando questi comportamenti, per lo Stato non ci sarebbero conseguenze?
    Si spende e si spande ma alla fine la tua moneta vale sempre meno, si inflaziona; e per abbassare l'inflazione aumenti le tasse (per drenare il denaro da te creato) e chi paga lo scotto e' sempre il poveraccio.
    Inoltre chi garantisce che con tutti gli investimenti che lo Stato fa, non si moltiplichino quelli improduttivi, come ve ne sono oggi che non stampa?
    E se poi nel contesto generale metti pure che le banche commerciali creano denaro dal nulla, avremo chi stampa da un lato e chi clicca dall'altro. Sai che goduria!
    E' vero, e' sempre più complicato uscire da questo pantano, ma ricorda, solo perché si ha paura dell'ignoto; delle conseguenze, cioè, della perdita dell'illusione di quel potere d'acquisto che in pochi si rendono conto e' frutto solo del proprio lavoro.
    In altre parole, forse più comprensibili: togliamo dalle banche i nostri risparmi (il loro vero potere) e continuiamo a lavorare che un altro mezzo di scambio si trova sempre.

    P.S. Le conseguenze immediate per tutti sarebbero un dover ricominciare da zero (ci vuole coraggio, molto coraggio), ma avremmo la riconoscenza perenne dei nostri figli!

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    1. Carlo i tuoi interventi sono sempre puntuali e precisi e per questo ti ringrazio in anticipo, perchè creano occasione di dibattito...era ovvio che ci saremmo scontrati su questo punto, perchè il finale dell'articolo era volutamente provocatorio, per far capire quanto sotto quelle grandi manovre e strategie per rendere internazionali i nostri gruppi bancari si siano distrutte quelle piccole realtà locali che erano il vero cuore pulsante delle comunità, lasciandoci adesso con questi giganti con i piedi di argilla che con le esigenze della collettività non hanno nulla da spartire...
      Il mio riferimento a Banca d'Italia era abbastanza esplicito: uno stato (con questo termine intendo un ente giuridico organizzato e moderno, non mi riferisco allo Zimbabwe...) con moneta sovrana non può fallire, perchè il suo debito denominato in moneta sovrana è sempre rimborsabile...altra cosa è il debito estero denominato in moneta straniera (caso Islanda), per quello invece bisogna stare molto attenti e andare con i piedi di piombo...ecco perchè lo stato di salute di una nazione civile non dovrebbe più misurarsi sullo stato del debito pubblico (che ripeto per me non significa niente, dato che se gran parte di questo debito è detenuto dalla banca centrale, è una semplice scrittura contabile, una partita di giro) ma sulla bilancia dei pagamenti, è quello il dato che ogni giorno analisti, osservatori, giornalisti dovrebbero monitorare, perchè dai saldi della bilancia dei pagamenti dipende la salute della tua moneta...e i politici dovrebbero essere misurati e giudicati su questi dati e sull'inflazione che avranno provocato durante il loro mandato e a danno del loro popolo...più deficit delle partite correnti e inflazione hai creato, e più sei un politico incapace o un tecnico incompetente e quindi devi andare a casa...al prossimo giro, per equità, si dovrebbero tagliare in uguale misura la spesa pubblica e alzare le tasse e si riparte per un altro giro di giostra...per la tua proposta di moneta collegata al lavoro e alla produzione, per me va benissimo, è corretto, ma solo quando si tratta di regolare circuiti limitati e circoscritti e ne ho già parlato in questo articolo:

      http://tempesta-perfetta.blogspot.com/2012/01/il-sardex-la-moneta-elettronica-che-puo.html

      Ma come ho scritto nell'articolo quando ampliamo la nostra prospettiva per includere lo stato, dobbiamo prevedere a monte un ente capace (almeno in teoria...) di spendere moneta priva di debito illimitatamente perchè nello stato ci sono persone che sono fuori dal sistema produttivo (anziani, bambini etc) a cui dobbiamo dare assistenza senza ricevere in cambio beni e servizi...quindi la moneta produttiva può andare bene per piccole realtà, come moneta complementare, ma se allarghiamo i nostri orizzonti dobbiamo per forza prevedere che a rafforzare il valore di una moneta non può esserci solo il lavoro, ma anche la capacità dell'ente preposto all'emissione di mantenere in equilibrio all'interno della moneta stessa la parte produttiva (che da il valore effettivo alla moneta) e la parte improduttiva (che crea soltanto inflazione, ma non per questo motivo possiamo ammazzare vecchi e bambini)...l'abilità di uno stato o di una banca centrale statale sta appunto nel compensare questi due elementi all'interno di una moneta...e ripeto soltanto con una moneta sovrana nazionale possiamo avere un'idea corretta e una precisa misurazione di questa abilità, mentre nascondendoci ancora nell'euro (ovvero nel marco) continueremo ancora in questa farsa, dove i politici si sono completamente deresponsabilizzati delegando l'emissione ad un ente autonomo e indipendente come la BCE, accaparrandosi tutti i privilegi del marco tedesco o euro che dir si voglia, mentre i cittadini devono svenarsi e sacrificarsi per ripagare tutti i privilegi di cui sopra...così è troppo facile per loro e troppo ingiusto per noi...saluti e a presto!!! Piero

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    2. Riferendomi a questo che hai scritto (uno stato con moneta sovrana non può fallire, perché il suo debito denominato in moneta sovrana è sempre rimborsabile) non ho detto il contrario ma solo che il cittadino di quello Stato, considerando l'abuso di potere (io lo considero tale) nel monopolio di battere moneta possa decidere di non detenere più quel tipo di moneta, cambiando di fatto gli equilibri economici. Quindi lo Stato si ritroverebbe ad emettere una valuta che verrebbe immediatamente convertita in un altra e quella valuta, accumulandosi, a deteriorare il suo potere d'acquisto o la salute di quella moneta. La speculazione funziona in questo modo.

      Hai perfettamente ragione sulla mia affermazione finale; e' che ogni tanto lo spirito anarchico che credo soggiaccia nel mio subconscio non riesco a controllarlo; viene fuori all'improvviso e devo lasciarlo fare ;-) a discapito della razionalità e della logica che cerco d'adoperare.

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    3. Certo i modi in cui i politici corrotti di uno stato posso alterare e peggiorare la salute di una moneta sono infiniti e per questo motivo la sovranità monetaria senza una vigilanza partecipata e attenta della popolazione può diventare un'arma a doppio taglio, che porta dritto verso la svalutazione e la perdita del potere di acquisto...sullo spirito anarchico, beh, sfondi una porta aperta, perchè anche io ho il mio bello spirito anarchico con cui devo combattere e cerco di combatterlo sempre in un'ottica di compromesso...mi rifaccio spesso al precetto evangelico (pur essendo scettico e non cattolico, ma Gesù per certi aspetti era un gran bell'anarchico anche lui...) di non fare agli altri quello che non vuoi venga fatto a te stesso...quindi la mia voglia di anarchia viene attenuata dalla voglia di anarchia degli altri e si crea magicamente la democrazia!!! In ogni caso concordo con te in molte cose perchè gli aspetti della questione monetaria da sviscerare sono ancora tanti e devono essere trattati nei prossimi articoli con maggiore profondità...ma innanzitutto bisogna evidenziare le criticità dell'attuale politica monetaria autoritaria, fascista e sfascista, perchè come dice lo stesso governatore King della BoE, questo è il peggiore modo possibile di creare moneta...quindi è utile tenere gli occhi aperti verso il futuro, ma ancora più utile essere consapevoli che così com'è questo presente non può andare da nessuna parte...mettersi nella posizione di criticare aspramente tutto ciò che potrebbe accadere in futuro con il ritorno alla sovranità monetaria, significa alla fine avvalorare il sistema presente, che bada bene non è il minore o maggiore fra due mali ma il male peggiore in assoluta che potevo capitare ad uno stato prima democratico...meglio qualunque altra cosa tranne questa privatizzazione spinta della politica monetaria...almeno io la penso così...a presto!!! Piero

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  2. Complimenti Piero!!!

    Gran bell'articolo!!!!

    Chiaro ed esauriente con al tuo solito.
    Anch'io sono convito che viviamo in un fase "storica", davvero cruciale, in cui stiamo vedendo sotto i nostri occhi, la lenta ed inesorabile agonia di questo attuale squilibrato ed iniquo, Sistema economico finanziario.
    Non mi è chiaro quando durerà tale agonia, se anni, lustri, decenni, è ancora tutto nebuloso per me, e men che meno mi è chiaro come sarà davvero la fase di transizione post-mortem dell'attuale Sistema.
    Io personalmente temo, che questa fase di transizione, potrebbe essere tanto caotica quanto brutale, e quindi con terrificanti rischi per la democrazia e la tenuta sociale e civile dei popoli del mondo.

    Cordiali saluti, Nicola.

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    1. Sai cosa penso Nicola che alla fine le cose andranno proprio come dici tu...è un principio fisico di azione e reazione, che nella storia ha sempre funzionato...più loro, i tecnocrati, gli usurai tireranno la corda e più la reazione del popolo sarà violenta e rabbiosa ...l'importante è che nel periodo di caos non dobbiamo farci trovare impreparati, perchè nel caos c'è sempre qualcuno che cerca di approfittare dello stato di confusione per accaparrarsi privilegi e diritti e poi ci troviamo ingabbiati un'altra volta...quindi continuiamo a cercare, indagare, informarci, perchè al momento opportuno potrebbe servirci...a presto!!! Piero

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  3. In linea di massima sono d'accordo ma gente, gente, gente.....
    Forse dimentichiamo che in questa situazione ci ha messo lo Stato. Già, solo lui, lo Stato. Nessuno lo ha obbligato a chiudere anno dopo anno il bilancio in perdita ricorrendo al debito. Se socialisti e comunisti e democristiani avessero chiuso ogni bilancio annuale dello stato con un leggero avanzo invece che sempre in perdita, adesso non saremmo incastrati con la BCE.
    Quindi gente, ricordate bene. Il nemico pubblico numero uno resta sempre lo Stato. Lo Stato socialista che spende più di quello che incassa e pesa come un macigno sulla testa di chi lo abita.

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  4. Ciao caro,
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    Cordiali saluti ...

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